CRISI Volkswagen: Cavallo, l’italiana che guida il sindacato di fabbrica

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Cavallo, l’italiana che guida il sindacato in Volkswagen. Vendite giù di 500 mila auto Il negoziato sulla prima chiusura di una fabbrica in Germania

 

“C’è un’italiana, che parla calabrese, a gestire la grande crisi e lo scontro nella Volkswagen, che forse per la prima volta nella sua storia dovrà chiudere uno stabilimento in Germania.” Così esordisce l’articolo a firma di Mara Gergolet sul Corriere della sera del 5/9/2024, in riferimento alla crisi del grande gruppo automobilistico tedesca che intenderebbe chiudere due stabilimenti in Germania. L’articolo, così prosegue, illustrando la figura di Daniela Cavallo, presidente del consiglio di fabbrica della Volkswagen, figlia di operai italiani emigrati a Wolfsbug, la cittadina della Bassa Sassonia, nel nord del paese, costruita dagli italiani fin dagli anni ’30 del ‘900 e che hanno continuato a costituire la maggiore comunità straniera residente, in gran parte occupata proprio nella grande fabbrica di produzione automobilistica.

“Si chiama Daniela Cavallo, 49 anni, è la presidente del consiglio di fabbrica, ossia la rappresentante dei suoi 600.000 dipendenti. La più importante e potente sindacalista della Germania. Al ceo Oliver Blume, che nei giorni scorsi ha annunciato che l’azienda toglierà le garanzie per i posti di lavoro dei 110 mila dipendenti tedeschi ha risposto: «Il consiglio di amministrazione ha fallito. La conseguenza è un attacco ai nostri posti di lavoro, sedi e contratti collettivi.

Con me non ci saranno chiusure di stabilimenti!». Quella della Volkswagen è una crisi delicatissima, perché Vw è il primo datore di lavoro in Germania. E mostra le difficoltà di tutto il settore nella transizione all’auto elettrica.

Daniela Cavallo, però, rappresenta anche una straordinaria storia di successo e di riscatto. Di parlare calabrese e non italiano, l’ha detto lei scherzando in un’intervista al direttore della Zeit Giovanni Di Lorenzo — altro italiano ai vertici in Germania, forse il giornalista più rispettato del Paese — quando fu nominata. Figlia di un Gastarbeiter che arrivò a Wolfsburg con la prima ondata di immigrati stranieri, quando il governo Adenauer firmò i contratti collettivi con l’Italia e la Turchia, è entrata nella stessa azienda del padre. Ha raccontato: «Mio padre diceva sempre: Vw è il miglior datore di lavoro della regione. Se riesci a ottenere un posto di apprendistato in fabbrica, hai un futuro sicuro». Quei posti sicuri non lo sono più.
Cavallo ha scalato le vette, diplomandosi in economia aziendale mentre lavorava.

Nei primi anni 2000 già aveva un ruolo nel sindacato, notata dal capo Bernd Osterloh. È stata la prima consigliera a prendersi il congedo tra il 2004 e il 2008 quando sono nati i suoi due figli. Salvo poi tornare e ripartire. Fino a prendere nel 2021, a 46 anni, l’eredità del suo mentore, il potentissimo Osterloh che è stato l’ultimo sindacalista ad aver iniziato alle catene di montaggio. Cavallo no, ha sempre lavorato nell’amministrazione. Di lei si è scritto che è più diplomatica di Osterloh, ma altrettanto decisa.

Il ruolo che ricopre è molto delicato in un’azienda come la Volkswagen, dove vige la Mitbestimmung, la codecisione, e la rappresentanza dei lavoratori ha una parola decisiva su tante questioni. Non solo salari o turni, ma anche le svolte strategiche e le ristrutturazioni. Altra particolarità, il Land della Bassa-Sassonia ha il 20% delle azioni, e quindi i problemi della Volkswagen diventano per forza anche questioni politiche.

Saranno mesi duri. Ieri a Wolfsburg, nel salone gremito e con i maxischermi fuori dalla fabbrica, ha parlato il direttore finanziario, Arno Antlitz. Ha detto che «abbiamo un anno o due di tempo» per raddrizzare le cose. Che non si può andare avanti a lungo così, spendendo più di quanto entra in cassa. Ha presentato un quadro fosco. Prima del Covid, ha detto, si vendevano in Europa 16 milioni di macchine, dopo si è scesi a 12 per risalire a 14. «Due milioni di macchine però sono andate perse», non ritorneranno, e siccome la VW ha in mano il 25% del mercato europeo, «vuol dire che vendiamo mezzo milione di macchine in meno». Sono questi i contorni di una battaglia epica, forse anche epocale. Lei ieri ha risposto: «Opporremo una feroce resistenza».”

 

 

FONTE: Il Corriere della sera del 5/9/2024

 

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