10617 Melbourne – (Australia): Grande disordine sotto il cielo di Little Italy

20130504 15:52:00 redazione-IT

[i](Tratto da ‘The Age’, 27 aprile, 2013 Royce Millar & Melissa Fyfe)[/i]
Pochi fra gli avventori del vecchio Bar Brunetti a Carlton si saranno accorti della porta grigia all’altro lato di Faraday Street. Eppure, questa porta rappresenta l’entrata al grande attico di Giancarlo Martini-Piovano, l’ex ufficiale militare italiano che da quarant’anni ricopre il ruolo di amministratore delegato dell’ente caritatevole Comitato Assistenza Italiani, conosciuto anche dall’acronimo: CoAsIt.
Situato in una posizione dominante nella Little Italy di Lygon Street, l’attico di Martini-Piovano rappresenta una postazione ideale per qualcuno che riveste il ruolo di difensore del benessere degli italiani che negli anni sono emigrati nello stato di Victoria e della loro vita culturale.

Tra le eminenti personalità italo-australiane che si siedono con Martini-Piovano sul consiglio di amministrazione CoAsIt, ci sono l’ex governatore dello stato del Victoria Sir James Gobbo e l’ex giudice della corte suprema Bernard Bongiorno. Negli ultimi vent’anni, sempre assieme a Martini-Piovano, queste persone hanno speso per il welfare degli italo australiani più di $145 milioni, tutto danaro proveniente dai contribuenti.

Oggi nell’opinione di tanti membri della comunità italo-australiana di Melbourne, quella porta grigia è diventata la soglia di molte inquietudini. Il fatto che un dirigente di un ente caritatevole comunitaria possa occupare un penthouse privato situato sopra la sede della stessa organizzazione che gestisce, rappresenta solo una delle tante stravaganze imputate al CoAsIt su cui da lungo tempo girava voce nella comunità italiana.

Oggi, per la prima volta, queste voci sono diventati grida. Si è innescato una lotta accanita sulla gestione del CoAsIt assieme ad una onda montante di accuse che l’organizzazione avrebbe perso di vista il suo scopo sociale nonché la fiducia della comunità che dovrebbe tutelare. In gioco ci sono svariati milioni di dollari e la sopravvivenza della cultura italiana in Australia, nonché alcune importanti reputazioni, e persino il futuro del CoAsIt stesso.

Non si tratta solo di una piccola contesa comunitaria. Tra i cittadini dello Stato del Victoria nati all’estero, gli italiani costituiscono il gruppo più grande dopo quello britannico. Il loro contributo al vivere cittadino, ai gusti e agli stessi aromi che caratterizzano la città di Melbourne è profondo.

E CoAsIt da sempre rappresenta l’organizzazione ombrello di questa comunità. Le sue proprietà sono state denominate i “gioielli” degli italiani di Melbourne da Franco Vaccari, la cui madre fu tra i fondatori del CoAsIt nel 1967.

Fino all’anno scorso si credeva nella comunità che questi “gioielli” – che includono due immobili in Drummond Street, tre in Faraday Street ed altri due in University Street – facessero parte del patrimonio del CoAsIt. Invece, la maggior parte di questi titoli di proprietà appartengono ad un’organizzazione quasi sconosciuta e parallela denominata: ‘Italian Services Institute’ (ISI). Questa organizzazione è gestita da un comitato di ‘anziani’ che ritroviamo tali e quali anche nel Consiglio di Amministrazione del CoAsIt: tra questi i già citati Martini-Piovano, Gobbo e Bongiorno assieme agli avvocati Vincenzo Volpe e Giuseppe Sala, e all’architetto Vito Cassisi.

Da quanto scoperto da Fairfax (il gruppo editoriale che pubblica ‘The Age’ n.d.t.), risulta che questi ‘anziani’ del CoAsIt, avrebbero dirottato all’ISI circa $17 milioni in forma di contanti, di ricavati provenienti da aziende operante nel settore sociale, di affitti e migliorie alle proprietà citate sopra. Per molti anni lo statuto dell’ISI ha indicato come scopo principale dell’organizzazione quello di fornire ‘agevolazioni sociali’ per i suoi 11 membri. Così risulta dalle sue stesse relazioni finanziarie annuali. L

L’esatta natura di queste ‘agevolazioni sociali’ non è chiara perché nessun componente del consiglio d’amministrazione del CoAsIt, tanto meno membro dell’ISI, è disposto a parlarne.

Il quasi ignoto ISI è un ente diverso dal CoAsIt. Però, quasi tutti i membri del suo comitato si siedono anche nel consiglio di amministrazione del CoAsIt. E’ stato stimato che alla data di oggi l’ISI gestisce un patrimonio in contanti e immobili che ammonta ad almeno $12 milioni. Nonostante ciò non ha rilasciato alcuna indicazione utile a capire come intende spenderli.

Il CoAsIt era stato fondato per tutelare i molti miglia di immigrati italiani giunti in Australia nel secondo dopoguerra, i quali spesso non conoscevano la lingua inglese. La crescente integrazione delle generazioni più giovani di italo-australiani nella comunità australiana ha posto in risalto il problema del futuro di questo ente caritatevole. In primo luogo, c’è da decidere come impiegare le decine di milioni di dollari in contanti e immobili occultati nell’ISI.

Nodo centrale del problema è la chiusura del CoAsIt nei confronti della comunità nonché il suo rifiuto di discutere apertamente le problematiche sollevate sopra.
“La gestione di questa organizzazione (CoAsIt) è autoreferenziale e misteriosa”, lo sostiene il famoso chef e sostenitore della comunità italo-australiana Stefano de Pieri: “Gestiscono l’organizzazione seguendo la logica: ‘Noi sappiamo quello che facciamo, gli altri possono andare in quel paese!’ Ecco, questo è il volto pubblico di CoAsIt.”

Questa impressione ha trovato conferma nel momento in cui i soci del CoAsIt si sono presentati in numeri eccezionali all’assemblea generale che si è svolto nel novembre scorso. Poche settimane prima, il deputato regionale laburista di Brunswick in pensione, Carlo Carli, era stato licenziato dal suo incarico come coordinatore del Museo Italiano di CoAsIt dopo aver rivolto alcune domande scomode ai suoi datori di lavoro. La sua rimozione sembra aver catalizzato la reazione pubblica alla gestione del CoAsIt.

L’atmosfera era tesa all’assemblea generale: il presidente del CoAsIt, Rhonda Barro, si era fatta affiancare da un avvocato pagato dal CoAsIt, apparentemente in previsione di dover affrontare una contestazione pubblica quasi senza precedenti. I soci pretendevano delle risposte sull’operato dell’ISI e sulla natura dei suoi legami con il CoAsIt.

L’umore dell’assemblea è peggiorato quando Barro ha vietato ai presenti di rivolgere domande in lingua italiana con la giustificazione che alcuni dei presenti, in particolare il suo avvocato, non conoscevano la lingua. In risposta alle domande sull’ISI la Barro ha dichiarato di non sapere chi fossero i componenti o i direttori dell’ISI (affermazione smentita dalle stesse relazioni finanziarie dell’ISI, le quali indicano chiaramente che la Barro era membro effettivo del comitato dell’ISI in quel momento). Le risposte date alle domande sull’entità dei rapporti tra CoAsIt e l’ISI sono poi risultate carenti.

L’assessore del Comune di Darebin Angela Villella che si era iscritta al CoAsIt l’anno scorso, era presente all’assemblea. E’ rimasta turbata da quanto ha udito: “Il tono delle riposte era di contrarietà alla trasparenza e all’apertura. A mio parere ciò pone degli interrogativi sulle modalità di gestione del CoAsIt.”

La controversia che attualmente scuote il CoAsIt in parte riflette decennali tensioni sorte tra alcuni notabili della comunità italiana di Melbourne. L’intenzione dei fondatori originari del CoAsIt – italo-australiani affermati della prima generazione – era di provvedere ai bisogni degli italiani emigrati nella grande ondata migratoria del secondo dopoguerra. Molti di questi erano giunti in Australia in numeri esigui già nel 19° secolo.

Tra questi primi arrivati c’era Gualtiero Vaccari, il quale poi creò un piccolo impero commerciale tramite l’importazione dalla madrepatria di prodotti come olio d’oliva, tessuti e automobili. Tra gli altri arrivati in quel periodo troviamo anche la famiglia d’origine di Sir James Gobbo, l’ex giudice della corte suprema, a cui un precedente governo liberale ha affidato l’incarico di governatore dello stato del Victoria.

Sir James Gobbo è nato a Melbourne nel 1931. Fu un lascito caritatevole del Vaccari a porre le fondamenta del CoAsIt, e sua moglie, Elda, ne divenne il primo presidente.
Sin dai primi giorni il CoAsIt attirò critiche da molti giovani impegnati socialmente nella comunità italo-australiana per la sua maniera cattolica-paternalistica di elargire aiuti.

Negli anni settanta, dopo il passaggio della gestione della Vaccari a quella dell’attuale consiglio d’amministrazione, il suo modo elitario di governare l’organizzazione fece scoppiare altre polemiche.

La posizione espressa dalla ditta di pubbliche relazioni di Sydney, a cui l’anno scorso il CoAsIt ha dato l’incarico di trattare con i media, è che Carli avrebbe provocato questa controversia per ripicca al suo licenziamento.

Indubbiamente, tra i membri più conservatori e longevi del consiglio d’amministrazione del CoAsIt, ci sarebbero alcuni che situano il ruolo svolto da Carli – che proviene dall’ala sinistra del partito laburista – nel quadro di una vecchia contesa per la leadership della comunità italiana.

Per appurare quanto le faziosità e le vendette possono aver pesato in questa contesa, Fairfax Media ha interpellato una gamma trasversale di interlocutori nella comunità italiana. Da quanto emerso risulta chiaramente che la disputa va ben oltre vetuste rivalità politiche.

L’avvocato Vincenzo Morfuni, anch’egli socio del CoAsIt, asserisce che nel CoAsIt si perpetuano comportamenti antiquati: “L’Italia dell’anteguerra era una società stratificata. L’élite dominava su tutto e dava per scontato le sue prerogative.” L’avv. Morfuni crede che l’attuale élite italo-australiana ha continuato a trattare gli emigrati più poveri allo stesso modo: “Gli autoproclamati leader della comunità italo-australiana ebbero facile gioco nel costringere i nuovi arrivati a rivolgersi ai servizi che essi stessi fornivano, e di pari passo, nell’emarginarli politicamente.

Questa prassi si consolidò nel CoAsIt nell’arco di decenni durante le quali si verificarono pochissimi ricambi nel consiglio di amministrazione e nessuno della persona dell’amministratore delegato.”

L’amministratore delegato Martini-Piovano è, infatti, considerato il patriarca dominante all’interno del CoAsIt. Dice un ex-impiegato del CoAsIt: “Rappresenta una figura paterna per molti tra il personale.”

Le inquietudini pubbliche nei confronti del CoAsIt, stanno sempre più interessando anche la gestione dei suoi servizi e le sue strategie per il futuro. Il Museo Italiano, varato in gran pompa dall’allora Premier dello stato del Victoria John Brumby nel 2010, n’è un esempio lampante. Nella sua relazione annuale del 2012, il CoAsIt afferma che nel secondo anno di esercizio il Museo Italiano ha consolidato il suo profilo nella comunità tramite un programma di attività pubbliche “ricco e variato”.

Però nello stesso tempo il Coasit ha ridotto l’organico del Museo, ed ha licenziato proprio quel personale con più esperienza e maggiore competenza. Alcuni leader della comunità italo-australiana hanno concluso che al CoAsIt non interessa più il Museo Italiano.

“All’inizio ero molto favorevolmente impressionato con il Museo Italiano”, dice de Pieri, “Però attualmente non vedo sforzi per renderlo più dinamico.” La settimana scorsa del personale di Fairfax Media ha visitato il Museo Italiano in tre occasioni. Due volte ha riscontrato l’assenza di visitatori e la terza volta, che era un mercoledì, il Museo risultava chiuso. Però tra i servizi offerti dal CoAsIt, quelli che destano maggiore preoccupazione sono i servizi per la cura degli anziani.

Ci sono 45.000 persone oltre l’età di 65 anni di origine italiana nello stato del Victoria. Rappresentano il gruppo etnico non anglofono più corposo tra i pensionati. Però ben pochi tra i loro rappresentanti e associazioni capiscono quello che il CoAsIt sta facendo.

“Il CoAsIt ha ricevuto molto denaro dal governo per aiutare i bisognosi – tra gli anziani – ma dell’uso che ne fanno, non ho nessuna idea.” Lo dice Antonio Telera, il presidente del Dromana Italian Seniors Social Club. E aggiunge: “Sarebbe ora che si avviassero delle indagini per capire quello che il Coasit sta facendo.”

L’Italcare è una azienda a scopo di lucro fondata dal CoAsIt che opera nel settore dei servizi agli anziani. E’ stata ceduta all’ISI nel 2010, a quanto pare, senza corrispettivo. La relazione annuale del CoAsIt per l’anno 2011 indica che i programmi per gli anziani offerti dal CoAsIt, operavano al limite della loro capacità. Citando dei “limiti di spesa” la relazione fa presente che molti anziani bisognosi dovranno attendere almeno un anno prima di ricevere sostegno.

Queste affermazioni hanno provocate l’indignazione di molti oppositori, i quali affermano che mentre gli anziani italiani annaspano senza i sostegni necessari, gli elevati profitti realizzati dall’Italcare stanno rimpinguando le riserve multi-milionari di contante in mano all’ISI. Una verifica condotta dal Fairfax Media ha accertato che l’Italcare è molto redditizia.

Negli ultimi tre anni ha generato profitti annuali che corrispondono ad una quota di oltre il 30% del suo intero giro d’affari il quale comprende anche alcuni servizi finanziati direttamente dal governo australiano, come ad esempio il programma ‘Home and Community Care’ (Accudimento a domicilio e in strutture pubbliche).

Anche se le norme che regolano le aziende private che forniscono servizi agli anziani non vietano la realizzazione di utili, in questo settore margini di guadagno così alti sono un’anomalia.

La domanda chiave che viene diretta all’ISI e al CoAsIt riguarda l’accumulo di profitti. L’ISI, in particolare detiene riserve multimilionarie in contante e in immobili. Pertanto sorge spontaneo l’interrogativo, che cosa intende farne?

In una dichiarazione scritta rilasciata al Fairfax media nel dicembre scorso, il presidente del CoAsIt Rhonda Barro e l’amministratore delegato Martini-Piovano, hanno sostenuto che CoAsIt aveva donato queste somme all’ISI per “costruire ospizi” iniziativa che “rientra nello statuto del CoAsIt.”

Più avanti, nello stesso documento, si constatava la necessità di incrementare l’offerta di cure a domicilio per gli anziani.

Da quanto risulta a Fairfax Media, il suddetto documento costituisce la prima dichiarazione pubblica rilasciata da CoAsIt dove si indicano i motivi dietro la sua decisione di trasferire fondi all’ISI. Eppure, in tutto l’arco della sua ventennale esistenza, l’ISI non ha mai destinato fondi alla costruzione di ospizi, né ha mai finalizzato progetti per la costruzione di un centro di cura residenziale per anziani.

Alla fine dell’anno scorso, e solo dopo che Carlo Carli aveva formulato una precisa richiesta al CoAsIt chiedendo informazioni sull’ISI e sul trasferimento di fondi all’ISI, questa organizzazione avrebbe incaricato un consulente con il compito di stilare un progetto per la cura degli anziani italiani.

In base a testimonianze raccolte da Fairfax Media tale progetto non contiene nessuna indicazione significativa in merito a dove destinare questi cospicui fondi in contante detenuti dall’ISI.

La spiegazione offerta da CoAsIt per le sue donazioni all’ISI, ovvero, che servirebbero alla realizzazione di un centro di cura residenziale per gli anziani, ha sconcertato molti leader della comunità italo-australiana. Questi sostengono che non avevano nessuna idea che il CoAsIt intendesse finanziare la costruzione di centri per la cura residenziale degli anziani. Inoltre, le relazioni annuali dello stesso CoAsIt pongono l’enfasi sulla tendenza di potenziare il sostegno domiciliare per gli anziani.

Il signor Franco Vaccari, figlio di Gualtiero Vaccari e di Edda, lavora da molti anni nel settore dell’assistenza agli anziani e ha prestato la sua consulenza anche al CoAsIt nonché ad altri enti di assistenza italiani. Egli afferma che il CoAsIt non ha mai espresso l’intenzione di occuparsi dell’aspetto abitativo del settore. Assieme a tanti altri componenti della comunità italo-australiana, non sapeva neanche dell’esistenza dell’ISI prima dell’anno scorso.

Nella sua dichiarazione, Vaccari ha posto l’enfasi sul fatto che le esigenze degli italo-australiani sono cambiate dal primo dopoguerra quando migliaia di nostalgici ma speranzosi emigrati scorsero per la prima volta il melanconico paesaggio del Melbourne degli anni Cinquanta accalcati sulle coperte affollate delle navi che stavano ormeggiando sul molo Station Pier, molti privi un soldo in tasca e di una parola d’inglese in bocca.

Per Vaccari, diventava urgente in quelle circostanze offrire la possibilità a questi emigrati la possibilità di usufruire di servizi sociali. Secondo Vaccari, oggi l’aumentato benessere e la padronanza dell’inglese hanno reso obsoleti tanti servizi allora necessari.

“La prima generazione di immigrati italiani sta diminuendo molto rapidamente di numero adesso che essi si stanno avvicinando al crepuscolo delle loro esistenze. Da anziani stanno regredendo all’uso esclusivo della lingua italiana,” dice Vaccari: “Accudire questa generazione è la necessità più impellente della comunità italo-australiana. C’è ancora un ruolo che il CoAsIt può svolgere, a patto che l’organizzazione venga gestita in modo trasparente.”

Oltre alla cerchia ristretta che governa il CoAsIt e l’ISI, gli altri leader della comunità italo-australiana riconoscono, alla pari con Vaccari, che il ruolo del CoAsIt dovrebbe evolvere mano a mano che gli anziani cedano il posto alle nuove generazioni di italo-australiani che si sono pienamente affermate nella società australiana.

Questo scenario emergente rende ancora più indispensabile un dibattito aperto sul futuro di CoAsIt e dei milioni di dollari in forma di contante e immobili accumulati sotto il controllo dell’ISI.

Stefano de Pieri è preoccupato dal fatto che il CoAsIt, invece di avviare un dibattito al fine di ridefinire il suo ruolo, ha scelto piuttosto di “atrofizzarsi”: “Non dà l’impressione di essere una organizzazione dinamica e aperta … Molti membri della comunità italo-australiana vedono il futuro in modo diverso. Credono che il CoAsIt dovrebbe giocare un ruolo più grande e facilitare l’apertura di un nuovo capitolo nella storia degli italiani d’Australia e della loro cultura.”

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[b]Articolo originale sul quotidiano The Age – Victoria:[/b]
[url]http://www.theage.com.au/victoria/big-drama-in-little-italy-20130426-2ikng.html[/url]

 

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1 commento

  1. Buongiorno, scrivo dall’Italia, ho letto il vostro articolo e l’ho trovato molto interessante.
    A proposito dell’assistenza agli anziani italo australiani, mi chiedo cosa sia accaduto alla casa di riposo “Elda Vaccari” che mi pare di capire non sia più attiva. Partecipai alla sua inaugurazione nel 1993 e ne apprezzai molto lo spirito e la cura di ogni dettaglio che potesse garantire agli anziani emigrati di mantenere viva la memoria della propria cultura d’origine, ma oggi tramite internet non riesco più ad avere notizie.
    Tanto di cappello a quanti nel corso di tanti anni si sono prodigati onestamente e responsabilmente per offrire supporto ed assistenza agli immigrati italiani e a promuoverne la cultura.

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