9729 Alessandro Collioli: Lettera dalle Ande Venezuelane

20120502 10:15:00 redazione-IT

[b]di Alessandro Collioli[/b]

Ho lasciato l’Italia il 22 febbraio 2007. Una decisione presa quasi d’impeto.
Più precisamente ho lasciato Sassuolo, piccola cittadina industriale ai piedi dell’appennino modenese, dove sempre avevo vissuto: esattamente 34 anni.
La scuola, gli amici, tutta la mia vita si era svolta li. Dalle elementari all’università. Poi il lavoro, prima come funzionario commerciale in vari settori poi, alla fine, quello che sembrava il sogno di una vita: investigatore privato. La cosa migliore che pensavo potesse capitarmi!
Fino a quel giorno che dissi a me stesso e a mia madre: vado via, in Venezuela!

Lasciai la famiglia, gli amici e gli affetti, i ricordi i dolori, il passato!
Non era un addio ma un arrivederci: non sapevo a quando, ma lo sapevo!

Solo adesso, dopo quasi 5 anni da emigrante mi rendo conto che forse quella decisione la stavo maturando dentro da anni, inconsciamente. Mancava solo l’occasione, il pretesto, la scusa… non ho scelto una meta ne un posto specifico… mi ha scelto lei.
Roraima, ragazza italo venezuelana di cui mi innamorai e alla quale feci la proposta di portarmi con se’, come una sorta di souvenir della “sua” cara e amata Italia.
Ed eccomi qui a Mérida, citta a 1600 metri sulle Ande venezuelane dove la vita scorre con ritmi e tempi differenti e dove intanto Roraima è diventata mia moglie.

Forse stavo scappando forse inseguivo ancora il sogno di un adolescente, di tanti, che voleva andare via verso spiagge e paradisi immaginari e poco probabili, esistenti solo nella sua fantasia appunto.
Qualcosa è cambiato. Qualcosa si è mosso dentro di me. Ho trovato o, meglio, ritrovato, qualcosa che avevo perso o forse non sapevo nemmeno di avere.

Dal nulla, con Roraima, abbiamo iniziato un attività: confezione di abbigliamento per bambine. Il suo sogno, lei che aveva studiato come stilista in Italia voleva realizzare il sogno di avere una propria marca di abbigliamento
Mi sono buttato in un sogno non mio e lungo il cammino, mentre i vestiti e la fabbrichetta prendevano forma e crescevano ho trovato me stesso e la mia identità che avevo perduto per i condizionamenti e le abitudini, gli sbagli e i rancori, il passato e i ricordi a cui per troppo tempo ero rimasto legato.

Sono cresciuto insieme al mio spagnolo e alla fabbrica. Adesso i nostri vestiti e la nostra marca, Cuore alma italiana pasion latina, si vendono in tutta Venezuela e grazie a Dio posso dedicarmi alle mie passioni, scoperte e ritrovate in questi anni.

Quando sono partito non sapevo che stavo scappando e non sapevo che stavo cercando qualcosa, volevo solo cambiare.
Il tempo mi ha dato la consapevolezza che scappavo dal passato, dai ricordi, dagli errori e dai legami, da momenti burrascosi e difficili; e che cercavo la libertà, nel senso dell’essere liberamente me stesso, senza condizionamenti, senza influenze, senza retaggi di un passato troppo pesante da sopportare, di una vita che non si adattava a me che, del resto, non mi adattavo a lei.

Nel 2007 mi ero dato un tempo limite, come una data di scadenza: 10 anni poi sarei tornato in Italia. Consideravo questo un trasloco non definitivo, a termine… adesso non lo so. Forse il viaggio non è ancora finito o piuttosto è appena iniziato. Adesso guardare all’Italia e al suo stile di vita, con i suoi problemi veri o presunti mi fa tremare, un ritorno definitivo a quello stile di vita ad una perenne crisi a costanti ricambi e rinnovamenti veri o inventati e da scartare. L’Italia la vedo adesso come una donna bellissima ma troppo capricciosa per poterci convivere.

In Italia torno e tornerò: è la mia meta di vacanza. Quando gli italiani se ne vanno alla ricerca di posti esotici e improbabili avventure io torno alla cara e vecchia Italia. Gli amici e la famiglia sono sempre nei miei pensieri.
Mi mancano, certo, ma ho imparato l’importanza del tempo; non il tempo così come lo intendiamo in Italia: il tempo che è denaro, il tempo che fa sempre correre in una frenesia di andare e venire, di essere sempre in ritardo, nulla di tutto ciò.

Non è un tempo inteso in termini di quantità ma di qualità. Ai miei amici e ai miei cari cerco di dare tempo di qualità quando torno in Italia.
La prima volta sono rientrato dopo quasi tre anni e avevo paura!
Mille paure a dire la verità: paura di non potermi staccare di nuovo, paura di dire arrivederci, paura di vedere piangere ancora mia madre, paura di rendermi conto che avevo fatto la scelta sbagliata, paura di rivedere persone e volti, paura di non avere la forza per proseguire e portare avanti una scelta…

Ed effettivamente è stato difficile salutare tutti la seconda volta. Non sopporto gli addii nemmeno se momentanei…
Ma tornerò sicuro e forte. L’Italia e tutto ciò che significa, la carica emozionale che mi lega alla mia terra e più’ forte di ogni paura o timore.
In Venezuela ho trovato me stesso, ho imparato ad amare me stesso e l’Italia a scoprire quanto significhi l’uno e l’altra cosa.

C’è chi dice che si apprezzano le cose belle solo quando si sono perdute… è un po’ così che funziona e che mi sento. Bisogna lasciare le radici per apprezzarle, uscire dal guscio per capirne l’importanza. Abbandonare un idea di se stessi, per capirsi e ritrovarsi.
Mi sono ritrovato più forte, più sicuro. Mi voglio bene. Ed era ora.

Non credo sia importante il posto dove sono o dove sarò. Nel mio caso l’importante è stato andare via. Non rinnego nulla di ciò che ho vissuto ma sento e so che era necessario. Non mi sono mai pentito, nemmeno per un secondo, della mia scelta. Potrà apparire una scelta egoista per chi rimane ad aspettare, per chi sente la mia mancanza, ma so che chi mi vuole bene davvero capisce e vede che l’Alle di adesso è migliore.
Adesso posso offrire di più’ ai miei cari! Anche da lontano.

Questo posto confusionario, disordinato, senza regole ne’ orari per assurdo mi ha ridato equilibrio. Forse perché, come direbbe qualcuno, anche io sono così incasinato e per questo mi trovo bene qui e mi sono espresso e ambientato al massimo.

Il Venezuela e la sua gente mi hanno insegnato e mi insegneranno ancora moltissimo: la compassione, quella vera; apprezzare ciò che si ha; la tolleranza, la spiritualità; la felicità per le piccole cose (piccole davvero); il sorriso di un bambino e le lacrime di una madre a cui ho regalato la loro prima foto… la povertà e l’umiltà, quelle vere non quelle sentite raccontare a scuola o al telegiornale… e un infinità di altre emozioni e storie che sto cercando di raccogliere in un libro di immagini ed emozioni che forse un giorno vedrà la luce.

Per il momento mi dedico alla scrittura di gialli, la mia passione come l’investigazione e la lettura.
Tra le cose che ho trovato qui c’è appunto l’ispirazione, la calma e la forza per sedermi e scrivere il libro che avevo dentro da tempo ma che mai avevo nemmeno iniziato.
Il 9 settembre 2011 ha visto la luce Delitti in Secchia, romanzo giallo ambientato a Sassuolo che sta riscuotendo un discreto successo. La prima edizione auto pubblicata in 500 copie sta circolando nella zona di Sassuolo e dintorni. Durante il 2012 verrà pubblicato da Caosfera edizioni a livello nazionale. Prenotabile sul sito [url]http://www.caosfera.it[/url] sezione tensioni, lafeltrinelli.it, ibs o amazon.

Spero di poterne trarre anche un film o un cortometraggio dal momento che mi dedico anche a questo con alcuni studenti universitari della ULA (Universidad de Los Andes) facoltà di cinema recitazione e direzione. Ho partecipato ad alcuni cortometraggi e documentari in veste di attore.
Sto lavorando ad altri due romanzi che spero possano prendere forma rapidamente.

Quanto ad un mio possibile ritorno definitivo in Italia dopo questa mia emigrazione dell’anima… Chissà cosa ha in serbo il futuro?
L’Italia sta vivendo un momento difficile o meglio lo stanno vivendo gli italiani sempre alle prese con tasse, stress, difficoltà economiche e chi più’ ne ha più ne metta. Negli ultimi tempi dopo l’uscita di una mia intervista, tanti italiani mi hanno scritto e mi scrivono da tutte le parti d’Italia per sapere com’è, cosa si sente, quali emozioni e quali paure accompagnano una scelta come la mia.

Tutti, sono stanchi e non ce la fanno più’; da nord a sud, dall’avocato al pensionato, dal muratore all’imprenditore si lamentano, non stanno bene, vogliono qualcosa di nuovo, di diverso, vogliono vivere tranquilli.
Non sono certo in condizione di dare giudizi o consigli, ma da fuori quello che vedo è malcontento, disillusione, perdita di speranze per il futuro…
Ma il cambio deve iniziare da noi stessi. Non è importante vedere la meta basta fare il primo passo e il resto verrà solo. Non serve aspettare che le cose cambino, cambiano prima noi stessi.

Ricordo le parole di mio padre preoccupato e timoroso del fatto che mi trasferissi in un paese con un governo discutibile, “la repubblica delle banane” come diceva lui, lasciando una laurea un lavoro e affrontando per vivere nel terzo mondo. Secondo lui sarebbe stata una rovina.

E con questo non voglio dire che tutti debbano lasciare l’Italia ma solo che a volte è necessario osare e andare contro corrente senza aspettare che qualcuno o qualcosa cambi per noi. Quello che oggi può sembrare assurdo o una pazzia domani potrebbe rivelarsi la salvezza.

E, in fondo, se le cose vanno davvero tanto male come si dice, cosa c’è poi da perdere?
Il mio racconto e la mia esperienza spero siano di aiuto a tutti coloro che adesso stanno pensando che sia finita che non ci sia più speranza. La speranza è davvero l’ultima a morire! E le barriere e gli ostacoli esistono solo se siamo noi ad erigerle.

Ve lo assicuro! Solo 8 anni fa pensavo che la vita fosse finita e quante cose sono successe…

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