10045 ISTAT: cresce la povertà delle famiglie. 11 mln e mezzo sono fra povertà relativa ed assoluta

20120717 18:40:00 red-roma

Nel 2011, secondo uno studio dell’Istat (ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA) l’11,1% delle famiglie in Italia è relativamente povero, per un totale di circa 8,1 milioni di persone e il 5,2% lo è in termini assoluti, pari a circa 3,4 milioni di persone.
Questi soni i dati forniti dall’ Istituto centrale di statistica , ente ufficiale, e non da qualche sindacato "politicizzato" o professore estremista.
Se questa è la realtà dei fatti come è possibile che Governo e forze politiche non si pongano il problema che con il solo rigore e tagli questo è destinato a precipitare in una condizione di vero e proprio fallimento.
Quello di cui c’è bisogno sono posti di lavoro ed un uno stato sociale capace di difendere i più deboli facendo pagare i ricchi e gli evasori.
Il liberismo è responsabile della crisi che investe l’economia globale e non potrà certo essere una ricetta liberista che cura i mali provocati. Rileggere le esperienze del passato potrebbe aiutare a trovare nella politica economica Keynesiana e nel ruolo dello stato e degli interventi pubblici risposte più credibili e più utili.

L’Istat calcola che la soglia di povertà relativa per una famiglia di due componenti, sia attribuibile ad un reddito di 1.011,03 euro. Rispetto all’anno precedente nel 2011 c’é una sostanziale stabilità della povertà relativa, che deriva dal peggioramento del fenomeno delle famiglie in cui non vi sono redditi da lavoro o vi sono operai, compensato dalla diminuzione della povertà delle famiglie di dirigenti e impiegati.

Sempre secondo questo studio il 7,6% delle famiglie italiane è a rischio povertà, poichè si trova poco al di sopra della linea convenzionale di povertà potrebbe, ad esempio con una spesa improvvisa, classificarsi tra le famiglie povere. Di conseguenza in Italia è povera o quasi povera circa una famiglia su cinque. Tra le famiglie povere (l’11,1% del totale delle famiglie), il 6% risulta "appena povero" cioé poco distante dalla linea standard, oltre la quale si diventa poveri; il 5,1% è "sicuramente povero".

La situazione delle famiglie e di gran lunga peggiore fra quelle che risiedono al Sud: Il 23,3% delle sono povere, quasi una famiglia su quattro.
Sempre nel mezzogiorno aumenta inoltre l’intensità della povertà relativa, dal 21,5% al 22,3% in un anno. La povertà relativa è più diffusa in Sicilia e Calabria: nell’isola è povero il 27,3% delle famiglie, in Calabria lo è il 26,2%.

La povertà in Italia rimane stabile nel 2011 rispetto all’anno precedente, secondo quanto si evince dai dati dello studio dell’Istat, ma peggiora la condizione delle famiglie operaie: il 15,4% di queste (15,1% nel 2010) è relativamente povera, il 7,5% (6,4% nel 2010) è assolutamente povera.
Migliora invece la condizione delle famiglie di impiegati o dirigenti. In questa fascia sociale nel 2010 era relativamente povero il 5,3%, nel 2011 il 4,4%. Per quanto riguarda la povertà assoluta, l’incidenza nel 2010 era dell’1,4%; nel 2011 dell’1,3%.

L’incidenza della povertà relativa aumenta per le famiglie senza componenti occupati, passando dal 40,2% al 50,7% in un anno. Ugualmente per le famiglie con tutti i componenti che si trovano in pensione, essenzialmente anziani soli e in coppia: l’ incidenza della povertà relativa passa dall’8,3% al 9,6%. Tra queste ultime aumenta anche l’incidenza di povertà assoluta: dal 4,5% al 5,5%.
In generale, sempre socondo i dati dell’Istat l’incidenza di povertà assoluta cresce anche tra le famiglie con a capo una persona con profili professionali e/o titoli di studio bassi: famiglie di operai, con licenza elementare (dall’8,3% al 9,4%) o di scuola media inferiore (dal 5,1% al 6,2%). Peggiora, infine, la condizione delle famiglie con un figlio minore, in termini sia di povertà relativa (dall’11,6% al 13,5%) sia di povertà assoluta (dal 3,9% al 5,7%).
Questi sono i dati forniti dall’Istituto Centrale di Statistica , ente ufficiale, e non di qualche sindacato "politicizzato" o professore estremista.
Se questa è la realtà dei fatti come è possibile che Governo e forze politiche non si pongano il problema che con il solo rigore e tagli questo è destinato a precipitare in una condizione di vero e proprio fallimento.
Quello di cui c’è bisogno sono posti di lavoro ed un uno stato sociale capace di difendere i più deboli facendo pagare i ricchi e gli evasori.
Il liberismo è responsabile della crisi che investe l’economia globale e non potrà certo essere una ricetta liberista che cura i mali provocati. Rileggere le esperienze del passato potrebbe aiutare a trovare nella politica economica Keynesiana e nel ruolo dello stato e degli interventi pubblici risposte più credibili e più utili.

 

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