10039 Scomparsa di Sandirocco: Il ricordo di Gianni Farina

20120716 09:32:00 redazione-IT

[b]“Grazie per ciò che hai dato agli emigrati e a me”.[/b]
Gigi Sandirocco ci ha lasciato. Una lunga vita, spesso drammatica, come spesso capitava ai figli della sua generazione e della sua terra, l’Abruzzo, che lui amava con l’intensità di chi ha conosciuto la dura esperienza dell’emigrazione verso i lidi inesplorati delle Americhe, come in quel tempo si definivano le terre d’oltremare.
O lassù, nel nord europeo a scavare e morire per qualche chilo di carbone in quella Marcinelle – Manoppello insegna- assunta a simbolo del sacrificio italiano nel mondo.
Ho avuto la fortuna di conoscere il politico e l’uomo. Sapevo della sua chiamata alle armi per una campagna di Russia terminata con la sconfitta e la prigionia, di cui lui, figlio della cultura della verità aliena dalla pomposità del trionfalismo vacuo e retorico, non amava raccontare se non nelle occasioni in cui serviva insegnare la storia ai giovani militanti perché la potessero apprendere come insegnamento e memoria.

Mi era nota la lunga militanza di “Gigetto” Sandirocco nel PCI, l’impegno politico del dopoguerra in cui l’Italia cercava la via del riscatto e dell’onore.
La sua ascesa nel partito sino alle più alte cariche locali e la conseguente elezione al consiglio regionale prima e nel parlamento repubblicano poi.

Tanti, meglio di me, hanno illustrato il lungo cammino di militante e dirigente politico di Gigi Sandirocco. L’ immagine tratteggiata da Andrea Amaro, dirigente sindacale della CGIL e vice segretario generale del CGIE, il compagno e l’amico delle lotte sindacali e politiche del tempo, evidenzia la sua limpida passione politica e morale.

Io lo conobbi più tardi, al congresso nazionale del PCI dell’83 a Milano in cui , eletto al Comitato centrale del partito, diedi da allora tutto me stesso all’impegno politico per il riscatto degli emigrati in Europa e nel mondo.

Conobbi e apprezzai l’uomo, la curiosità sua di scavare nell’animo delle persone per conoscerne le capacità, i meriti e i limiti di ognuno. Aveva, evidentemente, ascoltato il mio intervento alla tribuna e chiesto informazioni al leggendario dirigente politico dell’emigrazione, Giuliano Pajetta.

Gli emigrati erano per lui al vertice dei suoi pensieri e del suo agire quotidiano. Non vi è legge che riguarda i cittadini italiani nel mondo che non sia stata arricchita dal suo protagonismo intelligente e appassionato, in parlamento e tra gli emigrati. Come dirigente nazionale della Filef o nel nuovo Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, di cui fu vice presidente nel primo periodo di legislatura, componente di prestigio e sino ai nostri giorni poi.

Mi è stato di grandissimo aiuto sul piano intellettuale e umano.
Un po’ padre, un po’ fratello. Aveva da me appreso le vicende dei Farina, il loro antifascismo in una lotta della resistenza in cui cercarono di dare il loro contributo per il riscatto del tricolore.

Ed ogni volta, che fossimo a Zurigo, a Bruxelles, a Parigi o altrove, ritornava su quel passato perché potesse riscoprire particolari e vicende inediti. Più giovane del babbo, ma contemporaneo degli zii, di cui, Lino e Renzo, avevano vissuto le terribili vicende del confino e della prigionia di Mauthausen e di mia madre, amava farmi sentire anche lui parte della grande famiglia. O forse apprendere storie di vita e di impegno politico, in guerra e nella resistenza, così simili alla sua.

Gigi Sandirocco non è più tra noi. Piango l’uomo, il maestro l’amico da cui ho appreso il meglio del mio bagaglio culturale e politico. Ed è per questo che, nell’addio, gli vorrei dire grazie.

Grazie, caro Gigetto, per quello che hai dato al mondo dei nostri emigrati, per il sostegno alle loro lotte. E grazie per quello che hai dato a me.

La terra ti sia lieve.

 

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