9927 Dai Comites al Parlamento: che elezioni per gli Italiani all’estero?

20120630 11:25:00 redazione-IT

[b]di PRC-Belgio[/b]

È entrato in vigore il 1° giugno scorso il Decreto Legge del Governo che rimanda ancora una volta le elezioni per il rinnovo dei Comitati degli Italiani all’Estero (Comites) e del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (Cgie) “al fine di razionalizzare la relativa spesa in attesa del generale riordino della materia“. L’ennesimo rinvio: svolte le ultime nel marzo del 2004, queste elezioni furono rinviate una prima volta dal 2009 al 2010, poi al 2012, e ora… al 2014. Se la precedente “legislatura” Comites-Cgie durò dal 1997 al 2004, ora in questa si va già verso il decennio, e chissà se ancora oltre. In tutto questo tempo i Comites stanno, per la maggior parte, letteralmente morendo d’inedia e di stanchezza, riducendo ulteriormente il credito che ancora potevano avere tra i cittadini italiani all’estero.

I Comites sono , o meglio, dovrebbero essere, dei fondamentali organi di rappresentanza consultiva e partecipazione degli italiani residenti all’estero, incaricati di varie attività politiche, sociali, culturali, assistenziali, di informazione e comunicazione.Come molti concittadini sanno per esperienza personale, in molte regioni non hanno funzionato nel migliore dei modi e, spesso, si sono trasformati in strumenti funzionali a cordate o meccanismi clientelari ben poco trasparenti.

Questo e’ in contrasto stridente con la battaglia che gli italiani all’estero hanno fatto per 20 anni per avere una propria rappresentanza , che ha portato alla istituzione dei Comites. La situazione si è progressivamente incancrenita anche per generale disinteresse dei vari governi succeduti negli anni, indipendentemente dal fatto che fossero di “centrodestra” o “centrosinistra”, “politici” o “tecnici”.

Di fronte alla retorica tardo patriottarda dei governi nazionali nei confronti delle comunità residenti all’estero, il risultato concreto è il disinteresse verso di esse, e quindi degli organismi che dovrebbero rappresentarle, con i relativi tagli di stanziamenti e risorse. Ulteriore conferma che gli istituti democratici vengono considerati da certi “politici” soltanto un costo. Che ovviamente per “lor signori” non vale la pena di sostenere. Diciamo, per correttezza, che i menbri dei Comites e CGIE non ricevono nessun compenso per la loro opera, ma la svolgono a titolo gratuito. E che negli ultimi 3 anni i budget si sono in media ristretti del 80% rendendo, de facto, impossibile la piena operativita’.

Queste problematiche sono state denunciate da anni da Rifondazione Comunista, come sempre fuori dai soliti giochi di potere, e dal mondo dell’associazionismo, ma purtroppo sono rimaste inascoltate da parte degli organi politici e ministeriali. Oggi, di fronte a questo ennesimo rinvio, di nuovo si sono levate voci di protesta, più o meno di circostanza e spesso di memoria corta, e c’è chi propone delle “dimissioni generali” dei membri dei Comites. Sinceramente saremmo sorpresi se le stesse persone che non hanno fatto spesso funzionare a dovere i Comites avessero ora un “ravvedimento operoso” e si dimettessero.

Potremmo tuttavia essere favorevoli a questa strategia solo se provocasse una reale decadenza del Comites, quindi quando tutti i menbri decidessero di dimettersi e quando non ci fossero liste di non eletti pronti a subentrare. Senza queste condizioni la richiesta di dimissione collettive rimane solo un annuncio dal vago sapore propagandistico.

[b]Cosa proponiamo?[/b]

Noi riteniamo che la sacrosanta protesta contro il rinvio delle elezioni dei Comites e del Cgie debba coincidere con una forte campagna per il loro rilancio e per un corretto e trasparente funzionamento (cominciando da una campagna per far conoscere i Comites e le sue funzioni), in modo da essere veramente portatori delle istanze degli italiani all’estero. Siamo disponibili a discutere e definire insieme con altri partiti e con le associazioni interessate lo strumento migliore per questa campagna. Sarebbe anche una buona occasione per discutere se l’attuale struttura dei Comites sia ancora attuale rispetto alla modifica della composizione dell’immigrazione all’estero (magari riflettendo sull’ opportunita` di dare un ruolo piú forte alle associazioni).

Nel frattempo si potrebbe dare un primo segnale da parte dei Comites resistuendo i magri budget ricevuti al ministero in segno di protesta. In questa campagna riteniamo che tra i primi protagonisti, oltre che gli eletti nei Comites, dovrebbero trovarsi i parlamentari eletti nelle circoscrizioni estero.

Toccando questo argomento non possiamo che sottolineare che anche qui ci sono delle criticita’ simili a quelle di Comites e Cgie. La prossima chiamata elettorale per gli Italiani all’estero sarà per le politiche del 2013, che si svolgeranno, molto probabilmente, ancora con la legge elettorale della “Circoscrizione Estero” con le ripartizioni Europa, America e Africa-Asia-Oceania.

Nelle due precedenti occasioni, 2006 e 2008, il meccanismo elettorale nel suo complesso ha dato pessima prova di sé, con scarsissima partecipazione ed episodi emblematici di clientelismo, mercantilismo di voti, trasformismo… Ad una situazione simile non ha coinciso una ferma presa di posizione, e soprattutto provvedimenti concreti, da parte degli organi preposti alla vigilanza. Cosa che non fa altro che allontanare i nostri connazionali dalla sacrosanta partecipazione democratica, e fa chiedersi ai più onesti se valga ancora la pena di prender parte a un tale “teatrino elettorale”.

Questa insomma è la situazione oggi per gli Italiani all’estero di fronte ad elezioni, quelle dei Comites alle calende greche, quelle politiche all’estero una farsa. Ma tutto questo non succede per caso: per questo Governo, come per i suoi predecessori, gli Italiani all’estero sono buoni solo per fare un po’ di folklore e magari i piazzisti del “made in Italy”. Ma, se gli stessi Italiani all’estero volessero “fare Politica” in prima persona e far sentire la propria voce, l’unica possibilità che rimane sempre più spesso è farlo nelle organizzazioni politiche, sociali o culturali del paese di residenza. Praticamente, smettere di essere cittadini italiani e rinunciare ai propri diritti, confidando in quelli che possono dare altri paesi. Tanto, all’Italia, queste cose non interessano, anzi, disturbano, e vanno “razionalizzate“.

Circolo PRC/SE “Enrico Berlinguer” Bruxelles –
Federazione Comunista del Belgio

http://www.rifondazione.be
E-mail: eberlinguerprc@hotmail.com

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