9318 Ulivo, tavoli a tre gambe. PD verso la spaccatura? La forza della crisi agisce sui fragili equilibri

20111005 12:53:00 redazione-IT

[b]di Daniela Preziosi[/b]
«I tavoli sul programma del Nuovo Ulivo vanno avanti? Certo, ci portiamo avanti il lavoro. Quelli con l’Udc non ci sono per il semplice fatto che non riusciamo a farli sedere intorno a un tavolo. Ma prima o poi dovrà farlo». Per Nico Stumpo, quarantenne bersaniano della segreteria Pd, dentro il Pd sulle alleanze non c’è nessun problema. «Abbiamo fatto una direzione un po’ mossa, ma alla fine la linea è sempre quella. L’alleanza con l’Udc dobbiamo provare a farla, se pensiamo che la prossima legislatura sia costituente. Quella con Idv e Sel è già più avanti. Vediamo come va. Il Pd si propone di essere l’asse di unione fra queste due aree».
I tavoli per «dare una prima sgrossatura al programma del Nuovo Ulivo» (parola di Bersani), proseguono. Nonostante la maretta alla direzione di lunedì, dove Bersani, pur senza un voto, si è ritrovato in minoranza sulle alleanze e sul governo di transizione. Franceschini, Marini, Letta (aree diverse ma tutte con la maggioranza bersaniana) e Veltroni, Fioroni e Gentiloni (Modem, l’opposizione interna) sono per gli accordi al centro e per un governo di responsabilità.

D’Alema alla riunione non c’era, ma il suo ex braccio destro Latorre, per il voto anticipato, ha fatto sapere che il suo ex capocorrente ora «la pensa molto diversamente».
I tecnici ulivisti si sono divisi in tre gruppi: lavoro, economia, welfare e finanza; democrazia, riforme istituzionali e diritti; Unione europea e politica estera. Incontri ogni due settimane, massima riservatezza. Ieri si è riunito il tavolo sul lavoro, che Bersani ha indicato come cruciale: «Si parte dagli accordi del 28 giugno (quelli fra sindacati e Confindustria, ndr) e sui fondamentali per la ricostruzione dell’Italia». Ogni partito schiera i suoi: Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, per l’Idv Maurizio Zipponi , già segretario della Fiom di Brescia, per Sel Betty Leone, già segretaria Spi-Cgil.

«Puntiamo a trovare cinque, dieci temi comuni, un programma di dieci pagine per dire cosa faremo nei primi cento giorni e cosa dopo», spiega Zipponi. «Saranno i fondamentali, non faremo un pacchetto chiuso, sarà la partecipazione ad arricchirlo e a renderlo praticabile. Ma le persone debbono sapere se abbatteremo la spesa sugli armamenti e punteremo sull’energia rinnovabile per fare impresa. Il punto è essere sinceri: chiunque andrà al governo dovrà rispettare certe regole, ma anche favorire un nuovo equilibrio sociale, dire come e distribuirà la ricchezza. Roba da far tremare i polsi».
E da far saltare i fragili equilibri del Pd. Alla direzione è andato in scena lo scontro proprio fra Fassina, per il quale le ricette della Bce «sono inique e irresponsabili», e Enrico Letta, numero due del partito, di tutt’altra opinione. E alla fine Bersani sembra pendere per la prima volta più dal lato Letta, cioè il lato destro. Fassina nega: «Bersani nelle conclusioni ha detto: quando saremo al governo, le ricette con cui risanare i nostri conti le decideremo noi. E quello che penso anch’io».

«Bersani è un pragmatico», tenta l’interpretazione Vincenzo Vita, della sinistra Pd. «È il suo pregio e il suo difetto. Vuole fare una coalizione con dentro tutti, e ci crede sinceramente. Oggi il suo baricentro oscilla sul lato moderato, ma voglio augurarmi che sia una scelta tattica. Io c’ero alla festa dell’Idv di Vasto», dove c’è stato il primo dibattito sul Nuovo Ulivo fra Bersani Di Pietro e Vendola, «c’ero a piazza Navona alla manifestazione di Sel e sarò il 5 novembre a quella del mio Pd. Assicuro che questi tre popoli si assomigliano, allontanarli è contro natura».
Intanto però, dopo quel di Vasto, i loro tre leader faticano a riavvicinarsi. In senso fisico. Lo sa l’entourage di Di Pietro che da giorni dà la caccia a Bersani per concordare una data per il comizio a favore del candidato alle regionali del Molise, sostenuto da un’alleanza dal Pd al Prc. L’Udc sta con il Pdl per Angelo Iorio, un berluschino così impresentabile che Fli ha ritirato il simbolo. Al comizio comune Vendola ha detto sì. Bersani per ora non pervenuto. E il tempo stringe, si vota il 16 ottobre. Il guaio è che se Bersani si fa vedere di nuovo su un palco con Vendola e Di Pietro, nonostante l’ottima ragione del sostegno al candidato unitario, i centristi Pd che hanno criticato la «foto di Vasto» grideranno alla provocazione.

«Non c’è nessun cambio di linea», giura Stumpo. E però intorno ai tavolo c’è già chi ha l’impressione di un rallentamento. Anche perché non c’è solo la maretta nel Pd. C’è anche quella in Sel: Fausto Bertinotti, leader storico dell’area ereditata da Vendola, si è dichiarato contro gli accordi con il centrosinistra accusato di inemendabile compatibilità con il modello economico liberista. «Menomale che Fausto ha posto questo problema prima, e non dopo le elezioni, pensa che cosa poteva succedere», commenta Zipponi. «Comunque pone una domanda giusta. Io ho imparato dagli operai che si deve stare nei punti del cambiamento. Ma certo Sel deve rifletterci presto». Per ora nessuno apertamente ha rinfacciato nulla apertamente a Bersani. Ma lunedì, fuori dalla direzione il veltroniano Walter Verini titubava sulle alleanze a sinistra: «Sono frettolose. E con partiti che non hanno ancora risolto i loro problemi interni». (Senti chi parla ! ndr).

http://www.ilmanifesto.it/archivi/fuoripagina/anno/2011/mese/10/articolo/5482/

 

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