9372 CONTRO L’EREDITÀ PINOCHET: In Cile, la primavera degli studenti

20111020 18:29:00 redazione-IT

[b]Anche l’America latina aveva un suo “modello”-, il Cile, il paese più avanzato sulla strada del neoliberismo. Ma questo faro di stabilità vacilla. Spinta dagli studenti, la popolazione esige un’altra politica. Fino a evocare -dicono – il ricordo di un certo Salvador Allende. [/b]
[i]di HERVÉ KEMPF[/i]

IL CILE ASSAPORA la primavera. E non solo perché, nell’emisfero Sud, settembre segna il ritorno delle foglie sugli alberi, delle temperature dolci e delle coppie che s’abbracciano sullo sfondo delle cime innevate. Dall’inizio dell’anno, la società cilena si è scrollata di dosso la fine dell’inverno neoliberista, dando inizio a guelfa ehe in molti definiscono una «rivoluzione pacifica». L’epicentro della primavera si situa davanti all’università del Cile, a Santiago. Sull’edificio, una selva di striscioni che rivendica (‘«educazione gratuita e di qualità».

A volte, un gruppo rock anima l’ampio marciapiede. La statua dello scrittore e poeta Andrés Bello, fondatore dell’uni­versità, è colorata come quella di Victor Hugo alla Sorbonne nel 1968.

Da maggio, il movimento studentesco ha spiccato il volo, organizzando scioperi e manifestazioni a catena in tutto il paese. Il 3 settembre scorso, i suoi dirigenti avrebbero dovuto anche negoziare direttamente con il presidente della Repubblica, Sebastiàn Pifiera -che fino ad allora si era rifiutato -, ma l’incontro non è andato in porto. Il giorno prima, un incidente aereo aveva provocato la scomparsa di ventun persone. Il lutto nazionale di due giorni aveva lasciato in sospeso la discussione politica.

«Questo movimento ha sorpreso la società, osserva Carlos Ominami, economista e ministro dell’economia nel governo del cristiano-democratico Patricio Aylwin tra il 1990 e il ’92. Oltre 200.000 persone sono scese in piazza. Le famiglie hanno manifestato con i giovani». Gabriel Munoz, coordinatore del movimento nella facoltà di filosofia, spiega: «Gli studenti si mobilitano da quattro mesi per denunciare la logica neoliberista nel settore educativo, per ritornare a un’istruzione gratuita ed esten­derla ai lavoratori. Di fronte, c’è un governo che difende gli interessi delle imprese e dei potenti».

Il movimento della società non si riduce tuttavia all’impressionante rivolta dei figli della classe media.

Da gennaio 2011, Punta Arenas, all’estremo sud di questo paese lungo 4.300 km, è entrata in agitazione per protestare contro l’eccessivo aumento del prezzo del gas: per una settimana, la popolazione ha bloccato la città con uno sciopero generale. Poi, in aprile e maggio, le strade di Santiago si sono riempite di persone che manifestavano contro le progettate dighe idroelettriche in Patagonia: in un paese in cui l’ecologia non è mai veramente entrata nei programmi politici, oltre 80.000 persone hanno rifiutato la distruzione dei siti incontaminati. A partire dal mese di maggio, la contestazione studentesca ha preso slancio, sostenuta dalla maggioranza del popolo cileno, e ha portato a una rimessa in discussione del sistema politico mai vista dalla fine della dittatura (nel 1990 ) *(1).

Il movimento Patagonia senza dighe si oppone al progetto HidroAysén: cinque grandi sbarramenti sui fiumi Pascua e Baker, destinati a fornire elettricità alle compagnie minerarie del nord del paese. Una linea di alta tensione avrebbe dovuto fendere il paese lungo 2.300 km per trasportare la corrente. Contestata da oltre tre anni da un coordinamento di organizzazioni ecologiste, l’iniziativa era stata approvata senza colpo ferire dal governo. Fino a quando manifestazioni imponenti, in maggio, avevano cambiato i termini del problema: Piffera ha dovuto stoppare il progetto, rimandando di un anno la decisione.

Come spiegare questa ribellione inattesa? Per Raùl Sohr, giornalista e scrittore, «nessuno conosce ; fiumi In questione, ma qualcosa è scattato nell’immaginario collettivo: un’esplosione di rabbia contro gli oligopoli, contro la sottomissione dello stato agli interessi commerciali, contro il grande capitale che fa ciò che vuole. Anche l’idea che il sud del Cile sia incontaminato ha unito le persone».

Eredità della dittatura

A VICENDA ha rivelato la concentrazione l settore energetico nelle mani di tre grandi gruppi, Endesa-Enel (italiano), Colbùn e Ase Gener (cileni), che impongono la propria volontà al governo. Ma il settore dell’energia non è un caso isolato. Secondo Andrés Solimano, economista e animatore del Centro Internacional de Globalización y Desarrollo (Ciglob), «la proprietà è fortemente concentrata nel settore bancario, nel commercio, nelle miniere, nei media -dove i due quotidiani dominanti, El Mercurio e La Tercera, appartengono a due conglomerati. Per esempio, la famiglia Luksic figura sulla lista Forbes delle 500 più grandi fortune mondiali e possiede la Banca del Cile, miniere di rame, società energetiche, e una delle principali reti televisive. Quanto al presidente della Repubblica; Sebastiàn Pinera, è a sua volta miliardario».

Per Juan Pablo Orrego, coordinatore del .Consiglio di difesa della Patagonia, «questo paese è diretto da un’oligarchia: un pugno di famiglie che possiede un patrimonio enorme».

Il movimento studentesco «si è costituito sul rifiuto delle dighe – afferma Enrique Aliste, sociologo all’università del Cile. Nelle manifestazioni, si ritrovano molti di quei giovani».

Ormai, gli studenti rimettono in discussione i costi molto elevati degli studi e la privatizzazione dell’insegnamento superiore. Poiché, in Cile, l’educazione è la più cara del mondo dopo quella degli Stati uniti, e quasi totalmente privatizzata. «Le risorse delle università provengono dallo stato solo per il 15%, contro l’80-90% negli anni 70, spiega Solimano. Le università funzionano come imprese: cercano di ottenere profitti. Una legge dell’81 glielo impedisce, ma viene aggirata dalla creazione di filiali che consentono alle università di affittare i propri edifici a prezzi elevati».

Le università non registrano profitti, ma le loro filiali li accumulano. Risultato: gli studenti pagano da 1 a 2 milioni di pesos all’anno (da 1.500 a 3.000 euro), in un paese in cui il prodotto interno lordo (Pil) per abitante è oltre tre volte inferiore a quello della Francia. Munoz, per esempio, sborsa 1,7 milioni di pesos per ogni anno accademico. «Il 70% degli studenti si indebita per pagare gli studi», afferma. Gli studenti o le loro famiglie. La signora Gina Gallardo, che vive in un comune popolare della periferia di Santiago e il cui marito lavora come disegnatore industriale, spiega: «Mio figlio studia musica, ha già un debito di diversi milioni di pesos; mia figlia è al secondo anno di disegno. Tutto quel che guadagniamo, ogni peso, li versiamo all’università».

La protesta va ben oltre una rivendicazione pecuniaria. «I/o/ere de//e università gratuite e che appartengano allo stato costituisce un cambiamento di paradigma culturale – secondo Solimano. Prima, la libera concorrenza delle forze di mercato veniva associata alla

prosperità. Si comincia a rimettere In qum la necessità di dover pagare i servizi sotto controllo dei grandi gruppi sui media e a la concentrazione della ricchezza. DI fatt studenti costituiscono la punta avanzata o protesta generale contro un capitalismo el che ricava profitti da ogni attività: case, se sanità, banche, ecc.».

La privatizzazione dell’economia è generale in quanto l’insegnamento superiore, la produzione di energia; il sistema sanitario, le pensioni, la gestione dell’acqua, una larga parte della produzione del rame sono state privatizzate durante la dittatura del generale Augusto Pinochet (1973-’90) e anche in seguito.

Mancano i soldi? Aumentate le tasse!

INDUBBIAMENTE in Cile esiste una parità economica frutto di una crescita «II paese è ricco nel suo sottosviluppo sintetizza Sohr. Non è indebitato. La speranza di vita è aumentata, la mortalità infantile è bassa. Ma, per l’80% delle persone, la situazione resta molto difficile. Le attese sono cresciute più della soddisfazione materiale e c’è un indebitamento enorme delle famiglie». Per < vent'anni di prosperità macroeconomica hanno portato a una ripartizione molto disuguale. delle ricchezze, sopportata con sempre maggior fatica: in Cile, il coefficiente di Gini, che misura le disuguaglianze, arriva allo 0,54, contro lo 0,38 in media dei paesi dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), di cui il Cile fa parte dal 2010 *(2). In causa, anche le scelte economiche. L'economia si basa sullo sfruttamento delle risorse naturali, a cominciare dal rame, di cui il Cile è primo produttore mondiale. Questa produzione dipende per tre quarti dalle compagnie private, molte delle quali sono straniere e esportano i loro profitti. Ma il settore minerario resta privilegiato. Così, il fratello di Pifiera, José, ministro del lavoro sotto la dittatura, aveva elaborato negli anni '80 una legge organica costituzionale sulle miniere: ancora in vigore, prevede che in caso di nazionalizzazione si deve pagare all'investitore i «valori attuali» di tutti i ricavi accumulati fino all'estinzione della risorsa minerale - una somma proibitiva. «In qualche modo - osserva l'economista Marcel Claude - la legge considera che il rame appartiene all'impresa che lo sfrutta, non al Cile.» Nel 1992, una legge sulla fiscalità ha ulteriormente favorito le imprese minerarie, per attirare gli investitori stranieri. A tal punto che, «fra //1993 e il 2003, le imprese straniere non hanno pagato un dollaro di tasse sui loro profitti», aggiunge. «Dopo il 2003, l'aumento dei corsi del rame le ha indotte a versarne, ma mentre Code/co, l'impresa pubblica, fornisce il 27% della produzione e paga 6,8 miliardi di dollari al fisco, ossia ben più dei 5,5 miliardi sborsati dalle imprese minerarie straniere, che forniscono il 73% della produzione». Inoltre, i vincoli ambientali sono minimi. E i rifiuti e i residui minerari creano gravi problemi di inquinamento. Dietro l'istruzione, è quindi il sistema economico cileno che viene contestato dal popolo. E, nello slancio, il movimento fa tremare anche il sistema politico. Di fatto, precisa Sohr, «gli studenti chiedono istruzione gratuita, ma lo stato risponde che non ci sono soldi a sufficienza. E loro rispondono che bisogna aumentare le tasse. Ma il il governo si trincera dietro il fatto che la Costituzione non lo consente. "E allora scriviamone un'altra!", dicono gli studenti». «Una situazione senza ritorno» LA COSTITUZIONE imposta nel 1980 durante la dittatura, non è stata abolita nel '90 quando i governi della Concertacion, che unisce in un'alleanza di centrosinistra i cristiano-democratici, i socialisti e i socialdemocratici, hanno ricominciato a esercitare il potere. È concepita'in modo da impedire ogni trasformazione reale dell'eredità politica ed economica dell'era Pinochet Da una parte, le leggi organiche richiedono una maggioranza parlamentare di quattro settimi per essere modificate o abrogate. Dall'altra, il sistema elettorale definito dalla Costituzione per il Parlamento è una formula binominale contorta per cui la capolista del partito che arriva in seconda posi­zione ottiene un mandato, anche se i due primi candidati della lista arrivata prima raccolgono ognuno più voti. Il meccanismo, concepito per garantire il predominio in Parlamento dei partiti di destra usciti dalla dittatura, ha obbligato le formazioni della Concertacion a unirsi malgrado le loro differenze. «La maggioranza culturale è più forte di quella politica - afferma Marco Enrìquez-Ominami, un candidato-sorpresa della sinistra che ha totalizzato il 20% dei voti alle presidenziali del 2009. Ma il sistema elettorale è bloccato. Per cambiare davvero, bisogna avere J'80% dei voti. Pinochet ha fatto un buon lavoro...» Guido Girardi, a sinistra nella Concertacion, e presidente del Senato, spiega: «La Concertacion è come se, in Germania, cristiano-democratici e socialdemocratici fossero obbligati a stare costantemente insieme. Molti dei suoi membri aderiscono all'ideologia neoliberista. Questo porta all'immobilismo, e non si può trovare una via d'uscita alle crisi». Così, dopo il 1990, la Concertacion ha continuato la politica economica della dittatura. Tutto è avvenuto come se, per assicurare la transizione e evitare la benché minima tentazione di un ritorno dei militari, la coalizione avesse scambiato la liberalizzazione politica contro il mantenimento degli interessi economici dominanti. «Il Cile è stato il laboratorio del neoliberismo - afferma Girardi. La sinistra, come dappertutto, ma ancora più che altrove, vi si è adagiata». In ogni modo, il sistema politico perde la sua legittimità, come mostra il livello di astensione sempre più elevato: la partecipazione elettorale è ormai solo del 62%, contro il 95% nel 1990 *(3). Questa situazione rende difficile l'evoluzione del movimento sociale, che non trova rappresentanza politica alle sue domande di cambiamento. Ma fino a dove vuole arriva Lo sciopero generale del 24 e 25 agosto non avuto il successo previsto. Le manifestazioni di nuovo massicce, sono state tuttavia represse dalla polizia, le cui pallottole hanno ucciso un adolescente di 16 anni, Manuel Gutién Lo sdegno suscitato da questo atto ha portato al siluramento del generale Sergio Gajardc capo della polizia nella regione di Santiago, < aveva coperto l'assassinio. In seguito a questo dramma (e all'incidente aereo del 2 settembre il movimento sociale ha cercato di ritrovare metà settembre, un nuovo slancio. Secondo Enrìquez-Ominami, «le persone piazza sono cittadini ma anche consumati Non vogliono la rottura». In mancanza di partito politico capace di trasmettere la rieri sta popolare al campo istituzionale e di forzi una riforma della Costituzione, il Cile si ritrc così in mezzo al guado. «La situazione è set ritorno, una porta s'è aperta - afferma Girai Se non cambia niente oggi, cambierà domi Tutto questo è l'espressione di un fenome più grande, più profondo, che avviene a li lo di tutta l'umanità: viviamo una crisi profonda del neoliberismo, dell'individualismo sfrena del mercato». di HERVÉ KEN * (1) Si legga Vietar de La Fuente, “Cile, il sogno di Allende a portata di mano”, Le Monde diplomatique/il manifesto, settembre 2011. (2) II coefficiente di Gini permette di misurare il grado di suguaglianza nella distribuzione della ricchezza per i data popolazione. Varia da O a 1, il valore O corrispoi all'uguaglianza perfetta, il valore 1 alla disuguaglia estrema (3) Juan Jorge Faundes, «Democracia representatlv Punto Fina!, Santiago (Cile), settembre 2011. (Traduzione di E. G.) Le Monde Diplomatique  

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