10811 L’ITALIANO LO SANNO MEGLIO GLI STRANIERI. (*)

20130912 11:32:00 guglielmoz

La lingua è solo una questione di linguaggio? Ovviamente NO. Impoverire un idioma, violentandolo con errori e cancellandone interi blocchi, equivale a impoverire la ragione e le facoltà logiche.(*)

Non solo. Conoscere l’italiano, saper leggere, scrivere e parlare correttamente non permette solamente di compiere studi avanzati, ma anche di trovare un lavoro e di far valere i propri diritti. Insomma, è il mezzo indispensabile per emanciparsi.
Lo sanno bene gli stranieri che si sono trasferiti nel nostro Paese e che, specialmente nelle seconde generazioni, usano la nostra lingua spesso meglio dei ragazzi italiani, proprio perché ne vivono fino in fondo la valenza di strumento di appartenenza sociale. Portandoci, come ha sottolineato Francesco Sabatini, presidente dell’Accademia della Crusca, a un paradosso: gli stranieri salveranno la lingua italiana.
Secondo l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione, i ragazzi, nelle scuole di ogni ordine e grado, possiedono una scarsa padronanza della nostra lingua con conseguenti difficoltà di comprensione e di espressione dei concetti

DOPO LE CONQUISTE, LO STALLO
Se pensiamo alle condizioni della nostra popolazione di 150 anni fa, si sono compiuti grandi progressi, perché ora siamo più scolarizzati e la lingua nazionale si è diffusa tra tutti gli strati sociali.
«Da questo punto di vista la situazione è incomparabilmente migliore. Il problema è che, rispetto alle esigenze della vita di oggi, questa grande massa di alfabetizzati lo è a livello insufficiente, specialmente se si paragona la situazione italiana a quella di altri Paesi» spiega il professor Sabatini.
«Oggi ci vuole una competenza molto elevata per svolgere funzioni semplici e anche chi non è un professionista della lingua, come chi è uno scrittore o un giornalista, ha bisogno di comunicare con precisione e appropriatezza notevoli» continua il presidente dell’Accademia della crusca. «Il punto è che spesso, invece, non è in grado di farlo. E questo nonostante una scolarizzazione che, in Italia, può arrivare anche ben oltre i vent’anni. Ciò significa che la scuola su questo problema incide poco e non riesce a svolgere il ruolo che dovrebbe».

COME PARLANO GLI IMMIGRATI
La massiccia presenza di stranieri nel nostro Paese, soprattutto di quelli di seconda generazione, che compiono l’intero ciclo di studi nelle nostre scuole, ha introdotto un elemento che rimescola le carte della nostra lingua e che spinge alla riflessione. «L’utilizzo dell’italiano da parte degli stranieri apre una prospettiva che ci sollecita, perché sono più interessati e più attenti ad apprenderlo bene, per ovvie ragioni di necessità d’integrazione. Se noi non abbiamo fiducia nell’italiano, viceversa gli stranieri ne hanno molta, perché sanno che da lì passa la loro possibilità di inserimento e riscatto sociale» dice Sabatini. «In questo modo, gli immigrati danno alla lingua italiana una nuova vitalità.

I PROFESSORI NON SANNO INSEGNARE LA LINGUA
Da una parte viviamo in un mondo che dà continuamente stimoli nuovi e diversi che confondono l’uso della lingua. Dall’altra, la scuola non riesce a dare strumenti efficaci per usare queste sollecitazioni in modo corretto e consapevole, trasformandole così in elementi di disturbo della lingua.
«Questo accade perché la formazione dei nostri docenti non è adeguata a questo scopo. Nelle facoltà di Lettere non esiste un rapporto diretto tra i corsi di italiano e la formazione all’insegnamento della lingua, che un insegnante è costretto ad apprendere sul campo» spiega ancora il professore.
«Per esempio, nelle nostre università non si studia la grammatica e gli stessi corsi di linguistica vi sono entrati tardi e in modo sporadico. In questi settori specifici i docenti sono costretti a formarsi da autodidatti e su testi di vecchia concezione, che non tengono conto delle pratiche della lettura e della scrittura. È, quindi, necessario formarli adeguatamente, puntando su una preparazione che insegni i meccanismi della lingua e spieghi come trasmetterli».

COLPA DEI NUOVI MEZZI DI COMUNICAZIONE?
Spesso si imputa la responsabilità della perdita di dimestichezza con l’italiano all’uso di computer, sms, televisione. Il problema dell’influsso di questi nuovi modelli comunicativi sull utilizzo della lingua è reale, ma la questione è ben più complessa.
• «I nostri ragazzi usano la lingua in modo frammentato, quasi stenografico e, in questo, l’uso di computer e sms ha una responsabilità. Quando i mezzi di scrittura erano più lenti ci si prendeva naturalmente il tempo necessario per controllare e anche per riflettere su come e che cosa si scriveva» spiega Sara Mancini Lombardi, che insegna italiano in una scuola media del bolognese.
• «Messaggini e email hanno introdotto un linguaggio sincopato, con il risultato che i giovani parlano ormai a monosillabi e quando questo uso si manifesta nella scrittura diventa disastroso», continua la professoressa.
• Tuttavia i cambiamenti del linguaggio e delle sue forme sono fatti assolutamente normali. Anzi, la lingua vive di trasformazioni. Il problema è, casomai, fornire ai ragazzi gli strumenti per gestirle nel modo corretto. «Un conto è iniziare a usare il linguaggio degli sms a 30 anni, avendo già alle spalle una formazione linguistica solida e consapevole, altro è iniziare a 13, perché a quell’età si finisce con l’essere plasmati su quel modello. Il risultato è che i ragazzini oggi non riescono a gestire e capire testi complessi. Viceversa, saper affrontare un discorso articolato permette anche di dominare le nuove forme di comunicazione», dice ancora la docente.

VALUTAZIONI SBAGLIATE E SCARSE LETTURE
Un altro problema è la scarsa importanza che si attribuisce all’italiano.
• I genitori (che spesso sono i primi a non rendersi conto degli strafalcioni linguistici dei figli) sono tanto preoccupati che i ragazzi imparino l’inglese fin da piccoli, o facciano sport, ma trascurano il fatto che parlino male l’italiano. Un atteggiamento che è anche frutto di una certa omologazione.
• «Le famiglie, come la società, sono spesso vittime di luoghi comuni, per cui sembra che solo sapendo l’inglese si trovi lavoro» dice la professoressa Mancini Lombardi. «Si tratta di una percezione superficiale della realtà, così come lo è sostenere che la formazione scientifica sia più importante di quella umanistica. Ormai ci hanno detto che le cose che contano sono solo alcune, ben determinate, e si fa passare tutto il resto in secondo piano».

(*) Servizio di Barbara Benini. Con la consulenza del professor Francesco Sabatini, presidente dell’Accademia della Crusca, e della professoressa Sara Mancini Lombardi, docente di italiano nella scuola media "G. Marconi" di Casalecchio di Reno (Bo).

 

Views: 1

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.