10648 Notizie dall’Italia e dal mondo del 1 giugno.

20130601 08:02:00 guglielmoz

EUROPA.Criminali a Berlino
ITALIA. Mauro, neoministro e già così menzognero..
AFRICA & MEDIO ORIENTE. Il Brasile annulla il debito di dodici paesi africani.
ASIA & PACIFICO. Cina. È scontro di potere sul destino del fondo sovrano senza guida.
AMERICA CENTRO MERIDIONALE. Diritti umani – La Corte interamericana riunita sulle denunce dei nativi Mapuche
AMERICA SETTENTRIONALE. 3.577 MORTI PER GLI AEREI SENZA PILOTA – Barack Obama ammette: «I droni uccidono anche americani». E noi li avremo a Sigonella.

EUROPA
SVEZIA
STOCCOLAM – Alla radice delle violenze / Gli scontri tra polizia e manifestanti avvenuti negli ultimi dieci giorni nelle periferie di Stoccolma hanno sollevato interesse e preoccupazione anche fuori dalla Svezia. Al punto che i ministeri degli esteri di Regno Unito, Stati Uniti, Paesi Bassi e Nuova Zelanda hanno consigliato ai loro cittadini di non visitare la capitale svedese. Tuttavia la situazione sta tornando alla normalità. Secondo la polizia, dopo il weekend tra il 25 e il 26 maggio gli scontri e gli atti di vandalismo sono sensibilmente diminuiti. In totale sono state arrestate almeno 13 persone e sono state date alle fiamme de-cine di auto. "Questi scontri so-no le conseguenze dirette della violenza della polizia, della disoccupazione giovanile, del razzismo e delle disuguaglianze economiche", scrive su Dagens Nyheterla filosofa inglese Nina Power. "Ma non è troppo tardi per cercare di capire perché i giovani sono così arrabbiati".

BULGARIA – Un governo a metà / A due settimane delle elezioni, la Bulgaria ha un nuovo gover-no. L’esecutivo, che sarà guidato da Plamen Oresarski, è frutto di un accordo tra il Partito socialista e il Dps, il partito della minoranza turca, e ha il sostegno di 120 deputati su 240. Non potrà quindi governare senza l’appoggio degli ultranazionalisti di Ataka sui singoli progetti di legge. Come spiega Offhews, è stato proprio Ataka a garantire il quorum durante le procedure parlamentari, uscendo poi dall’aula al momento del voto, come la legge bulgara consente di fare. A questo punto, conclude Offnews, è inevitabile un pe-riodo di grande instabilità

FRANCIA
PARIGI – Il 26 maggio il fronte degli oppositori al "matrimonio per tutti" ha tenuto la sua ultima manifestazione di protesta contro la legge sulle unioni gay. A Parigi hanno sfilato 100mila persone (un milione secondo gli organizzatori). Violenti scontri tra i manifestanti di estrema destra e la polizia sono scoppiati a fine giornata: 34 agenti sono rimasti feriti e duecento persone sono state arrestate, scrive Li¬beration. Il quotidiano sottolinea che, dopo aver cavalcato la protesta, una parte della destra se ne è dissociata. Intanto, il primo matrimonio omosessuale è stato celebrato a Montpellier il 29 maggio.

GERMANIA
BERLINO – Criminali a Berlino / Der Freitag, / Berlino non è pericolosa come Parigi o Londra, ma offre sicuramente più insidie di molte altre città tedesche, scrive il settimanale DerFreitag, che racconta il "vitale e variegato" sottobosco criminale berlinese tra "spacciatori di droga, rock band e rapinatori". Le sanguinose guerre per il controllo del territorio scoppiate dopo la caduta del Muro sono finite da tempo: oggi i criminali di Berlino "tessono le loro trame senza dare troppo nell’occhio". Nella capitale tedesca, per esempio, entrano cinque chili di cocaina al giorno, ma la polizia registra scarsi successi: "Nel 2010 a Berlino sono stati sequestrati solo 21,3 chili di cocaina, mentre tra l’aprile del 2010 e il marzo del 2011 i chili di cocaina sequestrati a Londra sono stati 586". In periferia, inoltre, imperversano le guerre tra bande di teppisti in motocicletta come gli Hell’s Angels Berlin City e i Me Mongols Berlin, spesso animate dai giovani figli di immigrati.

SVIZZERA
BERNA – scontri a techno-parade, arresti / 26 MAG – La polizia di Berna ha arrestato 61 persone implicate nelle violenze scoppiate nella notte nella citta’ a margine di una techno-parade dal nome di ‘Tanz Dich Frei’ (Libera te stesso con la danza). L’evento, che ha riunito circa 10mila persone, è degenerato quando la polizia ha impedito a un gruppo di partecipanti di rovesciare le barriere che proteggono il parlamento della capitale federale. Almeno 21 agenti sono rimasti feriti.

GRAN BRETAGNA – Pista somala? L’intelligence non ha certezze di Rita Plantera / Di nazionalità britannica. Lee Rigby, 25 anni, fuciliere del secondo battaglione del reggimento reale in missione in Afghanistan nel 2009 e fino a mercoledì una recluta dell’esercito, è stato ucciso a colpi di accetta da due cittadini britannici. Uno, Michael Adebolajo, 28 anni, nato in Gran Bretagna da una famiglia di immigrati nigeriani, l’altro, Michael Adebowale, ventiduenne, nato in Nigeria e naturalizzato britannico. Londra colpita nella sua multiculturalità e la Corona punita per le sue rinnovate vocazioni «coloniali». Gli 007 di sua maestà arrancano di fronte a due giovani dall’accento locale. Esclusa la pista nigeriana di Boko Haram, si tenta la via somala e si guarda ad AlShabab, anche questo un gruppo islamista africano legato ad Al Qaeda. Ma a 4 giorni dalla furia omicida scatenatasi per le strade del quartiere operaio di Woolwich, sul tavolo solo ipotesi e probabilmente tanti mozziconi di sigarette. Altri due sospetti sono in stato di fermo per concorso in omicidio, un uomo e una donna di 29 anni. Si cerca e probabilmente si spera di imbarcare la pista del complotto locale o internazionale, ma come ebbe dire una fonte anonima all’analista della Cnn Gloria Borger dopo l’attentato alla maratona di Boston di un mese fa – senza nessuna pista da seguire non può esserci intelligence. I quartieri londinesi sono stati setacciati palmo a palmo e agenti sono stati sguinzagliati anche nella città di Lincoln. E tutto ciò che ha riempito le testate web nelle scorse ore è stato un video diffuso dal Daily Mirror che riprende la furia di due giovani con le mani insanguinate che si scagliano fieri contro la polizia, per uccidere ancora, prima di essere feriti. I due erano vecchie conoscenze dei servizi di spionaggio nazionale (Mi5) mai considerate una minaccia reale. Errore o leggerezza che sta costando caro ai servizi antiterrorismo, investiti dalle critiche della gente comune e sotto tiro di Cameron che ha annunciato una commissione d’inchiesta parlamentare. Decisione confermata dal Segretario di Stato per le Comunità e il Governo Locale Eric Pickles il quale ha pure aggiunto «quanto sia difficile in una società libera poter controllare tutti». Fanatismo del terrore dei cosiddetti lupi solitari o nuova strategia del terrore di gruppi strutturati che si nascondono dietro i lone wolves ? Per ora, in attesa che si fiuti la pista giusta, ci vengono in mente solo i mulini a vento di Cervantes.

PORTOGALLO
LISBONA – Il sindacato Cgtb contro Cavaco Silva: l’estate sarà calda / Verso un governo del presidente.
I0L VIRUS ITALIANO CONTAGIA LISBONA di Goffredo Adinolfi. / Qualcuno potrebbe pensare che i governi di iniziativa presidenziale siano una delle tante malattie tipicamente italiane, di un paese cioè dove tutto il sistema politico si regge oramai su fondamenta sempre più fragili e precarie. La concentrazione dei poteri nelle mani del capo dello stato un tempo arbitro imparziale degli equilibri costituzionali e ora parzialissimo difensore dei diktat del monetarismo – sono proporzionali al discredito e all’incapacità dei partiti di trovare soluzioni che possano traghettare l’Europa fuori da quella che è una delle crisi economiche più lunghe della storia. Così non deve stupire che il virus sia arrivato fino in Portogallo, e non solo perché qui vige un sistema che, se pur teoricamente semipresidenziale, nella pratica ha sempre funzionato come un regime parlamentare. No, i governi di Lisbona e Roma sono oggi affetti dallo stesso deficit di legittimità nel quale l’unica soluzione è quella di una radicale mutazione del ruolo del capo dello stato: non più rappresentante dell’unità nazionale ma garante supremo dell’applicazione rigorosa dei trattati europei: Maastricht, Memorandum, Two Pack, eccetera. Dando per acquisito una sorta di passaggio di poteri da Pedro Passos Coelho, primo ministro, ad Anibal Cavaco Silva, il capo dello stato, la Confederação Geral dos Trabalhadores (Cgtp) ha deciso questa volta di convocare la manifestazione di fronte al palazzo presidenziale. Un messaggio simbolico molto forte quello che la Cgtp ha voluto lanciare ieri. Puntare il dito dritto contro chi, fino a non poco tempo fa, era considerato l’uomo al di sopra delle parti, rivela in modo inequivocabile come le istituzioni abbiano smesso di essere neutre e che dei principali cardini della democrazia liberale, checks and balances , sia rimasto davvero poco. Il maggiore sindacato portoghese vuole farsi sentire, trovare un interlocutore nelle istituzioni, presentare misure economiche che, pur nel solco di una politica di riduzione dei cosiddetti squilibri dei conti pubblici, garantirebbero una più giusta distribuzione dei carichi: patrimoniale, tobin tax, abolizione delle esenzioni fiscali e imposta straordinaria sui lucri delle imprese. Sono molti i soldi che si potrebbero raccogliere per evitare un ulteriore taglio del 16% dei salari pubblici (valore dato dalla somma dell’aumento da 35 a 40 ore settimanali e dalla riduzione netta del 4% del reddito). E invece, con l’eccezione del Bloco de Esquerda e del Partido Comunista Português , gli interlocutori non si trovano, nessuno vuole ascoltare, neanche il Partito socialista, ora all’opposizione, che a parole promette nuove strade ma poi nei fatti si limita a poche dichiarazioni generiche. Ma non basta, perché a questo punto le "misure alternative" non bastano più e ci si mobilita anche per chiedere una rinegoziazione del debito, riduzione dei tassi di interesse, diluizione delle rate e un haircut nel suo ammontare totale. Dal palco Armenio Carlos, segretario generale della Cgtp, promette che la prossima sarà una primavera-estate molto calda e ricorda: «Quello che tutti considerano un popolo remissivo ha nell’ultimo anno partecipato a più di 3000 scioperi di cui due generali». In un momento in cui la legge finanziaria presentata da Passos Coelho dovrà essere discussa dal parlamento si tenta il tutto per tutto: alzare la temperatura della protesta per fare cadere il governo. Il prossimo appuntamento è stato fissato dal movimento Que Se Lixe a Troika (Qslt) per il 1º giugno prossimo: stavolta per la grande manifestazione iberica e, si spera, quanto più possibile internazionale.

SPAGNA
BARCELLONA – CENTRO MEDICO AUTOGESTITO / La Cooperativa integral catalana tre anni fa ha cominciato ad auto-organizzarsi: doposcuola, alloggi sociali, laboratori e corsi per tutte le età. Poi è arrivato anche il centro medico: chiunque può entrare a chiedere un consulto o un trattamento a infermieri, medici, psicologi, in cambio di ore di lavoro oppure di Ecos, la moneta alternativa. Non si considerano alternativi alla sanità pubblica, che il goberno spagnolo sta massacrando in nome dell’auterity, ma sostengono una rivoluzione globale che porti a un altro sistema, visto che quello attuale lo considerano fallito.
“sanidad5Non si tratta di contrastare il sistema, ma di uscirne” spiega Xavier Borrás, uno dei primi soci del Centro di autogestione primaria della Salute (Caps). In tempi di crisi, di tagli – il ministero della Sanità segna un meno 22,6 per cento di budget nel bilancio generale 2013 rispetto all’anno scorso – e di pesanti privatizzazioni, a Barcellona la salute passa dall’autogestione. Tre mesi di lavoro, dieci sale attrezzate, un’equipe di quindici persone tra infermieri, medici, psicologi, terapeuti, biomedici, specialisti in agopuntura.
Nel carrer de Sardenya, vicino la Sagrada Familia, in un edificio di tre piani, con una tettoia e un giardino urbano dove si coltivano perfino piante officinali, il Cic – la Cooperativa integral catalana – tre anni fa ha cominciato ad auto-organizzarsi: doposcuola, alloggi sociali, laboratori e corsi per tutte le età. Poi è arrivato anche il centro medico: chiunque può entrare a chiedere un consulto o un trattamento in cambio di ore di lavoro o di ecos, la moneta alternativa. Sono già 1,300 i catalani che hanno fatto ricorso al primo centro medico autogestito del Paese. Il Caps però, tengono a sottolineare i membri della cooperativa, non è un ambulatorio. Ci sono i cosiddetti “facilitatori della salute” che accolgono i pazienti e cercano di trovare la soluzione ai problemi di salute con la medicina generale. Ma “se qualcuno arriva con il braccio rotto, andiamo al pronto soccorso”, precisano dal centro. Non si considerano alternativi alla sanità pubblica, ma sostengono una rivoluzione globale che porti ad un altro sistema, visto che quello attuale lo considerano già “fallito”.
“Parliamo di difficoltà, limiti e deficit di risorse, che chiamano ‘crisi della sanità pubblica’, ma che in realtà è un controllo imposto”, spiegano dal Centro autogestito. Per questo il sistema non è basato sull’euro, eccetto i 30 che servono per registrarsi alla cooperativa – somma che viene restituita quando il socio decide di andar via – Al Caps si paga infatti con le ore di lavoro, magari in segreteria o nell’asilo nido che accoglie i bambini del quartiere tra gli 0 e i 3 anni, oppure con la moneta locale: l’ecos. Un sistema che ha permesso di creare delle convenzioni con qualche piccola impresa, come la vicina clinica dentale Bosch Sadurní che sostiene l’idea di una “sanità più a misura d’uomo”.
“Tutto è diventato difficile, bisogna cercare alternative, e questo progetto pilota ne è un esempio. Dobbiamo riflettere sulle nostre critiche: ci lamentiamo della crisi, dei tagli del governo, quando dovremmo costruire un nuovo modello di sanità”, racconta Xavier Borrás, sotto il lemma dell’Aurea social: salute, educazione, autogestione. Lo spazio, chiamato appunto Aurea social, dov’è nato il progetto è già una piccola conquista: un immobile di 1.400 metri quadrati a pochi passi dalla Sagrada Familia. Prima c’era un ambulatorio medico privato, la Aurea Mon sl, fin quando, nel 2011, i soci hanno deciso di chiudere tutto dopo un anno di contrasti con il Banco Popular e le sue clausole sull’ipoteca. “Ci hanno lasciato tutta l’attrezzatura medica che abbiamo: proiettori, barelle”. E dopo un’asta pubblica andata a vuoto, sono cominciate le negoziazioni per restare. Non a caso nel Centro c’è anche un piccolo ufficio dedicato al problema sfratti, dove si aiuta chi è a rischio, incoraggiando l’affitto sociale e le masoveries urbanes, le tipiche case di campagna di proprietà, oggi sempre più gestite da famiglie sfrattate che a cambio di abitarvi, si prendono cura delle abitazioni.

TURCHIA
ITAMBUL – Gli alcolici fuorilegge / Divieto di vendere alcolici vicino a moschee e scuole, pubblicità vietata e alcol bandito anche da film e fiction tv. Il 24 maggio il parlamento turco ha approvato una legge severissima sulla vendita e il consumo di alcol, voluta dal partito del premier Recep Tayyip Erdogan, Akp, per "proteggere la salute dei giova-ni". Tuttavia, scrive il laico Mil-liyet, "un simile divieto non può essere giustificato con questi argomenti, perché in Turchia il consumo di alcol tra i giovani non è un problema". La verità, commenta il quotidiano, è che "l’islamismo moderato dell’Akp ha dimenticato la sua componente democratica e sta portando il paese nella direzione di una sharia moderata".

RUSSIA – II 23 maggio il tribunale di Berezniki ha negato la libertà condizionata a Maria Alékhina, militante delle Pussy riot.

FRANCIA – II 29 maggio, a cinque giorni dall’omicidio di Londra, la polizia ha arrestato un ventiduenne musulmano accusato di aver accoltellato un soldato.

ISLANDA – II 23 maggio è entrato in carica il governo guidato da Sigmundur Daviò Gunnlaugs-son, 38 anni, leader del Partito del progresso (centro).

EX JUGOSLAVIA – II 29 maggio il croato-bosniaco Jadranko Prlic è stato condannato a 25 anni di prigione per crimini di guerra dal Tribunale dell’Aja.

ITALIA
ROMA – TRE CITTA’ ITALIANE TRA LE METE PIU’ AMATE NEL MONDO / il sito di viaggi più grande al mondo – ha annunciato i vincitori dei Travelers’ Choice Destinations Awards 2013. La quinta edizione dei premi riconosce 412 meravigliose destinazioni in 38 mercati del mondo, incluse classifiche per Africa, Europa, Messico, Medio Oriente, Sud America, Sud Pacifico e US. I Travelers’ Choice Destinations Awards assegnano i riconoscimenti alle migliori destinazioni di viaggio nel mondo in base a milioni di recensioni e opinioni di valore da parte dei viaggiatori di TripAdvisor. I vincitori dei premi sono stati determinati in base alla popolarità della destinazione tendendo in considerazione le mete più apprezzate dagli utenti e quelle con il rating più alto. Ottime notizie per l’Italia, che vanta il maggior numero di città premiate nella top 10 mondiale con ROMA quarta, VENEZIA sesta e FIRENZE ottava. Anche se Roma, Venezia e Firenze restano le destinazioni Italiane da non perdere protagonista indiscussa della classifica italiana è l’Emilia Romagna, con ben 4 destinazioni presenti nella top 10 nazionale. Nell’ordine, BOLOGNA (6°), RICCIONE (7°) BELLARIA-IGEA MARINA (8°) e CATTOLICA (10°). Nella parte alta della classifica oltre a Roma, Venezia e Firenze che occupano le prime tre posizioni troviamo, infine, Milano (4°) e Napoli (5°). Completa la classifica Selva di Val Gardena, nona a livello Italiano. Nessuna città italiana sul podio mondiale dei Traveller’s Choice Destination Awards 2013, occupato da Parigi, medaglia d’oro, seguita da New York e Londra ma il Bel Paese può dirsi soddisfatto visto che si aggiudica il primato per il maggior numero di destinazioni premiate.

ROMA – Mauro, neoministro e già così menzognero, «F-35 STRUMENTI DI PACE» di Giulio Marcon / Il ministro della difesa Mauro ha parlato ieri di «risparmi per la difesa» e ha confermato l’acquisto degli F35 per la «protezione del paese». In queste poche parole del ministro ci sono tre affermazioni non vere. La prima: non ci saranno risparmi alla difesa, ma solo una rimodulazione delle spese che permetterà di spendere meno per il personale, ma di più per i sistemi d’arma – La seconda: non ci sarà alcun risparmio con l’acquisto degli F35, anzi: ben 14 miliardi di «investimenti» mentre non abbiamo soldi da investire contro la crisi e per il lavoro. La terza è che gli F35 non servono per la pace ma per fare la guerra, sono caccia bombardieri con funzioni di attacco, sono programmati infatti per il micidiale first strike se armati con atomiche che possono naturalmente trasportare. Così dire che gli F35 sono «strumenti di pace» sfiora il ridicolo. Sono strumenti di morte. Ci vuole una bella faccia tosta a definire strumenti di pace cacciabombardieri pensati per teatri di guerra, capaci di sfondare le «linee nemiche» e magari pronti a sganciare bombe nucleari.
Ma il ministro ci dà il contentino: non farà volare le Frecce tricolori alla parata del 2 giugno per risparmiare qualche migliaio di euro sulla spesa militare. Farebbe bene a dirci come ridurre veramente di qualche miliardo le spese per la difesa: ad esempio interrompendo la partecipazione italiana al programma degli F35. Il ministro Mauro sta per emanare i decreti attuativi della legge delega sulla difesa, che comporterà decine di miliardi di euro di spesa, maggiori investimenti nei sistemi d’arma e un rinnovato interventismo militare nei teatri di guerra. Vuole risparmiare? Riporti a casa le truppe italiane dal disastro dell’Afghanistan. Invece di essere prigioniero della casta dei militari e della lobby militar-industriale, pensi al bene del paese, alle sue emergenze sociali ed economiche. NON a partecipare a nuove guerre Tutti gli italiani stanno facendo sacrifici, tranne le Forze Armate. La guerra ci aiuterà forse a trovare lavoro, a difendere i diritti, la sanità, la scuola, le pensioni? Mentre è assordante il silenzio del ministro Mauro sul fatto che 200 bombe atomiche Usa depositate in Europa, delle quali 70 ad Aviano e 20 a Ghedi, saranno «ammodernate» con un investimento di 11 miliardi di dollari dall’Amministrazione Usa – che aveva promesso di smantellarle, come richiesto dal voto unanime dell’Europarlamento – per poterle sistemare proprio sugli F35. Quelli «di pace», s’intende.

ROMA – GIOVANI, IL 63% HA LAVORATO A GRATIS. Per oltre i tre quarti degli italiani il piano per l’occupazione giovanile preannunciato in questi giorni dal Governo Letta, tramite agevolazioni fiscali alle imprese per i neo-assunti, rappresenta una assoluta priorità per il Paese. È uno dei dati che emerge dall’indagine condotta per Otto e Mezzo (La7) dall’Istituto di ricerche Demopolis. Da qualche mese, in tempi di crescente insicurezza economica, le famiglie temono di perdere, per i propri figli, il benessere conquistato negli anni con estrema fatica. Per la prima volta dal dopoguerra, l’ascensore sociale sembra infatti fuori uso: quasi 7 cittadini su 10 immaginano che i giovani occuperanno nel nostro Paese, in prospettiva, una posizione sociale ed economica decisamente peggiore rispetto a quella dell’attuale generazione dei loro genitori. In questo scenario, al primo posto fra le cose importanti della vita, i giovani pongono oggi il lavoro che, come emerge anche dal trend dell’Osservatorio Demopolis 2007-2013, cresce dal 75% al 90%, superando per la prima volta il primato della variabile “famiglia” fra le priorità delle nuove generazioni. Nell’Italia che stenta a crescere, la precarietà si rivela sempre più connotato generazionale. Fra gli aspetti del precariato che mettono maggiormente in difficoltà le nuove generazioni, l’81% dei giovani intervistati indica al primo posto l’incertezza sull’avvenire; circa 7 su dieci segnalano la temporaneità del lavoro e la mancanza di un reddito adeguato e continuativo. Il 66% rammenta che “precarietà” è anche la continua ricerca di un nuovo lavoro, quando lo si perde, o di un’occupazione migliore, quando l’occupazione è problematica o insoddisfacente. Il 69% di chi ha meno di 30 anni ammette di aver lavorato anche gratis; un’esperienza in cui non è incorso appena il 31%. Sono alcune della ragioni che portano il 65% degli under 30 a vivere ancora con la famiglia d’origine. Il 18% condivide la casa con il partner, un decimo con colleghi o amici. Appena il 7% afferma di vivere da solo: numeri – ricorda l’Istituto Demopolis – ben lontani dalle media europee. La famiglia mantiene così –ancor più che in passato – un ruolo di sostegno e di ammortizzatore sociale: unico presidio, secondo il 54% dei giovani intervistati, a tutelare le nuove generazioni. Appena il 5% cita partiti o sindacati. Oltre un terzo non si sente oggi in Italia tutelato da nessuno. È la conferma di una chiara compromissione della fiducia dei giovani nelle Istituzioni politiche. In questo scenario, i giovani intervistati ritengono, a larga maggioranza, che non sarà lo studio a determinare il loro futuro. Il 75% è convinto che nel nostro Paese, per entrare nel mondo del lavoro, serva soprattutto la rete di relazioni, “conoscere persone che contano”. Ben più della preparazione e delle competenze professionali indicate da appena il 47%. In questo contesto, stabilità e sicurezza divengono gli aspetti più importante del lavoro. Non stupisce dunque che il pubblico impiego torni ad rappresentare un obiettivo sognato dal 40%, la maggioranza relativa dei giovani, con un dato che cresce al crescere dell’età. L’indagine dell’Istituto di ricerche diretto da Pietro Vento registra una pericolosa perdita di appeal, anche nel Centro Nord, del lavoro in proprio, indicato da appena un quarto del campione. In che condizione si immaginano i giovani fra cinque anni? Più di 4 su 10 rispondono “con un lavoro non stabile”; il 34% ipotizza di essere ancora alla ricerca di un lavoro. Ma un dato sintetizza, più di ogni altro, il senso di incertezza profonda: appena il 25%, tra i giovani intervistati dall’Istituto Demopolis, si immagina tra 5 anni con un lavoro stabile e retribuito.
ROMA – IL GRILLO CALANTE L’amore degli italiani per gli idoli può essere travolgente. Ma anche a quegli idoli che sono stati improvvisamente esaltati e portati alle stelle può succedere di essere abbandonati altrettanto rapidamente e spietatamente. La cosa non vale solo per i piloti di Formula Uno o per gli allenatori di calcio: questo principio ha da tempo fatto il suo ingresso anche in politica. E cosi Beppe Grillo, che ancora ieri era un messia (uno tra quanti?), viene oggi rispedito nel deserto. Resta ben poco del recente trionfo alle elezioni politiche della fine di febbraio, che hanno regalato a questo comico arrabbiato la fiducia di un quarto degli elettori italiani. Lo si è visto già alle successive elezioni regionali del Friuli, e oggi è confermato dalle elezioni comunali: Grillo non ha neanche una ricetta da offrire per risolvere i problemi del paese. Gli italiani l’hanno capi-to. E ne hanno tratto le loro conclusioni.
La colpa di questo brusco calo elettorale dovrebbe ricadere innanzitutto su Grillo. Presentarsi alle elezioni, ma poi rifiutare qualsiasi forma di confronto democratico, è fatale. Gli elettori sanno bene che l’Italia, nel bel mezzo della sua crisi più dura, non ha tempo da perdere in giochini di potere. Comunque Grillo non è l’unico in lutto: sono stati puniti a dovere anche i "vecchi" partiti, che finora non hanno dato segni di voler cambiare modo di pensare e ricominciare da capo. Insomma, i cittadini italiani si allontanano ancora una volta dalla politica. Fino a quando non entrerà in scena il prossimo messia.

AFRICA & MEDIO ORIENTE
AFRICA – I PRIMI CINQUANT’ANNI. Nel cinquantesimo anniversario della nascita dell’Organizzazione dell’unità africana, che nel 2002 è diventata l’Unione africana, il mensile New African fa un resoconto dei progressi e delle sfide del continente. Nell’Africa subsahariana si trovano sei tra i paesi che negli ultimi dieci anni hanno fatto registrare i tassi di crescita più alti al mondo. Si prevede che entro il 2050 il pil continentale passerà da duemila miliardi a 2Qmila miliardi di dollari. Con il 40 per cento della popolazione sotto i 35 anni, l’Africa è il continente più giovane al mondo e le nuove generazioni innescheranno un aumento della domanda di beni e servizi. Nuove opportunità emergeranno con lo sviluppo dell’agricoltura nel continente, in cui si trova il 60 per cento delle terre coltivabili ancora non sfruttate al mondo. Lo sviluppo si accompagna a un fermento nel campo delle scienze, delle nuove tecnologie e dell’arte. Non tutti i paesi africani, però, tengono il passo. "Ci sono ferite aperte, soprattutto nelle ex colonie francofone", scrive il giornale. Il primo passo è migliorare le infrastrutture: strade, ferrovie, reti elettriche e idriche, telecomunicazioni.

SIRIA – Le armi contro il negoziato in Siria . The Guardian, Regno Unito Era già stato difficilissimo convincere tutti i protagonisti della guerra in Siria a sedersi intorno a un tavolo per la conferenza di pace chiamata Ginevra 2. Negli ultimi giorni tre eventi hanno reso il compito più difficile, ma non meno urgente. Il primo è stato il discorso di Hassan Nasrallah, il 25 maggio, in cui il leader del gruppo libanese Hezbollah ha dichiarato che il suo movimento combatte per il regime di Assad. Dopo due anni di conflitto in Siria tra la maggioranza sunnita da un lato e il governo e l’esercito dominato dagli alawiti dall’altro, le parole di Nasrallah hanno scardinato il fragile equilibrio tra sunniti, sciiti e cristiani in Libano che durava dalla fine della guerra civile nel paese. Per la prima volta Hezbollah ammette che difendere il Libano da Israele non è il suo solo obiettivo, e si impegna a sostenere una guerra confessionale contro altri arabi. Il discorso di Nasrallah dovrebbe far riflettere quelli che cercano di fermare la guerra, perché rende ancora più importante il coinvolgimento dell’Iran in Ginevra 2.
Il secondo evento ha avuto luogo a Bruxelles. Anche se la crisi siriana rischia di diventare regionale, Londra e Parigi continuano a voler armare i ribelli. Nel corso di un dibattito che ha visto i due paesi contrapporsi agli altri 25, Regno Unito e Francia sono riuscite a metter fine all’embargo sulle armi imposto dall’Unione europea. A questo evento ne è seguito subito un terzo: la Russia ha confermato la fornitura di missili antiaerei S300 a Damasco, una decisione che risponde più a Isra¬ele che all’Unione europea. Mosca voleva un impegno di Israele a non compiere altri raid aerei sulla Siria, mai arrivato. La decisione di Mosca è disastrosa: il regime potrebbe usare questi missili veloci a guida radar contro qualsiasi obiettivo.
Per come stanno le cose – con 300 morti negli scontri in Iraq nelle ultime due settimane, una crescente tensione confessionale in Libano, il rischio di altri raid aerei israeliani – il conflitto siriano potrebbe estendersi a un’area che va dallo stretto di Hormuz al Mediterraneo. È sullo sfondo di questo contesto regionale che dovrebbe essere valutata la decisione britannica e francese di armare i ribelli, giustificata sostenendo che servirebbe a rafforzare gli elementi più moderati e a fare pressione perché tutte le parti partecipino alla conferenza di pace. In realtà Russia, Regno Unito e Francia non stanno facilitando il raggiungimento di un cessate il fuoco né gli sforzi diplomatici multilaterali. È più probabile che un aumento delle armi in circolazione rafforzi i signori della guerra, spinga i paesi che aiutano Assad ad aumentare il loro sostegno militare e dia al leader siriano una scusa in più per affermare che si sta battendo contro un complotto islamista sostenuto dall’estero. Un aumento delle armi rafforza il mito secondo cui la soluzione di questo conflitto può essere solo militare. Un mito che entrambe le parti in lotta in Siria continuano ad alimentare.

ISRAELE – Bambini palestinesi fuori dal parco giochi – A destare sdegno tra le notizie giunte ieri da Israele non è l’ennesimo progetto per la costruzione di case (1.100) nelle colonie di Ramot e Gilo nella zona palestinese di Gerusalemme. La «notizia del giorno" è la decisione di «Superland», un parco giochi di Rishon Lezion (Tel Aviv) di rifiutare la visita a un gruppo di palestinesi d’Israele (gli arabo israeliani), di una scuola di Jaffa. Tutto è venuto alla luce grazie a Khaled Shakra, insegnante di un gruppo di 25 studenti della scuola «Ajila» di Giaffa. Ha raccontato di aver chiamato «Superland» per prenotare una visita premio per la fine dell’anno scolastico. La data concordata è stata quella del 18 giugno. Ma quando Shakra ha rivelato il nome arabo della scuola, l’appuntamento è svanito: «spiacenti, è tutto pieno». L’insegnante poco dopo ha richiamato usando il nome ebraico di Eyal e ha prenotato una visita per il 18 giugno a nome di una scuola ebraica. La disponibilità è, come per incanto, subito ricomparsa.

TUNISIA – Amina resta in carcere, servono altre indagini / Doveva essere un processo lampo e invece ieri i giudici del tribunale di Kairouan hanno deciso che Amina, la giovane femen tunisina accusata di avere imbrattato il muro di un cimitero e per il possesso di una bomboletta di gas lacrimogeno, resterà in carcere per un supplemento di indagini. Fuori dal tribunale era alta tensione. L’interrogatorio di Amina è previsto per il 5 giungo

ETIOPIA
IL BRASILE ANNULLA IL DEBITO DI DODICI PAESI AFRICANI / Nell’ambito delle celebrazioni del cinquantenario dell’Unione africana, a Addis Abeba la presidenza brasiliana ha annunciato l’annullamento di 900 milioni di dollari di debiti di 12 paesi africani: «Avere relazioni speciali con l’Africa, è strategico per la politica estera del Brasile», ha detto Thomas Traumann, portavoce della presidente Dilma Rousseff. I due principali beneficiari di questa misura saranno il Congo Brazzaville, a cui sono stati annullati 352 milioni di dollari di debito, e la Tanzania, che ne doveva 237 milioni. Secondo il governo brasiliano, nel 2012, gli scambi commerciali tra il suo paese e il continente africano sono stati di circa 25 miliardi di dollari.

MALI – Il RITIRO FRANCESE / Via da Bamako, passando per Agadez / Le prime colonne hanno lasciato Bamako per la Costa d’Avorio, da dove torneranno in Francia. Inizia così il ritiro dal Mali, a quattro mesi dall’intervento deciso da Hollande. Ma a Parigi tengono banco le polemiche dopo il blitz di venerdì in Niger, dove i jihadisti avevano preso in ostaggio alcuni allievi ufficiali dopo l’attacco suicida che aveva fatto almeno 23 morti a Agadez e nel sito minerario di Arlit. «Venivano dalla Libia», ha detto il presidente nigerino Mahmadou Issoufou
MALI – Verso le elezioni / Il governo ha annunciato che il primo turno delle presidenziali sarà il 28 luglio. Le autorità sa-ranno costrette a una corsa con-tro il tempo, sottolinea Mali Actu, ma è la Francia a fare pressioni. I paesi amici del Mali hanno promesso 3,2 miliardi di euro per la ricostruzione ma i fondi arriveranno solo dopo il voto. Il Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad, che controlla Kidal, nel nord del Mali, ha accettato lo svolgimento delle elezioni, ma ha fatto sape¬re che non consentirà all’esercito maliano di entrare in città

NIGER – Collaborare per l’uranio – Thomas Hofnung, Liberation, Francia / L’attentato del 23 maggio ad Arlit, in Niger, ha provocato danni considerevoli agli impianti della multinazionale francese Are-va, dove l’uranio estratto dalla miniera è lavorato e trasformato inyellow cake, prima di essere esportato in Francia per essere arricchito. La produzione di Areva rischia di essere compromessa. L’impianto di Arlit ha una grande im-portanza strategica per Parigi: un terzo dell’uranio usato nelle centrali nucleari civili dell’azienda Électricité de France (Edf ) proviene dal Niger. A 80 chilometri da Arlit, a Imouraren, Areva sta costruendo un’enorme miniera a cielo aperto che, a pieno regime, dovrebbe produrre cinquemila tonnellate di uranio all’anno.
L’attacco terroristico è considerato una "sfida" lanciata alla Francia. La scelta dell’obiettivo fa ricordare un episodio dolo-roso: nel settembre del 2010 un commando guidato dal leader jihadista Abu Zeid (ucci-so a febbraio in Mali) si è introdotto nei dormitori della miniera e ha rapito sette lavoratori di Areva e del gruppo Vinci. Tre sono stati liberati, ma degli altri non si hanno no¬tizie. Da allora sono stati intensificati i controlli di sicurezza nel nord del Niger, in stretta collaborazione con le forze francesi. Il presidente nigerino Mahamadou Issou-fou ha il pieno sostegno di Parigi. Finora è riuscito a preservare il fragile equilibrio nel suo paese, dove risiede un’importante comunità tuareg, che in passato si è ribellata contro il potere centrale. Seicentocinquanta soldati nigerini sono attualmente impegnati in Mali.

GUINEA – la capitale in fermento / Il 29 maggio a Conakry si sono svolti i funerali di undici persone uccise negli scontri , avvenuti dal 23 al 26 maggio, tra polizia e manifestanti, scrive Guinee Conakry Info. Da mesi, spiega Afrik, l’opposizione scende in piazza per chiedere elezioni trasparenti. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il decreto emesso dal presidente Alpha Condé che convoca i guineani alle urne il 30 giugno per le elezioni legislative. A inizio maggio gli abitanti di Conakry erano scesi in piazza contro il governo per denunciare l’interruzione dei servizi di distribuzione di acqua potabile ed elettricità.

KENYA – Dalla parte di Kenyatta / Il consiglio esecutivo dell’Unione africana ha chiesto il 23 maggio alla Corte penale internazionale (Cpi) di far cadere le accuse per crimini contro l’umanità ri-volte a Uhuru Kenyatta, il neoeletto presidente keniano, e il suo vice William Ruto, in relazione alle violenze postelettorali keniane del 2007-2008, scrive )cune Afrìque. I governi africani accusano la Cpi di concentrarsi solo sul loro continente.

GUINEA EQUATORIALE – II Partito democratico della Guinea Equa-toriale (Pdge), la formazione del presidente Teodoro Obiang, ha vinto le elezioni legislative del 26 maggio.

RDC – II 23 maggio il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Kimoon ha effettuato una visita a Goma, nel Nord Kivu, dove sono in corso dei combattimenti tra l’esercito e i ribelli dell’M23. Più di 30mila persone sono in fuga dalle violenze.

ASIA & PACIFICO
GIAPPONE
TOKYO – Jet f-15 USA cade in acque Okinawa , 28 Maggio / Un jet militare americano, un F-15, è caduto nelle acque orientali al largo della prefettura di Okinawa, senza causare vittime visto che il pilota è riuscito ad azionare i sistemi di espulsione d’emergenza. L’incidente, ha reso noto il portavoce del governo nipponico, è avvenuto questa mattina, prima delle 9 locali (le 2 di note in Italia). Il jet e’ in forza alla base di Kadena, a Okinawa, l’isola dove si concentra piu’ della meta’ dei 47.000 soldati Usa dislocati in Giappone

HONG KONG: quasi 200mila in case-scatola / Oltre 170.000 persone, piu’ del doppio delle stime ufficiali, vivono ad Hong Kong in case-scatola, sistemazioni di pochi metri quadrati ricavate dalla divisione di appartamenti. E’ quanto emerge da uno studio commissionato dal governo dell’ex colonia britannica. Secondo i dati del censimento di ottobre, dovrebbero essere 64.900 gli abitanti di Hong Kong che vivono in piccolissimi spazi. Alla fine di marzo erano 228.400 le domande per un alloggio pubblico, il massimo da 20 anni.

COREA
PENISOLA COREANA – Nord e sud mai così lontani / Raramente la linea che divide in due la penisola coreana è stata più spessa, commenta su Hankyoreh Kim Yeonchul, docente di studi sull’unificazione all’università Inje. È la prima volta dal 1971 che ogni contatto è stato interrotto, tutte le linee dirette chiuse, ogni tipo di scambio congelato. Anche dopo l’affondamento della nave militare sudcoreana nel 2010 gli scambi commerciali non ne ri-sentirono perché il polo industriale di Kaesong, cogestito da nord e sud, restò aperto. "Oggi invece siamo nell’era zero delle relazioni inter coreane", continua Kim, "e i temuti danni per la chiusura di Kaesong, inattivo dall’inizio di maggio, stanno di-ventando realtà". Il 28 maggio Pyongyang ha invitato gli uomi¬ni d’affari sudcoreani ad andare a Kaesong per trattare la ripresa delle attività. Seoul, però, insiste per avviare colloqui ufficiali.

BIRMANIA – Controllo delle nascite / Le autorità dello stato del Rakhine hanno deciso di rafforzare i controlli della pianificazione familiare dei rohingya, una minoranza musulmana non riconosciuta dalla Birmania e op-pressa dalla maggioranza buddista. Approvata nel 1994, la legge non era applicata

CINA
PECHINO – ORA LOU JIWEI, è ministro delle finanze. È scontro di potere sul destino del fondo sovrano senza guida. / Dove devono andare i soldi del Dragone? La China Investment Corp (Cic), detiene 480 miliardi di dollari. Intanto mega acquisto sul mercato alimentare Usa La cinese Shuanghui International Holdings Ltd. ha accettato di pagare 34 dollari per azione della Smithfield, la più grande azienda in tema di allevamenti di maiali e trasformazione della carne. Si tratta della più grande acquisizione cinese di un’azienda americana e sottolinea la volontà di Pechino di ricercare asset sicuri in giro per il mondo. Incluso il debito, l’affare – secondo i media finanziari internazionali – finirebbe per valutare l’azienda della Smithfield, in Virginia 7,1 miliardi di dollari. E tutto questo accade proprio nel momento in cui in Cina 480 miliardi di dollari si ritrovano da tre mesi «senza padrone».
È un caso davvero senza precedenti e uno dei tanti esempi, anche, della schizofrenica informazione sulla Cina. Mettiamola così: fino a qualche mese Lou Jiwei, ex presidente della China Investment Corp (Cic), detentrice dei 480 miliardi di dollari di cui si accennava, era forse l’uomo più «ricercato» al mondo da tutti i paesi e ministeri delle finanze e delle economie.
I LIMITI DELL’INFORMAZIONE MONDIALE
Era suo il potere di decidere dove dovessero andare i soldi del Dragone, negli investimenti in giro per il mondo. Con il ricambio governativo Lou è diventato ministro delle finanze e da quel momento il fondo sovrano cinese è senza guida. Due dati: da un lato tutta l’informazione mondiale così pronta a sottolineare le richieste, specie europee, vedi Italia, pare scomparsa di fronte a questa notizia. Il secondo dato – politicamente ben più succulento – è la straordinaria lotta di potere che in mancanza di altri posti vacanti si è aperta sulla posizione. Un ruolo che fa gola: significa gestire un potenziale di denaro e di direzioni da prendere non da poco. E proprio lo scontro sta, fino ad ora, bloccando la risoluzione del caso. Anche perché c’è un paradosso: secondo una fonte bene informata interna al Cic, come riportato dal Financial Times, qualche potenziale candidato che forse avrebbe messo d’accordo tutti, avrebbe gentilmente declinato l’offerta. Perché?
NON TUTTI I CONTI SONO IN REGOLA
Perché forse il China Investment Corp, oltre ad una grande mole di denaro non ha proprio tutti i conti in regola e forse non tutti scelgono di scambiare l’onore della posizione, con l’onere di ritrovarsi a gestire una situazione nella quale i venti politici potrebbero non portare proprio in luoghi sicuri.
Sul banco delle accuse, fanno trapelare gli ambienti finanziari cinesi, due dei primi investimenti di Cic – ovvero le partecipazioni in Morgan Stanley e nella società di private equity Blackstone – che avrebbero provocato perdite non da poco in concomitanza con la crisi finanziaria del 2008.
PAPABILI E «CRITERI»
Mentre alcuni degli investimenti meno pubblicizzati, nel ramo immobiliare e in altre aziende di private equity, avrebbero dato risultati negativi. E così prosegue il balletto. Tra i nomi «papabili» il numero due del Cic, Gao Xiqing, che pare sia il favorito. «Eppure – specificava il South China Morning Post, citando una fonte interna al fondo sovrano cinese – il fatto che Gao abbia studiato all’estero potrebbe ostacolare qualsiasi promozione possibile».
Secondo le formule e le procedure di assunzione per quanto riguarda questo tipo di incarico, sembra infatti che esista una regola non scritta che squalifica chiunque studi all’estero fuori da un programma ufficialmente riconosciuto, «cosa che non gli permetterebbe – rivelano sempre fonti cinesi – di essere nominato per un incarico di governo a livello ministeriale».

AFGHANISTAN – Detenuti segreti / Le forze militari britanniche de-tengono da mesi circa 90 cittadini afgani in una prigione segreta a Camp Bastion, in Afghanistan. A rivelarlo sono stati i legali di alcuni detenuti, secondo cui i loro assistiti sono rinchiusi da 14 mesi senza nessuna accusa formale. Molti detenuti non hanno nemmeno avuto accesso a un avvocato, denunciano i legali. Il ministro della difesa britannico Philip Hammond il 29 maggio ha confermato la detenzione ma ha respinto il paragone con Guantanamo sollevato dai legali e ha definito assurda la descrizione di Camp Bastion come di una prigione segreta, scrive la Bbc. Hammond ha fatto sapere che i detenuti sono sospettati di aver ucciso soldati britannici e che non vengono consegnati alle autorità afgane perché si teme per la loro incolumità. La missione Nato permette alle forze britanniche di fermare i sospetti solo per 96 ore. Il Regno Unito è l’unico paese straniero a tenere in prigione cittadini afgani nel loro paese.

AFGHANISTAN
KABUL – Sette persone, tra cui quattro taliban, sono morte il 24 maggio in una serie di attacchi a Kabul. Una funzionaria italiana dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), Barbara De Anna, è rimasta ferita.

PAKISTAN
ISLAMABAD – bomba su leader anti-talebano – Una persona è morta ed altre cinque sono rimaste ferite nella valle pachistana dello Swat (provincia nord-occidentale di Khyber Pakhtunkhwa) quando un rudimentale ordigno (ied) è esploso oggi al passaggio dell’auto su cui si trovava un leader locale anti-talebano. Akhtar Khan, funzionario della polizia dello Swat, ha precisato che l’esplosione e’ avvenuta nell’area di Manglowar e che ”l’obiettivo era un membro del locale Comitato per la Pace (che si batte contro i talebani)”.

INDIA – II 25 maggio 24 persone sono morte in un’imboscata dei ribelli maoisti nello stato del Chhattisgarh. Tra le vittime ci sono alcuni deputati locali del partito del Congress.

FILIPPINE II 27 maggio sette soldati sono stati uccisi dai ribelli comunisti vicino ad Allacapan, nel nord del paese.

AUSTRALIA – Nel mirino di Pechino 7 Il 28 maggio l’emittente tv australiana Abc ha rivelato che i sistemi informatici di diverse istituzioni e aziende del paese sono stati colpiti da un attacco partito dalla Cina. Secondo il ministro degli esteri Bob Carr, gli hacker hanno rubato i piani di costruzione del nuovo quartier generale dei servizi segreti di Canberra e alcuni progetti di sistemi di sicurezza e comunicazione. Carr ha spiegato che la notizia non condizionerà i rapporti con Pechino. Nel servizio, Abc spiega che sulla questione c’è un silenzio assordante: "Le aziende non parlano per timore di spaventare clienti e azionisti, mentre i governi vogliono evitare di dover rispondere a domande scomode". Il governo cinese ha negato ogni accusa.

AMERICA CENTRO MERIDIONALE
VENEZUELA
CARACAS – Un imputato per torture anni ’60. / Il Venezuela fa i conti col proprio passato. Il Ministerio Publico ha convocato in qualità di imputato Felipe Gustavo Párraga Nuñez, tenente colonnello dell’esercito durante la decade degli anni ’60. Il 29 maggio alle 10, l’ex ufficiale conoscerà le accuse a suo carico, relative a presunte torture commesse contro l’operaio Efraín Labana Cordero. L’operaio venne torturato durante 11 mesi di detenzione illegale, in uno dei 5 «Teatri di Operazione», il numero 3, in cui operava Nuñez, attivo nello stato Lara. Il sopravvissuto ha raccontato la sua esperienza in un libro che ha alimentato il dibattito sulla Ley contra el Olvido, approvata nel 2011 dopo un’ampia discussione nel paese. Una legge fortemente voluta dall’attuale Fiscal general, Luisa Ortega Diaz, anch’ella attiva nell’opposizione sociale di quegli anni. La legge sanziona i crimini commessi tra il 1958 e il 1998, ovvero tra la cacciata del dittatore Marco Pérez Jimenez (il 23 gennaio del ’58) e l’arrivo al governo di Hugo Chavez Frias, morto il 5 marzo di quest’anno. Gli anni delle democrazie nate dal Patto di Punto Fijo, quelli dell’alternanza di governo tra centrodestra (Copei) e centrosinistra (Ad) e con l’esclusione dei comunisti. Democrazie lodate da Washington in cui però – secondo la commissione di inchiesta per la Verità – vennero uccisi o fatti scomparire circa 500 oppositori.
CARACAS – IL TSJ RESPINGE PRIMO RICORSO DELL’OPPOSIZIONE
ll primo dei sei ricorsi, presentato il 7 maggio dal leader dell’opposizione venezuelana, Henrique Capriles Radonski, per invalidare le presidenziali del 14 aprile è stato respinto dal Tribunal Supremo de Justicia (Tsj). Le denunce per frode a causa del «voto assistito» non sono suffragate da prove, ha concluso il Tsj. Maduro ha vinto con il 50,75% ma Capriles non ha riconosciuto i risultati e si è rivolto al Tsj, dopo aver chiesto al Consiglio nazionale elettorale di ricontare tutti i voti. La verifica è ancora in corso.

COLOMBIA
DA CUBA, LE FARC ANNUNCIANO: OGGI L’ACCORDO / I guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie colombiane (Farc), che da sei mesi stanno negoziando a Cuba con il governo di Manuel Santos, hanno annunciato che oggi dovrebbe andare a buon fine un primo accordo sul tema della riforma agraria, al primo punto nelle trattative che subito dopo affronteranno il tema della partecipazione politica.

ECUADOR
IL PAESE IN FESTA PER INCARICO A CORREA / «Nessuno può fermare la Revolución Ciudadana». Così il presidente dell’Ecuador, Rafael Correa ha salutato la folla di sostenitori venuta ad assistere al discorso seguito all’assunzione di incarico, nel Parco Bicentenario della capitale Quito. Un altro grande raduno popolare si è tenuto a Guayaquil. Correa, rieletto per un terzo mandato (2013-2017) il 18 febbraio con oltre il 57% dei voti, è stato festeggiato da 14 capi di stato e 90 delegazioni straniere. Prima di iniziare, ha reso omaggio al suo omologo venezuelano Hugo Chávez, scomparso per un tumore il 5 marzo. La cerimonia si è tenuta venerdì, nell’anniversario della Battaglia di Pichincha (1822), che ha sancito l’indipendenza del paese.

BOLIVIA / ITALIA – Mercoledì 29 maggio si è svolts presso Villa Rosazza, sede di Fondazione Casa America, la Giornata sulla Bolivia, incontro organizzato con la collaborazione dell’Ambasciata della Bolivia in Italia e del Consolato onorario della Bolivia a Genova, hanno partecipato di S.E. Antolin Ayaviri Gómez, Ambasciatore della Bolivia. La giornata è stata intesa anche celebrare la QUINOA, alimento a cui la FAO ha dedicato l’anno 2013 scegliendo la Bolivia come principale Paese promotore.
La Giornata inizia con la proiezione di alcuni filmati sulla Bolivia e sulla quinoa. Dopo l’introduzione di Roberto Speciale, presidente di Fondazione Casa America, i saluti di Angelo Berlangieri, assessore alla cultura di Regione Liguria, e di Luis Guzman Hurtado, console onorario della Bolivia a Genova, seguirà la conferenza dell’Ambasciatore Ayaviri dal titolo “Quinua: un futuro sembrado hace miles de años” (Quinoa: un futuro seminato mille anni fa”). Seguiranno gli interventi dei professori dell’Università di Genova Francesco Surdich e Mauro Sergio Mariotti e una testimonianza a cura del COLIDOLAT (Coordinamento Donne Latinoamericane)
Concluderà lo scultore marmista boliviano Oliver Hurtado presentando alcune sue opere. Al termine aperitivo buffet. Ingresso libero.

CILE
CILE/COSTARICA – Diritti umani – La Corte interamericana riunita sulle denunce dei nativi Mapuche / IN COSTARICA AL VIA IL PROCESSO di Geraldina Colotti
Sono sette gli esposti contro il governo cileno. E riguardano anche il periodo del presidenza di Michelle Bachelet La Corte interamericana per i diritti umani ha esaminato ieri in Costa Rica sette denunce presentate dai nativi mapuche contro lo stato cileno per abuso della legge antiterrorismo e per discriminazione.
Nel 2002 i sette mapuche – e con loro una militante di sinistra – erano stati condannati a pene pesanti, in base alla 18/314, una legge particolarmente repressiva, in vigore dai tempi del dittatore Pinochet (1973-1990).
Il copione è sempre lo stesso: testimoni d’accusa anonimi e mascherati, vita difficile per la difesa, anni di carcere comminati senza prove: dai cinque ai dieci, nel caso dei nativi che hanno sporto denuncia. Per uno degli accusati, un pubblico ministero aveva chiesto fino a un secolo di prigione.
I mapuche, che si battono per il recupero delle loro terre ancestrali, vengono perseguiti per le occupazioni di terre o per le proteste contro le dighe nella regione del Bio Bio. Il processo che ha preso avvio soltanto ieri e che si conclude oggi si è messo in moto un anno e nove mesi fa, il 7 agosto del 2011, quando la Commissione interamericana per i diritti dell’uomo aveva deciso di accogliere le sette denunce e di trasmetterle alla Corte: perché – questa era stata la motivazione – «lo Stato cileno non ha seguito le raccomandazioni contenute nel rapporto che gli era stato trasmesso».
In questi due giorni, i giudici sentiranno testimoni di entrambe le parti ed emetteranno un verdetto entro sei mesi. E la sentenza, a quel punto, è destinata a fare scuola.
Nel 2010, dopo un lungo sciopero della fame dei mapuche in carcere, lo stato cileno aveva promesso di rivedere la legge antiterrorista, ma le promesse sono rimaste lettera morta. E i nativi non lo hanno dimenticato.
All’epoca c’era ancora Michelle Bachelet, presidente del Cile tra il 2006 e il 2010 e ora nuovamente candidata per la coalizione di centrosinistra alle prossime elezioni di novembre.
L’altro giorno, durante un comizio dell’ex presidente cilena nell’Arica, alla frontiera con il Perù, uno studente le ha sputato in faccia, dopo aver gridato slogan a favore del movimento studentesco e del popolo mapuche. «
Non mi pento – ha dichiarato il giovane mentre lo portavano via – se lo meritava». Michelle Bachelet, che secondo le inchieste ha un gradimento del 54% nelle intenzioni di voto, ha replicato: «Se credono di intimidirmi, si vede che non mi conoscono». Durante il suo mandato, Bachelet non è riuscita a realizzare il programma di riforme sociali richiesto dai movimenti studenteschi, ai quali ora è tornata a promettere che le cose cambieranno.
Intanto ieri i carabineros hanno brutalmente represso un’altra manifestazione non autorizzata di giovani studenti, tornati in piazza per chiedere una profonda riforma del sistema educativo. Per il 13 giugno, gli studenti hanno annunciato uno sciopero a livello nazionale.
CILE – II 24 maggio il governo ha inflitto una multa da 16 milion di dollari all’azienda canadese Barrick Gold, la più grande coi pagnia mineraria del mondo p l’estrazione dell’oro. È accusa di aver inquinato le falde acqv fere costruendo la miniera di Pascua-Lama.

BRASILE – II 25 maggio centomila persone hanno partecipato a de Janeiro a una manifestazi’ contro i matrimoni gay. Stati Uniti II 27 maggio è sti inaugurato a New York un SÌ zio di bike sharing con seinv biciclette e 333 stazioni tra Manahattan e Brooklyn.

COLOMBIA – Accordo agrario tra Fare e governo / Dopo sei mesi dall’apertura dei negoziati, il 26 maggio all’Avana le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Fare) e il governo di Juan Manuel Santos hanno annunciato in un comunicato congiunto di aver raggiunto un accordo sul primo dei sei punti in discussione: la terra. Semana sottolinea che "per la prima volta dall’inizio del conflitto le due parti parlano la stessa lingua". Nella foto: il negoziatore delle FarePablo Catatumbo (a sinistra) all’Avana il 26 maggio 2013

MESSICO – Obiettivo Michoacán / Proceso, Messico / Il 19 maggio, con una decisione inaspettata, il presidente messicano Enrique Pena Nieto (del Partito rivoluzionario istituzionale) ha inviato seimila militari e centinaia di poliziotti nello stato di Michoacàn. "Al caos imposto dai cartelli della droga, Pena Nieto ha risposto con una misura avventata degna del suo predecessore Felipe Calderón, commettendo così i suoi primi errori tattici", scrive il settimanale Proceso. Nella maggioranza dei municipi dello stato da mesi detta legge il cartello Los Caballeros Templarios: blocca l’entrata dei camion che trasportano benzina, alimenti e medicine, e minacciagli abitanti. "L’ordine ricevuto dai militari", spiega la rivista, "era quello di calmare la zona. Ma per prima cosa l’esercito ha provato a disarmare i gruppi di autodifesa cittadina che si erano organizzati per rispondere agli attacchi dei Caballeros Templarios. La popolazione ha reagito con manifestazioni di protesta e ha rifiutato di consegnare le armi. Finora non è stato arrestato nessun narcotrafficante".

ARGENTINA – Un decennio al potere 7 Il 25 maggio migliaia di persone hanno riempito plaza de Mayo, a Buenos Aires, per celebrare l’anniversario della rivoluzione di maggio del 1810 e il decimo anniversario dall’arrivo dei Kirchner (prima Néstor, ora Cristina Fernàndez) al governo. "La presidente", scrive El Pais, "ha celebrato il decennio vinto, in contrapposizione agli anni ottanta, considerati il decennio perso dall’America Latina". La Nación si chiede: "Come si fa a parlare di ‘decennio vinto’ quando l’inflazione è ai livelli degli anni ottanta?". Il quotidiano fa notare che "Cristina Fernàndez non è eterna e non vuole esserlo. Ma ha promesso che un cambio di governo non significa perdere le conquiste raggiunte finora".

AMERICA SETTENTRIONALE
STATI UNITI
NYC – La sicurezza secondo Obama / Per il New York Times è stato "il più importante discorso sull’antiterrorismo dagli attentati del 2001". Il 23 maggio, alla National defence university di Washington, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha detto che la guerra permanente cominciata dodici anni fa è insostenibile per una democrazia e che bisognerà mettere fine al conflitto. Obama ha difeso l’uso dei droni, ma ha chiesto che in futuro gli attacchi, gestiti dall’esercito e non più dalla Cia, siano limitati agli obiettivi che rappresentano "una continua e imminente minaccia" e che non possono essere catturati dagli Stati Uniti o da un loro alleato. Interrotto più volte da una contestatrice che gli ha ricordato lo sciopero della fame in corso da febbraio a Guantanamo, il presidente Obama ha ribadito che vuole chiudere il campo di prigionia e trasferire i prigionieri in Yemen.
STATI UNITI – I boy scout aprono ai gay / Con il 61 per cento di voti favorevoli, il 23 maggio l’assemblea generale dei boy scout statunitensi ha deciso di accettare nell’organizzazione ragazzi e ragazze omosessuali minori di 18 anni, rompendo un divieto che esiste da 22 anni. La norma entrerà in vigore dal 1 gennaio 2014, ma non sarà estesa ai capi dei gruppi scout. "I sentimenti con cui la comunità gay ha accolto il voto", scrive The Atlantic, "sono riassunti bene nel titolo della rivista Mother Jones: ‘Boy scout. Puoi essere omosessuale fino a diciott’anni’". Secondo Zach Wahls, uno scout cresciuto da due madri lesbiche, "è un passo incompleto, ma va nella direzione giusta".
WASHINGTON – 3.577 MORTI PER GLI AEREI SENZA PILOTA / Barack Obama ammette: «I droni uccidono anche americani» di Geraldina Colotti e noi li avremo a Sigonella. Quattro cittadini di origine statunitense abbattuti in Pakistan e nello Yemen. Le operazioni continueranno ma «con trasparenza»
La guerra dei droni non risparmia nessuno, neanche i cittadini nordamericani. Gli Usa lo hanno ribadito ieri, confermando per la prima volta che, dal 2009, i loro droni hanno ucciso quattro cittadini americani. Nel 2011 gli aerei senza pilota hanno ammazzato nello Yemen l’imam radicale americano-yemenita Anwar al-Awlaki, leader dell’Aqap, il ramo di al Qaeda yemenita-saudita. Un’uccisione di cui, però, gli Usa non si erano mai assunti la responsabilità. Né avevano ammesso di aver ammazzato, nella stessa operazione, Samir Khan e, con le stesse modalità e nello stesso contesto ma in un diverso intervento militare, il figlio del defunto imam. Jude Moahmed è stato invece abbattuto in Pakistan.
Secondo un bilancio reso noto dall’Associazione britannica del giornalismo d’inchiesta, dal 2004 i droni Usa hanno provocato 3577 morti, fra cui 884 civili. In un editoriale intitolato «Le vittime dimenticate di Obama», il New York Times ha scritto: «Quando Barack Obama è stato eletto nel 2008, abbiamo voluto credere che il tempo delle esecuzioni extragiudiziarie, praticate nel quadro della guerra contro il terrorismo e finanziata con i soldi dei contribuenti americani, fosse chiuso. Ma solo qualche giorno dopo l’investitura di Barack Obama nel gennaio del 2009, un drone della Cia sganciava diversi missili di tipo Hellfire sulla casa di Fahim Qureishi nel nord del Pakistan, uccidendo sette membri della sua famiglia e ferendo gravemente l’adolescente di 13 anni. Fahim ha perso un occhio. Ancora oggi, vive con delle schegge di bomba nella pancia». Nessun «combattente nemico» era presente al momento dell’attacco e Obama ne è stato informato, «eppure la famiglia di Fahim non ha ricevuto alcun risarcimento».
Ma i droni – ha detto ieri il presidente Barack Obama – non si toccano: sono fondamentali per far fronte alle minacce «terroriste». L’imam Awlaki era accusato di diversi attentati. Tra questi, un tentativo di far saltare un aereo di linea nordamericano alla fine del 2009, un piano sventato di giustezza. Gli aerei senza pilota continueranno a colpire all’estero, che sia in Pakistan o nello Yemen, in Afghanistan o in Somalia. E poco importa se le associazioni per i diritti umani considerano queste pratiche anticostituzionali, e facciano notare che la legge Usa prevede il ricorso alla giustizia per i suoi cittadini che commettano reati. Il ministero della Giustizia ha affermato di aver previsto un quadro normativo per continuare con l’eliminazione di americani anche all’estero. Magari trasferendo alle forze armate le competenze per i droni della Cia. E questo sarebbe il passo nel senso della «trasparenza» e in quello dell’«equilibrio tra la sicurezza e la protezione delle libertà». Un punto dolente per Obama, quello delle libertà. I media lo attaccano per le intercettazioni ai giornalisti della Associated Press. Le organizzazioni per i diritti umani, che anche ieri hanno protestato al riguardo, gli ricordano quel che ha promesso in campagna elettorale: chiudere Guantanamo. Nella prigione militare, 103 detenuti su 166 sono in sciopero della fame e nessuno dei trasferimenti annunciati è stato effettuato nel 2013. Obama ha di nuovo promesso che raddoppierà gli sforzi per chiudere il lager.
TOKYO – Jet f-15 USA cade in acque Okinawa , 28 mag / Un jet militare americano, un F-15, e’ caduto nelle acque orientali al largo della prefettura di Okinawa, senza causare vittime visto che il pilota e’ riuscito ad azionare i sistemi di espulsione d’emergenza. L’incidente, ha reso noto il portavoce del governo nipponico, è avvenuto questa mattina, prima delle 9 locali (le 2 di note in Italia). Il jet e’ in forza alla base di Kadena, a Okinawa, l’isola dove si concentra piu’ della meta’ dei 47.000 soldati Usa dislocati in Giappone

 

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