9665 ITALIANI IN ARGENTINA SCRIVONO AL CORRIERE DELLA SERA SULLA VICENDA DELLE ISOLE MALVINAS

20120225 16:01:00 redazione-IT

[i]Dopo la lettera dell’Ambasciatore venezuelano a Roma con richiesta di replica al Corriere della Sera in relazione alla pubblicazione di un incredibile articolo a firma Massimo Gaggi sulla visita dell’attore Sean Penn in Argentina (titolo: "Quando Hollywood è anti-americana
Dal «terzomondista» Penn all’«iraniano» Stone:
le superstar crociati delle cause perdute"), in cui si definiva Hugo Chavez come un "dittatore", arriva una dura lettera del PD di Buenos Aires indirizzata al direttore del Corriere della Sera sulla questione della sovranità sulle Isole Falkland-Malvinas, isole situate di fronte alle coste meridionali dell’Argentina e distanti 15.000 Km dall’Europa di cui l’Inghilterra non vuole assolutamente disfarsi, (come per gli altri numerosi possedimenti coloniali, le basi militari e i paradisi fiscali situati nei diversi oceani), mentre l’Argentina rivendica la sua sovranità e chiede l’ apertura di trattative internazionali.
Recentemente, il principe William ha inteso sottolineare la riaffermazione del potere inglese sulle isole con la sua presenza regale, che Sean Penn ha definito, a Buenos Aires, una "gratuita provocazione".[/i]

[i]Ovviamente, su tutte le grandi catene mainstream si è scatenato il putiferio. Gli epigoni italiani della catena di comando della falsificazione si sono messi subito in linea. L’articolo di Gaggi, nella sua strenua volontà di disinformazione, si astiene dall’accennare al fatto che [u]tutti i paesi della costa atlantica dell’America Latina, più il Cile, hanno vietato l’attracco di tutte le navi inglese che vanno verso le Malvinas e che a nulla è valsa la pressione operata sul Cile (con governo di destra) da parte di Cameron, di desistere e smarcarsi dal coro congiunto dei paesi sudamericani, la cui integrazione regionale economica e politica sta marciando rapidamente ed è ormai uno dei fatti nuovi della geopolitica mondiale.[/u]

E’ uno degli innumerevoli esempi di disinformazione o meglio di false informazione rivendute agli italiani dai maggiori quotidiani (stavolta è il Corriere della Sera, ma La Repubblica non è da meno) che da anni va avanti sulle pagine di questi media e sui TG nazionali.

Ciò che preoccupa la borghesia nazional-anglosassone è in effetti l’esempio nuovo che procede dall’America Latina, in grado di emanciparsi dal giogo dell’FMI e dalle pratiche di riassestamento strutturale imposte loro dalla finanza mondiale per decenni e che ora sono tanto in voga in Europa.

Quindi, screditare le esperienze latino americane, attaccare i propri leader e chi li sostiene (come ad esempio alcune star di Hollywood) è uno degli esercizi preferiti di molti giornalisti italiani (ignoranti o prezzolati ?), e che vedremo ulteriormente infittirsi nei prossimi mesi con sollievi della destra al potere e di una certa pseudosinistra che è seriamente messa in crisi (ideologica) da queste novità.

E’ dunque benvenuto l’intervento del PD di Buenos Aires, come quelli sempre vigili degli italiani in Venezuela, in Brasile, e negli altri paesi sudamericani.[/i]

Rodolfo Ricci
(FIEI)

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[u]DAL PARTITO DEMOCRATICO DI BUENOS AIRES – ARGENTINA [/u]

[b]Lettera Al Direttore del Corriere della Sera:[/b]

Caro Direttore,

come diventa difficile accettare l’altro! Come ci costa a volte capire le ragioni di chi non è come noi, di chi sta lontano; ammettere la validità degli interessi che non sono i nostri, di abitudini e diritti che sono altrui…

Nella sua edizione del venerdì 17 il Corriere pubblica una nota di Massimo Gaggi che si fa portavoce della destra inglese, che attacca le dichiarazioni di Sean Penn contro il colonialismo britannico nelle isole Malvinas, in pieno secolo XXI.

Certo, la nota è firmata, percio’ il giornale non diventa responsabile dei detti del firmatario. Ed il Sig. Gaggi riproduce le dichiarazioni di altri, e allora, apparentemente, non prende posizione. Ma riprodurre quello che dice solamente una delle parti, è certamente, prendere parte.

Criticare al Sig. Penn per, presuntamente, "giustificare una guerra a suo tempo scatenata da una giunta militare contro un pezzo di territorio legittimamente posseduto da una democrazia liberale" è prendere posizione.

È credere (o fare finta di credere) che il contenzioso sulle Malvinas ha avuto inizio con la guerra, 30 anni fa.

È negare che la Gran Bertagna prese per la forza un pezzo di terra popolato di argentini in 1833 e gettò via al allora governatore, Luis Maria Vernet.

È ignorare (o negare) che l’Argentina reclama pacificamente per quell’aggressione sin da 180 anni fa. La dittatura militare, già sconfitta politicamente in 1982, ha provato di conquistare il gradimento del nostro popolo capeggiando –a suo modo- una rivendicazione tanto sentita. È da non dimenticare il protagonismo assunto allora dalla comunità italoargentina, la quale si é mobilitata massicciamente per raggiungere la pace.

È ignorare (o negare) che non è una giunta militare quella che governa oggi l’Argentina.

È ignorare (o negare) che tutta l’America latina appoggia oggi la posizione argentina, e che i paesi sud-americani e dei Caraibi hanno chiuso i loro porti a navi con bandiera delle isole. Anche la Spagna rivendica in questi giorni la propria sovranità sul Gibraltare, occupato dalla Gran Bretagna.

È ignorare (o negare) che il Comitato di Decolonizzazione delle Nazioni Unite viene esponendo da decade la necessità che la Gran Bretagna acceda alla richiesta dell’Argentina di sedersi a un tavolo per discutere sulla sovranità delle isole.

Noi siamo italiani, si. Ma viviamo nel Sud del mondo e condividiamo la vita con chi abita questo continente. Come italiani, siamo parte dell’Argentina. Conosciamo una parte della storia che il Sig. Gaggi sembra ignorare, e non condividiamo la visione del mondo che ha la destra, sia la "intellettuale" che cita Gaggi, sia la finanziaria che impose per anni ai paesi emergenti ricette che li affondavano (al tempo che sfruttava le loro risorse) nella stessa fossa alla quale oggi sta trascinando l’Europa. E neanche, certo, ci piace la destra che difende il colonialismo ed aggredisce o ridicolizza chi li si oppone.

Chiediamo soltanto al Sig. Gaggi di rispettare i diritti degli altri. Di informarsi senza pregiudizi e impostazioni eurocentriche (superate dalla realtá) i temi che affronta. Ed al Corriere, certo, di guardare un po’ più chi scrive nelle sue prestigiose pagine.

[i]Partito Democratico – Buenos Aires[/i]

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[b]LA LETTERA DELL’AMBASCIATORE VENEZUELANO A ROMA, Julián Isaías Rodríguez Díaz[/b]

[i]Embajador Isaías Rodríguez deploró comentarios de periodista italiano sobre la visita de Sean Penn[/i]

Prensa Embajada de Venezuela en Italia – www.aporrea.org
18/02/12 – www.aporrea.org/venezuelaexterior/n199174.html

[img]http://www.aporrea.org/imagenes/gente/embajador_julin_isaas_rodrguez_daz_p.jpg[/img]
El embajador venezolano en Italia, Julián Isaías Rodríguez Díaz

18 de febrero de 2012.- El diario italiano Corriere della Sera publicó este viernes 17 de febrero un artículo titulado "Las super estrellas de Hollywood" haciendo mención a la supuesta complacencia de directores y actores de la gran pantalla, con los "gobiernos dictatoriales", como el de Venezuela, en ocasión a la visita de Sean Penn al país.

En este sentido, el Embajador de la República Bolivariana de Venezuela en Italia, Isaías Rodríguez, ha enviado una carta de protesta y un derecho a réplica donde deplora los comentarios del periodista Massimo Gaggi, señalando que su “radicalismo” cuenta “de un modo totalmente unilateral” la versión personal del proceso social venezolano.

Además agrega que: "En el año 1998 el presidente Hugo Chávez fue electo democráticamente con más del 60% de los votos sufragados; posteriormente se han realizado 14 procesos electorales (equivalente hasta 2012 a un proceso electoral por año) los mismos fueron avalados y presenciados por organizaciones internacionales y hasta por el ex presidente Jimmy Carter. La opinión de Gaggi deja ver una manifiesta parcialización y un claro desconocimiento de la situación política venezolana o, peor aún, una herramienta más del plan para descalificar, desinformar y adversar con odio la verdadera realidad venezolana: proceso socio-político libre, soberano, revolucionario, participativo, anti oligárquico y absolutamente democrático.

El embajador Rodríguez alertó que las afirmaciones de este diario “pretenden tergiversar la realidad venezolana” y se enmarcan en una campaña de desprestigio internacional.

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[i]L’articolo sul Corriere del Sera a firma Massimo Gaggi, del 17 febbraio scorso[/i]

[b]Quando Hollywood è anti-americana. Dal «terzomondista» Penn all’«iraniano» Stone: le superstar crociati delle cause perdute[/b]

[img]http://images2.corriereobjects.it/Media/Foto/2012/02/17/SEAN–180×140.JPG?v=20120217095723][/img]
Sean Penn e Hugo Chavez

NEW YORK – «Da sincero anticolonialista quale sicuramente è, Sean Penn si sbrighi a restituire al popolo messicano la sua lussuosa tenuta di Malibù: la sua occupazione di un terreno che è stato sottratto dagli Stati Uniti al Messico con un’aggressione spietata e imperialista è inaccettabile». Quella del Daily Telegraph è la più ironica e anche una delle più pacate tra le reazioni britanniche alle sortite dell’attore americano a favore delle rivendicazioni di Buenos Aires sulle isole Falklands.

«Le Malvinas sono argentine» ha detto giorni fa, incontrando nella capitale sudamericana il presidente Cristina Kirchner. «Londra accetti di negoziare davanti all’Onu. Il mondo trova ormai intollerabili simili manifestazioni di colonialismo ridicolo e arcaico».

Davanti alla reazione furente dell’opinione pubblica e della stampa britannica che l’hanno accusato di giustificare una guerra a suo tempo scatenata da una giunta militare contro un pezzo di territorio legittimamente posseduto da una democrazia liberale, il protagonista di «Dead Man Walking», «Mystic River» e «Milk», un premio Oscar noto per le sue posizioni radicali, ha rincarato la dose: se l’è presa con la stampa («il buon giornalismo salva il mondo, quello cattivo lo distrugge») e col principe William, definendo la sua presenza nell’arcipelago dell’Atlantico meridionale (dov’è in servizio come pilota dei velivoli di soccorso) una «gratuita provocazione».

Nel mondo del cinema gli attori e i registi che sposano cause di estrema sinistra – personaggi a volte etichettati come «radical-chic» – sono molti. Di polemiche contro le «star» che inneggiano al riscatto del proletariato dalle loro mega-ville a Cortina, in passato ne abbiamo viste molte anche in Italia.

Negli Usa c’è, però, un piccolo drappello di artisti che, oltre a chiedere più giustizia sociale in America, entrano «a gamba tesa» sulla scena internazionale, spingendo il loro radicalismo fino a ignorare i presupposti di legalità e perfino le condanne della comunità internazionale.

Insieme a Penn, in questi giorni a offrire ai giornalititoli da prima pagine ci sono Oliver Stone e suo figlio Sean, che si è appena convertito all’Islam sciita in una moschea di Isfahan. Sean, che ha da poco realizzato un documentario sulla vita e la cultura iraniana e che starebbe preparando il terreno per un film del padre su Ahmadinejad (Oliver dovrebbe arrivare presto a Teheran), era noto da tempo per le sue posizioni negazioniste sull’Olocausto e per aver messo in discussione la legittimità dello Stato di Israele.

Ora si spinge ancora più in là, sostenendo la piena legittimità del programma nucleare iraniano anche nella sua parte militare. Quella delle conversioni non è una storia nuova nella famiglia Stone: Oliver, ebreo in gioventù, è diventato poi un cristiano episcopale per poi approdare al buddismo.

E il figlio ora musulmano che ha cambiato il nome in Sean Alì, sostiene di non aver ripudiato cristianesimo ed ebraismo. Ora, però, si comporta soprattutto da seguace del presidente Ahmadinejad che lo ha premiato per il suo cortometraggio e ha partecipato con lui a Teheran a un convegno sull’«hollywoodismo» come fattore di degenerazione culturale.

Da George Clooney ad Angelina Jolie, di attori «liberal» impegnati nel sociale e che sostengono le cause dei popoli che considerano oppressi, ce ne sono molti. Personaggi ammirati che conducono battaglie spesso nobili e, comunque, sempre legittime. Ci sono, poi, i militanti sempre pronti a prendere posizioni di rottura come Jonathan Demme, il regista del «Silenzio degli innocenti» e di «Philadelphia» che ha fatto molto discutere col suo documentario sulla questione palestinese «Jimmy Carter, Man from Plains».

Ma solo Stone, Penn e Michael Moore hanno portato il loro radicalismo fino al punto di raccontare storie in modo totalmente unilaterale. Dalla Cuba «paradiso» della sanità pubblica di Moore al regista di «Platoon» e «Nato il 4 luglio» che è addirittura arrivato a rifiutarsi di ascoltare le voci dei dissidenti quando, con «A Sud del confine», ha esaltato la figura del dittatore venezuelano Hugo Chávez.

La «rinascita socialista» dell’America Latina narrata da Oliver Stone affascina anche Sean Penn, pure lui a suo agio tra Cuba, il Venezuela e la Bolivia di Evo Morales con quale si è fatto ritrarre pochi giorni fa, un poncho sulle spalle e l’elmetto da minatore in testa.

«Chissà perché tanta gente dello spettacolo si fa incantare da dittatori che presentano le loro scelte come ragionevoli e inoffensive» si chiede la National Review , organo della destra intellettuale. «C’è un termine per descrivere questo fenomeno: potemkinizzazione. Un processo al quale farà ora ricorso anche il regime cubano, in vista della visita del Papa».

Massimo Gaggi 17 febbraio 2012 – Corriere della Sera

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[b]Malvinas o Falkland: riesplode il conflitto tra Inghilterra e Argentina[/b]
[url]http://cambiailmondo.org/2012/01/26/malvinas-o-falkland-riesplode-il-conflitto-tra-inghilterra-e-argentina/[/url]

 

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