9301 ITALIA: AL VIA LA GRANDE SVENDITA DEL PATRIMONIO PUBBLICO

20110929 22:42:00 redazione-IT

[b]Con il seminario odierno organizzato dal Ministero del Tesoro, parte la grande operazione di svendita del patrimonio pubblico italiano.

Pur di non toccare il patrimonio privato dei ricchi e della rendita (evitare l’imposta patrimoniale ad ogni costo) costituito in grande parte attraverso evasione fiscale, elusione e economia criminale, lo Stato si accinge a mettere sul mercato 1.800 miliardi di patrimonio, di cui, come si evince da ciò che è stato illustrato oggi, 700 miliardi sono immediatamente cedibili nei prossimi mesi ed anni. Oltre al patrimonio immobiliare, si tratta di vendere le quote delle aziende partecipate, tra cui quelle delle imprese strategiche del paese (Enel Eni, Finmeccanica, ecc., che sono particolarmente ambite).
Vale la pena ricordare e sottolineare che si tratta di patrimonio pubblico, cioè di tutti. Un patrimonio costruito dal lavoro di 150 anni di generazioni di italiani.

Nel giorno in cui viene resa nota la lettera segreta della BCE (Draghi e Trichet) che imponeva il suo diktat all’Italia di Berlusconi, indicando una per una le cose che si dovevano fare (parte delle quali incluse nella mega manovra di settembre), oggi, si passa al secondo atto, quello più atteso dai "mercati" (leggi grandi banche e grandi fondi di investimento -ndr) desiderosi essenzialmente di beni fisici reali da aquisire a poco prezzo e con cui sostituire gli assets costituiti dall’enorme ammontare di carta straccia (junk bonds, titoli derivati inesigibili o il cui valore è crollato a causa dell’esplosione della bolla dell’indebitamento).

Con questo passaggio vengono esaudite le indicazioni della seconda parte della missiva di BCE. Poi, ci si concentrerà in modo ancora più pressante su ciò che resta del welfare (pensioni e sanità) e parallelamente sulla distruzione dei diritti residui del mondo del lavoro per rilanciare "la competitività delle imprese e del sistema paese"….
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Un paese che, nella sua grande maggioranza è già oggi praticaente sul lastrico, mentre i responsabili economici e politici del debito navigano a gonfie vele insieme alle elites finanziarie globali.

Il governo Berlusconi deve andare a casa essenzialmente per aver accettato questo diktat esterno e per averlo fatto peggiorando le condizioni di esistenza della maggior parte della popolazione. E ogni futuro governo deve aver chiaro che la strada non può in alcun caso essere questa.

Bisogna esigere nuove elezioni e una nuova maggioranza che sappia riconquistare non la credibilità verso i mercati, ma verso la maggioranza gli italiani. Rifletta bene l’opposizione di centro sinistra su quali sono le concrete esigenze di almeno 40 milioni di italiani.

O si pensa che siano accettabili questi veri e propri crimini contro l’umanità e contro la democrazia? E’ accettabile che il 10% di popolazione che possiede il 50% delle ricchezze italiane non paghi praticamente nulla e si tiri fuori?

Non è accettabile. Lo comprende chiunque. Speriamo lo comprendano rapidamente coloro che si accingono a succedere a Berlusconi.

Per fare in modo che questa comprensione sia rapida e compiuta, bisogna opporsi in ogni modo a questo massacro sociale. Bisogna sostenere che il pagamento del debito vada a carico di chi ha speculato e si è arricchito in modo abnorme in particolare negli ultimi 30 anni, quelli del neoliberismo, che hanno visto la riduzione massiccia dei redditi reali e del potere di acquisto dei salari.

Bisogna imporre una patrimoniale secca del 5-10% e il recupero coatto dei beni derivanti da evasione fiscale, e da economia criminale. Va liberalizzato l’uso delle droghe che vanno poste sotto il monopolio pubblico (è il settore di punta delle mafie). Vanno ridotte drasticamente le spese militari. Va imposta una tassa di solidarietà progressiva e permanente ai redditi oltre i 70/80.000 Euro, almeno finchè il debito non torni a livelli sostenibili (lo ha fatto la Germania per anni per sostenere il processo di riunificazione, perchè non dovremmo farlo noi italiani ?).
Si possono aggiungere molte altre giuste e necessarie misure di riequilibrio e ridistribuzione.

[u]L’obiettivo centrale della battaglia che si apre è che la partita di giro del debito sia gestita all’interno delle classi sociali nazionali e internazionali che lo hanno determinato.[/u] Solo in questo modo i prossimi decenni saranno socialmente e civilmente sostenibili.

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(R.R.)

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[b]"Subito 25-30 miliardi di incasso dalla vendita di immobili pubblici"[/b]
(da La Repubblica)

Tremonti annuncia la "grande riforma strutturale per la riduzione del debito". Passa dalla "valorizzazione" del patrimonio, ma nell’immediato si traduce nella cessione ai privati di un 5-10% di beni statali "solidi": "Con il piano a regime il deficit scenderà di 8 miliardi l’anno"
"Subito 25-30 miliardi di incasso dalla vendita di immobili pubblici" Un momento del seminario sul patrimonio pubblico ROMA – Dalle cessioni di immobili pubblici si possono ricavare rapidamente, per la riduzione del debito, 25-30 miliardi di euro, mentre altri 10 miliardi possono venire dalla cessione dei diritti di emissione Co2. E’ quanto si legge nelle slide presentate nel corso del seminario al Tesoro sulla valorizzazione del patrimonio pubblico. Secondo le stime del Tesoro, inoltre, il piano di valorizzazione del patrimonio pubblico garantirà a regime, dal 2020, una riduzione annua del deficit di 9,8 miliardi.

"Questo è il primo di una serie di incontri: oggi facciamo l’inventario del patrimonio, gli altri saranno più operativi". E’ quanto ha detto il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti: "Con oggi – ha aggiunto il ministro – prende avvio una grande riforma strutturale per la riduzione del debito e per la modernizzazione e la crescita del Paese". Al seminario erano presenti ministri e tecnici dello stato e il gotha delle grandi partecipate, del settore privato immobiliare, del credito e delle imprese.

La gestione del piano del Tesoro sarà affidata a una nuova Società di gestione del risparmio (Sgr) che sarà costituita a gennaio 2012 e diventerà operativa una volta ottenute le autorizzazioni della Banca d’Italia. La Sgr avrà due linee di azione: una ad alto rendimento che renderà disponibili agli enti territoriali i capitali e le competenze per avviare le operazioni insieme al mercato; la seconda a basso rendimento per operazioni di sviluppo del territorio poco appetibili
per il mercato a causa dei rendimenti bassi. Ci sarà poi un fondo nazionale con 3 diverse linee di investimento: le locazioni passive delle pubbliche amministrazioni, concessioni (beni e infrastrutture), valorizzazzioni dei beni degli enti territoriali.

Il capoeconomista della Cassa depositi e prestiti, Edoardo Reviglio, relatore al seminario, ha spiegato che il valore totale del patrimonio pubblico ammonta a circa 1.800 miliardi, 700 dei quali sarebbero "immediatamente valorizzabili". Secondo Reviglio, sono 4 le aree sulle quali si può agire: crediti, concessioni, immobili e partecipazioni. "Su questi asset – ha detto – si possono fare subito valorizzazioni". La parte immobiliare, ha aggiunto il relatore, vale 500 miliardi e "si può vendere il 5-10%", incassando quindi 25-50 miliardi da qui ai prossimi anni. "Non è che la restante parte del patrimonio pubblico non sia valorizzabile – ha spiegato Reviglio – ma ora ci concentriamo su questi 700 miliardi".

Il sottosegretario Guido Crosetto, lasciando il seminario, ha sottolineato come il debito pubblico italiano e l’attivo dello stato siano quasi complementari: "Se questo paese ha debiti per oltre 1.900 miliardi – ha detto Crosetto – ha una cifra quasi pari di attivo che comprende immobili, partecipazioni, crediti e concessioni e di questo attivo una parte consistente è vendibile".

Dai dati esposti risulta inoltre che le partecipazioni dello Stato nelle società valgono 44,868 miliardi di euro. Per le società quotate (Enel, Finmeccanica ed Eni) il valore totale della quota è di 17,342 miliardi. Il valore totale delle società non quotate è di 27,526 miliardi. Nella stima non sono incluse le partecipazioni in società quotate detenute indirettamente tramite la Cassa depositi e prestiti. Il numero delle società partecipate, dirette e controllate è salito da 10.620 del 2003 a 13.111 nel 2009. Secondo i dati del Tesoro, le partecipate nel 2009 erano 5.512, le partecipate dirette 3.998 e le controllate 3.601.

A proposito di società partecipate dallo Stato, le slide presentate al seminario hanno dimostrato come esse abbiano un rendimento inferiore rispetto a quello medio delle società private attive negli stessi settori. La causa, è detto, è legata anche all’assetto organizzativo, con una proliferazione di partecipazioni. E questo porta a una "distruzione" di valore e "impone una strategia duplice: contenere i costi delle partecipate e prepararle al mercato", perché "la maggiore dimensione consente l’accesso al mercato dei capitali e aumenta la visibilità verso gli investitori".

 

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