9650 SILVANA MANGIONE (CGIE): MONTI A NEW YORK

20120214 18:03:00 redazione-IT

Finalmente il Presidente del Consiglio in carica viene negli Stati Uniti e ricrea l’immagine dell’Italia come Paese intelligente, serio, democratico e capace di affrontare, senza fuoco né spargimento di sangue, le riforme che si attendono dalle ultime decadi non propriamente gloriose della nostra storia. Mario Monti è arrivato preceduto da una copertina della prestigiosa rivista TIMES che si chiede e ci chiede: “Riuscirà quest’uomo a salvare l’Europa?”. Si noti bene “l’Europa”, non lo Stivale o gli italiani, che hanno sopportato, più o meno acquiescenti, le sceneggiate di nani, acrobati e tersicoree sotto la regia del “ludificator maximus”, di cui non c’è bisogno di fare il nome, che abbiamo pagato duramente con il crescente impatto negativo sul nome stesso del nostro Paese all’estero. Mario Monti – e tramite lui la nostra Italia – incassa ferventi elogi dal Presidente Obama (non certo politicamente conservatore), dal Congresso federale, dai parlamentari italo-americani a Washington, fra cui una sorridentissima Nancy Pelosi, da Wall Street, dal centro di potere di indirizzo economico che fa capo all’impero di Bloomberg, dalle Nazioni Unite, dalla stampa e dalle televisioni USA, che ci mostrano a getto continuo espressioni di compiacimento e documentano altissimi encomi.

Tutto questo, condito da una cena e due pranzi ufficiali di lavoro, in meno di quarantotto ore, iniziate alle otto del mattino di giovedì 9 febbraio a Washington e finite alle otto di sera di venerdì 10 febbraio a New York, quando Monti è uscito dal Consolato per andare all’aeroporto e rientrare in Italia.
Dalla seconda metà del 2008 a novembre 2011 ci sono state parecchie visite in USA del Presidente del Consiglio uscente, ma nel suo programma non è mai stato inserito un incontro con la comunità. Monti invece ha fermamente voluto venire a parlare con – ed ai – rappresentanti della sfaccettatissima collettività italiana e di origine italiana a New York, sia pure per una manciata di minuti. È arrivato, accompagnato dal Ministro degli Affari Esteri, dal suo successore come Ambasciatore d’Italia a Washington, Claudio Bisogniero e dall’Ambasciatore degli USA, senza un codazzo di giornalisti di parte, sostenitori, “clienti” e “figurette” di vario genere.
In sala, ad attenderlo c’erano gli esponenti del “Sistema Italia” di New York: Istituto Italiano di Cultura, ICE, ENIT, Banche, Università, Centri Culturali, punte di diamante del mondo associativo, dell’accademia, della ricerca, dell’imprenditoria, dell’editoria, dei parlamentari italiani e di origine italiana, del commercio e delle innovazioni. C’erano i rappresentanti eletti della comunità: i Consiglieri del CGIE, il Coordinatore dell’Intercomites e il Presidente del Com.It.Es. di New York: avevamo scritto una lettera indicando i punti di maggiore urgenza e interesse dei nostri connazionali e l’ho consegnata al Ministro Terzi, che ci ha detto che l’avrebbe fatta vedere al Presidente Monti. Ci siamo alzati tutti in piedi, spontaneamente, ad applaudirlo, quando è entrato. L’atmosfera era quella di una famiglia allargata ad accogliere l’incarnazione di tutto ciò che può crearsi di buono quando viene raccontata la verità sulla situazione che si sta vivendo e su come se ne deve uscire. Per la prima volta non ci sono stati discorsi fiume, pieni di inutile fumo magniloquente. La Console Generale, Ministro Natalia Quintavalle, ha dato il benvenuto a tutti e ha presentato l’Ambasciatore Bisogniero, il quale ha introdotto il Presidente del Consiglio, complimentando la comunità come prezioso moltiplicatore di presenza e di influenza per l’intero sistema italiano, un canale prioritario per proiettare un’immagine diversa e aggiornata dell’Italia e della nostra identità nazionale. Vorrei tentare di trasmettervi il senso realmente positivo di questa riunione. Monti ha avuto la correttezza di venire ad informarci di quanto ha fatto e di quello che intende fare, coinvolgendoci come parte portante, come elemento fondamentale del futuro dell’Italia negli Stati Uniti, che continuano ad avere un peso primario nei rapporti esteri del nostro Paese. Ci ha dunque trattati come interlocutori da arruolare a sostegno dell’uscita dalla crisi, interlocutori paritari, non cuoristici, al di fuori di concezioni assistenziali delle politiche per gli italiani all’estero, che vanno invece considerate investimenti a favore dell’Italia e della sua dignità nel mondo. Ricordando di essere stato per un anno studente a Yale, ha rivendicato la sua appartenenza a questa comunità. Ha commentato l’affettuoso applauso tributato al Ministro Terzi – già ambasciatore d’Italia a Washington – ammettendo di essersi sentito “un po’ colpevole di sottrarre una tale personalità al legame tra l’Italia e gli Stati Uniti, ma, come vedete, ve l’ho riportato”. Ha parlato di emozione, soddisfazione e orgoglio nel verificare la grande e affettuosa partecipazione che lega questa comunità ai destini dell’Italia e a quello che l’Italia “vive, soffre e spera”. Ha riconosciuto come “molto significativo” quel che “con il vostro apporto si sta facendo per la valorizzazione della lingua italiana”. Ha dichiarato: “L’Italia si trova con un governo molto atipico ad affrontare sfide molto rilevanti sul piano del risanamento economico e finanziario, sul piano del ritrovare la via della crescita, sul piano di una maggiore equità sociale, ma anche sul piano di una maggiore, serena, ma forte, presenza dell’Italia negli affari europei e negli affari internazionali… Quello che individualmente ciascuno di noi fa e collettivamente facciamo, ha un effetto comune: quello di determinare la quotazione nel mondo dell’aggettivo ‘italiano’. Più lavoriamo costruttivamente per l’Italia come paese all’interno, più lavorate con le vostre realizzazioni professionali, umanitarie, culturali e scientifiche negli Stati Uniti, più insieme valorizziamo questo aggettivo di ‘italiano’ e siamo tutti parte di un’impresa comune”. Non è ricorso alla solita “captatio benevolentiae” del “Viva l’Italia! Viva gli Stati Uniti” a conclusione del suo discorso. È invece sceso da podio, avviandosi nel corridoio centrale tra le sedie. Siamo stati presentati personalmente. Si è fermato a dialogare con alcuni di noi, riuscendo a sorridere malgrado la stanchezza accumulata in questa due giorni massacrante. Per quanto mi riguarda, mi sento profondamente soddisfatta, perché l’atteggiamento del Governo nei nostri confronti è completamente cambiato: non siamo più dagherrotipi d’epoca stretti fra la pietà e la compravendita di voti, né un mondo di vecchi da sostituire con una non meglio identificata legione di giovani, tutti “seguaci del capo”, né una realtà da obliterare come i biglietti d’autobus. Monti è venuto a dirci che siamo veramente parte dell’Italia attuale e che il nostro peso può trasformarne in meglio il futuro. E questo, per me, è assolutamente essenziale. Grazie, Presidente.

Silvana Mangione

 

Views: 6

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.