10245 Dossier Statistico Immigrazione 2012: i migranti “Non sono numeri”

20121030 17:34:00 redazione-IT

[b]Dossier Statistico Immigrazione 2012 Caritas e Migrantes – “Non sono numeri” – Relazione di S. E. Mons. Paolo Schiavon Presidente della Fondazione Migrantes[/b]

Desidero iniziare questo mio intervento con il ricordo del Vescovo che avrebbe dovuto quest’oggi rappresentare la Fondazione Migrantes, Mons. Bruno Schettino, stroncato da un infarto lo scorso 21 settembre.
Di lui resta l’esempio di un educatore e di un pastore vicino al mondo migrante e fortemente impegnato per la sua promozione, impegno che ha portato molti a chiamarlo “il Vescovo degli immigrati”.
La sua dedizione non mancherà di stimolare, nella chiesa e nella società, altri operatori di pace e di convivenza con i cittadini venuti da altri paesi.
Quindi, voglio ringraziare i Direttori della Caritas Italiana, della Caritas Diocesana di Roma e della Fondazione Migrantes, che anche quest’anno hanno realizzato il Dossier sull’immigrazione e lo mettono oggi a disposizione come sussidio per la sensibilizzazione.

In contemporanea con l’incontro che si sta realizzando qui a Roma, si stanno svolgendo altre presentazioni nelle regioni italiane, e l’impegno di farlo conoscere sul territorio continuerà senza interruzione, coinvolgendo gli uffici pubblici e il mondo associativo.
Non può mancare un ringraziamento a coloro che hanno realizzato questo rapporto: pensiamo al coordinamento della redazione centrale, ai redattori regionali messi a disposizione dalla rete della Caritas e della Migrantes e ai collaboratori esterni in rappresentanza delle istituzioni e del mondo sociale.
Sono state più di 100 le persone che hanno fornito il loro contributo, e questo dà l’idea della complessità dell’impresa.
Questa premessa sarebbe incompleta se non ringraziassi tutti i presenti: autorità, studiosi, operatori, studenti.
La sensibilizzazione a un così grande fenomeno sociale come l’immigrazione avviene necessariamente attraverso il più ampio coinvolgimento della base.
Per questa ragione ognuno deve sentirsi protagonista e, a prescindere dalla ruolo che ricopre, è chiamato a essere trasmettitore nei confronti degli altri.

Solo in questo modo si potranno recuperare i ritardi che si sono determinati in questo campo e si potranno condizionare positivamente le scelte da fare.
Nel mio intervento non parlerò dei numeri bensì del loro significato e mi soffermerò su tre punti:

1. perché è stato scelto lo slogan “Non sono numeri”;
2. la necessità di parlare in positivo dell’immigrazione;
3. alcune esigenze che poniamo alla politica migratoria.

[b]1. “Non sono numeri”: uno slogan imperniato sulla dignità degli immigrati.[/b]

Lo slogan scelto per la precedente edizione del Dossier è stato “Oltre la crisi, insieme”. Contrariamente alle attese, la crisi, dopo essersi fatta sentire in maniera pesante nel 2008 e nel 2009 e dopo una leggera ripresa del biennio successivo, ha ripreso a infierire, e nel corso del 2012 è prevista una diminuzione del prodotto interno lordo di circa due punti e mezzo in valore percentuale.
Per gli italiani e gli immigrati è d’obbligo riuscire a convivere in tempo di crisi, avendo riguardo alla dignità di ogni persona umana, inclusa anche quella degli immigrati che sono numerosi, ma “non sono numeri”.
La Caritas e la Migrantes nel Rapporto hanno voluto richiamare questo dovere e si sono ispirate a quanto detto da Papa Benedetto XVI il 15 gennaio 2012 in piazza San Pietro, all’Angelus della 98ᵃ Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Queste sono state le parole del Papa, riprese in parte nello slogan del Dossier: “Milioni di persone sono coinvolte nel fenomeno delle migrazioni, ma esse non sono numeri! Sono uomini e donne, bambini, giovani e anziani che cercano un luogo dove vivere in pace”.
Per questo motivo, nel mondo ecclesiale, è stato di soddisfazione il fatto che l’incarico di Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Immigrazione sia stato affidato al Prof. Riccardi, un prestigioso esponente del mondo del volontariato cattolico e, più in generale, del mondo sociale sensibile al fenomeno migratorio.
Il Prof. Riccardi, che ci ha voluto onorare con la sua presenza, è anche uno studioso della storia, e in tale veste ha ricordato che, in questa fase, la questione dell’immigrazione è centrale per le sorti del paese, proprio come lo fu nell’800 quella dei confini.
Ne consegue la necessità di una riflessione appropriata, per cui tutti siamo chiamati a pensare in grande, ponendo fine a ogni ideologia della contrapposizione e a ogni altra chiusura che non sia in grado di farsi carico delle sorti dell’Italia, nel cui futuro resta iscritta l’immigrazione.
Le recenti previsioni demografiche dell’Istat hanno sottolineato che da qui al 2065 i decessi supereranno di gran lunga le nascite, l’età media aumenterà, gli ultrasessantacinquenni diventeranno un terzo della popolazione e gli immigrati saranno circa 14 milioni, tre volte di più rispetto al livello attuale. La presenza degli emigrati contribuirà a evitare il collasso demografico.
Questo dato di fatto non solo merita da noi riconoscenza, ma ci invita anche a essere coerenti, allargando i confini della geografia e del cuore; confini che siamo chiamati, non a restringere sulla misura del nostro benessere, dei nostri privilegi, bensì ad allargare, nella misura del possibile, con l’accoglienza, l’ospitalità, con la buona cittadinanza offerta anche a chi viene da lontano.

[b]2. Abituarsi a parlare in positivo dell’immigrazione.[/]

Tutti sappiamo che l’immigrazione non è un problema semplice: è una questione che evoca forti passioni e dibattiti di sicurezza nazionale, economica, legali, sociali; ma coinvolge anche la dignità fondamentale e la vita della persona, creata ad immagine e somiglianza di Dio.
Ed a causa di questo è in primo luogo una questione morale che occupa e preoccupa la Chiesa.
In molti paesi dell’Unione Europea le cose non vanno bene e così avviene anche in Italia, dove la crescita della disoccupazione si unisce alla recessione economica.
A questo si aggiungono l’economia sommersa e quella criminale, che sottraggono alle casse dello Stato più di un terzo della ricchezza.
È ricorrente la tentazione di chiudersi all’accoglienza dei flussi umanitari e all’ingresso di lavoratori in provenienza da paesi più sfortunati, considerati pericolosi concorrenti.
La ripresa è ancora lontana, molte aziende chiudono e un numero consistente di imprenditori trova più conveniente spostare le attività produttive all’estero, dove vengono offerte migliori condizioni.
In questa situazione, manca la propensione a parlare in positivo dell’immigrazione: secondo ricerche recenti, lo fa appena il 2% delle notizie giornaliere e prevale nettamente la cronaca nera, con uno stile caratterizzato dal ricorso agli stereotipi.
Sul piano della comunicazione risultano del tutto insufficienti i passi in avanti finora fatti.
Eppure, i dati riportati nel Dossier mostrano che l’apporto degli immigrati si rivela positivo, non solo sul piano demografico ma a diversi livelli, quali quello occupazionale, economico, ma anche culturale e religioso.
È vero che questo grande fenomeno sociale comporta dei problemi, ma su di essi prevale la funzione positiva prestata a sostegno del “Sistema Italia”.
Nell’attuale congiuntura, la forza lavoro immigrata continua a svolgere un utile supporto al sistema economico-produttivo nazionale, per la giovane età, la disponibilità, e la flessibilità di questa stessa forza lavoro.
Bisogna chiedersi cosa avverrebbe se venissero a mancare 2 milioni e mezzo di lavoratori immigrati, che nel comparto dell’assistenza alle famiglie costituiscono la maggioranza, e in altri comparti detengono una cospicua quota: dall’edilizia al settore marittimo, dai trasporti alle pulizie, dall’agricoltura all’assistenza infermieristica.
Inoltre, in questa fase dell’immigrazione e per molti anni ancora, gli introiti che gli immigrati assicurano alle casse pubbliche sono più elevati rispetto a quanto si spende per loro.
È vero che la riflessione non può essere basata unicamente o in prevalenza su ragioni economicistiche, trattandosi di persone; tuttavia, quando si porta avanti questo discorso, si vede che i conti tornano a nostro favore.
La parola d’ordine non è di nascondere i problemi o minimizzarli, bensì di parlarne con equilibrio e spirito costruttivo, come ad esempio il Dossier Statistico Immigrazione fa anche questa volta sul tema della criminalità degli immigrati e su diversi altri temi.
La Chiesa ha promosso fin dal 1991 un Rapporto sull’immigrazione proprio per favorire una corretta informazione, e continua a essere convinta che dell’immigrazione si debba parlare come di una realtà in grado di esplicare molteplici effetti positivi, a condizione che vengano assicurate le condizioni indispensabili per il suo inserimento proficuo.
È necessario che, a livello delle singole persone, cambi la mentalità (l’accoglienza dello straniero non è un compito, ma un modo di vivere e condividere), mentre a livello istituzionale è doveroso pretendere che la politica migratoria venga rafforzata in senso positivo.

[b]3. Potenziare la politica migratoria[/]

L’introduzione al Dossier Statistico Immigrazione 2012 si sofferma sulle caratteristiche di un’efficace politica migratoria.
In questa sede, di queste caratteristiche ne prendo in considerazione solo due.
Sono da ritenersi assolutamente fondamentali per una efficace politica migratoria:

a – la semplificazione della normativa
b – e il rafforzamento della stabilità del soggiorno.

a – In tema di semplificazione delle procedure riguardanti i documenti, il Ministro Riccardi non è stato reticente quando ha riconosciuto che gli immigrati vedono la loro vita regolata da norme gravose, alle quali si aggiungono lentezze e ritardi burocratici sia per l’ottenimento del permesso di soggiorno che per il rilascio di altri certificati, così che viene messo a dura prova il loro attaccamento all’Italia.
Parimenti, non è trascurabile il problema dei costi dei permessi di soggiorno, ritenuti sproporzionati.
La Corte di Giustizia Europea, in una recente sentenza riguardante i Paesi Bassi (sentenza n. C-508/10 del 26 aprile 2012), ha valutato eccessivo il contributo di 201 euro, richiesto in quel paese per il rilascio del permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti, un costo 7 volte più alto di quello della carta di identità.
Anche in Italia le tasse richieste per i permessi di soggiorno (80, 100 e 200 euro per la durata, rispettivamente, di 1 anno, 2 anni o periodi ancora più lunghi, senza considerare le spese aggiuntive) sono eccessive rispetto al costo della carta d’identità (5,42 euro).
È visto di buon grado il proposito del Governo di abbassare i costi, prolungando la durata dei permessi.
Per avere un’idea dei benefici economici che ne trarrebbero gli immigrati e, in termini di alleggerimento del lavoro anche gli uffici della Polizia di Stato, basti pensare che nel 2011 sono stati rinnovati 850 mila permessi di soggiorno.
Nel segno della semplificazione della situazione è andata anche la recente regolarizzazione, per la quale, nonostante la rigidità di alcune condizioni e le ristrettezze finanziarie delle famiglie e delle aziende, sono state presentate circa 100 mila domande.
Inoltre, tutti possiamo renderci conto come il lavoro sommerso costituisce una mortificazione per gli interessati, un impoverimento per gli immigrati e per il paese, facendo lucrare solo chi specula sugli immigrati.
Detto questo e auspicando la maggiore celerità nella definizione delle pratiche di emersione, è indubbio che per il futuro si richiede una politica dei flussi in grado di rendere più agevole l’accesso al mercato occupazionale della manodopera straniera, restringendo così i canali irregolari.
Attualmente, invece, continua a essere estremamente difficoltoso il riconoscimento dei titoli di studio, per i quali l’Italia ha una tra le legislazioni più complicate di tutti i Paesi dell’Ocse, rendendo più difficile l’afflusso di lavoratori qualificati.

b – La seconda caratteristica fondamentale per una efficace politica migratoria è la stabilizzazione del soggiorno.
Bisogna rendersi conto che per un immigrato non comunitario perdere il posto di lavoro nel corso di questo periodo di crisi è doppiamente pericoloso, perché se non trova presto un altro posto è costretto a lasciare l’Italia, almeno che non abbia ricevuto un permesso come lungo soggiornante.
È positivo che il Governo sia riuscito a far prolungare da sei mesi a un anno il periodo di permanenza degli immigrati come disoccupati con la legge 28 giugno 2012, n. 92.
Se questa norma fosse state approvata prima, nel 2011, anno in cui sono scaduti 263 mila permessi senza essere più rinnovati, le persone costrette a lasciare l’Italia sarebbero state di meno.
Questa rigidità ha infranto i progetti esistenziali di tanti immigrati e ha impedito all’Italia di continuare ad avvalersi dell’apporto di persone già integrate.
È nell’interesse dell’Italia assicurare la stabilità del soggiorno degli immigrati e questo vale, a maggior ragione, per i figli nati in Italia da genitori stranieri, per i quali è necessaria una normativa agevolata, come richiesto dalla specifica proposta di legge popolare, supportata da oltre 100.000 firme, del mondo sociale ed ecclesiale, ma senza esito in Parlamento.

Come conclusione, voglio esprimere due auspici.

1 – Auspico che nel 2013, proclamato “anno europeo della cittadinanza” e anno di inizio di una nuova legislatura, si ponga nuovamente mano alla riforma della normativa sulla cittadinanza – come auspicato alla Settimana sociale dei cattolici italiani a Reggio Calabria nell’ottobre del 2010, i cui atti sono in libreria in questi giorni – e si mostri maggiore vicinanza alle attese dei figli degli immigrati, tanto più che in una recente indagine Istat (I migranti visti dagli italiani, luglio 2012) il 72% degli intervistati si è dichiarato favorevole a questo provvedimento.
Noi italiani ci dobbiamo sentire più impegnati per far sentire agli immigrati che questo è il loro nuovo Paese.

2 – Inoltre, auspico che nell’Anno della fede, si dedichi una particolare attenzione alla dimensione religiosa degli immigrati e alla convivenza interreligiosa, dalla quale possa derivare un ritorno benefico anche nei paesi di origine, in molti dei quali manca o è carente la pratica della libertà religiosa e molti cristiani soffrono fino a pagare con la morte la loro testimonianza di fede.
Per ciascuna di queste riflessioni si poteva citare uno o più capitoli del Dossier Statistico Immigrazione. Lascio a ciascuno il compito di documentarsi e di promuovere una conoscenza in positivo dell’immigrazione, mentre dal rappresentante del Governo ci aspettiamo l’assicurazione di un impegno ancora più incisivo in materia di politica migratoria.

Grazie!

[b]LEGGI LA SCHEDA DI SINTESI DEL RAPPORTO IMMIGRAZIONE 2012[/b]
[url]http://www.emigrazione-notizie.org/public/upload/Scheda_Dossier_Caritas_2012_definitiva.pdf[/url]

http://www.emigrazione-notizie.org/public/upload/Scheda_Dossier_Caritas_2012_definitiva.pdf

 

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