10659 Notizie dall’Italia e dal mondo del 8 giugno

20130609 10:13:00 guglielmoz

EUROPA .Gli errori della Bce Dalla spagna alla Grecia passando per la Francia. L’Italia invece tace
VATICANO – Il nuovo banchiere di Dio.
ITALIA . Squilibrio presidenziale
AMERICA CENTRO MERIDIONALE.Brasile. Abusi dimenticati.
AMERICA SETTENTRIONALE.Obama,dai Cinque. E basta con il «bloqueo»
AFRICA & MEDIO ORIENTE. Un altro sindacalista ucciso a Marikana cci i(l
ASIA & PACIFICO. Cina, la costituzione e il partito

EUROPA
UNIONE EUROPEA – Gli errori della Bce / Il 1 giugno settemila persone hanno partecipato a una manifestazione (nella foto) davanti alla sede della Banca centrale europea (Bce) a Francoforte, in Germania, per protestare contro l’austerità. L’evento, scrive Der Spiegel, è stato organizzato dal collettivo Blockupy nel quindicesimo anniversario della nascita della Bce. La polizia ha usato i gas lacrimogeni per disperdere i dimostranti. Altre manifestazioni contro l’austerità si sono svolte in Spagna e Portogallo. "Le politiche imposte dalla Germania stanno spingendo l’Europa verso l’abisso", scrive la rivista polacca Do Rzeczy. "Da tempo gli economisti invitano Bruxelles a seguire l’esempio degli Stati Uniti, che hanno deciso di stimolare i mercati invece di restare aggrappati a un dogma fallimentare. Molti leader europei sono d’accordo, ma nessuno sembra disposto a battere il pugno sul tavolo per opporsi a Berlino
EU – DALLA SPAGNA ALLA GRECIA PASSANDO PER LA FRANCIA. L’ITALIA INVECE TACE – Riparte l’Europa indignata Tutte le piazze antiliberiste – Jacopo Rosatelli – A Madrid e in altre 40 città a fianco delle «marea» degli indignados e dei lavoratori dei settori pubblici sfilerà anche Izquierda Unida, che ieri ha riunito i propri militanti in una grande assemblea con il leader della greca Syriza, Alexis Tsipras, figura di riferimento della sinistra anti-austerità. Ma oggi non è che l’inizio. Dopo lo storico primo sciopero europeo dello scorso 15 novembre, infatti, tornano a farsi sentire anche i sindacati. Sotto l’egida della loro confederazione europea (Ces), a metà del mese daranno vita a una settimana di iniziative «per l’Europa sociale e per il lavoro»: in Spagna sono già indetti cortei in tutto il Paese il 15 e il 16, in Francia un’iniziativa unitaria di tutte le centrali il 19, in Italia speriamo che (almeno) la Cgil batta un colpo. O con iniziative ad hoc oppure «europeizzando» almeno un po’ la manifestazione nazionale del 22, già programmata e indetta insieme a Cisl e Uil per chiedere al governo Letta «provvedimenti per uscire dalla recessione e riprendere la crescita».
Nel frattempo, un appuntamento molto importante sarà Alter summit, un vertice europeo alternativo che avrà luogo ad Atene il 7 e l’8, organizzato da molteplici gruppi della società civile di tutta l’Ue, con il sostegno di autorevoli intellettuali critici come il tedesco Elmar Altvater e il britannico (ma docente a Berlino) Trevor Evans (www.altersummit.eu). L’obiettivo – come si legge nel manifesto di convocazione – è coordinare le lotte in corso nel continente per riuscire a «cambiare i rapporti di forza per imporre una vera democrazia politica, sociale ed economica in Europa». La scelta della capitale ellenica, ovviamente, non è casuale: «la Grecia è stata il laboratorio delle politiche distruttive, ma può anche diventarlo della resistenza». Il motivo di tanto – benvenuto – attivismo risiede anche nel fatto che a fine giugno ci sarà il Consiglio europeo, l’ultimo prima delle elezioni in Germania del prossimo settembre. Al vertice di Bruxelles i capi di stato e governo hanno in serbo di aggiungere un ulteriore tassello alla costruzione della cosiddetta governance economica della Ue: dopo le misure che vanno sotto i nomi di six pack, fiscal compact e two pack, ecco il cosiddetto «Patto per la competitività» (o Convergence and Competitiveness Instrument, CCI). Fortemente sponsorizzato dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, e accuratamente predisposto dalla Commissione guidata da José Manuel Barroso, il nuovo patto vincolerebbe ulteriormente gli stati ad applicare le «riforme» ispirate alla filosofia neoliberale. Per impedire che ciò accada e, soprattutto, che passi sotto silenzio, da un paio di settimane è in rete l’appello Another Europe is possible promosso da un gruppo di dirigenti della sinistra austriaca, immediatamente affiancati da esponenti dei partiti progressisti tedeschi, francesi e italiani, oltre che da economisti, giuristi e politologi (www.europa-geht-anders.eu). Lo spettro ideologico è ampio: si va dalla sinistra socialista (compresa la gauche del Ps francese) ai comunisti, passando per le correnti più radicali dei verdi (in Italia lo ha firmato Sel). Differenze che non impediscono di condividere l’interpretazione del vero significato delle «riforme strutturali» che Merkel e compagnia vorrebbero ulteriormente blindare nel nuovo «patto per la competitività»: «riduzione delle prestazioni sociali (anche attraverso l’aumento dell’età pensionabile), distruzione dei contratti collettivi di lavoro e privatizzazione di acqua, istruzione ed energia».

REGNO UNITO – Scandali e lobbisti / Il parlamento britannico è scosso da uno scandalo sui rapporti tra deputati e lobbisti. A scatenarlo è stata un’inchiesta del Daily Telegraph, i cui reporter si sono finti lobbisti e hanno convinto un deputato tory, Patrick Mercer, a sostenere i loro interessi in cambio di denaro. Con uno stratagemma simile il Sunday Times ha incastrato tre membri della camera dei lord, tutti espulsi, come Mercer, dai rispettivi gruppi parlamentari. Per il Guardian, la questione rende necessario ripensare il finanziamento dei partiti, "la cui riforma è attesa da tempo".

GERMANIA / FRANCOFORTE – Il ritorno degli indignati, Blockupy assedia la Bce / La vigilia della giornata europea contro le politiche dell’austerità imposte dall’Ue ha portato ieri migliaia di persone in piazza a Francoforte, dove è stata assediata, paralizzandone le attività per tutta la giornata, la sede della Banca centrale. Blocchi e sit-in anche nei grandi centri commerciali. Un corteo ha paralizzato l’aeroporto contro i rimpatri forzati degli immigrati irregolari. E oggi si replica. Nella capitale tedesca della finanza si annuncia un altro grande corteo al quale parteciperanno movimenti da tutta Europa. Manifestazioni di protesta sono previste anche in Spagna, in Portogallo e in altri Paesi.

SPAGNA – Andorra si è piegata alle pressioni dell’Unione europea e si è impegnata a introdurre per la prima volta una tassa sui redditi. I Finora nel principato dei Pirenei 1 né gli individui né le imprese I hanno mai dovuto pagare imposte simili. La decisione, annunciata il 31 maggio dal capo del governo andorrano Antoni Marti al presidente francese I Francois Hollande, arriva dopo I le pressioni dei paesi confinanti, I Francia e Spagna, nell’ambito della più vasta offensiva ! dell ‘ Unione europea contro i paradisi fiscali, scrive La Vanguardia. Andorra è da tempo tra le destinazioni preferite dagli| I evasori francesi e spagnoli. Secondo Bruxelles, ogni anno l’evasione costa all’Europa circa un miliardo di euro.

CROAZIA – Milanovic perde Zagabria / Il 2 giugno, al secondo turno delle elezioni municipali, il Partito socialdemocratico (Sdp) del premier Zoran Milanovic {nella foto) ha perso, come era previsto, il controllo di Zagabria. La capitale è rimasta al sindaco uscente Milan Bandic, ex deputato dell’Sdp uscito dal partito nel 2009. L’Sdp ha comunque conquistato Spalato, Rijeka e Osijek, mentre l’Hdz (destra) ha ottenuto la maggioranza delle province. Milanovic ha così evi-tato la débàcle totale dopo le ultime sconfitte elettorali, scrive Vecernji List, ed è riuscito a "salvare la sua autorità all’interno dell’Sdp e del governo."

RUSSIA – GIUSTIZIA PER POLITKOVSKAJA / È cominciato a Mosca il 3 giugno il nuovo processo per l’omicidio della giornalista Anna Politkovskaja, uccisa nel 2006. Novaja gazeta scrive che il primo obiettivo dei suoi familiari è far sì che il procedimento sia pubblico. Tra i cinque imputati c’è Rustam Makhmudov, il presunto esecutore materiale, arrestato in Cecenia dopo avere vissuto a lungo in Europa e Turchia con un passaporto russo. Comparirà invece solo tra i testimoni Dmitrij Pavljucenkov, l’ex ufficiale del ministero dell’interno che nel precedente processo aveva scelto la procedura per direttissima, evitando così di fornire particolari importanti sull’omicidio e sul mandante, ancora sconosciuto

EX JUGOSLAVIA – II 30 maggio il Tribunale dell’Aja ha assolto 1′ capo dei servizi segreti serbi Jo vica Stanisic dalle accuse di cri mini contro l’umanità e crimini di guerra.
LETTONIA – II 5 giugno la Commissione europea ha dato il via libera all’ingresso della Lettonia nell’eurozona dal 1 gennaio 2014. La decisione finale sarà j presa dal parlamento europeo dai ministri delle finanze.
SLOVENIA – II tribunale di Lubiana ha condannato il 5 giugno l’ex premier conservatore Janez Jansa a due anni di prigione per corruzione.

VATICANO – I L NUOVO BANCHIERE DI DIO. Financial Times, Regno Unito / Di questi tempi tutti i banchieri avrebbero bisogno dell’intervento divino per sopravvivere nel mondo della finanza, ma forse a Ernst von Freyberg serve ancora di più. Il nuovo presidente della banca vaticana non ha mai gestito una banca commerciale ed è anche il primo non italiano a ricoprire quest’incarico dalla nascita dell’Istituto perle opere di religione (Ior), nel 1942. Von Freyberg ha detto in varie interviste di voler aprire la banca a un maggior controllo pubblico. Quest’istituto segretissimo è infatti accusato da anni di riciclare denaro sporco per clienti loschi come mafiosi e terroristi. Due anni fa le autorità italiane hanno confiscato 40 milioni di euro da due conti e hanno aperto un’indagine sulle attività dello Ior. Quest’anno, dopo che lo Ior non ha rispettato alcuni impegni, la Banca d’Italia ha vietato agli isti-tuti di credito italiani di fare affari con la Santa Sede. Von Freyberg ha dichiarato che farà luce su tutte le attività discutibili. Ha convocato impor-tanti agenzie investigative per controllare i conti e dice che molte accuse sono inventate: non ci sono mafiosi o terroristi tra i clienti dell’istituto. Fin qui tutto bene. Ma in varie interviste Von Freyberg ha insistito sul fatto che la sua priorità sarà "ristabilire il buon nome della banca". Questo dovrebbe essere un obiettivo secondario rispetto a quello di eliminare certi metodi del passato. Per riuscirci, dovrà colpire alcuni gruppi d’interesse per i quali la segretezza è uno stile di vita. Sarà questa l’impresa più difficile per il nuovo banchiere di Dio, che dovrà superare l’istintiva avversione della chiesa cattolica per la trasparenza. Ma solo rivelando tutto quello che ha scoperto potrà restituire allo Ior la sua reputazione. La confessione, come un buon banchiere cattolico dovrebbe sapere, è l’unica via di salvezza

ITALIA. – “ TRENTO – Si è tenuto a Tenna, in provincia di Trento, l’ incontro dei Circoli trentini d’ Europa. All’ appuntamento, organizzato dalla Trentini nel mondo, hanno partecipato i rappresentanti dei Circoli trentini attivi nei paesi europei: Belgio, Bosnia, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Lussemburgo, Portogallo, Romania, Serbia e Svizzera. Scopo dell’ incontro, che si è chiuso il 2 giugno, è stato quello di fare il punto sulle iniziative dei vari circoli e dell’ associazione e programmare così l’ attività per i mesi futuri.
ROMA – Il sottosegretario di Stato agli Affari esteri Mario Giro, ha incontrato i membri del comitato esecutivo dell’Istituto Italo Latino Americano (IILA), in una colazione presso la sede dell’organismo internazionale di via Paisiello a Roma. Hanno preso parte alla riunione, l’ambasciatore del Messico Miguel Ruíz-Cabañas Izquierdo, presidente dell’Istituto e i due vice presidenti Ana María Baiardi Quesnel e Alfredo Arosemena Ferreyros rispettivamente ambasciatori di Paraguy e Perù, il segretario generale l’ambasciatore Giorgio Malfatti di Monte Tretto e il direttore generale Simonetta Cavalieri. Scopo dell’incontro, quello di rafforzare i legami politici, economici e istituzionali tra l’Italia e i Paesi dell’America latina, membri dell’IILA
ROMA – La Ccis, in collaborazione con le istituzioni italiane, a Madrid, sull’onda dei successi delle passate edizioni organizza anche quest’anno “Passione Italia 2013 – la settimana italiana a Madrid", per la promozione dei territori, dei prodotti tipici e dell’industria italiana. La kermesse si svolgerà fino al 14 giugno in alcuni luoghi emblematici della capitale spagnola. Tra le iniziative previste, l’Aperitivo Italiano con il quale verrà inaugurato l’evento, presso il locale "Taste Gallery". Anche per quest’anno verranno organizzati gli Open Days per la promozione dei prodotti enogastronomici italiani, che si svolgeranno nei giardini della Scuola Italiana di Madrid sabato e domenica: un’iniziativa per gustare tipicità agroalimentari di alcune regioni italiane, ascoltare musica dal vivo e partecipare a laboratori. A chiusura delle due giornate, domenica sarà allestita un’Area Italia all’interno dello Stadio Santiago Bernabeu, durante lo svolgimento della partita di commemorazione tra le vecchie glorie del Real Madrid e della Juventus. Il programma prevede inoltre l’11 giugno, una giornata d’incontri B2B tra imprese italiane del settore turistico ed enogastronomico e operatori spagnoli convocati dalla Camera. Verrà inoltre allestita a Plaza del Callao, dal 10 al 14 giugno, l’esposizione "Italia in piazza: passione Italia & fashion industry": un percorso espositivo attraverso alcuni dei prodotti più emblematici dell’innovazione e della creatività dell’industria italiana, grazie alla partecipazione di alcune tra le principali imprese italiane dell’industria, del design e della moda; un’occasione unica per conoscere da vicino le marche che hanno fatto la storia del Made in Italy. La chiusura della Settimana Italiana, prevista per il 14 giugno, sarà all’insegna della musica italiana, con un concerto al Teatro Cine Callao.
BARI – L’Ufficio Pugliesi nel Mondo, in collaborazione con le comunità pugliesi di Vancouver (Canada), ha organizzato il 24 maggio la serata intitolata "La Regione Puglia incontra i pugliesi della British Columbia" presso il Law Court Inn di Vancouver. Un evento che ha messo a valore il proficuo scambio tra il sistema Puglia e quello della British Columbia, i rappresentanti delle Associazioni e Federazioni di pugliesi nel mondo e le istituzioni italiane e canadesi. Nel corso della serata – come si legge sul sito dei Pugliesi nel mondo – sono stati proiettati i video di saluto dell’amministrazione regionale pugliese
BARI -“Due giorni intensi e interessanti, quelli vissuti dalla Basilicata a Zurigo a Casa Italia, su invito del console generale Mario Fridegotto e per iniziativa della Federazione dei lucani in Svizzera”. E’ quanto afferma il presidente della Commissione regionale dei lucani all’estero, Luigi Scaglione che ha tracciato un bilancio della manifestazione da poco conclusa. “Dalle volontà comuni e con l’ausilio operativo dell’associazione Il Cielo è sempre più blu, in grado di coinvolgere produttori ed i Gal e più in particolare La Cittadella del Sapere – ha spiegato Giuseppe Ticchio, presidente della Federazione dei lucani in Svizzera – è nato un progetto di coinvolgimento pubblico – privato che apre una nuova strada alla promozione del territorio, come sostenuto dall’Apt di Basilicata e dalle Attività Produttive, alla commercializzazione, voluta appunto dai produttori intervenuti, dalle nuove dinamiche di conoscenza delle azioni messe in campo dai lucani nel mondo, come sostenuto dalla Commissione regionale e dal Dipartimento Internazionalizzazione. Per la prima volta – hanno aggiunto Ticchio e il consultore Blumetti – si è riusciti a dare una immagine unitaria della Regione Basilicata, proprio nel suo momento più difficile per la storia istituzionale. E’ in queste occasioni che viene fuori il carattere dei lucani che le nostre associazioni, accorse in massa alla due giorni, hanno potuto verificare di persone. Migliore vetrina non poteva esserci”. Su questo, in effetti, “abbiamo lavorato molto – ha precisato Scaglione – perché immaginiamo che le nostre associazioni sappiano guardare al territorio lucano come una occasione da prendere al volo più che un ricordo nostalgico. E questo nel momento più difficile anche dal punto di vista economico con alcuni lucani residenti all’estero che hanno ripreso ad inviare i loro risparmi, le loro rimesse e mentre una nuova emigrazione si appalesa sempre più anche viste le richieste di personale qualificato e di laureati che in Europa, Svizzera e Germania sollecitano insieme a Canada e Australia. Siamo qui – ha aggiunto Scaglione – per dare sostanza al lavoro che il Consiglio regionale nella sua interezza e nella sua sobrietà ha voluto indicarci per credere nel senso della unità territoriale, della difesa dei nostri presidi ed accrescere il rapporto sostanziale tra le comunità locali e quelle residenti all’estero”. Un impegno sostanziato dagli interventi culturali come quelli messi in mostra a Zurigo con i quadri di Michele Giocoli, con le foto della Basilicata sacra di Carlos Solito, con la storia della emigrazione vincente di Charles Paterno raccontata nel libro di Renato Cantore, con la presentazione del rapporto sulla emigrazione al femminile da parte della presidente della Commissione pari opportunità Antonietta Botta e con i rapporti intessuti con gli operatori svizzeri come spiegato dal direttore dell’Apt, Giampiero Perri e nel rapporto tra produttori e commercianti come sostenuto da Nicola Timpone.
NAPOLI – Al via l’VIII edizione della rassegna “Giornate dell’Emigrazione”, promossa ed organizzata da Asmef (Associazione Mezzogiorno E Futuro). La presentazione delle “Giornate dell’Emigrazione 2013” si è svolta mercoledì 5 giugno con un meeting-conferenza stampa organizzato a Napoli, nella sede delle Regione Campania di Palazzo Armieri. L’edizione delle “Giornate dell’Emigrazione” di quest’anno viene incentrata sul tema “2013: Anno della Cultura Italiana negli Usa”, celebrando non solo gli emigrati all’estero, le loro storie ed i loro rapporti con l’Italia, ma anche la cultura italiana, promuovendo negli Usa l’arte e la storia d’Italia, attraverso importanti iniziative. Lo scopo principale dell’Asmef, presieduta da Salvo Iavarone, è valorizzare le identità territoriali di ogni Sud, approfondendone soprattutto lo studio delle Geografie, delle Storie e delle Antropologie del Mezzogiorno d’Italia. La “storia dell’emigrazione” è il tema cardine su cui s’incentra l’attività di Asmef e, in particolare, dal 2006 al 2012, si è dato vita ad un evento-ciclico-permanente prestigioso, ad un format socio-culturale di grande afflato ed attualità, denominato le “Giornate dell’Emigrazione”, una serie di conferenze e dibattiti itineranti in tutta Italia ed all’estero, in cui si incontrano e confrontano rappresentanti del mondo istituzionale, imprenditoriale, socio-culturale, a livello nazionale ed internazionale. Ad aprire i lavori del meeting odierno è stato Salvo Iavarone che ha evidenziato: “Possiamo dire che Asmef è ormai, da anni, impegnata autorevolmente nello studio dell’emigrazione italiana di ieri e di oggi mettendo a confronto studiosi, imprenditori, rappresentanti di istituzioni con una serie di convegni e tavole rotonde in tutta Italia e con una missione all’estero che, ogni anno, compendia i lavori dell’intero programma. Viaggiando per il mondo abbiamo incontrato tanti connazionali anche campani emigrati e possiamo dire che non sono affatto italiani di serie b, anzi sono pienamente di serie a! Asmef cerca di unirli, di confrontarsi con loro con azioni culturali importanti come due importanti iniziative che promuoveremo a New York e a Washington in occasione dell’Anno della Cultura italiana negli USA: una prestigiosa mostra internazionale di reperti archeologici dal titolo “The pursuit of happyness” e “Landscapesofmemory”, performance artistica a cura di Anna Maria Pugliese, Art Director Asmef”.
ROMA – SQUILIBRIO PRESIDENZIALE di Gaetano Azzariti . Un centrosinistra allo sbando si appresta a discutere di riforme costituzionali con un centrodestra agguerrito. Può non essere piacevole dirlo per chi milita tra le file degli «sbandati», ma questa è la realtà ed è inutile nasconderla. Basta pensare al modo in cui si è aperta la discussione sulla modifica della nostra forma di governo parlamentare per avere una conferma del grave stato di confusione in cui versa il centrosinistra. Il 22 maggio il ministro per le riforme costituzionali (esponente del centrodestra) indica le diverse ipotesi possibili: «Abbiamo di fronte due strade – scrive Quagliariello – la forma di governo parlamentare razionalizzata e il semipresidenzialismo secondo il modello francese». Consapevole dunque che alla proposta tradizionale della sua parte politica, da sempre favorevole all’elezione diretta del presidente della Repubblica, si contrappone quella della parte politica avversa che nella razionalizzazione della nostra forma di governo trova il suo ambito naturale. Veniva così definito il terreno del confronto. È bastata una settimana, senza neppure bisogno di aprire la discussione nelle sedi parlamentari proprie, perché autorevoli esponenti del centrosinistra – l’accorto presidente del Consiglio in primo luogo – dichiarassero la resa: che si discuta esclusivamente di come eleggere il capo dello Stato, l’unica via per riformare il sistema costituzionale.
A questo punto un doppio risultato è già stato ottenuto: da un lato la rottura del fronte di centrosinistra, che sarà condannato a dividersi e a lacerarsi in scontri traumatici tra neopresidenzialisti e filo parlamentaristi; dall’altro la sicurezza per il centrodestra di aver già ottenuto il pieno successo culturale, avendo portato l’avversario storico a riconoscere la bontà delle sue tradizionali proposte.
Diventa urgente rimettere le cose al loro posto, nella speranza che non sia troppo tardi. È necessario dire ad esempio che gli argomenti di chi a sinistra auspica l’elezione diretta del capo dello Stato non sono per nulla innovativi, bensì espressione di una cultura conservatrice. È necessario dire ad esempio che il passaggio da una forma di governo parlamentare a una semipresidenziale non risolverà la crisi politica e istituzionale in cui versa l’Italia, bensì la farà definitivamente precipitare rendendo ancor più incerto il governo democratico del paese. Un’accusa di arretratezza culturale e di miopia politica che – a sinistra – dovremmo impegnarci a dimostrare se vogliamo dare un contributo critico, ma anche costruttivo, alla prossima discussione sulle riforme della costituzione. Se vogliamo uscire dalla subalternità cui da troppi anni siamo costretti e che ci hanno portato a subire – distratti e afoni – l’egemonia altrui.
Per ora, nelle poche righe di un articolo, limitiamoci a ricordare l’essenziale. Il problema – culturale e politico al tempo stesso – delle forme di governo (tanto di quelle parlamentari, quanto di quelle presidenziali) è principalmente quello di definire un equilibrio tra i poteri e tra gli organi costituzionali. In ogni caso in cui il rapporto tra parlamento, governo e capo dello Stato volge a favore di uno solo di tali organi si produce una degenerazione e la crisi politica comincia ad avvitarsi su se stessa, con pericolosi spostamenti di potere e tendenze all’assolutismo di uno dei tre organi. Esattamente quel che è avvenuto in Italia. Potremmo ripercorrere la storia dell’ultimo ventennio per vedere i progressivi spostamenti dei poteri tra un organo e un altro, ci renderemmo così facilmente conto di come, a fasi alterne, ora il governo, ora il capo dello Stato, hanno assunto un ruolo di dominanza, rompendo il fisiologico equilibrio tra i poteri. Da questo scompenso deriva la crisi della nostra forma di governo.
L’affermazione comunemente ripetuta di un governo senza poteri adeguati è priva di senso costituzionale: la migrazione del potere legislativo dal parlamento all’esecutivo dimostra il contrario. Tutti i governi dell’ultimo trentennio – e da ultimo con sempre maggiore intensità – hanno dettato l’agenda legislativa, relegando il parlamento in un ruolo servente. In caso sono le divisioni politiche, le debolezze strategiche, gli opportunismi dei leader a rendere instabile un esecutivo dotato di poteri in eccesso. Immaginare che un rafforzamento del governo possa passare per un’ulteriore concentrazione dei poteri nelle mani di chi già ne ha troppi dimostra un’elevata dose di spregiudicatezza costituzionale. Non sarà rafforzando l’esecutivo che usciremo dalla crisi politica.
Per quanto riguarda più direttamente il capo dello Stato, l’ultima convulsa fase politica ha imposto una «reggenza» proprio a quell’organo che nel nostro paese svolge le funzioni di garanzia degli equilibri costituzionali. Può essere compreso che nel vuoto della politica e nella perdita di potere delle altre istituzioni il garante del sistema sia spinto a dare soluzioni alle crisi, ma dovrebbe essere anche evidente che per evitare una degenerazione degli equilibri costituzionali è necessario ristabilire quanto prima la fisiologia, puntando dunque ad un riequilibrio. Immaginare, invece, che la soluzione alla crisi della nostra forma di governo possa passare stabilizzando lo sbilanciamento e snaturando la figura di garanzia del presidente è illusorio e pericoloso.
Pericoloso soprattutto perché negli ultimi vent’anni un organo è certamente stato sacrificato e ha bisogno di essere riqualificato se si vuole evitare la degenerazione della forma di governo: il parlamento. Non può esservi strategia culturalmente consapevole e politicamente efficace che non ponga al centro della riforma istituzionale e costituzionale la questione dell’organo della rappresentanza politica.
Espandere i poteri del parlamento, rilanciare la rappresentanza politica, mettendo in discussione le chiusure prodotte nell’ultimo ventennio, dovrebbe essere il compito di riformatori consapevoli della gravità in cui versa il sistema costituzionale italiano. Una strada che appare ostruita dai tanti che non sono disposti ad andare alla radice delle disfunzioni della nostra forma di governo. Il paradosso è che questi, che sono i veri conservatori, si presentano come finti innovatori. Un ribaltamento di senso che spiega molto delle sventure della sinistra e della confusione del nostro tempo.
ROMA – IMMIGRATI, 1 MILIARDO E 600 MILIONI DI EURO: I COSTI DISUMANI DEL rifiuto / di Roberta Carlini / I diritti umani non hanno prezzo, e non è con calcoli economici che potremo salvarli. Però qualche conto può aiutare, soprattutto in tempi di austerity e spending review, per sostenere le ragioni che si oppongono alle «politiche del rifiuto». È quel che ha fatto Lunaria, con un rapporto che, anno dopo anno e spesa dopo spesa, fa i conti in tasca alle politiche di contrasto all’immigrazione irregolare. Arrivando in poco più di un decennio a una cifra considerevole: 1 miliardo e seicento milioni di euro, la gran parte dei quali a carico delle casse nazionali. (…) Il Rapporto, presentato e discusso il 30 maggio a Roma ….( www.lunaria.org/2013/05/07/costi-disumani/ ), ripercorre i capitoli principali di una spesa pubblica che è tra le più invocate (in nome della sicurezza) ma tra le meno controllate. (…) I ricercatori di Lunaria sono andati dunque a spulciarli uno per uno. C’è il Fondo Europeo per le frontiere esterne, i cui stanziamenti vanno soprattutto a beneficio dei controlli costieri (dalla sorveglianza all’acquisto di materiali ai sistemi tecnologici, al coordinamento delle informazioni: 331 milioni di euro, dal 2007 al 2012); un Pon (Programma Operativo Nazionale) specificamente dedicato alla sicurezza del Mezzogiorno (111 milioni di euro dal 2000 al 2006, per Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia: anche qui, si parla di supporto alle attività delle forze dell’ordine per cercare e identificare i migranti); il Fondo europeo per i rimpatri, che finanzia i programmi per rispedire in patria i migranti catturati (circa 61 milioni di euro, 2008-2012); un bel pacchetto di stanziamenti per la Cooperazione con i paesi di origine (151 milioni, anni 2005-2012). E poi c’è il grosso della spesa, quella per i Centri di identificazione ed espulsione e altre strutture simili. (…) Il tutto è costato, finora, 143,8 milioni di euro all’anno. Il conto complessivo si può vedere nella tabella: 1 miliardo 668 milioni, di cui 281 a carico delle risorse comunitarie e il resto della spesa pubblica nazionale. (…) A fronte di tutto ciò, c’è la sostanziale inefficacia delle politiche di contrasto, di tutto l’apparato del rifiuto che va dalle coste agli invivibili Cie. Dal ’98 al 2012, si legge nel Rapporto, meno della metà delle 169.126 persone transitate nei Cie sono state effettivamente rimpatriate: 78.081, il 46,2% del totale. Mentre gli enormi flussi di emersione dall’immigrazione irregolare, in occasione delle varie sanatorie, mostrano che ben più grande è la dimensione dell’immigrazione: dal 1986 al 2009, i provvedimenti di emersione hanno portato alla regolarizzazione di 1.661.291 persone, tutti migranti regolarizzati in seguito al loro arrivo in Italia. Di contro, ci sono i numeri – non piccoli, ma assai minori – di quanti sono stati rintracciati dalle autorità di pubblica sicurezza in posizione irregolare, prima di poter usufruire di una sanatoria o nei periodi di attesa tra una sanatoria e l’altra: 540.389 persone, dal 2005 al 2011, il 60,3% delle quali non hanno obbedito all’ordine di allontanamento. (…). L’articolo integrale è su www.sbilanciamoci.info
ROMA – L’EMIGRAZIONE NELLE SCUOLE: LA PROPOSTA DI LEGGE DELL’ON. PORTA (PD) – “I nostri figli e nipoti che si formano oggi nelle istituzioni scolastiche italiane vivono una singolare contraddizione: sono quotidianamente a contatto con un numero crescente di coetanei figli di stranieri e, nello stesso tempo, non hanno una reale cognizione di quello che le migrazioni hanno rappresentato per la società italiana. L’immaginario emigratorio, che pure era abbastanza diffuso fino ad alcuni decenni fa, sta velocemente regredendo anche nei racconti e nella memoria familiare”.
Così Fabio Porta, deputato del Pd eletto in Sud America, nella relazione con cui presenta la sua proposta di legge sulla promozione della conoscenza dell’emigrazione italiana nelle scuole di ogni ordine e grado.
“Eppure – prosegue – l’Italia, nell’ultimo secolo e mezzo, ha conosciuto una diaspora di oltre 25 milioni di suoi concittadini, la più alta nel mondo in relazione alla popolazione di partenza. In più, nella fase di crisi che attraversiamo, sarebbe quanto mai utile guardare alle comunità italiane situate in varie aree del pianeta come ad una importante opportunità da utilizzare per la ripresa e la proiezione internazione del nostro sistema economico e sociale. Che cosa sanno i giovani di questa parte della nostra storia nazionale? Poco o niente, purtroppo, dal momento che il fenomeno pi ù profondo che ha solcato la società italiana è di solito relegato in passaggi disattenti e frettolosi di qualche libro di storia".
"Ormai – riflette Porta – non c‘è scuola italiana, soprattutto a livello di base, che non abbia dovuto assumere metodologie didattiche interculturali per tenere conto della transizione avvenuta nella nostra società a seguito di una costante e crescente immigrazione. I ragazzi figli di stranieri che frequentano le nostre scuole sono poco meno di 800.000. Fare formazione interculturale ignorando il passato emigratorio degli italiani è come camminare su una gamba sola. Per colmare questo vuoto, ho presentato, assieme ad altri colleghi di diverso orientamento politico, un disegno di legge tendente a far diventare la storia e la cultura dell’emigrazione l’asse di un progetto nazionale di formazione da assumere, nel rispetto dell’autonomia di ciascun istituto, nell’ambito della programmazione scolastica. Non si tratta di una materia da aggiungere a quelle curricolari, ma di un impegno di ricerca e di insegnamento da realizzare in chiave interdisciplinare, attraversando la storia, le letterature, la musica, il cinema, la memoria orale e quant’altro". "Questo progetto, – spiega il parlamentare Pd – naturalmente deve intrecciarsi strettamente con un altro, già esistente, dedicato appunto all’intercultura, e prevede anche l’istituzione di un premio, “Migranti come noi”, da assegnare a classi o istituti che si sono particolarmente distinti in questo tipo di percorso formativo. Voglio sottolineare che per la realizzazione di questa iniziativa non valgono le obiezioni circa la mancanza di risorse che in genere vengono opposte ai disegni di legge di iniziativa parlamentare. Ci si può tranquillamente inserire nelle disposizioni esistenti, senza un sostanziale aggravio di costi. Insomma, – conclude – un doveroso riconoscimento ai nostri emigrati che anche da lontano hanno contribuito a fare la storia d’Italia, può diventare per i nostri figli un importante elemento di una formazione moderna e pienamente consapevole dell’incidenza che le migrazioni hanno avuto e avranno nella nostra vita sociale e civile". (aise)
ROMA –I NUOVI ANALFABETI DELLA SOCIETÀ / INCONTRI – De Vecchis, «la geografia? Scomparsa pure al Nautico» – di F. Gu. Nel gennaio del 2010, in risposta alla riforma Gelmini della scuola secondaria di secondo grado, l’Associazione italiana insegnanti di geografia ha promosso un appello a favore della propria disciplina, che risultava essere la più penalizzata dal nuovo assetto voluto dal ministro. Le oltre trentamila adesioni hanno mobilitato l’opinione pubblica a una sensibile partecipazione, che ha avuto il merito di sottrarre il dibattito sul ruolo di questa materia al circuito chiuso del mondo accademico. Abbiamo chiesto un parere a Gino De Vecchis, professore di geografia presso l’università di Roma e presidente nazionale dell’associazione.
QUAL È LO STATO ATTUALE DELLA MATERIA NELLA SCUOLA ITALIANA?
Nell’anno scolastico 2010/ 2011, la geografia è scomparsa nel quadro orario degli istituti professionali e di tutti i tecnici a indirizzo tecnologico, compresi il Nautico e Costruzioni, ambiente e territorio, mentre ha subito un preoccupante ridimensionamento nei licei.
Sulla base della riforma del primo ciclo realizzata dal ministro Moratti e confermata da Fioroni, che prevede lo studio dell’Italia alle elementari e dell’Europa alle medie, i ragazzi che non trovano alle superiori la geografia escono dalla scuola con conoscenze relative al nostro paese ridotte a vaghi ricordi risalenti all’età di 9-11 anni.
IN QUALE MISURA L’ANALFABETISMO GEOGRAFICO PUÒ LIMITARCI?
Fare geografia a scuola vuol dire formare cittadini italiani e del mondo consapevoli e critici. Privarsi degli strumenti di conoscenza propri della geografia, che consente a ciascuno di interpretare il territorio in cui vive, significa rinunciare a saperi assolutamente irrinunciabili per affrontare le sfide del mondo contemporaneo. Dal locale della mobilità nel quartiere, alla Tav, fino ai grandi problemi mondiali legati alla globalizzazione: i flussi migratori, l’inquinamento ambientale.
NON SOLO, QUINDI, LA GEOGRAFIA IMMOBILE DELLE NOZIONI, QUELLA DELLE CAPITALI E DEI FIUMI…
Quest’immagine stereotipata e innocente fu presa di mira già dal sarcasmo di Antoine de Saint-Exupéry: il geografo del sesto pianeta risponde alla curiosità del Piccolo Principe spiegandogli che la geografia descrive cose eterne, perché è molto raro che una montagna cambi di posto, che un oceano si prosciughi.
Ovviamente, non è così. La geografia studia, piuttosto, la dinamica delle società che vivono e si confrontano sugli spazi umanizzati del pianeta. La geografia è così la storia analitica del presente che sfida le situazioni dell’oggi, inquadrandole in una visione futura.

AMERICA CENTRO MERIDIONALE
EQUADOR/USA/GB – IL SOLDATO MANNING A PROCESSO , / Assange: uno show fatto per vendetta
Il ministro degli esteri dell’Ecuador, Ricardo Patino, il 17 giugno incontrerà il suo omologo britannico, William Hague, per affrontare la situazione nella quale si trova Julian Assange, fondatore del sito Wikileaks, il quale ormai da quasi un anno ha trovato rifugio all’interno dell’ambasciata del paese andino a Londra. Il colloquio avverrà a Londra, precisa Patino, che spera di «intravedere un’uscita al caso dell’asilo di Assange». Nel luglio del 2012 Quito gli ha concesso l’asilo al fine di evitare l’estradizione verso la Svezia a causa di un’accusa di stupro, di cui Assange si dichiara innocente. Il governo britannico invece intende eseguire il mandato d’arresto svedese. Il presidente dell’Ecuador Rafael Correa ha sottolineato più volte che «l’Ecuador ha già fatto tutto quel che doveva fare» e che ora il caso è «nelle mani dell’Europa». Intanto Assange ieri ha commentato il processo iniziato contro Bradley Manning, il soldato Usa accusato di aver passato a Wikileaks centinaia di migliaia di file segreti favorendo al Qaeda. «Non è giustizia – ha detto – ma uno show costoso fatto per vendetta, una messinscena per lanciare un avvertimento alle persone che hanno una coscienza».

BOLIVIA
LA PAZ – Il presidente Evo infiamma gli operai / Concluso dopo una lunga trattativa lo sciopero della Central obrera per aumento pensioni «Sì, insieme ai movimenti sociali abbiamo imboccato il cammino verso lo sviluppo dell’economia e la sovranità della Bolivia», dice il presidente Evo Morales nella capitale La Paz davanti a una moltitudine di sostenitori. Poi ricorda le mobilitazioni che ha guidato prima di essere eletto: negli anni in cui era nel sindacato dei coltivatori di coca, sostenitori della sua candidatura a primo presidente indigeno di uno stato «plurinazionale». Nel 2005 – ha detto Evo – la rendita petrolifera era di 300 milioni di dollari, nel 2012 arriva a 4 mila milioni di dollari. Risultati ottenuti tassando le grandi imprese e le grandi fortune e impiegando i guadagni per sviluppare piani sociali e di inclusione. Passi avanti compiuti nel quadro di una rinascita progressista dell’America latina che, per impulso di Cuba e Venezuela, sta riconfigurando le relazioni nel continente. Dal palco Morales ha quindi criticato gli scioperi scoppiati nella miniera statale di stagno Huanuni, la più grande del paese, perché – ha affermato – minano l’economia nazionale. Dal 6 maggio, la miniera ha perso mezzo milione di dollari al giorno. I minatori hanno aderito all’appello della Central obrera boliviana (Cob), il principale sindacato, essenzialmente composto da minatori molto garantiti, che percepiscono «un compenso superiore a quello del presidente Evo». Per settimane la Cob, sostenuta da docenti universitari e quadri della scuola pubblica, ha organizzato blocchi stradali e manifestazioni per chiedere una modifica alla legge sulle pensioni: un aumento del 100%, «irresponsabile» secondo Morales, che ha comunque chiuso il conflitto accettando parzialmente le richieste (il 70%). «Il governo non sta pensando alle elezioni – ha ironizzato Morales -, ma ai futuri pensionati, la Cob invece pensa alle elezioni e non alle future generazioni». Quindi ha chiesto l’appoggio dei lavoratori, esortandoli a non lasciarsi manipolare: «Le organizzazioni sociali e non i vertici Cob – ha detto ancora – sono quelli che difendono il popolo boliviano e lottano contro l’imperialismo nordamericano». Ha polemizzato con alcuni nuovi leader sindacali che, «infiltrati nella Cob servono il neoliberismo». Dopo il pronunciamento del Tribunale costituzionale plurinazionale (Tcp) che il 30 aprile si era espresso a favore di una nuova candidatura di Morales, il presidente e il suo vice Alvaro Garcia Linera potranno candidarsi nuovamente per le elezioni del 2014. Il governo ha promulgato la legge che lo consente, approvata dalle due Camere proprio mentre Morales era in viaggio diplomatico per chiedere all’Organizzazione degli stati americani (Osa) di risolvere lo storico contenzioso con il Cile per uno sbocco al mare. Ma il presidente del Cile Sebastian Pinera, a fine mandato, ha avuto la meglio e la richiesta è stata ritirata.

HONDURAS – La tregua delle gang / "Il 28 maggio i leader delle due bande giovanili più violente dell’Honduras, Mara Salvatrucha e Barrio 18, hanno annunciato in conferenza stampa l’inizio di una tregua con il governo e hanno chiesto perdono alla società civile per i crimini commessi", scrive El Faro. Con quest’annuncio, l’Honduras segue l’esempio del Salvador, il primo paese dell’America Centrale ad aver tentato dal marzo del 2012 la strada del dia-logo con le gang. "La tregua", sostiene El Espectador, "inaugura il processo di pacificazione più importante della regione dalla fine delle guerre civili degli anni ottanta".

EL SALVADOR – Beatriz e l’aborto / Il 3 giugno Beatriz, una donna salvadoregna di 22 anni in gravi condizioni di salute alla quale la corte suprema del paese aveva negato il diritto all’aborto terapeutico, si è sottoposta a un parto cesareo. Il feto, nato con gravi malformazioni, come evidenziavano gli esami prenatali, è morto cinque ore dopo il parto. "Io voglio vivere, per mio figlio di 13 mesi", aveva detto la donna a ElFaro. Le Nazioni Unite hanno chiesto al governo di Mauricio Funes di rivedere la legge del 1998 che proibisce l’interruzione di gravidanza.

BRASILE – Abusi dimenticati / "Un rapporto sulle violazioni dei diritti umani compiute dagli agenti dell’ex Servico de protecào ao indio e dai grandi latifondisti nei primi anni della dittatura militare è stato ritrovato in una scatola negli archivi del Museo do indio, a Rio de Janeiro", si legge su O Globo. Nel documento, redatto nel 1967 dal procuratore generale Jader de Figueiredo Correia, sono de-scritti dettagliatamente i gravi abusi commessi contro le popolazioni indigene. "Quando fu re-so pubblico", racconta The Guardian, "il rapporto Figueiredo provocò sdegno in tutto il mondo e, due anni dopo, portò alla nascita dell’organizzazione per i diritti dei popoli indigeni Survival international". Fino alla fine di aprile si credeva che il rapporto fosse andato distrutto 45 anni fa in un incendio al mi-istero dell’agricoltura. Il documento è già stato digitalizzato ed è in esame presso la commissione di verità, che sta indagando sulle violazioni dei diritti umani tra il 1947 e il 1988.

MESSICO – Secondo un rapporto di Amnesty international presentato il 4 giugno, funzionari pubblici sono implicati in almeno 85 casi di persone scomparse negli ultimi sei anni. Intanto il 3 giugno nello stato di Guerrero sono stati ritrovati i corpi di tre attivisti scomparsi alcuni giorni prima dopo una manifestazione di sostegno ai contadini locali.

AMERICA SETTENTRIONALE
STATI UNITI – II 5 giugno il presi-dente Barack Obama ha annunciato che l’ambasciatrice all’Onu Susan Rice prenderà il posto di Tom Donilon come consigliere per la sicurezza nazionale.
STATI UNITI – Laureati in rosso / Sono tempi duri per i 37 milioni di ragazzi statunitensi che hanno chiesto un prestito per pagarsi l’università. "Dal 1 luglio i tassi d’interesse dei prestiti agli universitari erogati dal governo federale saliranno al 6,8 per cento, il doppio rispetto a oggi", scrive Mother Jones. I politici cercano una soluzione. La proposta migliore finora è quella della senatrice democratica del Massachusetts Elizabeth Warren: "Concedere agli studenti gli stessi tassi che le grandi banche pagano al governo federale per i prestiti a breve termine", cioè lo 0,75 per cento. Negli ultimi 25 anni i costi delle università sono aumentati del 440 per cento e dal 2004 i debiti degli studenti sono triplicati fino a sfiorare i mille miliardi di dollari.
USA-CINA / L’incontro in California tra Barack Obama e il presidente cinese Xi Jinping, nel quale si affronta il nodo degli attacchi hacker partiti dalla Cina, è anticipato da un retroscena: gli Usa hanno già pronto un programma dettagliato per fare altrettanto. È l’ultimo sviluppo dello scandalo intercettazioni e spionaggio dell’agenzia di intelligence Usa, ancora una volta anticipato dal britannico Guardian . Sul sito del giornale campeggia una copia della «Presidentiale Policy Directive n.20», un ordine segreto emanato da Obama lo scorso ottobre, in cui il presidente chiede «ai vertici dell’intelligence di redigere una lista di obiettivi all’estero di possibili attacchi cibernetici» e in cui si elencano quelli che vengono definiti «Offensive Cyber Effects Operation».
TEXAS – LETTERE ALLA RICINA, UN ARRESTO / Arrestata in Texas un’attrice 36enne Rischia 10 anni
Un’attrice in gravidanza di 36 anni è stata arrestata in Texas con l’accusa di essere la mente dietro alle lettere alla ricina inviate al presidente Obama e al sindaco di New York, Michael Bloomberg. Si tratta di Shannon Guess Richardson di New Boston, madre di cinque figli. La donna aveva inizialmente contattato le autorità dicendo che era stato il marito, Nathaniel Richadson, a inviare le buste avvelenate. Ora rischia 10 anni di carcere. John Delk, avvocato del marito della donna arrestata, ha detto che potrebbe trattarsi di una vendetta visto che lui ha chiesto il divorzio.
SANTA MONICA, SPARI AL COLLEGE / Una sparatoria è avvenuta ieri in un college di Santa Monica, in California. Secondo le prime notizie ci sarebbero almeno tre feriti. Una persona – riporta il «Los Angeles Times» – sarebbe stata fermata nella biblioteca dell’istituto. I feriti sarebbero stati presi di mira mentre erano in un’automobile, non è chiaro ancora se all’interno o fuori del campus.

AFRICA & MEDIO ORIENTE
PALESTNA – Il lavoro ingrato di Hamdallah / "Nessuno invidia il nuovo primo ministro palestinese Rami Hamdallah", scrive Barak Ravid su Haaretz, in un articolo ripreso anche dal giornale panarabo Al Quds al Arabi. Rettore universitario, Hamdallah non ha molta esperienza politica, eppure "dovrà affrontare una grave crisi economica, gestire il bilancio dell’Autorità Palestinese e trovare il modo di pagare migliaia di funzionari. Se si accorgeranno che non può farlo, i paesi occidentali potrebbero decidere di sospendere le donazioni. Inoltre la sua nomina non è stata approvata dal partito Hamas, che è ancora lontano dalla riconciliazione con Al Fatah
DA RAMALLAH – di Amira Hass / DIFETTI DI COMUNCAZIONE / Non mi occupo quasi mai di diplomazia e di "alta politica". Dopo aver dato un’occhiata al sito di Haaretz, ho avuto con-ferma della bontà della mia scelta. Qualche giorno fa la squadra di negoziatori dell’Olp ha organizzato una visita nella zona di Latrun, una valle a nordovest di Gerusalemme occupata da Israele nel 1967. All’epoca l’esercito israeliano cacciò 5.200 residenti dai tre villaggi della zona e distrusse case, scuole e moschee. A fare da guida c’era il capo negoziatore Saeb Erekat. Noi giornalisti presenti volevamo avere notizie sul tentativo del segretario di stato americano John Kerry di riaprire i negoziati tra israeliani e palestinesi, ma Erekat non ha fornito dettagli. Mentre camminavamo verso l’autobus, però, mi ha spiegato che i palestinesi concederanno a Kerry "alcuni mesi". Eppure su Haaretz c’è scritto che il presidente palestinese Abu Mazen ha concesso a Kerry "due settimane", citando un anonimo diplomatico israeliano. Il problema è che i leader palestinesi non forniscono mai informazioni, costringendo i giornalisti a cercarle da fonti indirette: diplomatici europei, statunitensi e soprattutto israeliani. In un certo senso è una pratica colonialista, ma sono gli stessi "nativi", cioè i palestinesi, a rifiutarsi di comunicare in modo efficace. Così facendo consegnano i giornalisti nelle mani della "potenza coloniale", che spesso ha interesse a disinformare. Quando i palestinesi provano a rimediare, è ormai troppo tardi.

SIRIA/LIBANO – Il 5 giugno l’esercito siriano gli alleati libanesi di Hezbollah hanno ripreso il controllo di Qusayr, una città siriana al confine con il Libano che era rimasta in mano ai ribelli siriani per un anno. È una grave sconfitta per l’opposizione, mentre Damasco rafforza la sua posizione in vista dei negoziati con i rappresentanti di Russia e Stati Uniti. Ormai la guerra siriana si combatte anche in Libano, scrive An Nahar. Sia sul campo, nelle città come Tripoli, sia sul piano politico. Non riuscendo ad accordarsi su una nuova legge elettorale, il parlamento di Beirut ha rinviato a novembre le elezioni legislative previste per giugno.

EGITTO – II 2 giugno l’alta corte costituzionale ha invalidato la shura, la camera alta del parlamento, e la commissione che ha preparato la nuova costituzione, sfidando il presidente Mohamed Morsi. Due giorni dopo un tribunale del Cairo ha condannato al carcere 43 impiegati di ong, tra cui molti stranieri che però ave-vano già lasciato il paese.
IL CAIRO -PROCESSO A 43 IMPIEGATI: CONDANNE FINO A 5 ANNI Il governo mette il bavaglio alla società civile e alle ong, di Giuseppe Acconcia / Non ci sono più dubbi: le ong egiziane non hanno un minuto di respiro. I 43 imputati del processo, iniziato nel 2011, sono stati condannati fino a cinque anni di prigione con l’accusa di lavorare per organizzazioni non governative non registrate e finanziate dall’estero. Con il verdetto di ieri, la Corte ha ordinato anche la chiusura di cinque ong straniere che operano in Egitto, procedendo alla confisca dei loro beni: tra queste le associazioni americane Freedom House e National Democratic Institut. A cui si aggiungono le chiusure di istituti di ricerca politica (come l’International Republican Institute che avrebbe ricevuto illegalmente 22 milioni di dollari) e le associazioni di giornalisti indipendenti (come l’Icfj). Tra i condannati ci sono anche cittadini americani, tedeschi, serbi, norvegesi, palestinesi e giordani, oltre a 16 egiziani. I condannati in contumacia (è stato dato loro il permesso di lasciare il paese nel marzo 2012) hanno ricevuto le pene più severe: pari a cinque anni di carcere.
Il caso è partito con la perquisizione, ordinata dal ministro per la cooperazione internazionale Fayza Abul-Naga, di 17 ong, alla fine del 2011, nel pieno della gestione della giunta militare. In quel caso gli Stati uniti minacciarono immediatamente di limitare gli aiuti internazionali all’Egitto qualora il processo fosse proseguito. Secondo l’avvocato dell’Ndi, Sarwat Abdel-Shahid, l’intera vicenda si inquadra in uno scontro tra Egitto e Stati uniti sugli aiuti internazionali. «Non esiste un caso ma solo un conflitto tra autorità egiziane e governo degli Stati uniti», aggiunge. In verità, il blitz ha inaugurato la repressione della società civile e della stampa indipendente che di fatto continua ancora oggi con la legge appena approvata che regola le ong egiziane. Tra gli aspetti più controversi del testo di legge c’è il ruolo delle forze di sicurezza nel controllare gli introiti delle ong, limitando fondi provenienti dall’estero per «ragioni di sicurezza». Le ong devono rendere note tutte le fonti di finanziamento, rendendosi disponibili a frequenti controlli governativi. L’esecutivo può poi rivedere i progetti delle ong e permettere ad un esponente dell’apparato di sicurezza di indirizzarne l’operato. Hafez Abu Saeda, direttore dell’Organizzazione egiziana per i diritti umani, ha parlato di poteri speciali per gli amministratori, sottratti al controllo dei giudici, per definire cosa è legale e cosa non lo è. In opposizione alla legge, un gruppo di 41 ong ha duramente criticato Morsi parlando di un testo che «impone restrizioni alla libertà di espressione», aprendo la strada ad uno «stato di polizia» simile all’era Mubarak. «I Fratelli musulmani vogliono un controllo diretto sulle ong per impedire che facciano attività politica o che si impegnino in azioni contro il governo. Per questo vengono duramente ridimensionate dal punto di vista economico e finanziario», ci spiega Hesham Foad, dirigente del partito socialista dei lavoratori. Con questa nuova legge, la Fratellanza mette le mani sulla società civile, limitando l’impegno in Egitto della cooperazione internazionale.

IRAN – Migliaia a manifestazioni antigovernative a Isfahan / I funerali del grande ayatollah dissidente Jalal-e Din Taheri, uno dei leader della rivoluzione del 1979, si sono trasformate in una dimostrazione anti-governativa a Isfahan, seconda città iraniana. Migliaia di sostenitori del defunto ayatollah filo-riformista hanno partecipato ai suoi funerali, gridando «Morte al dittatore». I partecipanti hanno anche inneggiato ai due leader riformisti agli arresti domiciliari, Mir Hossein Mousavi e Mehdi Karroubi, chiedendone la liberazione. Lo riferisce il sito d’informazione Peykeiran. Secondo quanto riferisce il sito riformista Kaleme, l’ayatollah Taheri avrebbe chiesto di essere sepolto nella città santa di Qom vicino all’altro grande ayatollah dissidente Hossein Ali Montazeri. La sua richiesta sarebbe stata rigettata dalla Guida Suprema, l’ayatollah Khamenei. Hassan Rohani, candidato filo-riformista alle prossime elezioni presidenziali iraniane, Sayyed Khatami, fratello dell’ex presidente riformista Mohammad Khatami e Abdollah Nuri, ex ministro dell’Interno nel primo governo di Khatami erano tra le personalità di spicco del fronte riformista, presenti al funerale.

TURCHIA – OCCUPY PIAZZA TAKSIM / La polizia carica, Istanbul brucia / Si radicalizza lo scontro intorno a Gezi Park, polmone verde e luogo di ritrovo nella storica e centralissima piazza Taksim, a Istanbul. Il progetto di sradicare i suoi 600 alberi per far posto a un centro commerciale ha suscitato un movimento d’opposizione appoggiato da artisti e intellettuali e migliaia di manifestanti si sono accampati da lunedì per impedire alle ruspe di entrare in azione. Ieri il sostegno alla protesta si è moltiplicata anche in rete, dopo che la polizia ha deciso di usare la mano pesante. Violente cariche e un uso massiccio di lacrimogeni, spray urticanti e cannoni ad acqua, hanno lasciato a terra decine di attivisti svenuti per le inalazioni. Gli agenti anti-sommossa hanno fatto irruzione nel campo, cacciato i ragazzi e bruciato le tende. Un centinaio di persone sono finite in ospedale, anche con ferite alla testa e fratture, e una ragazza sarebbe in gravi condizioni. 63 gli arresti. Anche Amnesty International ha denunciato l’«uso eccessivo della forza contro dimostranti pacifici». Decine di feriti sono stati causati dal crollo di una antica scalinata attraverso cui i giovani cercavano di scappare. Ferito anche il deputato curdo Sirri Sureya Onder, uno dei simboli della protesta da quando si è piazzato davanti ai bulldozer in movimento per bloccarli. La rivolta contro i piani «di riqualificazione» di Taksim – tradizionale piazza della sinistra laica turca – e contro la cementificazione selvaggia di Istanbul, si sta trasformando in una protesta nazionale contro il premier Recep Tayyip Erdogan, che della città è stato sindaco ed è uno dei grandi sponsor del progetto. Anche a Ankara ieri ci sono state proteste e scontri con la polizia. I manifestanti in questo caso si oppongono al giro di vite sulla vendita di alcolici, ma hanno espresso la loro solidarietà agli occupanti di Gezi Park.

UGANDA – Ritorno in redazione / Dopo essere rimasti chiusi per dieci giorni, il 30 maggio due importanti giornali ugandesi, il quotidiano indipendente Daily Monitor e il tabloid Red Pepper, hanno potuto riprendere le pubblicazioni. I giornali erano stati sanzionati perché avevano pubblicato un documento confidenziale su presunti progetti criminali per la successione al presidente Yoweri Museveni. Anche in Burundi c’è preoccupazione per la libertà di stampa dopo l’approvazione di una legge che limita le possibilità dei giornalisti di svolgere inchieste

MALI – Il 4 giugno l’esercito maliano si è messo in marcia verso Kidal, roccaforte dei ribelli tuareg del Movimento di liberazione nazionale dell’Azawad (Mnla). Negli scontri lungo la strada sono rimasti uccisi almeno dieci ribelli. Nei giorni precedenti, scrive Jeune Afrique, l’Mnla aveva espulso da Kidal decine di persone sospettate di spionaggio.

NIGER – II 2 giugno circa venti detenuti, tra cui molti terroristi, sono evasi da una prigione di Niamey. Tre guardie sono rimaste uccise.

SUD AFRICA
CAPE TOWN – MINIERE INCANDESCENTI IN SUDAFRICA / Un altro sindacalista ucciso a Marikana, di – Rita Plantera – Torna la «stagione degli scioperi». Mille nuovi licenziamenti e tensione alle stelle tra sindacati rivali
«Solo nei Paesi antidemocratici non ci sono scioperi. Non credo che dovremmo considerare gli scioperi un problema», aveva dichiarato il presidente sudafricano Zuma a fine maggio in una conferenza stampa convocata due giorni dopo la diffusione dei dati per niente positivi sulla crescita economica del paese, quasi a voler esorcizzare le paure di nuovi violenti scontri nel settore minerario. Tentativo di rassicurazione che ha lasciato però del tutto indifferente i mercati e quindi il Rand, la valuta sudafricana, in piena caduta libera nei confronti del dollaro. Quella che viene considerata la più grande economia dell’Africa vede di giorno in giorno vacillare de facto la sua posizione, sempre più in balia dell’incapacità dell’elite politica ed economica di far fronte ai problemi strutturali che aspettano almeno dal 1994 di essere risolti.
Ieri, un rappresentante sindacale è stato ucciso e un altro ferito gravemente. È accaduto negli uffici del sindacato storico sudafricano, il National Union of Mineworkers (Num), a Wonderkop, presso la miniera della Lonmin vicino a Marikana, città a 120 chilometri da Johannesburg tristemente nota per il massacro per mano della polizia lo scorso anno di circa 34 minatori in sciopero in uno dei più violenti incidenti dalla fine dell’apartheid. Anche allora, come quest’anno, si era in piena «stagione degli scioperi», periodo di contrattazione collettiva e sindacale, e Marikana fu solo uno dei tanti focolai di proteste nella regione di Rustenburg ormai nota più come epicentro di violenze e di sanguinose proteste operaie che come la cintura di platino sede delle miniere di due colossi mondiali quali l’Anglo American Platinum e la Lonmin.
Non è stata ancora resa nota l’identità dei due sindacalisti vittime della sparatoria di alcuni individui armati. L’episodio avviene però un mese dopo l’uccisione di un altro sindacalista, rappresentante del sindacato rivale del Num, l’Association of Mineworkers and Construction Union (Amcu). E sembra confermare le testimonianze di minatori e guardie di sicurezza della Lonmin secondo cui, contrariamente alle dichiarazioni dei vertici industriali, Rustenburg si sia ormai trasformata in un campo di battaglia tra sindacati rivali, dove le armi vengono contrabbandate magari anche col beneplacito dei rispettivi vertici sindacali all’interno delle stesse miniere. Lo sostiene il settimanale locale Mail&Guardian, che riporta le testimonianze di alcuni dipendenti aziendali. Il settore minerario, che rappresenta circa il 6% dell’intero output economico e il 60% dei proventi delle esportazioni, soffre forti tensioni tra il piano di risanamento dell’Amplants che prevede il taglio di circa 6000 posti di lavoro, il licenziamento, ieri, di 1000 minatori della Glencore Xstrata, le richieste di aumenti salariali fino al 60% e le lotte intestine sindacali. Un vaso di pandora che le ormai prossime contrattazioni potrebbero violentemente scoperchiare facendo da detonatore a una situazione di instabilità economica e sociale ormai capillare.

ASIA & PACIFICO
KAZAKISTAN – I rifugiati italiani protestano per espulsione / La moglie del ricercato kazako Muktar Ablyazov e sua figlia potrebbero subire violazioni dei diritti umani. Questa è la denuncia del direttore del Consiglio italiano per i rifugiati (Cir), Christofer Hein, in un comunicato in cui esprime preoccupazione per le sorti della donna e di sua figlia di sei anni, espulse dall’Italia il 31 maggio scorso. Secondo il Cir, la donna era stata rintracciata e fermata con un imponente dispiego di forze di polizia nella sua casa di Roma, poi trattenuta nel Cie di Ponte galeria in attesa del rimpatrio con una procedura, definita dall’avvocato, «sorprendente e affrettata».

KIRGHIZISTAN – Migliaia di persone si sono scontrate con la polizia il 30 maggio durante una 1manifestazione per chiedere la I nazionalizzazione di una miniera d’oro gestita dal gruppo canadese Centerra Gold.

PAKISTAN – II 5 giugno Nawaz Sharif è entrato in carica come I primo ministro per la terza volta. Nel discorso di insediamento I Sharif ha chiesto agli Stati Uniti j di rispettare la sovranità del paese mettendo fine ai bombardamenti dei droni nelle zone tribali del nordovest.

COREA DEL NORD – Mafia nucleare / Gli incidenti e le irregolarità emerse negli impianti nucleari negli ultimi due anni sono solo la punta dell’iceberg di un sistema mafioso che dura da cinquant’anni, scrive Hankyoreh Il 28 maggio si è scoperto che in alcuni impianti erano impiegati cavi di controllo difettosi e che i risultati dei test sulla sicurezza erano stati truccati. Lo scandalo chiama in causa la Saehan Tep, una delle aziende responsabili dei controlli di qualità delle centrali sudcoreane, premiata dal governo nel 2012. Finché nel 2011 non è nata la Commissione per la sicurezza nucleare (Nscc), la sicurezza e i controlli erano gestititi da agenzie che si occupavano anche della promozione dell’energia atomica. Solo nel 2011, conclude il quotidiano, il Nuclear power promotion act, che regolava tutto il settore dell’energia atomica, è stato diviso in leggi distinte sulla sua sicurezza e la promozione.

CINA – II 3 giugno 119 persone sono morte nell’incendio scoppia to in un allevamento di polli nel-I la provincia di Jilin, nel nordest del paese.
XINJIANG – Espropri nello Xinjiang / Gli abitanti di alcuni villaggi dello Xinjiang, la regione cinese abitata dalla minoranza uigura, denunciano di essere stati espropriati dei loro terreni dalle autorità cinesi dopo aver rifiuta-to un indennizzo pari a un decimo del valore di mercato delle proprietà, scrive Asia Times. Ai contadini, che accusano le autorità dei villaggi di corruzione, sono stati offerti 39mila yuan (4.800 euro) per ogni mu (0,06 ettari). I terreni sono poi stati rivenduti dalle autorità alle aziende cinesi a 45omila yuan per mu.
PECHINO – la costituzione e il partito / Yazhou Zhoukan Hong Kong / Il 4 giugno, in occasione del 24° anniversario dalla repressione di piazza Tiananmen, migliaia di persone a Hong Kong hanno partecipato alla commemorazione del massacro. In Cina gli utenti di internet si sono ingegnati per aggirare la censura che vuole cancellare dalla memoria i fatti del 1989. "Il sogno del 4 giugno è il sogno del costituzionalismo", scrive lo Yazhou Zhoukan parafrasando lo slogan scelto dalla nuova dirigenza della Repubblica popolare: il sogno cinese. "Costituzionalismo vuol dire usare la carta per limitare il potere dello stato e far valere i diritti dei cittadini. La Cina ha bisogno di un profondo cambiamento politico e sociale", dichiara Chen Yizi, oggi dissidente in esilio negli Stati Uniti ma, all’epoca della repressione, consigliere del segretario generale del Partito comunista Zhao Ziyang, contrario alla linea dura. Chen scrive nelle sue memorie di aver presentato nei giorni delle manifestazioni del 1989 un documento per gestire gli eventi in accordo con la costituzione. Il documento fu respinto, ma il dibattito se sia più importante il rispetto per la costituzione o per il partito è tornato in voga in questi mesi tra gli intellettuali cinesi

CAMBOGIA – La a protesta degli operai / Migliaia di operai di una fabbrica che produce abbigliamento per conto della Nike si sono scontrati con la polizia durante una manifestazione fuori dallo stabilimento vicino a Phnom Penh. Otto iscritti al sindacato sono stati arrestati e diversi manifestanti e poliziotti sono rima-sti feriti. A quanto pare le violenze sono scoppiate dopo che un gruppo di lavoratori contrari alla protesta si è scontrato con i manifestanti. Gli operai in sciopero chiedono un aumento di 11 euro (oggi guadagnano 56 euro al mese). Il settore dell’abbigliamento in Cambogia impiega centinaia di migliaia di persone, scrive il Phnom Penh Post.

PAPUA NUOVA GUINEA – Mai più caccia alle streghe / Il parlamento papuano ha revocato la legge sulla stregoneria, che forniva un’attenuante ai colpevoli di violenza contro le donne. Nella stessa sessione ha approvato una legge che estende l’uso della pena di morte a una lista di crimini tra cui gli omicidi, gli stupri e le rapine legati alla stregoneria, e che in-I traduce nuovi metodi per le ( esecuzioni tra cui l’iniezione letale, l’impiccagione, la folgora-| zione, la fucilazione e il soffocamento. "Un passo avanti nella protezione delle donne, ma molti passi indietro nella lotta contro la pena di morte", commenta Amnesty International.

 

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