10434 ITALIA: Chiudono mille imprese al giorno

20130130 12:41:00 redazione-IT

[b]di Franco Esposito[/b]
Nel 2012, in Italia hanno chiuso 364.972 imprese. Un brusco segnale di recessione. Imprese, attività industriali e commerciali, che hanno gettato la spugna. Aziende che non riapriranno più. Numeri drammatici che fanno cadere le braccia, cancellano speranze e alimentano la disperazione. La disperazione italiana. Mentre al centro del panorama c’ è l’ immagine delle elezioni con relativi pro (pochi, pochissimi) e contro (molti, moltissimi, innumerevoli) le discussioni, le chiacchiere, e i fiumi di promesse che, puntualmente, non saranno mantenute. Da nessuno, senza alcuna eccezione di colore.

Mettiamoci il cuore in pace, altro non possiamo permetterci. Prepriamoci a vivere di elezioni politiche, visto e provato che ne siamo già immersi fino al collo. Rischiamo di annegarci dentro, che Dio ce la mandi buona e abbia pietà di noi. Intanto, siamo obbligati a convinvere con la triste drammatica realtà italiana.

Il panorama è quello che sappiamo e sapete: in Italia, nel 2012, hanno chiuso mille imprese al giorno. No, non siete vittime consapevoli di una visione, 1.000 imprese hanno abbassato definitivamente la saracinesca, abbattute, travolte dalla crisi economica che presenta i connotati chiari dell’irreversibilità. Imprese, attività industriali e commerciali, che hanno gettato la spugna. Aziende che non riapriranno più. Numeri drammatici che fanno cadere le braccia, cancellano speranze e alimentano la disperazione. La disperazione italiana.

Mentre al centro del nostro panorama è manifesta l’immagine delle elezioni con relativi pro (pochi,pochissimi) e contro (molti, moltissimi, innumerevoli) le discussioni, le chiacchiere, e i fiumi di promesse che, puntualmente, non saranno matenute. Da nessuno, senza alcuna eccezione di colore. Mille imprese si sono arrese, ma quante nuove aziende hanno deciso di aprire i loro freschi battenti?

Unioncamere ha messo insieme le due cose, comparando i numeri, non mescolandoli. I numeri per tentare un paragone. La comparazione. Il saldo prodotto dall’indagine presenta un aspetto che, a tutta prima, potrebbe essere interpretato come positivo. Intanto, perchè positivo lo sarebbe davvero sotto il profilo puro dei numeri: il saldo tra chiusure e nuove aperture è di un soffio ancora positivo.

Malgrado lo scempio, la moria di imprese che si è verificata nel 2012. Si tratta comunque di nuove aperture da minimo storico, per quanto riguarda le serrande che s’abbassano e quelle che si alzano. Il fenomeno negativo riguarda in particolare il Nord-Est, in altri tempi il campo più ricco d’Italia. Nel 2012, in Italia hanno chiuso 364.972. Un brusco segnale di recessione. Il punto di paragone è il 2009, una sorta di cartina di Tornasole per quanto riguarda l’andamento delle imprese in Italia.

Ma è il 2007 a detenere tuttora il record delle chiusure: si fermarono oltre 390.000 aziende. Il ritorno al presente rivelatore racconta di 383.883 imprese nate nel 2012. Ma anche di spiegazioni che fuoriescono dal freddo puro linguaggio dei numeri. L’incremento delle aperture di nuove attività imprenditoriali è strettamente legato, in particolare, a donne e immigrati. E ad ex lavoratori under 35, colpiti dalla crisi nel loro precedente posto di lavoro, convinti che l’inattività sia un lusso non più consentibile.

Hanno deciso perciò di riprovarci. Il crollo è evidente, molto più evidente, nel settore dell’artigianato. Da anno all’altro, tra il 2011 e il 2012, sono defunte 20.319 attività, per un meno 1,39%. Un calo costante per la quarta volta consecutiva. Dati tragici che impongono l’inserimento della questione al centro della prossima consultazione elettorale.

Gira e rigira, il punto nodale è sempre lo stesso: le elezioni in Italia. “Il tempo è scaduto”, ammonisce il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. “Le imprese da sole non posso fare miracoli, ne tenga conto il prossimo governo”. Il saldo negativo tra aziende che hanno chiuso e quelle che hanno aperto non riguarda solo il Nord-Est.

Interessa purtroppo anche altre regioni italiane. Il top è del Piemonte, a seguire il Friuli Venezia Giulia, e putroppo anche l’Emilia Romagna, in conseguenza dell’evento sismico che l’ha colpita.

I cui effetti si sono rivelati tragici, a dispetto anche della forza d’animo, dell’energia e del cuore che quelle popolazioni hanno dimostrato di possedere. Hanno messo tutto in campo, e non è bastato, perchè bastare non poteva. I saldi fra chiusure e aperture resistono meglio in alcune regioni del Centro e del Sud: Marche e, sorpresa delle sorprese, Molise e Basilicata.

Il tasso di crescita medio delle imprese in Italia è +,031%, tra iscrizioni e cessazioni. Leggermente positivo, +0,47% al Centro Italia e +0.47 nel Sud e nelle isole; la negatività maggiore si è verificata, come detto, nel Nord-Est, -0,81%. Tiene in defintiva botta il Centro Italia con il suo saldo positivo: oltre 85.000 nuove iscrizioni contro poco più do 75.000 cessazioni.

Materia comunque scottante, per chi sarà chiamato prossimamente a governare. L’imminente consultazione elettorale sarà di capitale importanza ai fini delle decisioni da assumere, non più rinviabili, nel campo delle imprese in Italia. Diventerà esercizio necessario l’esame delle imprese anche in rapporto al mercato straniero. In ragione del fatto che quello interno è stato duro, nel 2012.

Il crollo dei consumi ha spazzato via imprese e speranze. Soprattutto per quelle aziende, non poche, che non sono riuscite ad usufruire dell’export. I risultati peggiori li ha sofferti l’agricoltura (-2%), le costruzioni, (- 0,82% e 7.000 chiusure) e la manifattura.

Il saldo positivo è reperibile solo nei settori alimentare e delle riparazioni. Però, attenzione: questi comparti hanno perso comunque l’1% rispetto al 2011. Sono precipitate le attività legate alle estrazioni in cava e miniere, legate in un modo e nel’altro all’edilizia, in calo del 2,3%. In aumento le attività di ristorazione e alloggio, legate all’apertura di bread & breakfast e di bar, un’invasione in entrambi i casi. Seimila in più nel 2012, soprattutto al Centro e al Sud.

Anche questo è un segnale da leggere e da esaminare con attenzione. A voi le belle cose, elettori italiani e politici in odore di elezione.

FONTE: La Gente d’Italia – Montevideo

www.filef.info

 

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