10712 COSTITUZIONE ITALIANA

20130708 16:41:00 guglielmoz

…COSTITUZIONE, ATTACCO ALL’ART. 138… di F Colombo
…UNA RIFORMA ILLEGITTIMA……

INCREDIBILE MA VERO…
da "il manifesto 2013.07.06 – 05 POLITICA & SOCIETÀ"

Carta Da lunedì, e fino all’8 ottobre, sondaggione on-line del ministro Quagliariello. I cittadini potranno partecipare a una consultazione sul tema delle riforme COSTITUZIONE Alessandro Pace: la procedura imposta dal governo induce allo ‘scambio

Sta accadendo un fatto strano e difficile da spiegare, che appare più fisiologico che politico o giuridico: la Costituzione si sta trasformando. Cambia di colpo in punti vitali. Per esempio è in atto un progetto che sta svolgendosi all’insaputa dei cittadini, ed è bene saperlo. Il progetto è di mettere mano all’art. 138 della Costituzione, o meglio di cominciare di lì. Quell’articolo è un cardine: impedisce che la Costituzione possa essere facilmente e liberamente manomessa al di fuori della complessa procedura costituzionale. Prescrive due volte il voto di ciascuna camera, e un referendum popolare di approvazione finale. Invece la Commissione dei 40, che segue, nella stranezza e nella anomalia, quella dei dieci saggi che all’inizio di tutta questa vicenda, erano stati chiamati a consigliare il Quirinale, comincerà proprio da qui, (queste sono le istruzioni) da un ritocco che renda inutile la barriera dell’art. 138. Si può fare senza una garanzia – ovvero senza che il progetto sia previsto e concordato, fra la politica (così come essa è rappresentata nel governo) e le Istituzioni?
SE È COSÌ, ciò che sta accadendo punta verso una Costituzione ignota, che ancora non abbiamo e ancora non conosciamo. A quanto pare la Costituzione ignota ha già corretto in senso verticale le sue istituzioni. Il potere adesso discende dal potere, invece di risalire dal voto. Non solo gli elettori appaiono abbandonati sul fondo, ma anche i parlamentari. Discutono a vuoto, votano a vuoto e non contano niente. Di questo fatto, che è strano perché mai deciso e mai votato dagli eletti, trovo una attendibile descrizione in un editoriale del quotidiano Il Tempo : “Le prerogative del Parlamento non possono tradursi in una sorta di diritto di veto sui programmi di ammodernamento delle Forze Armate (…) Il comunicato diffuso ieri dal Quirinale al termine della riunione del Consiglio Superiore della Difesa, presieduto dal Capo dello Stato ha aggiunto una pietruzza sulla strada, cara al presidente della Repubblica, delle riforme istituzionali (…) indicando in modo fermo e non equivoco , i limiti alla attività del Parlamento. Tutto ciò dimostra come sia già in atto, nella prassi, un processo di trasformazione delle istituzioni nel senso di un rafforzamento dell’Esecutivo. In altre parole, si sta affermando una nuova Costituzione reale ben diversa dalla Costituzione formale. (…) Anziché parlare di uno schiaffo al Parlamento, come fanno i grillini e le vestali di una Costituzione ingessata e superata dai tempi, sarebbe bene che si cogliesse l’invito implicito a mettere mano, finalmente, alle riforme. Per il bene del Paese”. (Francesco Perfetti, 4 luglio). L’articolo è interessante perché è ispirato (dal comunicato della Presidenza della Repubblica), perché dimostra in modo chiaro e persuasivo di quali riforme si tratta (la verticalizzazione presidenzialista o semi- presidenzialista del potere politico in Italia, la marginalizzazione del Parlamento, le istruzioni per l’uso della Commissione dei 40, a cui viene assegnata la prova da svolgere con obbligo di copiatura di istruzioni già date.
E QUEL TANTO di scherno (“le vestali di una Costituzione ingessata e superata dai tempi” ) che è sempre stato il canto di guerra della vasta e disordinata aggregazione berlusconiana. Ma allora le rivelazioni che ci vengono consegnate come una notizia, con fermo invito ad adeguarci subito, sono due. La prima, abbiamo appena appreso, è che, fin dal primo momento delle votazioni presidenziali, il progetto era già completo, con tutte le sue istruzioni per l’uso, e significava trasformazioni profonde, mai concordate e mai votate, alla Costituzione. La seconda è la vistosa e pesante asimmetria delle forze che sono state associate (la forma passiva dei verbi è necessaria) per formare il “governo insieme”. Ecco la formula di quel governo. Da una parte tutti gli interessi personali, proprietari, giudiziari di Berlusconi più tutte le forme diverse di reazione e ostilità alla esigente e coerente Costituzione italiana. Dall’altra, figure sparse dette, per pura esigenza di identificazione, “di sinistra” (di solito intente a respingere con sdegno quella definizione) che non hanno, come riferimento, né un partito deciso a guidare né una Istituzione disposta a difendere. Un peso preponderante, dunque, è dalla parte di coloro che militano con furore e passione contro la Costituzione nata dalla Resistenza. E le figure sparse se ne accorgono quando ricevono, se si scostano, sgridate durissime e autorevoli, di solito interpretate bene, e tempestivamente espresse, dal capogruppo di Berlusconi, Brunetta. A questo punto il discorso si fa drammatico e semplice: il dovere democratico è difendere la Costituzione senza accettare alcuna manomissione, contro un simile squilibrio di intenti e di forze. Pretendere una urgente e decente legge elettorale come unico impegno verso il Paese, il solo che si può fare a carte scoperte. Subito dopo dovremo persuadere i cittadini che per il 50 per cento si sono astenuti nelle ultime elezioni, a tornare al voto. di Furio Colombo

"UNA RIFORMA ILLEGITTIMA"
«Il presidenzialismo abbassa il tasso di democrazia. Pericoloso che si possa cambiare anche la prima parte» di Andrea Fabozzi
Alessandro Pace, professore emerito a Roma e costituzionalista insigne, ribalta le accuse di «conservatorismo». Anzi sottolinea che il procedimento di revisione costituzionale serve proprio ad adeguare la costituzione alle mutate esigenze politiche e sociali, «purché però se ne rispettino le regole che, per il nostro ordinamento, sono quelle previste dall’articolo 138, con il limite dell’immodificabilità della forma repubblicana e dei principi costituzionali supremi, tra cui il principio della salvaguardia della rigidità costituzionale, che è il più supremo di tutti».
Questo significa, professore, che non bisogna temere il disegno di legge costituzionale 813 che la prossima settimana arriva all’esame dell’aula del senato?
Al contrario, in questo caso siamo di fronte a un uso illegittimo del potere di revisione. Bisogna considerare che il governo non ha proposto una modifica permanente dell’articolo 138 della Costituzione (il che è possibile, ma alle condizioni che le ho ricordato). Al contrario, dai sostenitori di esso si è detto che è stata prevista una "deroga" una tantum, il che è inesatto. Si ha una deroga quando una norma speciale si sostituisce una tantum a una normativa generale. Ma la così detta norma speciale (e cioè la procedura di revisione prevista del disegno di legge costituzionale 813) non è affatto puntuale e una tantum, perché, all’esito (se cioè l’813 andasse in porto) i cittadini viventi e quelli futuri avrebbero una forma di governo diversa, un bicameralismo diverso e rapporti Stato regioni diversi dagli attuali. Altro che norma una tantum! Il vero è che l’813 determina una illegittima sospensione temporale dell’articolo 138.
A che scopo, secondo lei?
Allo scopo di affrontare non separatamente e specificamente le singole leggi di revisione come i costituenti previdero nella loro saggezza, ma di discutere insieme i vari progetti, esaltandone l’interdipendenza e favorendo – come già abbiamo visto in passate versioni delle "bicamerali" – la tentazione degli "scambi" tra diverse modifiche costituzionali. Anzi la collocazione della legge elettorale tra le materie di competenza della nuova Bicamerale rappresenta, per gli scambi, il cacio sui maccheroni, avendo essa un significato politico rilevantissimo ancorché distorcente nell’ottica delle riforme costituzionali. Si ha un bel dire che l’813 prevede che i disegni di legge debbano essere formalmente autonomi e omogenei. Questo infatti non esclude l’interdipendenza delle soluzioni.
Ha anticipato una risposta alle sue obiezioni: proprio lei ha sempre insistito sulla necessità di riforme omogenee e adesso che il governo ha recepito questa raccomandazione non è soddisfatto?
Intanto ho pubblicamente riconosciuto che prevedere esplicitamente più leggi differenziate per argomento è stato un passo in avanti. Ma non posso non riflettere sul fatto che si tratta di argomenti assai ampi. Ognuno dei quattro titoli della seconda parte della Costituzione ai quali ci si vuole dedicare contiene una quindicina di articoli. L’omogeneità non basta, ci vuole anche la specificità. Mi spiego, prendiamo il bicameralismo. Io potrei essere favorevole alla riduzione dei parlamentari ma non al senato federale. Non mi si può chiedere di pronunciarmi su questi due temi che fanno parte dello stesso titolo con un unico sì o con un unico no.
La versione del governo è che si tratterà di più modifiche della Carta, ma tutte «puntuali».
Quella che viene proposta è in realtà una revisione totale della Costituzione, a mio avviso possibile solo per quelle costituzioni che lo prevedono espressamente. Come la Costituzione svizzera e spagnola, che hanno una procedura diversa, ulteriormente aggravata, per le revisioni totali. Ad esempio impongono che il parlamento venga sciolto e che i cittadini tornino alle urne tra la prima e la seconda lettura in maniera tale da rendere esplicita la clamorosa novità. In Italia questo non è consentito, perché non è previsto esplicitamente.
In definitiva lei ammette solo revisioni di piccola portata?
Niente affatto, diversamente da molti miei colleghi io penso che la Costituzione possa essere modificata anche con riguardo alla forma di governo. Purché non si incida sul principio intangibile della democrazia. L’articolo 139 ci dice che la forma repubblicana non può essere soggetta a revisione. Ma quale forma repubblicana? Quella democratica dell’articolo 1. Ne discende che non possono essere consentite modifiche alla forma di governo che comportino una diminuzione della democrazia. E’ per questo che non mi sta bene il regime semipresidenziale alla francese. In esso non sono previsti adeguati contropoteri, come osservò benissimo lo stesso presidente Napolitano nel discorso per il sessantesimo della Costituzione che meriterebbe di essere meditato.
Un’ultima domanda, come giudica la soluzione trovata in commissione al senato, per cui il comitato potrà occuparsi anche degli articoli della prima parte della Costituzione per proporre modifiche «strettamente connesse» alla seconda parte?
Non sapevo che fosse stata approvata una modifica così rilevante. A mio modo di vedere è stata così svelata un’ipocrisia, che stava dietro alle affermazioni che la modifica della seconda parte non avrebbe effetti sulla prima, quando il contrario discende dal rilievo elementare che l’operatività concreta dei diritti, di tutti i diritti (si pensi a quello che è successo alla scuola in questi anni…), è condizionata non solo dalla forma di governo ma anche da chi sta al governo. In ogni caso è molto grave che vi sia quest’ulteriore occasione di interdipendenza e, purtroppo, di interscambio

 

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