Quando gli immigrati da respingere erano gli italiani

Tra Accoglienza e Pregiudizio, Emigrazione e immigrazione nella storia dell’ultimo secolo: da Sacco e Vanzetti a Jerry Essan Masslo, pubblicato nella collana studi e ricerche della Fondazione Giorgio Amendola, è un volume che raccoglie anni di studio da parte di diversi membri del Comitato scientifico della Fondazione sul tema dell’emigrazione e dell’immigrazione. Un tema che negli ultimi anni ha assunto una prominenza spropositata nel dibattito pubblico italiano, dominato dall’irrazionalità e dall’allarmismo: due aspetti ricorrenti anche nella complessa vicenda emigratoria italiana e che hanno contribuito in maniera drammatica alla tragica conclusione dei due nostri connazionali, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, giustiziati a Charlestown il 23 agosto 1927.

L’Italia infatti è l’appendice mediterranea dell’Europa, un promontorio asiatico dall’assai vago perimetro geografico. La sua collocazione fisica ne fa un naturale punto d’incontro tra culture, genti, tradizioni, lingue, perfino conflitti scatenati per regolare conti e definire equilibri di potenza. Per tutte queste ragioni, l’Italia è un luogo di mescolanza e meticciato inestricabile, inevitabile, sempre prezioso. Un luogo di partenze, di arrivi, poiché gli italiani viaggiano da prim’ancora che l’Italia esistesse, quando gli si apparteneva semplicemente approdando sulle sue coste: magari in fuga dalla Turchia, da Troia in fiamme e con il padre Anchise sulle spalle, passando per l’ospitalità di una principessa tunisina.

Noi siamo questo. Lo siamo sempre stati. Anche quando, sul finire del XIX secolo, in milioni ci siamo riversati nelle Americhe alla ricerca di fortuna o, decenni più tardi, abbandonavano le campagne del Sud per incontrare la catena di montaggio tra Genova, Milano e Torino. Non abbiamo smesso di esserlo quando, diventati un Paese ricco e industrialmente avanzato, centinaia di migliaia di migranti hanno iniziato a guardare all’Italia come i nostri nonni e padri guardavano al porto di New York, alle banchine di Ellis Island, alla Svizzera, alla Germania o ai cancelli di Mirafiori. La tragedia vera, a cui cerchiamo di porre rimedio raccontando le esperienze dei nostri connazionali emigrati, è che spesso il nostro Paese riserva agli immigrati il terribile trattamento subito dai nostri bisnonni e dai nostri nonni emigrati. Con gli stessi pregiudizi, gli stessi sospetti, le stesse ingiustizie.

Questo libro nasce dunque per riflettere sulla drammatica vicenda di Sacco e Vanzetti, usandola come un pretesto per raccontare questa storia più complessa e larga: la vicenda di un Paese denso di problemi e contrasti, ma da sempre un luogo del dialogo e del confronto, dei benvenuti e degli addii. La migrazione, con buona pace dei vecchi e nuovi costruttori di mura, è uno dei principali elementi costitutivi dell’identità nazionale italiana, se non addirittura il principale contributo per la costruzione di un’Europa finalmente unita e pacificata.

Tutto è iniziato da una mostra promossa dalla Fondazione Giorgio Amendola per rammentare i novant’anni dalla sedia elettrica di Charlestown, usando soprattutto i materiali tratti dagli archivi della Boston public library (Fondo Aldino Felicani, Sacco-Vanzetti Collection 1915-1977). Un manufatto espositivo realizzato con grande passione civile e che ha girato l’Italia anche grazie al sostegno dei consigli delle Regioni che hanno dato i natali a Sacco e Vanzetti (la Puglia e il Piemonte), che ha sollecitato dibattiti, studi, approfondimenti, ricerche, relazioni: il saggio introduttivo a mia cura, quello di Lorenzo Tibaldo dedicato al rapporto tra il fascismo e il processo, l’analisi sull’ambiguo rapporto tra razza e identificazione etnica di Augusto Ferraiuolo (lecturer e visiting scholar presso la Boston University), gli studi sul Rhode Island di Caterina Sabino, l’intreccio tra vecchie e nuove migrazioni proposto a Torino da Eugenio Marino, l’intervento svolto a Bari da Vito Antonio Leuzzi. Un bagaglio di conoscenze e di riflessioni arricchite dagli scritti di Massimilano Amato con la sua analisi sulla vicenda processuale, di Francesco Di Legge sulle Little Italies negli anni 20 e 30 del Novecento, di Joe Moscaritolo della Fitchburg State College and University of Massachusetts e di James Pasto, Master Lecturer presso la Boston University.

È sulla base di questo primo corpo di materiali che s’innestano poi le narrazioni sugli sviluppi successivi, in un Paese come il nostro che cambia pelle, si modernizza, attraversa tragedie, talvolta s’incupisce o riscatta le proprie colpe quando meno te l’aspetti. È il caso dell’articolo di Giuseppe Tirelli con una testimonianza sul campo d’accoglienza italiano di Villa Literno (il primo in Italia, realizzato nell’agosto del 1990), di Alberto Tarozzi e ad Antonio Mancini che aprono lo sguardo sugli odierni (troppo spesso sottaciuti) processi migratori lungo la rotta balcanica, della Flai Cgil che ha autorizzato la pubblicazione della sua indagine sul campo a Borgo Mezzanone (ricavato dall’ultimo Rapporto su agromafie e caporalato). Una indagine che descrive l’esistenza di veri e propri ghetti in cui sono confinati lavoratori stranieri in condizioni che ricordano quella delle campagne dell’800 e fine ‘900 dalle quali scappavano persone come Sacco e Vanzetti, che però ritrovavano – tragicamente – condizioni simili negli Stati Uniti.

Non vuole essere, ovviamente, una riflessione esaustiva e organica, ma solo una sorta di diario di viaggio che offre spunti, prospettive di analisi e di ricerca a partire da punti di vista e con metodologie non sempre omogenee. Quello che tiene insieme gli autori e giustifica il loro progetto è la fede nel confronto, l’apertura al dialogo, la curiosità di fronte al cambiamento, l’ostilità alle idee dei primati e dei sacri egoismi nazionali. Perché vengono prima gli esseri umani, poi le bandiere. Perché abbiamo Riace nel cuore. Perché la nostra patria è il mondo intero. Perché i nostri valori sono quelli della Resistenza e della Costituzione repubblicana.

 

* Il libro “Tra Accoglienza e Pregiudizio” a cura di Giovanni Cerchia verrà presentato giovedì 20 febbraio alle ore 15 a Roma alla Sala conferenze di Palazzo Thedoli, Camera dei Deputati.

Intervengono: Jean René Bilongo (Resp. immigrazione Flai Cgil), Giovanni Cerchia (Università del Molise, Dir. scientifico della Fondazione Amendola), Francesca La Marca (Parlamentare eletta all’estero, Nord America), Norberto Lombardi (esperto di emigrazione italiana e consigliere Cgie), Marco Pacciotti (esperto di immigrazione e componente direzione nazionale Pd), Caterina Sabino (studiosa di storia ed emigrazione italiana), Angela Schirò (Parlamentare eletta all’estero, Europa).
Porterà i saluti istituzionali Andrea Giorgis (sottosegretario alla Giustizia).
Presenta e introduce Domenico Cerabona (Direttore Fondazione Amendola).
Modera Eugenio Marino (Consigliere per le politiche di emigrazione e rapporti con gli italiani nel mondo del ministro per il Sud)

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