10259 Notizie 16 nov

20121117 12:27:00 guglielmoz

AMERICHE
EUROPA
MEDIO ORIENTE e AFRICA
ASIA E PACIFICO

AMERICHE
USA – Da Washington Jason Horowitz I prossimi quattro anni La vittoria di Barack Obama alle elezioni presidenziali del 2012 è piena di insegnamenti per il Partito repubblicano, che però non sembra volerli ascoltare. In questo mio ultimo articolo per Internazionale vorrei suggerire ai lettori di tenere d’occhio alcuni sviluppi futuri. Il primo, il più importante e anche il più interessante, è cosa ne sarà del Grand Old Party. Come succede sempre dopo le elezioni, il partito che perde si abbandona alle recriminazioni. I repubblicani, oltretutto, sono andati peggio del previsto al senato, perdendo seggi invece di guadagnarli. Tutti accusano Mitt Romney di essere stato un pessimo candidato. Il gruppo dirigente accusa il Tea party di aver spostato il partito troppo a destra. Il Tea party accusa il gruppo dirigente di aver allontanato il partito dalla base. Ognuno ha qualcosa da ridire sull’altro. Ma tutto questo passerà, e le persone serie all’interno del partito apriranno gli occhi su un paese più variegato, che non sembra più disposto a eleggere i loro candidati. La prima cosa da verifica-re è se il Partito repubblicano collabo re rà con il presidente sulla riforma fiscale, o se insisterà con l’ostruzionismo sperando che la strategia del 2012 funzioni nel 2016. L’altra questione chiave è la riforma dell’immigrazione. Se l’ala destra del partito impedirà di raggiungere un accordo con Obama e i democratici, la crescente popolazione ispanica sarà sempre meno disposta a votare per un presidente repubblicano.
USA – L’unione a cinquantuno. II 6 novembre il 54 per cento degli abitanti di Puerto Rico ha votato si a un referendum non vincolante per far diventare l’isola -che dal 1952 è un "territorio libero associato agli Stati Uniti" -il cinquantunesimo stato americano. La misura, che deve essere approvata dal congresso, permetterebbe a Puerto Rico di ricevere il sostegno finanziario di Washington e di mandare dei rappresentanti al congresso, spiega il Washington Post. I portoricani, da parte loro, dovrebbero pagare le tasse e adottare l’inglese come lingua ufficiale. "Più dell’So per cento della popolazione lo parla a stento", avverte il Miami New Times.
USA – Ritorno al petrolio Nel 2017 gli Stati Uniti torneranno a essere il principale produttore mondiale di petrolio. Lo dice l’ultimo rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia (lea), spiega la Siid-deutsche Zeitung. "il motivo è il ricorso alle cosiddette fonti non convenzionali, che permettono l’estrazione del greggio dalle rocce". La stessa cosa vale per il gas: "Trail 2015 e il 2020 in questo settore gli Stati Uniti supereranno la Russia, attuale leader mondiale". Una svolta che avrà conseguenze a livello geopolitico, permettendo di ridurre la dipendenza degli Stati Uniti dal Medio Oriente.
USA 2012 – Gli utenti Facebook abbandonano Romney: persi 593 fan ogni ora speciale USA 2012. L’ex governatore del Massachusetts ha ora 12 milioni di fan su Facebook, venti milioni in meno del presidente NEW YORK – Dopo la sconfitta reale, arriva anche quella virtuale per Mitt Romney. Il candidato repubblicano sconfitto da Barack Obama lo scorso 6 novembre è arrivato a perdere ieri 593 seguaci su Facebook all’ora. L’ex governatore del Massachusetts ha ora 12 milioni di fan su Facebook, venti milioni in meno del presidente Barack Obama. L’ultimo aggiornamento alla pagina dedicata al repubblicano è una foto di copertina e risale a qualche ora dopo l’annuncio della vittoria di Barack Obama. La stessa sorte era toccata ai profili Facebook e Myspace del candidato repubblicano sconfitto da Obama nel 2008, il senatore John McCain, e dell’ex governatrice dell’Alaska, Sarah Palin. (TmNews)
USA – IL SUICIDIO – Non si era mai visto il direttore della Cia costretto alle dimissioni sulla scorta di un dossier dell’FBI – reso pubblico – sulle sue scappatelle extraconiugali. Petraeus e la Clinton ne hanno combinate delle belle e Obama ha solo atteso l’esito delle elezioni. Chi pronostica un futuro – almeno come candidata democratica – della Clinton alla Casa bianca, credo si sbagli. Non bisogna credere che il volto vero di Obama sia quello pubblico, lacrimevole o sorridente al bisogno. Ciò che il premio Nobel per la pace aveva annunciato nel celebre discorso de Il Cairo nel 2009 è stato attuato ed è in via di attuazione. Obama è un tipo concreto, spregiudicato, molto efficace dal punto di vista dei grandi interessi Usa (vedi il suo intervento a favore delle Banche, della General Motors, della Chrysler, ecc). In politica estera non decide solo per il M.O. e per il Nord Africa, ha ben in mente anche l’Europa e l’Italia. Perciò stiano tranquilli tutti, si fa come dicono gli americani. Alle elezioni presidenziali americane, del 2008, i settori che contano della classe dirigente degli Stati Uniti avevano deciso di appoggiare Obama sulla scia della crisi finanziaria scoppiata con il crollo di Lehman Brothers. I loro calcoli si basavano sul fatto che Obama – un presidente non bianco e democratico – avrebbe fornito un buon paravento all’ondata di ostilità popolare contro l’amministrazione Bush e Wall Street. Non si sbagliarono. Tuttavia, quattro anni dopo, la disillusione è sempre più diffusa, non tanto per quanto riguarda Obama, come invece dicevano i media prima delle elezioni, ma per quanto concerne la crisi negli Stati Uniti e nell’economia globale. Più in generale, la serie di misure messe in atto dai governi e dalle autorità monetarie in tutto il mondo per evitare un tracollo finanziario e la depressione hanno raggiunto la fine della loro efficacia limitata. La domanda depressa non può continuare all’infinito e l’indicatore degli investimenti rimane su livelli storicamente bassi, registrando crescite – al netto della pur debole inflazione – vicino allo zero. Nel corso degli ultimi quattro anni, la Federal Reserve ha immesso enormi quantità di denaro in aiuto delle società finanziarie e delle banche, ma l’adrenalina (l’eroina monetaria) di stimolo finanziario sta perdendo la sua efficacia. In Europa è accaduta la stessa cosa, ma la crisi economica è drammatica in paesi come la Spagna, Grecia, Portogallo, e ora sia abbatte su Italia e Francia, ma si fa sentire anche in Germania. Il programma di tutti i governi e organismi capitalisti è quello di recuperare le spese enormi a sostegno delle banche attraverso programmi di austerità radicali diretti a tagliare la spesa sociale e quindi a impoverire le classi salariate. Tuttavia, ciò nonostante, i livelli di debito aumentano, come dimostra anche quello italiano nonostante la cura “tecnica”. I cosiddetti keynesiani, ma anche altri, si stanno rendendo conto che anche un cammello, alla lunga, deve bere per sopravvivere. E non saranno – da soli – i cosiddetti Bric a risollevare le sorti sempre più incerte del capitalismo. Nei prossimi mesi ne avremo la conferma con l’aumento della disoccupazione e l’entrata a pieno regime delle misure di austerità. È interessante, al riguardo, registrare quanto scrive un sito – non certo su posizioni marxiste – come Phastidio: … se il debito cresce più della ricchezza prodotta; se pensare di risanare tagliando anche tutto il welfare è illusorio sul piano numerico, perché non sarebbe comunque sufficiente, se la contrazione prosegue; se pensare di ridurre il debito privatizzando nel bel mezzo di una crisi finanziaria è un miraggio; se cancellare il debito acquisito dalle banche centrali rischia di aprire il vaso di Pandora dello scardinamento del valore della moneta; come gestire questa inarrestabile marea montante di debito? A noi al momento difetta la fantasia, quindi non abbiamo risposte. E l’unica e solita risposta è: il capitalismo è fallito, ma non è morto. Ci vuole suicidare.

REPUBBLICA DOMIAICANA – La rabbia degli studenti. Continuano a Santo Domingo le manifestazioni, cominciate l’8 novembre, contro la riforma fiscale approvata dal governo di Danilo Medinaper sanare il deficit del paese, che equivale al 6,5 per cento del suo pii. "Uno studente di 22 anni, Willy Floriàn, è morto l’8 novembre negli scontri con gli agenti della polizia, che hanno sparato per disperdere la folla", scrive Hoy.

BRASILE – II 13 novembre il tribunale supremo del Brasile ha condannato l’ex capo di gabinetto di Lula, José Dirceu, a dieci anni di carcere per lo scandalo di corruzione del mensalào.
BRASILE – SaoPaulo violenta "Tra il 24 ottobre e il 12 novembre a SSo Paulo sono morte 191 persone, quasi tutte in periferia. Si parla di una media di dieci omicidi al giorno", scrive Pàgina 12 raccontando l’ondata di violenza che vive una delle città più popolose dell’America Latina. In alcune zone le scuole hanno chiuso, gli autobus sono stati incendiati e le chiese non celebrano più le messe serali. Secondo Istoé, Sào Paulo dovrebbe fare come Rio de Janeiro: "Accettare l’aiuto del governo federale per combattere la criminalità organizzata”.

COLOMBIA – I negoziati di pace tra il governo e le Fare, previsti il 15 novembre all’Avana, sono stati rimandati al 19 novembre.

ECUADOR – II presidente Rafael Correa si candiderà per un terzo mandato alle elezioni del febbraio 2013.

L’ARGENTINA torna in piazza . L’8 novembre centinaia di migliaia di persone hanno manifestato a Buenos Aires e in altre città contro la violenza, l’inflazione e le politiche della presidente Cristina Fernàndez centinaia di migliaia di cittadini hanno invaso le j principali strade di Buenos Aires e decine di migliaia di persone hanno sfilato nelle altre province e in diversi co munì intorno alla capitale. È stato il cacerolazo più imponente dal 2003, quando Néstor Kirchner e Cristina Fernàndez sono arrivati al governo. Nessun dirigente o volto noto della politica ha monopolizzato le manifestazioni. Gli argentini hanno protestato contro l’aumento della violenza, contro l’intenzione di riformare la costituzione per consentire un terzo mandato dì Cristina Fernàndez e contro le "menzogne" del governo, che parla di un’inflazione al io per cento quando secondo tutti gli istituti privati è al 25 per cento. L’attore Ricardo Darm ha inviato un tweet ai suoi 68mila follower: "imponente. Erano anni che non vedevo una manifestazione così affollata. Direi dal ritorno della democrazia. In tutto il paese. Adesso facciamoci sentire". "Basta con questo risentimento, rancore e odio", si leggeva su uno striscione in avenida Santa Fé. "La costituzione non si tocca", e ‘era scritto su altri manifesti. "Non Korrompete (con la K di Kirchner) la giustizia", recitava un altro striscione. Il rumore delle pentole del cacerolazo è cominciato davanti alle ambasciate argentine in Australia, è proseguito in altre città europee ed è arrivato verso sera in Argentina. Decine di migliaia di persone si sono ritrovate anche a Rosario, Córdoba e Mendoza. Ma la manifestazione più affollata è stata quella della capitale, davanti all’obelisco di Avenida 9 de Julio: secondo Télam, l’agenzia di notizie nazionale, c’erano "80 mila persone". La polizia metropolitana, che risponde al sindaco conservatore Mauricio Macri, ha dichiarato che tra l’obelisco e plaza de Mayo c’erano cinquecentomila persone e nei quartieri della capitale altre duecentomila. Calcolare lacifra esatta dei partecipanti al cacerolazo è difficile perché la manifestazione, organizzata sui social network nel corso di varie settimane con il sostegno esplicito e logistico di alcuni partiti dell’opposizione, non ha avuto un unico punto di ritrovo finale. SILENZIO IN PERIFERÌA – Durante O cacerolazo del 13 settembre, il capo di gabinetto Juan Manuel Abal Medina aveva criticato i manifestanti dicendo che a loro importava più quello che succede a Miami che nella località argentina di San Juan. Il 9 novembre Pàginai2, il quotidiano vicino al governo, ha pubblicato in copertina la foto di due signore bionde con gli occhiali da sole in piena notte, le pentole in mano e il titolo: Mas de los mismos (sempre più gli stessi). È vero che c’erano persone di tutte le età, ma non di tutte le classi sociali. La maggioranza dei manifestanti appartiene a una classe media molto variegata al suo interno, ma anche molto diversa dalla gente più povera. Nei luoghi più umili della periferia di Buenos Aires, dove gli elettori sono più nume rosi e dove Cristina Fernàndez ha ottenuto più voti, non sì è sentito neanche un colpo di pentola. "Anche qui la gente è insoddisfatta per l’insicurezza e la corruzione", ha dichiarato un assistente sociale della località José Clemente Paz, "mal molte famiglie vivono dei sussidi statali. E hanno paura che, se il rappresentante del governo li vedesse per strada, gli toglierebbe il sussidio". Alcune ore prima della manifestazione Cristina Fernàndez aveva dichiarato di non voler modificare la sua politica. In un evento pubblico davanti a dee ine di giovani, la presidente ha ricordato ancora una volta il marito Néstor Kirchner, morto nel 2010: "Sono sicura che, se avesse potuto scegliere un modo per andarsene, sarebbe stato questo: in piedi, come sempre, e lottando", ha detto. "Nessuno potrà mai ricordarlo che fuggiva o non si assumeva le sue responsabilità o chinava la testa davanti alla sconfitta. Anzi, quanto più sentiva di non essere forte, più alzava la testa e dimostrava fermezza, più lottava e più andava avanti. È quello che mi ha trasmesso: non cedere mai, neanche nei momenti peggiori. Perché è in questi momenti che si riconoscono i veri dirigenti di un paese ( di Francisco Peregil, El Pais, Spagna).

EUROPA

UNIONE EUROPEA – II bilancio non passa. I negoziati sul bilancio 2013 dell’Unione europea sono bloccati. Il motivo è il mancato accordo sull’aumento del 6,8 per cento chiesto dalla Commissione europea per colmare il buco di 8,9 miliardi di euro nel bilancio del 2012. La somma era servita per finanziare diversi programmi, tra cui l’Erasmus. Otto contributori netti – tra cui Germania, Francia e Regno Unito -si rifiutano di aumentare la loro quota. A questi, spiega Le Monde, si oppongono quindici paesi beneficiari. Il parlamento non discuterà il bilancio senza un accordo tra gli stati. In questo caso, la Commissione dovrà presentare un nuovo bilancio.
UE – II parlamento europeo ha 758 seggi. I grandi elettori delle presidenziali statunitensi sono 538. Spesso si parla di Stati Uniti d’Europa e di presidente della Commissione europea eletto dal popolo. Come osserva Pietro Manzini sulavoce.info, è possibile farlo senza modificare i trattati europei. Negli Stati Uniti vige il sistema del "winner takes all", in base al quale in ogni stato guadagna un grande elettore anche chi vince con una maggioranza risicata. Per avere la maggioranza in Europa con questo sistema, basterebbe vincere nei cinque paesi più grandi (Germania, Francia, Italia, Regno Unito e Spagna) e in un qualunque altro paese.
Una strada non percorribile. Una riforma alternativa sarebbe una legge elettorale uniforme per tutti gli stati che obbligasse i partiti a indicare il loro candidato alla presidenza della Commissione. Agli elettori europei sarebbe data la possibilità di votare, non in base a logiche nazionali e a oscure alchimie parlamentari, ma in base alla personalità del candidato e dei suoi programmi per l’Europa. Il Consiglio europeo – dovendo in virtù del trattato "tener conto del risultato delle elezioni" – dovrebbe nominare a presidente della Commissione chi ha preso più voti. Sempre senza modificare i trattati, il Consiglio europeo potrebbe eleggere come suo presidente chi è stato eletto presidente della Commissione. Niente impedisce che il presidente del Consiglio guidi anche la Commissione. Il presidente eletto dai cittadini assumerebbe così un notevole numero di poteri esecutivi che renderebbero la sua azione unitaria ed efficace.
UE – Crisi Mezza Europa in sciopero II 14 novembre i lavoratori di diversi paesi europei hanno scioperato contro l’austerità e la disoccupazione. Sono state organizzate manifestazioni in Grecia, Italia, Belgio e Francia, spiega la Frankfurter Allgemeine Zeitung, e sono stati indetti due scioperi generali in Spagna e in Portogallo, dove i cortei di protesta sono partiti già nelle prime ore del mattino. A Roma gli scontri tra gli studenti e la polizia hanno provocato feriti e arresti tra i manifestanti. Scontri e feriti anche a Padova, Torino e Milano

IRLANDA – II 10 novembre il 58,01 per cento degli elettori ha approvato un referendum che rafforza i diritti costituzionali dei bambini.

REGNO UNITO – II predicatore islamico Abu Qatada è stato scarcerato il 13 novembre dopo che una commissione speciale per l’immigrazione ha bocciato la sua estradizione in Giordania, dov’è accusato di terrorismo.
REGNO UNITO – Aria nuova a Canterbury. La chiesa anglicana ha un nuovo primate: è Justin Welby, nominato arcivescovo di Canterbury il 9 novembre. Ex dirigente petrolifero, Welby ha posizioni progressiste su diversi temi: è favorevole al sacerdozio delle donne, è aperto sulla questione gay e più volte ha criticato l’avidità delle grandi banche d’affari britanniche. "Welby ha vissuto nel mondo reale", scrive il Daily Telegraph, "e perla chiesa avere un leader moderno e pratico è molto positivo".

PORTOGALLO – BENVENUTA, ANGELA ! “ AVE ANGELA, MORITURI TE SALUTANT” , il quotidiano portoghese i dedica un’ironica copertina alla breve visita della cancelliera tedesca a Lisbona del 12 novembre. L’obiettivo di Angela Merkel era esprimere sostegno al traballante governo conservatore guidato da Pedro Passos Coelho, sempre più contestato a causa delle misure di austerità imposte dalla troika (Uè, Bce ed Fmi) in cambio del piano di salvataggio internazionale. Merkel ha lodato "l’efficacia" del piano di risanamento del paese e si è detta convinta che gli sforzi dei portoghesi saranno coronati da un "lieto fine". Ma ha anche ribadito che "non esistono le basi per rinegoziare il programma di aiuti", come invece aveva chiesto Lisbona. Mentre Merkel parlava, nella capitale e in altre città del paese diverse centinaia di persone hanno manifestato contro la politica di rigore incarnata dalla cancelliera. "La leader tedesca semina complimenti e raccoglie proteste", riassume Publico, secondo cui la visita non è stata altro che "un’operazione di facciata, il cui vero scopo non è tanto dire ai portoghesi che Berlino capisce i loro problemi e vuole aiutarli a risolverli, ma dimostrare ai tedeschi che il loro governo determina la politica europea".

SPAGNA – Stop agli sfratti, II 12 novembre le associazioni spagnole delle banche e delle casse di risparmio hanno accettato di sospendere per due anni gli sfratti dei clienti che non possono pagare il mutuo perché in situazioni di "estrema difficoltà". Il governo conservatore di Mariano Rajoy ha negoziato con l’opposizione socialista i dettagli del provvedimento, che prenderà la forma di un decreto e non sarà retroattivo. La svolta è arrivata dopo un nuovo caso di suicidio legato a uno sfratto, il secondo dalla fine di ottobre: il 9 novembre a Barakaldo, nel Paese Basco, una donna di53 anni, ex assessora socialista in un comune della zona, si è lanciata nel vuoto al momento del pignoramento della sua casa. Dallo scoppio della bolla immobiliare, nel 2007, quasi 4Oomila persone sono state sfrattate per morosità, provocando una grave crisi sociale. "La mobilitazione sociale ottiene un primo risultato", commenta EI Periódico de Catalunya, che aveva sostenuto, insieme a El Pais e a un nutrito gruppo di magistrati, la campagna per la riforma della legge sui mutui. Risalente al 1909, questa prevede che le banche possano pignorare le case dei clienti morosi, che rimangono comunque obbligati a rimborsare il mutuo per intero.

SLOVENIA – La rivincita dell’ex premier. L’11 novembre l’ex premier socialdemocratico Borut Pahor (nella foto) si è aggiudicato, con il 40 per cento dei voti, il primo turno delle presidenziali, distanziando di cinque punti il capo di stato uscente Danilo Turk. Il ballottaggio si terrà il 2 dicembre. Il risultato ha capovolto le previsioni dei sondaggi, che davano Turk per favorito, ma il dato più rilevante è la bassa affluenza. "Nonostante gli appelli dei partiti", scrive Vecer, "solo un cittadino su due è andato alle urne. Il punto è che nessuno ha avuto idee capaci di mobilitare le masse. E in un panorama politico spaccato in due la metà degli sloveni non ha trovato un candidato da votare. È una questione da non sottovalutare

POLONIA – Due cortei, due paesi. "Due cortei che rappresentano altrettante visioni della Polonia". Così Gazeta Wyborcza racconta le manifestazioni di opposto segno politico organizzate a Varsavia l’u novembre per celebrare la festa dell’indipendenza del paese. Circa ventimila persone hanno preso parte alla marcia dei nazionalisti e dell’estrema destra (nella foto), mentre il corteo ufficiale, con qualche migliaio di partecipanti in meno, è stato guidato dal presidente Bronislaw Komorowksi. Un terzo corteo, con poche centinaia di persone, ha riunito i simpatizzanti della sinistra. Durante gli scontri che si sono veri-ficati all’inizio della manifestazione dei nazionalisti sono stati arrestati 130 dimostranti e sono rimasti feriti alcuni poliziotti.

RUSSIA – II 9 novembre il presidente Vladimir Putin ha nominato capo di stato maggiore dell’esercito Valerij Gherasimov, ex comandante nella guerra in Cecenia.

ITALIA – LAUREATI AL CAPOLINEA. La pergamena costa troppo, ragazzi. D’ora in poi le vostre lauree, specie quelle in materie umanistiche, verranno rilasciate su speciali rotoli di carta morbida che già dalla forma vi suggeriranno l’uso che potete farne. La corsa finisce qui. Capolinea. Prima serviva la laurea, senza laurea non sei nessuno e non vai da nessuna parte. Poi contrordine: ci vuole il master. Anzi, possibilmente il master all’estero. E il dottorato? Dove lo mettiamo il dottorato, eh? E un po’ di ricerca sottopagata non la vogliamo fare? E su, coraggio! Poi, dopo i trentacinque anni, eccoti pronto per il posto di lavoro, che ovviamente non può prescindere da qualche capacità manuale. Come per esempio cancellare dal curriculum la laurea, il master e il dottorato, altrimenti al call-center temono di assumere un pericoloso intellettuale. Alcune centinaia di migliaia di dottori italiani, appena appesa la loro laurea in salotto, si sentono dire che servirebbe di più un diploma tecnico, anzi, non esageriamo, qualche anno come garzone di elettricista soddisferebbe meglio l’esigenza di professionalità attualmente richiesta nel paese. Dopo aver passato la prima metà della vita a sentirsi dire che bisogna studiare di più, eccoci passare la seconda metà della vita a sentirsi dire che era meglio studiare di meno. Tranquilli, vi aiuteranno, per esempio con l’aumento delle rette universitarie (quest’anno in media più sette per cento). Non ce l’hanno con voi, amici. Niente di personale. E’ semplicemente la famosa manina del mercato: c’è una sovrapproduzione di ceto medio, con curriculum da ceto medio e aspettative da ceto medio. I figli del ceto medio giacciono invenduti nei magazzini. Capite anche voi che non è possibile, e che questo rischia di mettere in crisi il mercato delle classi sociali: troppa offerta di classi medie e molta domanda di sano proletariato. Dai, siete laureati, no? Come possono sfuggirvi queste elementari dinamiche sociali? Su, da bravi, caricate sul camion questa cassetta di cipolle e non fate polemiche. Anzi, state proprio zitti, muti. Se no il caporale si accorge che avete studiato. (Robecchi . Il Manifesto 10.11.12 )

ROMA – PIU’CONFLITTI NEL 2011, MA GLI ITALIANI DIMENTICANO. Nel 2011 sono state 388 le situazioni di guerra e conflitto armato nel mondo, contro le 370 del 2010. In un anno, oltre ai casi, aumenta anche la gravità del fenomeno: il numero dei disordini considerati "guerre" è passato da 6 a 20, tanto che il "2011 è stato l’anno con più guerre dal 1945".Nonostante ciò, in Italia i "conflitti risultano ancora molto dimenticati: meno della metà degli italiani, il 46%, ricorda la guerra in Afghanistan e ancora meno persone ricordano i conflitti legati alla Primavera araba (Libia, 37%; Siria 10%). Il 12% non sa indicare alcun conflitto". E’ quanto emerge dal volume "Mercati di guerra. Rapporto di ricerca su finanza e povertà, ambiente e conflitti dimenticati", presentato oggi a Roma e realizzato da Caritas italiana, "Famiglia Cristiana" e "Il Regno". "Occorrono con urgenza – si legge nel rapporto – una regolamentazione dei mercati finanziari e della fiscalità, il rispetto della legalità e dell’eticità negli scambi commerciali, la regolamentazione su base etica dei rapporti debitori tra stati, la sostenibilità ambientale e sociale". SONO 38 I CONFLITTI PIU’ GRAVI – Si combattono, ad esempio, in Iraq, Afghanistan, Sudan, Messico, Nigeria. 148 sono classificati invece come "crisi violente", 202 sono "crisi non violente" o "dispute". Le "guerre" già registrate nel 2010 in paesi come Iraq, Afghanistan e Sudan hanno mantenuto nel 2011 lo stesso livello di gravità, mentre altre 14 situazioni sono esplose ex novo. "La disponibilità di risorse diventa il fattore scatenante di nuovi conflitti internazionali e interni. Negli ultimi 50 anni, ad esempio, la condivisione forzata di bacini idrici ha prodotto 37 conflitti". Oltre che per motivi economici, aggiunge il rapporto, i disordini scoppiano anche per motivi politici: esistono 43 paesi considerati fragili a livello politico, in cui vivono 1,2 miliardi di persone. "Sono l’area più vulnerabile del pianeta". IN AUMENTO LA SPESA MILITARE MONDIALE – Dal 2007 al 2011 ha subito un incremento in termini reali di circa il 26%, raggiungendo i 1.630 miliardi di dollari. A determinare questo trend sono soprattutto gli Usa. MENO LA META’ DEGL’ITALIANI RICORDA LA GUERRA IN AFGHANISTAN – Secondo un sondaggio della Swg, questi sono solo il 46%. I conflitti in Libia e Siria, sono ricordati dal 37 e dal 10% della popolazione. Il 12% degli italiani (il 14,5% se si considerano solo gli anziani) non e’ in grado di indicare alcun conflitto, erano il 20% nel 2008. Tra le cause delle guerre gli italiani mettono al primo posto gli interessi economico-finanziari (64%), seguiti da dissidi religiosi (40%) e situazioni politiche (37%). Il 50% degli italiani apprende dalla televisione le notizie sulle guerre, il 67% dai quotidiani. Per il 79% la guerra e’ un elemento evitabile e il 71% e’ a favore di un rafforzamento dell’Onu. Infine il 13% del campione e’ a favore dell’intervento militare nelle aree di crisi, il 7% ritiene invece giusto non intervenire e lasciare che le crisi si risolvano localmente risparmiando soldi e tempo.
NEI MEDIA POCO SPAZIO A GUERRE SCONOSCIUTE – Se si prende in considerazione l’informazione diffusa dalle radio e tv italiane sulle guerre in Afghanistan, Libia (guerre note), Colombia, Filippine e Somalia (conflitti sconosciuti) dal 2008 al 2011, l’87,9% delle notizie riguarda esclusivamente le guerre note: c’è un gap informativo, fa notare il rapporto, a scapito dei conflitti dimenticati.

ISTAT: ITALIA INVECCHIA, IN UN ANNO meno 15 MILA NUOVI NATI PIU’ FIGLI DA COPPIE NON SPOSATE E DA MAMME OVER 40
ROMA – L’Italia continua a invecchiare. Secondo i dati Istat sulla popolazione residente, sono stati 546.607 gli iscritti in anagrafe per nascita nel 2011, circa 15 mila in meno rispetto al 2010. Il dato, secondo l’Istat, conferma la tendenza alla diminuzione delle nascite avviatasi dal 2009. Il calo delle nascite è causato per lo più alla diminuzione dei nati da genitori entrambi italiani, quasi 40 mila in meno rispetto al 2008. Anche i nati da almeno un genitore straniero, che hanno continuato ad aumentare al ritmo di circa 5 mila l’anno fino al 2010 sostenendo la ripresa della natalità in Italia, nel 2011 mostrano una diminuzione dovuta al calo di circa 2 mila nati da coppie miste.
PIU’ FIGLI DA COPPIE NON SPOSATE E DA MAMME OVER 40 – Aumentano i figli nati da genitori non coniugati: sono circa 134 mila quelli partoriti nel 2011, valore in linea con quello dell’anno precedente, ma a causa della forte diminuzione dei nati da coppie coniugate il loro peso relativo è aumentato dal 23,6% del 2010 al 24,5% del 2011. E’ quanto si evince dal report ‘Natalita’ e fecondità della popolazione residente’ pubblicato oggi dall’Istat e relativo al 2011. Al centro nord, in particolare, i nati da genitori non coniugati sono il 30% e si supera questa quota in molte aree (addirittura il 47% nella Provincia autonoma di Bolzano, il 37% in Emilia Romagna e Valle d’Aosta, 35% in Liguria, 34% in Toscana, 32% in Piemonte). Inoltre quasi il 7% dei nati nel 2011 ha una madre di almeno 40 anni, mentre prosegue la diminuzione dei nati da madri di età inferiore ai 25 anni, che sono il 10,9% del totale. La posticipazione della maternità è ancora più accentuata per le italiane: ormai la proporzione di nascite da madri con meno di 25 anni e con più di 40 si equivale, ed è pari all’8%

MEDIO ORIENTE
E AFRICA

PALESTINA – Territori palestinesi. II 14 novembre lo Shin Bet, il servizio segreto interno israeliano, ha annunciato che uno dei capi militari di Hamas, Ahmed Jabari, è stato ucciso in un raid nella Striscia di Gaza. Subito dopo l’esercito ha annunciato l’inizio di un’operazione militare contro i gruppi armati attivi nella Striscia.
RAMALLAH – Festa dell’indipendenza di Amira Hass . L’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) arresta gli attivisti di Hamas. Hamas arresta gli attivisti dell’Olp. L’Anp non permette agli attivisti di Hamas di partecipare alla vita pubblica. Hamas non permette agli esponenti di Al Fatati di commemorare la morte di Arafat e alle donne dell’Olp di manifestare per chiedere l’unità dei palestinesi. I governi dei due non-stati si accusano a vicenda di tradimento e sabotaggio della causa palestinese. Ogni giorno Israele arresta cittadini palestinesi in Cisgiordania e spara agli agricoltori, ai pescatori e ad altri civili nella Striscia di Gaza. Questi fatti vengono deliberatamente nascosti all’opinione pubblica israeliana, perché agli israeliani piace pensare che i loro soldati sparano solo ai terroristi. Gruppi armati palestinesi lanciano razzi contro Israele. L’opinione pubblica palestinese ne è al corrente, ma non ne discute apertamente. Abu Ma-zen vuole chiedere all’assemblea generale delle Nazioni Unite di ammettere la Palestina come stato non membro. Il ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman reagisce minacciando di rovesciare Abu Mazen. Una delle deputate del suo partito, Faina Kir-schenbaum, dichiara a una delegazione tedesca in visita che gli arabi sono solo un peso per Israele, perché non pagano le tasse ma godono dei benefici. Il leader di un altro partito di destravuole annettere il 6: per cento della Cisgiordania. Il 15 novembre i palestinesi hanno celebrato la festa dell’indipendenza (dichiarata nel 1988 da Arafat).

SIRIA – Un’opposizione più forte . Il Cairo, 13 novembre 2012 . Mentre gli scontri al confine con Israele e con la Turchia fanno temere un’estensione del conflitto, l’u novembre l’opposizione sirianaha scelto come leader Moaz al Khatib (a sinistra nella foto, con il ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle), geologo, ex imam della moschea grande di Damasco. Noto per la moderazione e l’apertura verso le altre religioni, Khatib ha ottenuto il riconoscimento dei paesi del Golfo e il sostegno della Lega araba. Anche la Francia ha riconosciuto la coalizione guidata da Khatib come legittima rappresentante dei siriani, una mossa che potrebbe preludere all’invio di armi.

IRAN – Lotte interne allo stato- "La tensione ai vertici dello stato è al culmine", scrive Iran e Emrooz dopo la pubblicazione delle lettere in cui il presidente Mahmoud Ahmadinejad attacca il capo del potere giudiziario Sadegh Larijani. In questa disputa Ahmadinejad se l’è presa anche con la guida suprema Ali Khamenei (che ha preso le parti di Larijani) facendo notare che lui è stato "eletto dal popolo", l’ayatollah no. La crisi avviene in un momento delicato per l’Iran, dove la morte in prigione del blogger Sattar Beheshti ha causato un’ondata di proteste.

KENYA – La polizia cade nell’imboscata. A Baragoi, nel nord del paese, 42 poliziotti sono stati uccisi in un’imboscata mentre davano la caccia a dei ladri di bestiame. "È il peggior attacco che la polizia keniana abbia mai subito", scrive il Daily Nation. Il 13 novembre Nairobi ha annunciato di voler schierare l’esercito al nord. + II governo ha approvato un disegno di legge sul matrimonio che ha fatto molto discutere, perché garantisce a chi convive da più di sei mesi i diritti di una coppia sposata, autorizza la poligamia e abolisce la dote.

MALI – Pronti i piani per la guerra. I paesi della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Cedeao) manderanno 3.300 soldati per aiutare le truppe di Bamako a riconquistare il nord del Mali, in mano ai gruppi fondamentalisti islamici. Se il piano militare otterrà l’approvazione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, Francia e Stati Uniti daranno sostegno tecnico e logistico all’intervento. Sul sito Sahara Media, lyad ag Ghaly, il leader del gruppo Ansar Eddine (nella foto, alcuni combattenti), che controlla Tombouctou, ha accusato il presidente maliano di voler scatenare una guerra "che avrà ripercussioni su tutti i popoli della regione".

ASIA
E PACIFICO

GIAPPONE – La recessione è alle porte. Nel terzo trimestre del 2012 l’economia giapponese è arretrata del 3,5 per cento e gli economisti prevedono un ulteriore calo che farà entrare il paese ufficialmente in recessione. Secondo Asahi Shimbun, i motivi del crollo sono i consumi e gli investimenti pubblici deboli, il valore troppo alto dello yen, che scoraggia gli investitori e le esportazioni, in calo anche per la crisi in Europa e la disputa con la Cina sulla sovranità delle isole Senkaku. Il governo ha promesso nuove misure di stimolo, che però avranno una portata limitata a causa dell’enorme debito pubblico.
GIAPPONE – II Partito democratico ha annunciato che le elezioni legislative anticipate si svolgeranno il 16 dicembre. Il premier Yoshihiko Noda ha accettato di sciogliere il parlamento in cambio dell’approvazione di una riforma elettorale e di una legge sulle emissioni di titoli di stato.

CINA – Tra l’8 e il 10 novembre, in coincidenza con l’apertura del congresso del Partito comunista cinese, sei tibetani si sono suicidati dandosi fuoco.
CINA – Coraggiosa Sun Luyuan al congresso del Partito. Dopo il latte alla melamina e gli altri casi di avvelenamento, l’opinione pubblica è molto sensibile Domanda impertinente di una baby-reporter al Congresso «Sono sane le merendine?» A 11 anni imbarazza il Partito. PECHINO. I vestiti dell’imperatore. Oppure le merendine del ministro. Sun Luyuan ha 11 anni e potrebbe non aver mai sentito la storia del bambino che grida «il re è nudo» al sovrano vestito di stoffa immaginaria. Eppure, a lei è accaduta la stessa cosa. Per un attimo, ha obbligato il sovrano a chiedersi se non fosse nudo davvero. È successo venerdì, a margine del congresso del Partito comunista. Luyuan era stata selezionata per assistere alle discussioni di delegazioni e ministri. Non è solo un’alunna di «sesta», la prima media italiana: è anche una reporter, accreditata dal Chinese Teenagers News. Ed è stata una sua domanda sulla sicurezza alimentare a imbarazzare un ministro della Repubblica Popolare. La giovanissima giornalista ha colpito frontalmente, senza sotterfugi. «Amo le merendine. Però non ho il coraggio di mangiarle. Neppure i miei compagni di classe. Ci sono talmente tanti cibi velenosi in giro… Allora chiedo a tutti gli zii e a tutte le zie che sono ministri: noi bambini possiamo mangiare cibo senza doverci preoccupare?». L’interrogativo, riportato dal quotidiano cinese, è planato ruvidamente sul segretario del Consiglio di Stato (il governo), Ma Kai, che ha girato la questione al ministro dell’Educazione, Yuan Guiren. Il tema è cruciale. La sicurezza za alimentare è uno dei temi intorno ai quali la sensibilità dell’opinione pubblica è più acuta e su cui il Partito si gioca la credibilità. Gli episodi di intossicazioni per alimenti contraffatti, preparati senza rispettare norme igieniche e leggi, gli avvelenamenti da piombo o da sostanze chimiche si succedono con drammatica regolarità. Dove non arriva la stampa (e spesso arriva) a raccontarli, ci pensa il tam tam dei microblog. Le punizioni sono severe, come nel caso delle organizzazioni che riciclano per uso alimentare l’olio di scarto dei ristoranti. E il caso dei sei bambini morti e dei quasi 300 mila ammalatisi per il latte tagliato con la me-lamina nel 2008 è stato solo il più vistoso. Così il ministro Yuan ha dovuto rispondere, con il vago, legnoso lessico burocratico. «Abbiamo messo a punto una serie di sistemi di verifica per garantire la sicurezza del cibo». Luyuan, troppo buona, si è dichiarata soddisfatta della risposta: «Credo che i ministri risolveranno il problema Sì, sono ottimista». Meno ottimisti però dovrebbero essere i leader cinesi. Se la sfiducia della popolazione arriva fino a un’undicenne un po’ impertinente, non importa quanto imbeccata dagli adulti, significa che il rapporto di fiducia si sta incrinando davvero. E non basterà a suturare il solco l’ostentata trasparenza del segretario del Partito di Shanghai, Yu Zhengsheng, in predicato di entrare tra i sette o i nove del comitato permanente del Politburo, che annuncia di essere disposto a rivelare tutti i suoi averi. La domanda candida di una ragazzina può anche riconoscere i guasti di corruzione e avidità. Ma risolvere due delle piaghe della Cina è un lavoro da grandi. (Hong Kong South China Morning Post)

PAKISTAN – Un accordo con Kabul. II Pakistan avrebbe accettato di rilasciare alcuni prigionieri tali-ban afgani, come chiedevano da tempo le autorità di Kabul. Secondo le fonti afgane della Bbc, tra i militanti rimessi in libertà ci sono il mullah Nuruddin Turabi, ex ministro della giustizia del governo taliban, e due alti ufficiali dell’intelligence, ma non il mullah Abdul Ghani Baradar, numero due dei taliban e potenzialmente una figura chiave nei negoziati tra il governo afgano e il movimento islamico. Secondo molti analisti, un accordo politico tra le due parti è l’unica soluzione per dare stabilità all’Afghanistan in vista del ritiro delle truppe Nato entro il 2014.

AUSTRALIA – Inchiesta sugli abusi . II 13 novembre la premier australiana Julia Gillard ha lanciato la più grande inchiesta sugli abusi sessuali ai danni di minori nella storia del paese, scrive The Age. Una commissione è stata incaricata di condurre indagini all’interno di organizzazioni religiose, istituti di beneficenza, scuole, strutture di assistenza locali e nella polizia. La decisione è stata presa dopo una nuova denuncia di violenze sessuali su bambini e distruzione di prove da parte di esponenti della chiesa cattolica nello stato del Nuovo Galles del Sud.

INDIA – Contro le donne. Nello stato dell’Haryana le violenze contro donne e bambine sono in aumento. Nell’ultimo mese ci sono stati venti casi di stupro tra cui quello di una sedicenne. Il padre della ragazza si è suicidato dopo aver ricevuto pressioni affinché non denunciasse il fatto. Anche se la maggior parte delle vittime è composta da dalit, intoccabili, secondo Frontline la questione non va vista solo in termini di caste. I cosiddetti delitti d’onore sono diffusi anche nelle caste dominanti e in alcuni casi vittime e carnefici fanno parte dello stesso gruppo sociale. La polizia e le amministrazioni locali sono restie a punire i responsabili, spesso coperti dai khap panchayat, i consigli che riuniscono i leader delle comunità. Il 15 ottobre a Rohtak le forze dell’ordine hanno attaccato una manifestazione di donne contro la violenza. Gli esponenti del governo centrale non intervengono per non perdere l’appoggio delle classi dominanti. L’Haryana è uno degli stati più ricchi dell’India, ma quanto a diritti umani è molto arretrato.

BIRMANIA – Delusi da Aung SanSuuKyi. "Per gli osservatori esterni la carneficina dei rohingya nello stato birmano del Rakhine è inaccettabile e incomprensibile", scrive Asia Times. "Ma ancor più difficile da capire è perché tutti – i monaci buddisti, gli attivisti per la democrazia, il presidente Thein Sein e la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi – siano uniti nel negare che è in corso un vero e proprio pogrom contro i rohingya". Dopo le violenze scoppiate negli ultimi mesi contro la minoranza musulmana, oggi 75mila sfollati rohingya vivono ammassati in campi allestiti fuori dalla capitale del Rakhine, Sittwe. Human rights watch ha pubblicato una foto satellitare del quartiere musulmano di una città dello stato ridotta in cenere. Il razzismo verso i rohingya, originari del Bangladesh, è stato una costante della dittatura birmana, avallato dalla decisione del regime, nel 1982, di considerarli stranieri. Sulle violenze Suu Kyi ha adottato la versione del governo, che parla di "scontri settari", condannando entrambe le parti. Forse la parlamentare birmana non vuole scontentare la maggioranza buddista che la sostiene. Ma il suo calcolo politico potrebbe essere più complesso e guardare già alle elezioni del 2015, azzarda Asia Times: il blocco che rappresenta gli abitanti del Rakhine in parlamento oggi è alleato con il suo partito e potrebbe diventare molto influente se un giorno dovesse mettere le mani sui profìtti derivati dal gas e dal petrolio al largo delle coste dello stato.

SRI LANKA- II mea culpa dell’Onu. L’Onu ha pubblicato un rapporto sulla condotta della sua missione in Sri Lanka nella fase finale della guerra contro i ribelli tamil, in cui si stima che 4omila civili siano morti. Il documento ammette che "in futuro l’Onu dovrebbe fare di più per ottemperare alle sue responsabilità protettive e umanitarie". Il rapporto parla di "errori sistemici", citando per esempio la decisione di ritirare lo staff dalle zone di guerra nel 2008, quando il governo avvertì che non era più in grado di garantire la sua sicurezza. Ma secondo John Holmes, ex capo della missione dell’Onu nel paese, "non è affatto detto che se la missione avesse agito diversamente il governo di Colombo avrebbe fatto lo stesso", scrive la Bbc.
SRI LANKA – II 9 novembre 27 persone sono morte durante una rivolta in una prigione di alta sicurezza nella capitale Colombo

SIERRA LEONE – Affronta la sfida delle risorse di Christophe Chàtelot, Le Monde, Francia
LE ELEZIONI DEL 17 NOVEMBRE POTREBBERO SEGNARE UN PUNTO DI SVOLTA PER IL PAESE AFRICANO: DALLA FASE DELLA RICOSTRUZIONE POSTBELLICA AL CONSOLIDAMENTO DELLA DEMOCRAZIA
I cittadini della Sierra Leone sono chiamati alle urne il 17 novembre per le elezioni presidenziali, legislative e amministrative. È il terzo scrutinio libero dalla fine della guerra civile (1991-2001) che ha provocato 120mila morti e devastato il paese. Ancora una volta la contesa elettorale sarà tra i due partiti principali: il Congresso del popolo (Ape) del presidente Ernest Koroma, che si candida per un nuovo mandato, e il Partito del popolo della Sierra Leone (Slpp), guidato dal capo dell’opposizione Julius Maada.
"Gli slogan dei partiti parlano di pace e stabilità. Questo fa ben sperare", fa notare Marcella Samba-Sesay, presidente di National election watch (New), una coalizione di ong locali. "Ma abbiamo comunque paura di un’esplosione di violenza". La paura è motivata dalla fragilitàdelle istituzionie da una cultura politica ancora "dominata da sentimenti tribali ed etnici. Questa situazione", spiega Samba-Sesay, "è fonte di tensioni e rende difficile il consolidamento della democrazia, poiché si continua a riconoscere un potere maggiore a istituzioni non democratiche, come succede nei tenitori amministrati dai capi tradizionali". Inoltre la condotta di Koroma, che ha molti sostenitori nel nordovest del paese, presta il fianco alle critiche. "Negli ultimi quattro anni quasi l’80% degli impieghi nel settore pubblico sono stati assegnati a persone provenienti dal nord", sostiene Julius Maada. Una vittoria di misura dell’uno o dell’altro candidato potrebbe provocare degli scontri, anche a causa delle tensioni economiche e sociali. La Sierra Leone è un paese ricco, ma la maggioranza della popolazione è molto povera. I ricchi sono una piccola minoranza. "Sul piano ideologico i partiti principali sono tutti uguali", spiega Marcella Samba-Sesay. "È l’accesso alle risorse che fa la differenza". Il governo uscente ha lanciato una strategia per ridurre la povertà, ma questa non ha ancora fatto sentire i suoi effetti. Bisogna ammettere che il paese parte da lontano. Prima dello scoppio della guerra civile, nel 1991, la Sierra Leone era uno dei paesi più poveri del mondo. Oggi, afferma la Banca mondiale, "nonostante i passi in avanti e le riforme, ci sono ancora carenze infrastrutturali, un alto tasso di disoccupazione giovanile (60%) e di mortalità materna e infantile, una grande povertà nelle aree rurali, senza contare le conseguenze della crisi economica mondiale e i fallimenti nella gestione delle finanze pubbliche". Secondo l’indice disviluppo umano dell’Orni, nel 2011 la Sierra Leone era al 180° posto su 187.
PETROLIO MALEDETTO. I diamanti e il petrolio possono cambiare il futuro del paese? La Sierra Leone ha risorse minerarie che potrebbero permettere al paese di risollevarsi. Da decenni è tra i primi dieci produttori di diamanti al mondo. Il sottosuolo è ricco di oro e di rutilo (un minerale usato nelle vernici). "A cinquant’anni dall’indipendenza, però, molti sierra leonesi si chiedono se la scoperta dei diamanti sia stata davvero una benedizione", scrive John Momohj Un giornalista del quotidiano Concord Times.La questione delle risorse naturali è tornata alla ribalta dopo la scoperta di promettenti giacimenti dì petrolio al largo della Sierra Leone. Nel 2010 l’azienda statunitense Anadarko ha trovato una falda di greggio di ottima qualità. Probabilmente è collegata a un’altra riserva scoperta al largo delle coste del Ghana. L’estrazione di petrolio comincerà solo tra alcuni anni e a quel punto il paese potrebbe cambiare volto. A patto che, avverte Momoh, "il governo metta in campo delle misure economiche pragmatiche e prudenti pe r assicurarsi che queste scoperte portino a un miglioramento del livello di vita dei cittadini, invece di alimentare il malgoverno e il divario tra ricchi e poveri".
( da Internazionale )

 

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