9459 Le dimissioni di Berlusconi, viste dagli USA

20111108 08:32:00 redazione-IT

[b]di Silvana Mangione[/b]

New York – A chi ha tentato in tutti i modi di annullare l’esistenza degli italiani all’estero, perché aveva deciso di punirli per aver tenuto in vita il governo Prodi al Senato con i propri eletti, rispondiamo: «Signor Presidente del Consiglio, siamo stanchi di dover leggere su tutti i giornali, sentire da tutte le radio, vedere su tutte le televisioni dei nostri Paesi fuori dai confini, un’Italia ridicolizzata, svillaneggiata, insultata per le politiche del suo cosiddetto “premier”»! Noi che l’Italia l’amiamo, la difendiamo, la promuoviamo in tutti i suoi aspetti, la onoriamo in tutti i suoi simboli, vorremmo avere un Capo del Governo che ha lo stesso nostro rispetto verso il Paese che dovrebbe guidare.

Vorremmo un Capo del Governo che non si attarda la notte a divertirsi in maniera più o meno consona alla sua età ed alle sue condizioni di salute; che non attacca la magistratura ad ogni piè sospinto, per la semplice ragione che i giudici stanno facendo il loro dovere; che non legifera a colpi di decreto per proteggere se stesso, ma non ha il coraggio di adottare l’identico metodo per varare le leggi di cui il Paese ha bisogno, ma che gli farebbero perdere punti nei sondaggi sulla popolarità personale. Ieri stavo ripulendo montagne di carte e ho ritrovato due articoli del New York Times datati 30 e 31 agosto 2006. Uno è intitolato: “L’offerta di missioni di pace da parte dell’Italia segnala un cambiamento positivo nella sua politica estera”; l’altro sotto la dicitura “L’Italia si libera dall’ombra di Washington”, inizia con la frase seguente: “A lungo considerata una specie di partner minore fra le nazioni dell’elite europea, l’Italia sta costruendosi un ruolo importante nell’ambito delle politiche mondiali. Roma sta contribuendo il contingente più numeroso alle forze di pace dell’ONU in Libano, ha rivendicato un ruolo nei negoziati con l’Iran, e sta raccogliendo le adesioni dei governi europei all’idea che l’Italia può costituire un contrappeso alla possanza americana”. In inglese si dice: “That was then, now is now”, vale a dire, questa era l’opinione che di noi si aveva allora, ora le cose sono cambiate. Stamattina, come sempre, ho acceso la TV per prendermi il caffè in pace ascoltando le notizie locali della rete TV New York One, che si occupa esclusivamente della città di New York.

Ebbene, al contrario di quanto avviene di solito, il servizio più lungo era dedicato alle dimissioni di Berlusconi, che venivano auspicate come l’unico modo per impedire che la terza economia europea, in ordine di grandezza, andasse in fallimento trascinandosi dietro anche le altre nazioni in bilico. La Borsa di New York ha aperto su questa nota di ottimismo, poi è rapidamente passata dal nero al rosso, certamente non soltanto a causa della secca smentita di Berlusconi, che pure ha puntato i piedi come i bambini, dicendo che vuole affrontare la sfiducia perché vuole che lo tradiscano guardandolo in faccia. Sono andata a leggermi i giornali di oggi, 7 novembre 2011. E cito. Il New York Times: “I resti del sostegno al Primo Ministro italiano sembrano erodersi rapidamente di fronte a richieste sempre più pressanti delle sue dimissioni alla vigilia di un voto cruciale in Parlamento… il Ministro dell’Interno, Roberto Maroni, ha affermato domenica durante un programma TV che la coalizione di Berlusconi non ha più i numeri per governare”. Il Washington Post, dalla capitale, commenta: “L’epicentro della crisi del deficit europeo sta rapidamente spostandosi dalla piccola Grecia alla molto più grande Italia, minacciando di aprire un nuovo pericoloso capitolo nel subbuglio finanziario della regione e precipitando l’arroccato Primo Ministro Silvio Berlusconi nella più profonda crisi politica della sua carriera ventennale. Un Houdini politico, che finora è sopravvissuto a tutto, dall’accusa di aver fatto da anfitrione a ‘sex parties’ a quelle di corruzione durante il suo mandato paragonabile alla trama di un’opera lirica, il 75enne Berlusconi sta subendo pressioni senza precedenti affinché si dimetta”. Il Los Angeles Times titola: “Mercati mondiali: l’Euro traballa per l’estremo nervosismo italiano” ed elabora: “Le borse mondiali e l’Euro sono andati in perdita lunedì mentre l’incertezza che riguarda l’Italia ha alimentato la preoccupazione che la crisi debitoria della zona dell’euro possa travolgere la terza economia in ordine di grandezza del blocco europeo, spingendo gli investitori a limitare la propria esposizione agli assets più rischiosi.

Il primo ministro italiano, Silvio Berlusconi ha rifiutato le pesanti pressioni per le sue dimissioni, malgrado debba affrontare una ribellione all’interno del suo stesso partito. La ripresa delle azioni italiane e una diminuzione nella rendita dei titoli di stato hanno invertito tendenza non appena Berlusconi ha smentito la notizia che si sarebbe dimesso nel giro di poche ore”. “La reputazione di Berlusconi a questo punto è talmente scaduta che è difficile pensare che possa far approvare un duro pacchetto austerità”, ha dichiarato Stephen Massocca, managing director alla Wedbush Morgan in San Francisco, che ha aggiunto: “Se verrà sostituito da qualcuno con maggiore influenza, c’è una migliore probabilità che possa accadere qualcosa di concreto”. Dulcis in fundo, il Wall Street Journal, certamente un quotidiano che non può essere accusato nemmeno da Berlusconi di essere “comunista”. Il WSJ titola: “Berlusconi barcolla su un terreno sempre più instabile”; sottotitola: “La maggioranza parlamentare del Presidente del Consiglio italiano è in gran dubbio mentre cresce la pressione internazionale sull’economia”; e prosegue: “Il futuro del primo ministro italiano Silvio Berlusconi è sempre più a rischio, mentre il Paese affronta pressioni internazionali senza precedenti affinché adotti misure credibili per puntellare la sua flagellata economia. La maggioranza parlamentare di Berlusconi potrebbe venire a mancare questa stessa settimana. Molti membri del suo partito, un tempo leali, hanno minacciato di votare contro il governo o di astenersi martedì dalla votazione sul rendiconto di bilancio alla Camera”. I commenti dei lettori del WSJ sono peggio ancora. Ve ne cito un paio: “Volete dire che i capelli tinti e il trucco potrebbero diventare presto una cosa del passato?”; “In giugno il Sig. Berlusconi ha perso quattro referendum, che hanno abrogato le sue leggi sulla privatizzazione dell’acqua, il ritorno all’energia nucleare e l’opzione che il Primo Ministro non appaia in tribunale con il 94% dei voti contro il 6%. Da allora è diventato la più zoppa delle anatre zoppe, ma la sua maggioranza parlamentare rifiuta di accettare che non c’è più vita politica dopo una disfatta di quell’entità, dato che molti hanno paura di perdere la propria immunità.

Perciò la situazione è rimasta bloccata per cinque mesi. È arrivato il momento che un nuovo governo prenda le redini, per evitare il disastro. Speriamo che martedì segni l’inizio di un nuovo capitolo, basato sulla ricostruzione del nostro paese dopo la devastazione derivata dal (non) essere governati ad opera di uno spot televisivo ambulante”. Non si può essere più chiari di così. Il problema vissuto dall’Italia negli ultimi venti anni è costituito dall’accentramento univoco del partito, del governo, del potere, dell’azienda e dei mass media in un personaggio che, a livello nazionale e internazionale, ricorre allo pseudo umorismo ed ai proclami invece di dare risposte concrete alle domande reali che gli vengono poste. L’Italia non ha mai avuto tanto bisogno di uno statista come in questo momento. Speriamo che l’infinita saggezza ed autorevolezza di Giorgio Napolitano, il nostro Capo dello Stato onninamente ammirato e rispettato anche all’estero, riesca a trovare la persona giusta per un Governo di unità nazionale che salvi l’economia italiana e traghetti l’Italia verso le prossime elezioni con una nuova legge elettorale.

 

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