Anche a Reggio Emilia ricordata la strage di Marcinelle

Sabato scorso si è tenuta al Parco della Pace di Reggio Emilia la cerimonia promossa da Filef Reggio Emilia, in collaborazione con il Comune e con le organizzazioni sindacali, per ricordare la strage di lavoratori avvenuta l’8 agosto del 1956 nella miniera di carbone a Marcinelle, in Belgio, e più i generale tutti gli uomini e le donne che hanno perso la vita sul lavoro, in Italia e all’estero. Di seguito, pubblichiamo l’intervento di Gianfranco Giorgini, in rappresentanza di Filef.
Buon pomeriggio a tutti e benvenuti. Vorrei iniziare ringraziandovi di cuore per la vostra presenza a questa cerimonia, organizzata con dedizione da Filef Reggio Emilia grazie all’iniziativa, attivata nel 2001, del suo fondatore, Dante Bigliardi, per ricordare la tragedia di Marcinelle. La vostra partecipazione dimostra il profondo rispetto per il passato e il vostro impegno verso un futuro migliore. La vostra presenza è un segno di speranza e determinazione.
Un sincero ringraziamento va anche ai rappresentanti dell’Amministrazione comunale, dell’Anpi e delle organizzazioni sindacali, che ogni anno collaborano con Filef per promuovere questo incontro, rendendo omaggio a chi ha sacrificato la propria vita nel duro lavoro minerario.
L’8 agosto 1956, al Bois du Cazier di Marcinelle, nel bacino carbonifero di Charleroi, in Belgio, si consumò una delle tragedie più dolorose della nostra storia. Quella mattina, 274 minatori erano scesi nelle profondità della terra, fino a 1.035 metri sotto la superficie, per affrontare un turno di otto ore estenuanti. Dopo solo mezz’ora dall’inizio del turno, un carrello si incastrò nel montacarichi, causando un incendio devastante che si propagò rapidamente, alimentato dall’olio e dall’elettricità. Il bilancio finale fu spaventoso: 272 vite spezzate, tra cui 136 italiani,95 belgi,8 polacchi,6 greci,6 tedeschi,3 algerini, 3unghresi 2 francesi, 1 inglese,1olandese,1 russo, 1ucraino.
Le 12 nazionalità delle vittime ci offrono un quadro fedele della varietà delle presenza in quei luoghi di lavoro e ci ricordano che Marcinelle non è solo una tragedia italiana, ma una ferita europea, una tragedia collettiva che coinvolgeva giovani lavoratori provenienti da tutta Europa, richiamati dalla necessità di ricostruire le loro vite e il continente dopo la devastazione della guerra. Questa tragedia è diventata un simbolo della lotta per la sicurezza e la dignità del lavoro, battaglie che, purtroppo, non sono ancora state vinte completamente. L’accordo “uomini-carbone” del 1946, firmato tra il premier Alcide de Gasperi e il governo belga, rappresentava una forma precoce di cooperazione europea, in cui l’Italia forniva manodopera in cambio di carbone per alimentare la ricostruzione post-bellica.
Tuttavia, le condizioni di lavoro erano ancora a livelli disumani, ricordandoci che la sicurezza sul lavoro non può mai essere sacrificata sull’altare del progresso economico. Marcinelle non è solo un ricordo doloroso, ma un monito. È stata la prima tragedia nazionale per la giovane Repubblica italiana, e allo stesso tempo, la prima grande sciagura collettiva dell’Europa post-bellica. Quella “Vecchia Europa” che cercava di risollevarsi dal conflitto, iniziava a immaginare una nuova fraternità basata su valori comuni come l’emigrazione, il lavoro, la sicurezza e la dignità. Il Bois du Cazier, oggi Patrimonio dell’Umanità, è un luogo di memoria che ci richiama costantemente a queste riflessioni.
Ogni anno, celebriamo le vittime di Marcinelle, rendendo omaggio ai lavoratori italiani all’estero e rinnovando il nostro impegno per garantire ambienti di lavoro sicuri e dignitosi. L’8 agosto, dal 2001, è la Giornata del Sacrificio del Lavoro Italiano nel Mondo, istituita per non dimenticare. È un’occasione per riflettere sulla necessità di continuare a lottare per i valori fondanti della nostra Europa unita.
Quasi settant’anni ci separano da Marcinelle, e sebbene siano stati fatti progressi significativi, con una legislazione avanzata che ha ridotto il numero di morti e infortuni sul lavoro, la strada da percorrere è ancora lunga. Purtroppo, continuano a verificarsi tragedie che ci ricordano quanto sia fragile la sicurezza sul lavoro. Penso a casi come quello di Satman Singh, il cittadino indiano morto a Latina, scaricato agonizzante come un rifiuto dal suo datore di lavoro davanti al cancello di casa, con il braccio amputato dentro una cassetta di frutta. Una storia sconvolgente e drammatica, che scosse le coscienza di tutti noi. Storia che ci colpisce e ci indigna, rivelando quanto ancora ci sia da fare per eliminare il caporalato, lo sfruttamento e le violazioni delle norme di sicurezza. La tragedia di Marcinelle ci insegna anche una lezione fondamentale sul fenomeno migratorio, una delle principali sfide dei nostri tempi. Lavoratori migranti come quelli che perirono a Marcinelle continuano a contribuire in modo determinante all’economia europea, ma spesso a caro prezzo, lavorando in condizioni degradanti e senza adeguate tutele. Dobbiamo affrontare questa sfida con responsabilità e un rinnovato spirito di solidarietà. È essenziale garantire diritti, sicurezza e integrazione ai lavoratori migranti, perché il loro contributo è fondamentale per la nostra società.
Ma non possiamo fermarci alle parole. È necessario che la politica prenda impegni concreti e li mantenga. Troppe volte abbiamo visto indignazione pubblica che svanisce senza azioni risolutive, lasciando irrisolti i problemi strutturali e minando la fiducia nelle istituzioni. Serve un impegno collettivo e non conflittuale, perché la dignità umana non può essere negoziata. Riconosciamo le criticità legate al lavoro emigrato: l’irregolarità dei flussi, il lavoro sommerso, la mancanza di tutela dei diritti e i rischi per la salute e la sicurezza. Questi problemi richiedono un intervento deciso da parte dell’Europa, con una distribuzione equa delle responsabilità tra i paesi membri. Mi auguro che l’8 agosto diventi non solo la Giornata del Sacrificio del Lavoro Italiano nel Mondo, ma anche una giornata europea di riflessione e impegno per una nuova coscienza comune. Dobbiamo investire nella formazione, a partire dalle scuole, per costruire una cultura della sicurezza che accompagni i giovani fino al mondo del lavoro. Solo formando le nuove generazioni possiamo sperare in un cambiamento duraturo. Concludo dicendo che noi, come comunità, non possiamo permetterci di abbandonare questo impegno. La nostra resilienza è la forza che ci spinge a non arrenderci, a continuare a lottare per un futuro migliore. È nella speranza di un cambiamento concreto, radicato nell’azione collettiva, che risiede il nostro impegno. Solo così possiamo onorare davvero la memoria delle vittime e costruire una società più giusta e sicura per tutti. E noi continueremo a ricordare il passato, impegnandoci con determinazione per un futuro di dignità e sicurezza per tutti i lavoratori.

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