9704 LORO SI SPARTISCONO PANE E PESCI: A NOI TANTE BELLISSIME PAROLE POI IL NULLA

20120402 13:10:00 redazione-IT

[b]di Silvana Mangione[/b]
"I massimi partiti italiani si siedono in conclave per decidere le riforme costituzionali e, come al solito, tagliano più sulla pelle degli italiani all’estero che su quella degli italiani residenti dentro i confini. Ce l’aspettavamo, ma questo non significa che la pillolona sia più facile da inghiottire". Così scrive oggi Silvana Mangione, vice segretario dei Paesi anglofoni del Cgie, che dalle pagine di Gente d’Italia, quotidiano delle Americhe diretto da Mimmo Porpiglia, chiede la dignità costituzionale del CGIE come Organo ausiliario dello Stato.
"I parlamentari eletti in Italia, senza mandato del territorio, quindi senza responsabilità diretta nei confronti dei cittadini che li hanno votati, passano da 630 a 500 alla Camera e da 315 a 250 al Senato. Quelli eletti all’estero, che vengono surrettiziamente aggiunti a queste cifre, scendono rispettivamente da 12 a 8 e da 6 a 4.

Già erano troppo pochi e la sperequazione del rapporto fra eligendo ed elettorato attivo in Italia e all’estero era incostituzionale. Adesso, la forbice si allarga paurosamente. Qualcuno dovrebbe far intervenire la Corte Costituzionale Italiana, alla quale andrebbe previamente raccontato quello che ha fatto l’omologo tribunale francese. Quando la Francia, che registra un milione e centomila cittadini residenti fuori dai confini, ha deciso – imitando noi – di eleggere 8 deputati all’Assemblée Nationale, la Corte costituzionale francese è intervenuta ordinando che il numero fosse aumentato a 11, vale a dire uno ogni centomila, per rispettare la stessa proporzione all’interno e all’estero.

Da noi, ovviamente, l’uguaglianza di trattamento è mera utopia. Chi sta in casa urla, protegge il suo orticello e ottiene di più. Chi sta all’estero scrive e, se tutto va bene, viene letto da qualcuno e subito dopo dimenticato. I boatos di corridoio – mi si perdoni la contraddizione in termini –, che avevamo sentito durante la plenaria di Roma, davano per cancellata tout-court l’elezione di rappresentanti diretti nella circoscrizione estero. I nostri voti si sarebbero rovesciati sui distretti elettorali di origine, con le conseguenze a macchia di leopardo che chiunque può ben immaginare: in Sicilia avrebbero deciso gli emigrati, in Lombardia non se ne sarebbe accorto nessuno. Saremmo stati colonizzati da aeroplanata dopo aeroplanata di personaggi inviati da partiti, partitini, movimenti, girotondi, un-due-tre-quattro-cinque-stelle: boom!

C’è da domandarsi di quale gravissima colpa siamo portatori. Forse di aver dimostrato nel 2006, ed in misura minore nel 2008, di votare più verso il centrosinistra che verso il centrodestra? Di non aver mai eletto un candidato della Lega? Sembrerebbe di sì, visto che attendibili indiscrezioni lasciano intendere che l’elezione diretta di rappresentanti residenti all’estero sia stata sostenuta dal PD e dal terzo Polo e contrastata da PdL e Lega.

Almeno uno di noi è certamente colpevole di aver tentato, in verità molto goffamente e visibilmente, di prendersi le briciole della tavola imbandita quando era l’ago della bilancia che manteneva in vita un governo di centrosinistra. E questo è un peccato capitale da lavare col sangue, perché le forze politiche in Italia si spartiscono serenamente pani e pesci, nella migliore versione del sempre valido Manuale Cancelli, che però non prevede il rispetto di un elettorato attivo di oltre quattro milioni di persone.

La nostra condanna appare quella di rimanere in eterno soggetto–oggetto di ricorrenti belle parole che si fermano lì, senza alcun riconoscimento concreto del valore della nostra cittadinanza e senza alcuna ricompensa vera del nostro ruolo–chiave di promozione del sistema Italia, specie in alcuni Paesi e mercati esteri, cruciali in questo momento di gravi difficoltà economiche della nostra patria.

Fra parentesi, per noi "patria" non è una parolaccia resipiscente di apologie da cancellare. Significa "terra dei nostri padri" e aggiungerei "delle nostre madri", e la onoriamo insieme alla bandiera e all’inno di Mameli, che cantavamo molto prima che Carlo Azeglio Ciampi lo ritraghettasse al lustro che merita. Tornando alla riforma costituzionale, bisognerà anche che ci interroghiamo rapidamente e sinceramente sul fatto che questo ridottissimo manipolo di parlamentari assegnati agli italiani all’estero non può in alcun modo avere la forza di rappresentare da solo – e comunque diviso secondo linee di partito e di coalizioni – tutte le nostre realtà e tutte le nostre esigenze.

Ergo, bisogna rafforzare enormemente sia i Comites sia il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero. Bisogna quindi muoversi in direzione opposta a quella dello sciamannato ddl di modifica delle leggi istitutive di questi organismi di base e di raccordo, approvato al Senato qualche tempo fa, anche su insistenza di alcuni eletti degli italiani all’estero, che hanno ben chiaro in mente il significato dell’aforisma latino "mors tua vita mea".

Il lavoro quotidiano e approfondito del CGIE, in costante collaborazione con i Com.It.Es. del mondo, non è stato mai tanto importante quanto lo diventa ora, in prospettiva di questa scarnificazione all’osso della nostra presenza in Parlamento. Alla II Conferenza Nazionale dell’Emigrazione, nel 1988, l’allora Ministro degli Esteri Giulio Andreotti disse: "Invece del voto all’estero, chiedete che il CGIE, che si sta per istituire, abbia dignità costituzionale, al pari del CNEL – il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro". Andreotti è stato accusato di tutto, ma nessuno ha mai osato dire che non sia uomo di profonda intelligenza e cultura politica, uno fra i grandi statisti della storia della Repubblica.

Dato che la larghissima intesa fra aree di partito agli antipodi sta trovando la quadra delle modifiche costituzionali, perché non domandiamo, tutti insieme, a gran voce, che si aggiungano due commi all’Art. 99 o all’Art. 100 della Costituzione, Titolo III sul Governo, Sezione III sugli organi ausiliari dello Stato? I commi potrebbero recitare quanto segue: "Il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di rappresentanti eletti dagli italiani all’estero e da esperti, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e quantitativa. È organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. Ha l’iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale con ricaduta sull’emigrazione secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge".

Vi sembra un’idea folle? E perché? Preferiamo forse diventare elaboratori di relazioni subito cestinate e segreterie gratuite degli 8 deputati e 4 senatori? Rendiamoci conto che gli 8 + 4 potrebbero essere cancellati del tutto, all’ultimo momento, quando non ci sarà più tempo per opporsi, con mossa abile dei partiti che, a propria giustificazione, faranno pesare i costi dell’esistenza dei dodici rappresentanti esteri, deboli perché sparsi fra i Gruppi parlamentari, e non più utili per dare risicate maggioranze al Governo. Ricordatevelo: i voti esteri non vengono contati ai fini dell’assegnazione dei premi di maggioranza. Assicuriamoci, ora, subito, che almeno uno degli organismi di rappresentanza, quello che raccoglie le istanze, le sintetizza e le propone nelle sedi competenti, abbia la forza di continuare a difendere le comunità e le loro espressioni di base: i Com.It.Es. in tutti i campi che incidono sulla vita di tutti noi, che viviamo fuori d’Italia".

 

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