
01 – Spari contro delegazione con vice console italiano a Jenin: Israele non vuole testimoni
02 – STATI UNITI. 260.000 dipendenti pubblici lasciano il lavoro a causa di Trump e Musk – Negli Stati Uniti è in corso una silenziosa ma profonda epurazione della pubblica amministrazione
03 – Roberto Ciccarelli*: Il governo nell’«imbuto» del Pnrr: soldi non spesi e non sa perché – Il caso Il ministro agli affari europei Tommaso Foti: «Sto cercando di capire cos’è che non funziona». A un anno dalla scadenza, solo un terzo dei fondi spesi ed è in arrivo una nuova revisione
04 – Marco Bascetta*: Antisemitismo, perché cadono gli alibi del governo israeliano – Buongiorno, notte Per un tempo lunghissimo il timore di essere annoverati tra gli antisemiti ha impedito che si sviluppasse un vasto movimento di opinione pubblica contro gli orrori perpetrati dall’esercito israeliano a Gaza e dai coloni armati in Cisgiordania.
05 – Luca Celada*: Passa la finanziaria Usa, ecco gli spiriti animali trumpisti. American Psycho La Camera dice sì per un voto alla «grande, splendida manovra» fiscale della Casa bianca.
06 – Luca Kocci*: L’affondo di Famiglia Cristiana: «Un eccidio ingiustificabile» La condanna «Un mix mortale di bombe e riduzione alla fame di migliaia di innocenti»
07 – Roberto Ciccarelli*: Emanuele Felice: «Meloni e il declino italiano: un fallimento dell’economia neoliberale» Un’altra economia «Il rapporto annuale dell’Istat registra puntualmente gli effetti delle politiche del governo Meloni e li inserisce in una storia che risale agli anni Novanta.
08 – Alfiero Grandi*: L’avventato disordine del governo su nucleare ed energia, che ne parla ovunque tranne che in parlamento – Nel disprezzo istituzionale del governo si intrecciano due aspetti diversi: sistematicamente vengono ignorati i vincoli istituzionali e i condizionamenti dei poteri costituzionali che bilanciano e debbono controllare il governo, vengono disattese le leggi in vigore, una parentela evidente con Trump.
01 – Spari contro delegazione con vice console italiano a Jenin: Israele non vuole testimoni (*)
Nel pomeriggio di mercoledì 21 maggio, una delegazione composta da 25 ambasciatori e diplomatici di 31 Paesi — tra cui Italia, Canada, Egitto, Giordania e Regno Unito — giornalisti ed esponenti politici dell’Autorità nazionale palestinese, è stata oggetto di colpi d’arma da fuoco mentre visitava il campo profughi di Jenin, su invito dell’Autorità Palestinese. Della delegazione faceva parte anche il vice console italiano a Gerusalemme Alessandro Tutino. Nessuno è rimasto ferito nell’incidente. Il ministro degli esteri, Antonio Tajani, ha fatto sapere di aver convocato l’ambasciatore israeliano in Italia per chiedere spiegazioni.
Secondo la versione dell’esercito israeliano, i soldati hanno sparato colpi di avvertimento dopo che la delegazione avrebbe “deviato dal percorso approvato ed era entrata in un’area in cui non erano autorizzati ad essere”, all’interno di una “zona di combattimento attivo”. I militari hanno dichiarato che l’ingresso del gruppo era stato coordinato in anticipo e che erano state date istruzioni precise per seguire un itinerario concordato. Un video girato dai testimoni mostra che i soldati, seppur in lontananza, mirare verso le persone e non verso l’alto, come invece sostengono.
La versione ufficiale è stata smentita infatti da diversi testimoni oculari. Un diplomatico presente ha affermato: “Eravamo un grande gruppo, almeno 30 persone, tra diplomatici, giornalisti locali e rappresentanti dell’Autorità Palestinese. Ci era stato detto che tutto era stato concordato con l’esercito”. Il diplomatico ha aggiunto che i colpi — almeno sette, secondo alcuni presenti — sono stati esplosi mentre metà del gruppo si stava già allontanando verso le auto, e che non vi era alcuna presenza visibile di soldati sul posto: “La sparatoria è venuta fuori dal nulla. Non abbiamo nemmeno visto un soldato”.
L’episodio non è isolato. Incidenti simili si verificano con preoccupante regolarità a Jenin, dove spesso vengono presi di mira giornalisti, delegazioni ufficiali e semplici visitatori. È lo stesso luogo dove, nel maggio 2022, fu uccisa la giornalista palestinese Shireen Abu Akleh mentre documentava un’operazione militare israeliana, nonostante fosse chiaramente identificabile come membro della stampa.
Il campo profughi e la città di Jenin si trovano in territorio palestinese, nella Cisgiordania occupata. E proprio qui, da mesi, l’esercito israeliano sta portando avanti una campagna sistematica di demolizione di case, arresti massicci e sfollamenti forzati. Il tutto, impedendo la presenza di testimoni, nel tentativo di mantenere sotto silenzio mediatico ciò che accade sul campo. In questo contesto, la presenza di osservatori internazionali è tutt’altro che gradita.
In una nota, l’esercito israeliano ha espresso il proprio “rammarico per l’inconveniente causato” e ha annunciato che il capo dell’amministrazione civile incontrerà i diplomatici coinvolti per discutere i risultati dell’indagine interna.
*(Redazione – Pagine Esteri.)
02 – STATI UNITI. 260.000 dipendenti pubblici lasciano il lavoro a causa di Trump e Musk – Negli Stati Uniti è in corso una silenziosa ma profonda epurazione della pubblica amministrazione. Decine di migliaia di dipendenti federali hanno scelto di dimettersi nel corso degli ultimi mesi, molti dei quali non per volontà propria ma perché spinti ai limiti della resistenza psicologica dalle politiche intimidatorie dell’amministrazione Trump. Una strategia che ha permesso all’ex presidente, tornato alla Casa Bianca, e al miliardario Elon Musk — a capo del Dipartimento per l’efficienza governativa (DOGE) — di ridurre del 12% il personale civile federale senza formalmente licenziare nessuno.
Dal giorno del suo reinsediamento, Trump ha firmato un ordine esecutivo per “snellire” la burocrazia federale, annunciando tagli drastici ai costi e al numero dei dipendenti pubblici. Tuttavia, dopo quattro mesi, i licenziamenti di massa promessi non si sono concretizzati, frenati da numerosi ricorsi legali. Nel frattempo, però, un’altra strategia ha iniziato a produrre effetti: migliaia di lavoratori hanno accettato dimissioni incentivanti, i cosiddetti buyout, o hanno scelto il pensionamento anticipato per sfuggire a un clima di crescente tensione e incertezza.
“Molti di questi dipendenti ritengono di essere stati costretti ad andarsene”, spiega Don Moynihan, professore alla Ford School of Public Policy dell’Università del Michigan. “Non si può parlare di dimissioni volontarie quando ogni giorno ricevi email che ti ricordano che potresti perdere il lavoro e che c’è un incentivo solo se te ne vai subito”. Una pressione psicologica costante, spesso accompagnata da pratiche vessatorie come il ritorno obbligatorio in uffici sovraffollati e la richiesta di svolgere mansioni per cui non si era stati formati.
Tra le agenzie più colpite figurano il Dipartimento per gli Affari dei Veterani, con oltre 80.000 posti a rischio, e il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani, che ne perderà almeno 10.000. Il personale, sempre più ridotto, ha assistito impotente alla fuga di colleghi esperti, aggravando ulteriormente le disfunzioni interne e alimentando un clima di frustrazione e impotenza. “Ti ha capovolto il mondo”, ha detto un lavoratore della Social Security Administration, che ha accettato il secondo buyout. “Mi svegliavo nel cuore della notte, bevevo di più, non riuscivo più ad allenarmi. Era come vivere in un limbo”.
Secondo un’analisi della Reuters, il numero complessivo dei dipendenti civili che hanno lasciato o lasceranno il lavoro entro settembre supera quota 260.000. Di questi, 75.000 hanno accettato il primo round di buyout, mentre non è ancora chiaro quanti abbiano aderito al secondo. In ogni caso, la maggior parte continuerà a ricevere stipendio e benefit fino alla fine dell’anno fiscale, senza obbligo di presentarsi in ufficio.
Per Everett Kelley, presidente dell’American Federation of Government Employees (AFGE), il più grande sindacato del settore con 800.000 iscritti, l’intera operazione rappresenta una forma di “molestia sistematica”. “Il presidente ha autorizzato Musk e il suo team DOGE a insultare e umiliare i lavoratori pubblici. L’obiettivo dichiarato era farli sentire traumatizzati, spingerli a mollare tutto”, ha denunciato. Parole che trovano conferma in dichiarazioni passate di Russ Vought, responsabile del bilancio di Trump, che nel 2023 aveva affermato: “Vogliamo che si sveglino la mattina e non abbiano voglia di andare a lavorare”.
La reazione non si è fatta attendere anche sul piano giudiziario. Il 9 maggio, un giudice federale della California ha sospeso i licenziamenti in 20 agenzie e ordinato il reintegro di numerosi dipendenti. La sentenza ha stabilito che qualsiasi ristrutturazione dell’amministrazione federale deve passare per il Congresso, bloccando temporaneamente i piani dell’esecutivo. Tuttavia, l’amministrazione Trump ha già presentato ricorso, e osservatori temono che, se le corti d’appello dovessero rimuovere gli ostacoli legali, i licenziamenti di massa possano riprendere a ritmo serrato nei prossimi mesi.
A oggi, la Casa Bianca non ha fornito dati ufficiali sulle partenze, né ha risposto alle richieste di commento. Trump e Musk continuano a difendere la loro politica come necessaria per “liberare il governo da inefficienze, sprechi e frodi”.
03 – Roberto Ciccarelli*: IL GOVERNO NELL’«IMBUTO» DEL PNRR: SOLDI NON SPESI E NON SA PERCHÉ – IL CASO: IL MINISTRO AGLI AFFARI EUROPEI TOMMASO FOTI: «STO CERCANDO DI CAPIRE COS’È CHE NON FUNZIONA». A UN ANNO DALLA SCADENZA, SOLO UN TERZO DEI FONDI SPESI ED È IN ARRIVO UNA NUOVA REVISIONE. INCREDIBILE MA VERO (ndr)
«Sto cercando di capire cos’è che non funziona e cosa crea l’imbuto». Lo ha detto ieri il ministro degli Affari Europei Tommaso Foti al Senato a proposito dell’incapacità di spendere i soldi europei del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). L’occasione più importante da decenni per rilanciare l’economia italiana che però si sta rivelando un fallimento che resterà nella storia. Non solo del governo Meloni che ha modificato e pasticciato all’inverosimile il piano, ma anche dei due precedenti Conte 2 e Draghi che lo hanno voluto, e della Commissione Europea che lo ha concepito secondo una logica che, a un anno dalla scadenza del Pnrr, mostra la corda.
PNRR, FOTI MINISTRO ALLA GRANA CHE NON DÀ PACE AL GOVERNO
Secondo il nuovo monitoraggio dell’osservatorio Openpolis, a dicembre scorso sono stati spesi 65 dei 194 miliardi di euro stanziati per il Pnrr, cioè poco più di un terzo. Di fronte a questi dati, ieri Foti ha giocato di nuovo la carta usata negli ultimi due anni e mezzo dal suo governo per confondere le acque e trasformare il Pnrr in un guazzabuglio inestricabile. Foti ha detto che «non pensiamo che il piano sia vincolato alla spesa» ma agli «obiettivi e alle performance» raggiunte. Il governo «vuole raggiungere tutte le missioni e gli obiettivi» anche perché il Pnrr «vuole testare la capacità dei Paesi di sapere raggiungere gli obiettivi in tempi predeterminati».
PNRR, UN FALLIMENTO DI SUCCESSO PREMIATO DA VON DER LEYEN
Il ragionamento di Foti traduce l’assurdità della logica prestazionale fine a se stessa, in fondo condivisa con Bruxelles. Più importante delle opere concretamente realizzate, quelle che influiscono sul Prodotto interno lordo, è la corsa del criceto a raggiungere gli «obiettivi» in base ai quali sono erogati i 194 miliardi di euro a rate. Gli stessi che il governo non riesce a spendere, a causa dell’«imbuto» di cui parla Foti, cioè della strutturale incapacità italiana di spendere le risorse europee. Basti qui pensare ai fondi di coesione. È un cane che si morde la coda: qualora non fossero spesi entro l’estate 2026, i fondi del Pnrr tornerebbero indietro. Il fallimento porterebbe però l’Italia meloniana ad essere ben considerata da Bruxelles. Forse per spendere risorse che non riesce a spendere per le armi.
DOPPIO COLPO A MELONI: NO DELL’UE ALLA PROROGA DEL PNRR E AL SUO USO PER LE ARMI
Ieri è stata votata a maggioranza la risoluzione del governo sulla «revisione degli investimenti e delle riforme inclusi nel Pnrr». E già si prepara un’altra revisione entro la fine del prossimo mese. Per ottenere l’ottava rata che prevede 40 target e 12,8 miliardi di euro. Foti ha avvertito che il prossimo anno sarà un incubo. Il governo ha infatti spostato tutte le scadenze più impegnative negli ultimi 12 mesi e non sa come rispettarle. Parliamo di 177 obiettivi per ottenere 28,4 miliardi di euro. Bisogna capire come rimediare a interventi ritenuti irrealizzabili entro il 30 giugno 2026: le linee metropolitane di alcune città, per esempio.
PNRR, EMERGENZA ASILI NIDO: POCHI FONDI SPESI IN RITARDO
Un altro esempio è stato fatto ieri da un rapporto dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) sui fondi per la sanità. Sui 15,6 miliardi disponibili, sono stati spesi 2,8 miliardi, in linea con il «cronogramma», ma non c’è certezza sulla capacità di spenderli tutti. Si costruisce, poco e male, le case della salute o i reparti, ma nessuno ha mai pensato di «popolarli di professionisti», cioè di formare e pagare medici e infermieri.
PNRR, CASE E OSPEDALI DI COMUNITÀ AL PALO: COMPLETATO SOLO IL 2%
L’osservazione dell’Upb rivela la scriteriata idea attorno alla quale è stato costruito il Pnrr. La questione è clamorosa negli enti di ricerca e nell’università dove è stata creata una bolla di precariato. Una volta finiti i soldi, migliaia di ricercatori finiranno disoccupati. Sull’istruzione c’è anche un giallo su quanti sono gli asili nido. «Non basta fare i muri perché per farli ci vuole il personale ma se non si determina quanto personale i comuni, che sono già in difficoltà, non potranno partecipare ai bandi» ha osservato la senatrice del Pd Susanna Camusso.
PUGLIA, LA FINZIONE DEI FONDI PNRR PER SUPERARE I GHETTI DEI BRACCIANTI
Il dibattito sulla risoluzione ieri ha rivelato anche le difficoltà in cui si trova la maggioranza. Claudio Borghi, senatore della Lega, ha invitato Foti a apportare «cambiamenti politici importanti» sul Pnrr, cioè rinunciare alla parte dei «prestiti» che sono «debiti» da restituire, in maniera «privilegiata», sotto forma di «tasse». Richiesta tardiva, forse impraticabile. Tra l’altro, contrasta con l’entusiasmo di Meloni nell’avere macinato gli «obiettivi» del Pnrr. Gli stessi che non coincidono con la realtà.
*( Roberto Ciccarelli. Filosofo e giornalista, scrive per «il manifesto».)
04 – Marco Bascetta*: ANTISEMITISMO, PERCHÉ CADONO GLI ALIBI DEL GOVERNO ISRAELIANO – BUONGIORNO, NOTTE PER UN TEMPO LUNGHISSIMO IL TIMORE DI ESSERE ANNOVERATI TRA GLI ANTISEMITI HA IMPEDITO CHE SI SVILUPPASSE UN VASTO MOVIMENTO DI OPINIONE PUBBLICA CONTRO GLI ORRORI PERPETRATI DALL’ESERCITO ISRAELIANO A GAZA E DAI COLONI ARMATI IN CISGIORDANIA.
Può essere che l’attentato di Washington sia di natura antisemita, avendo semplicemente preso di mira due ebrei davanti a una istituzione ebraica. Può anche darsi che sia di natura politica, trattandosi di due funzionari dell’ambasciata israeliana e dunque del governo di Tel Aviv, impegnato nel massacro dei palestinesi a Gaza e in Cisgiordania.
Ingiustificabile in entrambi i casi pone però, nella sua ambiguità, quel tema dell’«antisemitismo riferito a Israele» che è il cavallo di battaglia di Netanyahu e dei suoi più stretti alleati. E tramite il quale ogni critica, opposizione o condanna delle politiche e delle azioni dei governi israeliani vengono interdette e infamate con l’etichetta dell’antisemitismo.
Come già è toccato a organizzazioni sovranazionali quali le Nazioni unite e la Corte penale internazionale e a stati, come ad esempio il Sudafrica, che hanno condannato aspramente l’azione militare israeliana a Gaza. In buona sostanza questa insidiosa formula sostiene che Israele non viene attaccato per quello che fa, per le sue azioni e le sue politiche di sopraffazione, ma per il fatto di essere uno stato “ebraico”. Dunque per ragioni squisitamente antisemite. Intorno alla definizione dell’antisemitismo si è sviluppata un’aspra controversia tra i sostenitori di quella elaborata dall’IHRA (la maggior parte dei governi occidentali) facilmente manipolabile a protezione di Israele da qualunque critica e quelli della “Dichiarazione di Gerusalemme”, elaborata nel 2021 da un gruppo di studiosi in gran parte ebrei, proprio per ovviare a questo genere di strumentalizzazioni.
NETANYAHU CONTRO TUTTI: CHI DIFENDE I PALESTINESI «ISTIGA GLI ANTISEMITI»
L’ADOZIONE di quest’ultima definizione da parte della Linke nel congresso di questi giorni a Cheminitz ha provocato una valanga di accuse di antisemitismo contro il partito della sinistra tedesca. In realtà le due definizioni coincidono in larga parte, ma la Dichiarazione di Gerusalemme si distingue nel sostenere che non siano di per sé antisemite azioni di protesta, come i boicottaggi, e prese di posizione contro le politiche dei governi israeliani. Non esclude cioè che sentimenti antisemiti possano attraversarle, ma non ritiene che questo debba accadere necessariamente. Ciò che oggi sta cambiando è che questo scudo strumentale dell’antisemitismo, impiegato con grande efficacia nel tacitare ogni protesta e manifestazione contro uno sterminio sistematico passato per “effetto collaterale”, comincia a scricchiolare.
PER UN TEMPO lunghissimo il timore di essere annoverati tra gli antisemiti ha impedito che si sviluppasse un vasto movimento di opinione pubblica contro gli orrori perpetrati dall’esercito israeliano a Gaza e dai coloni armati in Cisgiordania. Una simile etichetta ha funzionato assai bene come forte deterrente nei confronti dell’opinione pubblica democratica e di sinistra, la più sensibile su questo punto, e come censura negli ambienti accademici. Anche se non ha fermato massicce mobilitazioni in tutto il mondo, disposte ad affrontare la repressione e difendere il diritto di denunciare quanto stava accadendo.
NETANYAHU e i suoi alleati, confidando nell’appoggio poco condizionato dei governi occidentali amici, nella patetica debolezza dei reiterati inviti alla moderazione, nell’appoggio concreto alla loro guerra a oltranza e nella trappola dell’antisemitismo si sono spinti oltre ogni limite tollerabile. Di azioni “mirate” non si parla da tempo, le esecuzioni sommarie di sanitari e soccorritori non sollevano più scandalo, le mire di deportazione sono ormai esplicite e attive nelle loro premesse distruttrici, il numero spaventoso di morti civili è dato per scontato, la carestia da assedio praticata e rivendicata come legittima in linea di principio. Solo la disapprovazione degli alleati e altre minori ragioni di opportunità, sostiene Netanyahu, gli impedirebbero di lasciar morire di fame e di sete buona parte dei palestinesi di Gaza. D’altra parte il suo ministro Smotrich lo aveva già chiarito mesi fa: imporre la carestia a Gaza sarebbe cosa legittima «e perfino etica». Come fosse possibile, non dico sostenere e rifornire uno stato governato da simili figuri, ma anche solo intrattenere con esso relazioni diplomatiche è incomprensibile.
SOLO OGGI, dopo che l’Idf ha fatto fuoco sui suoi diplomatici “per proteggerli”, il parlamento europeo insorge e si divide, le sinistre accantonano il timore dell’accusa di antisemitismo e si pongono il problema di come fermare Netanyahu e ricucire i brandelli del diritto internazionale in Medio oriente. Molto tardi, forse troppo. Deve farlo comunque perché il governo di Israele, non nasconde più nulla, rivendica ogni azione, rinuncia a ogni eufemismo o argomentazione di comodo. E del resto i fatti parlano chiaro. Solo una ipocrisia senza fine può aver finto fino ad oggi di non vedere che la “sicurezza di Israele” coincideva nei disegni dei suoi governanti con il ripristino dei confini biblici, che la guerra a oltranza era la loro forma di esistenza e di riproduzione, che le azioni dei coloni violenti e gli interessi dello stato coincidevano pienamente.
CERTO, il 7 ottobre, l’orribile massacro compiuto da Hamas, ha prodotto e motivato fino a un certo punto la reazione di Israele e la solidarietà dei più. Fino al punto in cui si è prodotta una dismisura tale da offuscare le forti ragioni originarie degli israeliani. Questo offuscamento si è già prodotto nella storia. Un solo esempio: l’esercito giapponese, oltre all’attacco di Pearl Harbour, si è reso responsabile di innumerevoli atrocità. Ma nella memoria e nell’immaginario mondiale quel che resta e resterà sono Hiroshima e Nagasaki. Nonostante fossero stati i giapponesi a cominciare.
*(Fonte: Il Manifesto – Marco Bascetta – giornalista e scrittore)
05 – Luca Celada*: PASSA LA FINANZIARIA USA, ECCO GLI SPIRITI ANIMALI TRUMPISTI. AMERICAN PSYCHO LA CAMERA DICE SÌ PER UN VOTO ALLA «GRANDE, SPLENDIDA MANOVRA» FISCALE DELLA CASA BIANCA.
Per ratificare la «grande e splendida manovra» (nome ufficiale del pacchetto fiscale di Trump) la maggioranza repubblicana della Camera ha atteso le sette di ieri mattina, dopo una seduta fiume durata tutta la notte. I deputati Maga hanno ritenuto opportuno operare con il favore delle tenebre per promulgare il decreto destinato ad essere chiave di volta del programma trumpista nel secondo mandato. Nel voto notturno la legge è stata approvata per 215-214, ora passerà al vaglio del Senato
LA LEGGE CODIFICA e incrementa gli sconti fiscali ad aziende e strati sociali abbienti già applicati nel primo mandato Trump, in quello che ALEXANDRIA OCASIO CORTEZ HA DEFINITO «UN MEGA FURTO ALLA GENTE PER PAGARE LE TASSE DEI MILIARDARI». La manovra equivale ad un massiccio trasferimento di ricchezze dal basso verso l’alto, una contundente vittoria nella guerra di classe – quella dei ricchi contro i poveri.
Nel pacchetto, i profondi tagli alle tasse dei «creatori di impiego» (job creators) vengono pagate con risparmi, cioè profondi tagli a servizi sociali per i meno abbienti. Nel mirino c’è soprattutto Medicaid, il programma di assistenza sanitaria per soggetti disagiati, riduzioni che il Cbo (l’ufficio per il bilancio del Congresso) stima potrebbe costare a 7 milioni di americani ogni residua copertura sanitaria.
LA LEGGE È INOLTRE un documento ideologico post-neoliberista nel quale torna ad essere inserita la spesa (enorme) per la costruzione del muro di confine, si moltiplica il finanziamento del servizio immigrazione (compresi premi fino a 10.000 dollari per gli agenti attualmente impegnati nei raid di deportazione), si incrementa la spesa militare, si limita ulteriormente l’ aborto, si sostiene l’industria degli idrocarburi e si eliminano i sussidi per la conversione energetica, si applicano incentivi alla procreazione.
La «splendida manovra» incarna «l’ideologia del merito» cara alla destra applicando «obblighi di lavoro» per poter accede a sussidi: almeno 80 ore mensili che costituiscono un «divieto di disoccupazione» per chi si trova senza lavoro. Vi sono poi limiti all’assistenza alimentare alle famiglie e ai programmi di nutrizione scolastica. Nell’annunciare l’approvazione, l’integralista “cristiano” presidente della Camera Mike Johnson ha parlato di «rifondazione nazionale» per il decreto che straccia le ultime vestigia del welfare state e dello stato sociale rooseveltiano. Il programma Medicaid fu frutto delle politiche sociali della Great society di Lyndon Johnson e di una concezione che i neoreazionari considerano «spreco burocratico».
IN REALTÀ, PER COME consacra l’idea darwinista di patto sociale, alle vittime della manovra avrebbe potuto rivolgere il consiglio di mangiare brioches. Il pacchetto fiscale va infatti ben oltre l’ideale di stato minimo del conservatorismo classico e fa un passo deciso verso le dottrine maturate nei think tank come Heritage society, Hillsdale College e Claremont Institute, dove si teorizzano radicali modelli di merito e lavoro. Se da Reagan recupera l’idea del giusto castigo per le «masse di scrocconi» e il miraggio del benessere trickle-down, che sgocciola dalla prosperità al vertice, la nuova legge concretizza l’ideale di mercato lasciato finalmente libero di plasmare nell’intimo ogni sfera dei rapporti sociali in una società di felici consumatori di servizi privatizzati. Dietro ai proclami di eliminazione degli “abusi” si cela un fanatismo morale che, nel paese di una già dilagante disuguaglianza, con oltre due milioni di senza casa, considera estremista ogni pubblica assistenza.
«UNA CRUDELTÀ ECCEZIONALE ANCHE PER GLI STANDARD DELLA DESTRA RECENTE», è stata l’analisi dell’economista e Nobel Paul Krugman. «Una crudeltà implementata in base ad affermazioni che sappiamo essere false, note in economia come ‘politiche zombie’. Una cattiveria che è inoltre controproducente e che in questo caso potremmo quindi definire zombie sadici».
RISPETTO ALLE DOTTRINE repubblicane del passato, la legge rappresenta anche una rottura con l’ideale di austerità fiscale per come istituisce enormi spese lungo linee ideologiche. Sempre secondo l’analisi del Cbo i programmi che contiene sono destinati, malgrado i tagli, ad incrementare il deficit di migliaia di miliardi. La prospettiva aveva già indotto Moody’s a declassare il rating americano. Dopo il voto i buoni del Tesoro americani hanno registrato una nuova impennata con rendite giunte a un record ventennale.
NEGLI ARTICOLI e nei provvedimenti, molti ancor da verificare nel dettaglio delle sue oltre mille pagine, è codificato il programma che, mentre all’esterno decostruisce l’ordine liberale e commerciale del dopoguerra, internamente impone una rivoluzione valoriale che archivia il concetto di solidarietà sociale e spiana la strada ad un ideale che il neoliberismo non riuscì mai del tutto ad implementare e che si profila oggi come il futuro americano. Un programma che potrebbe paradossalmente avere le ricadute più aspre proprio su alcuni segmenti sociali che sono parte integrante della base Maga che sostiene Trump.
*( Luca Celada, giornalista e documentarista, è stato per oltre vent’anni corrispondente della Rai da Los Angeles occupandosi di attualità, tematiche sociali)
06 – Luca Kocci*: L’AFFONDO DI FAMIGLIA CRISTIANA: «UN ECCIDIO INGIUSTIFICABILE»
LA CONDANNA «UN MIX MORTALE DI BOMBE E RIDUZIONE ALLA FAME DI MIGLIAIA DI INNOCENTI»
È INGIUSTIFICABILE L’«ECCIDIO SISTEMATICO DI INNOCENTI IN NOME DELLA SCONFITTA DEI TERRORISTI DI HAMAS, UN MIX MORTALE DI BOMBE E RIDUZIONE ALLA FAME DI MIGLIAIA DI INNOCENTI A GAZA DA PARTE DEL REGIME DI NETANYAHU».
È nettissima la condanna dello sterminio dei palestinesi perpetrata da Israele da parte del direttore di Famiglia Cristiana, don Stefano Stimamiglio, sul numero in edicola oggi. Vale solo la «ragion di Stato». Quella del premier israeliano, che «deve prolungare sine die la guerra per restare al potere, sostenuto da un governo di ultradestra, messianista», che «bestemmia il nome di Dio», anche chiamando «carri di Gedeone» (nome biblico) l’operazione di guerra in corso.
E quella dei Paesi arabi «che preferiscono fare affari d’oro con Trump» e delle cancellerie mondiali, «condizionate più dal marketing che dall’alta politica», scrive Stimamiglio rispondendo a due lettori. «Un livello di disumanità senza precedenti alle nostre latitudini in tempi recenti». (l.k.)
*( Luca Kocci (Roma, 1973), insegnante di italiano e storia nelle scuole superiori. Collabora con il quotidiano il manifesto e con l’agenzia settimanale Adist)
07 – Roberto Ciccarelli*: EMANUELE FELICE: «MELONI E IL DECLINO ITALIANO: UN FALLIMENTO DELL’ECONOMIA NEOLIBERALE». UN’ALTRA ECONOMIA «IL RAPPORTO ANNUALE DELL’ISTAT REGISTRA PUNTUALMENTE GLI EFFETTI DELLE POLITICHE DEL GOVERNO MELONI E LI INSERISCE IN UNA STORIA CHE RISALE AGLI ANNI NOVANTA.
Il Pnrr è stato gestito in maniera verticistica, il suo potenziale è stato disperso. Abbiamo bisogno di una riforma del fisco che ridistribuisca le risorse verso i servizi sociali e i beni pubblici, cambiando quello attuale che favorisce i rentiers e colpisce i lavoratori”. Parla l’economista Emanuele Felice che ha scritto un “Manifesto per un’altra economia e un’altra politica” (Feltrinelli)
Emanuele Felice, professore di storia economica allo Iulm di Milano, il rapporto annuale dell’Istat ha svelato la falsità della narrazione del governo Meloni sullo stato dell’economia. È anche la prova del fallimento di quello che nel libro «Manifesto per un’altra economia e un’altra politica» (Feltrinelli) ha chiamato modello economico neoliberale?
Sì, e direi di più. Mostra anche il fallimento di questo modello in Germania, che lo ha applicato nella sua accezione «ordoliberale». Berlino cresce ancora meno dell’Italia. Il paese che invece cresce di più oggi è la Spagna dove il governo Sánchez ha investito con forza nella conversione ecologica, ha varato una tassa progressiva sulla ricchezza che sostengo anch’io, ha tutelato i diritti dei lavoratori. Il declino italiano è iniziato non casualmente 30 anni fa, quando le politiche neoliberali sono state adattate al nostro contesto: precarietà, competizione basata sulla svalutazione del lavoro e dell’istruzione, impoverimento dei servizi pubblici, diseguaglianze sociali e fiscali. L’esito drammatico di questi processi è registrato puntualmente dal rapporto Istat.
L’occupazione, i salari, la produttività del lavoro sono cresciuti in maniera inferiore in Italia rispetto ad altri paesi analoghi. A cosa è dovuto?
La produttività in Italia declina dagli anni 90. La narrativa neoliberale ha addossato la responsabilità ai lavoratori dicendo che sono «nullafacenti». Questo è un mito da sfatare, insieme a quello per cui in Italia non ci sarebbe stato il neoliberismo. In realtà la responsabilità è della politica ed è bipartisan. È stato deciso di orientare la produzione in settori poco innovativi dove la produttività è bassa e i lavoratori vengono pagati poco, illudendoci di poter competere così con i paesi emergenti. Questo sistema votato alle esportazioni, che non produce innovazione e non fa crescere la domanda interna, mostra tutti i suoi limiti, ancor più oggi.
L’Italia è uno dei paesi più colpiti dalle catastrofi climatiche. Secondo l’Istat, sono stati persi 134 miliardi dal 1980. I soldi del Pnrr non potevano essere usati meglio per la sicurezza dei territori?
Sì, purtroppo il Pnrr è stato gestito in maniera verticistica. All’inizio ha segnato un’inversione di tendenza, sugli investimenti, storica. Il suo potenziale però è stato disperso tra bonus, vecchi progetti a pioggia e favori alle imprese amiche, che spesso lavorano nelle energie fossili. La responsabilità è di tutti e tre i governi che lo hanno gestito, va detto, ma Meloni ha peggiorato la situazione, creando ritardi volti a togliere altri soldi dalle finalità per cui era nato, per darli alle consorterie.
Il governo scarica sul Green Deal la responsabilità della crisi industriale…
La sua negazione del problema ambientale è in linea con il trumpismo, con le peggiori destre mondiali che vedono nella transizione ecologica una camicia di forza e non la via per il benessere e la prosperità. Purtroppo questa impostazione regressiva si sta diffondendo anche alla Commissione Ue.
Il patto di stabilità e i vincoli sul debito non legano le mani anche a questo governo?
Certo, mi sembra però che li abbia accettati senza problemi. Ciò detto in Italia il debito è un problema strutturale, serio: ed è anche l’esito del fatto che è stato ridotto il carico fiscale a vantaggio dei più ricchi e della rendita. Abbiamo bisogno di una riforma del fisco che ridistribuisca le risorse verso i servizi sociali e i beni pubblici, cambiando quello attuale che favorisce i rentiers e colpisce i lavoratori.
I referendum dell’8 e 9 giugno possono essere una leva per invertire la rotta?
Ne sono convinto. Quelli sul lavoro riconoscono diritti negati e possono anche favorire la produttività, spingendo le imprese a investire sull’innovazione e sulla qualità, anziché competere in maniera fallimentare sulla svalutazione del lavoro.
E QUELLO SULLA CITTADINANZA?
È altrettanto importante. L’Istat dice che perdiamo abitanti perché i giovani preparati se ne vanno via, quelli che restano non fanno figli perché non vedono prospettive. Pensi da anni che buttiamo soldi in bonus bebè, un’altra politica sbagliata: si fanno figli se ci sono prospettive di crescita. Dall’integrazione, con i diritti, non possiamo che trarne tutti benefici. Lo avevano capito nella Roma antica, ben altra cosa dall’Italietta fascista, chiusa in un illusorio sogno di grandezza.
Il sostegno ai quesiti attesta la consapevolezza dei limiti del neoliberalismo nel «centro-sinistra»?
I Cinque Stelle e Avs erano da sempre su posizioni più critiche. Il Pd invece era nato proprio con l’idea neo-liberale che bisognava «fare le riforme» per piegare i diritti ai poteri economici (mentre è vero il contrario). Su questo vedo una maturazione positiva nel Pd, legata all’attuale segreteria. La partita però non è chiusa, i centri di potere legati all’impostazione fallimentare del passato sono ancora influenti.
*( Roberto Ciccarelli – Filosofo e giornalista, scrive per «il manifesto».)
08 – Alfiero Grandi*: L’AVVENTATO DISORDINE DEL GOVERNO SU NUCLEARE ED ENERGIA, CHE NE PARLA OVUNQUE TRANNE CHE IN PARLAMENTO – NEL DISPREZZO ISTITUZIONALE DEL GOVERNO SI INTRECCIANO DUE ASPETTI DIVERSI: SISTEMATICAMENTE VENGONO IGNORATI I VINCOLI ISTITUZIONALI E I CONDIZIONAMENTI DEI POTERI COSTITUZIONALI CHE BILANCIANO E DEBBONO CONTROLLARE IL GOVERNO, VENGONO DISATTESE LE LEGGI IN VIGORE, UNA PARENTELA EVIDENTE CON TRUMP.
Nel primo caso è la magistratura ad essere sul banco degli accusati, tacciata di svolgere un ruolo politico che non le compete.
Nel secondo, è la messa in mora di norme e leggi in vigore senza averle cambiate, che vengono accantonate come fossero un intralcio da togliere di mezzo. C’è un evidente fraintendimento delle prerogative democratiche scritte nella Costituzione, arrivando a “dimenticare” di avere ottenuto nel 2022 una maggioranza parlamentare spropositata (59%) con solo il 44% dei voti (un premio di maggioranza del 15%) possa essere sufficiente per ottenere il silenzio delle altre sedi istituzionali preposte.
Fratelli d’Italia dall’opposizione aveva affermato posizioni agli antipodi dei comportamenti che ha oggi al governo. Si potrebbe emblematicamente richiamare il minacciato blocco navale per impedire gli arrivi dei migranti, oggi “risolto” con la costosa e fallimentare operazione Albania.
COSÌ SI VUOLE RISOLVERE IL PROBLEMA ENERGETICO IN ITALIASono questi gli atteggiamenti con cui il governo sta affrontando anche il problema del nucleare in Italia.
Sotto il profilo istituzionale il governo non è partito – come avrebbe dovuto – dalla modifica delle leggi esistenti, frutto per di più di ben 2 referendum popolari che in Italia hanno bocciato il nucleare civile. Il governo, invece, si esprime e si comporta come se avesse già modificato le leggi. Propaganda? Non solo!
E’ una cultura politica sbagliata che porta governo e maggioranza parlamentare a dare per approvata una nuova e diversa normativa quando ancora non lo è.
Particolarmente spigliato è il Ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin che più di due mesi fa ha proposto al governo un progetto di legge sul ritorno del nucleare in Italia, dando l’impressione di una fretta notevole (ha tagliato i tempi per i decreti attuativi da 24 a 12 mesi), mentre in realtà il testo del pdl approdato in Consiglio dei Ministri dopo 3 mesi non è ancora arrivato in Parlamento.
Non solo, Giorgia Meloni si è affrettata ad annunciare a Trump che l’Italia rientrerà nel nucleare (forse per ingraziarsi le lobby dell’atomo statunitensi e le Big Tech che lo auspicano per il loro data center) e lo ha ripetuto al Senato senza chiarire nulla, a questo punto, solo la presentazione del pdl in Parlamento potrà chiarire cosa propone esattamente il governo.
AVREMO IL NUOVO NUCLEARE!
Perché tanta fretta a chiacchiere e poi tanto ritardo nella realtà? Forse la spiegazione è nelle dichiarazioni rese dal nuovo amministratore delegato della Sogin (in sintonia con alcuni amministratori delegati delle partecipate statali) che ha asserito che le aree delle centrali nucleari dismesse sarebbero a disposizione per nuove centrali elettronucleari, dimenticando che il suo compito istituzionale (controllare sul sito della Sogin) è solo quello di smantellare le vecchie centrali. Obiettivo per di più ben lontano dalla realizzazione, e di costruire i due siti per le scorie nucleari: uno a medio-bassa decadenza della radioattività, l’altro per quelle ad alta pericolosità. La legge afferma questo, si tratta di anni di lavoro buttati?
Per di più il Ministro aggiunge che si potrebbero costruire più depositi disseminati nel territorio nazionale. Peccato che non esista una legge che autorizza il Ministro ad andare in questa direzione, anzi il risultato che si profila è un ritardo di molti anni nella soluzione dei problemi e tanti soldi che pagheremo in bolletta.
Infatti il Ministro Pichetto Fratin fa dichiarazioni non coerenti con le leggi in vigore su come e dove mettere le scorie radioattive e fa anche affermazioni sul ruolo salvifico del nucleare che verrà per il futuro energetico dell’Italia. Peccato che neppure i tempi coincidano perché per raggiungere nel 2050 gli obiettivi di de carbonizzazione dovremmo premere l’acceleratore sulle rinnovabili, mentre siamo fermi in attesa di un nucleare di cui per ora non si sa nulla.
LE RINNOVABILI RIMANGONO IN ALTO MARE
Ci sono molte domande per nuovi impianti di rinnovabili ma non potranno partire perché il pasticcione che è all’ambiente è riuscito prima a delegare alle regioni decisioni che non sono arrivate e poi a farsi bocciare il provvedimento dal Tar del Lazio. In sostanza tutto in alto mare.
Particolarmente preoccupante è la confusione sulle scorie radioattive mentre siamo alla vigilia del ritorno da Inghilterra e Francia di quelle pericolose inviate anni fa per il trattamento di prima neutralizzazione. Questo vuol dire che avremo scorie radioattive particolarmente pericolose senza una custodia adeguata.
Il Ministro dovrebbe attuare le leggi esistenti, invece si scopre che ne è un sabotatore e soprattutto crea confusione perché decide di bloccare il lavoro in corso senza avere in tasca l’approvazione di un nuovo strumento legislativo.
Questa è una forzatura istituzionale che genera confusione e blocca il lavoro precedente senza chiarire, con uno strumento legislativo, cosa ne prenderà il posto.
Così per il progetto di legge sul nucleare. Nel 2012 la Corte costituzionale con la sentenza 199 ha messo paletti alla possibilità di contraddire precedenti pronunciamenti referendari. Nel caso del nucleare addirittura 2 referendum (uno nel 1987 e uno nel 2011) da cui è derivata la chiusura delle centrali nucleari e la legge che prevede lo smantellamento di quelle presenti sul territorio nazionale.
L’AVVENTATO DISORDINE DEL GOVERNO
C’è un avventato disordine nei comportamenti del governo (e della maggioranza parlamentare) che andrebbe richiamato a muoversi dentro le leggi esistenti o a cambiarle con una nuova proposta da sottoporre al vaglio. Solo una nuova legge può sostituirne una in vigore. Se chi ha compiti di attuazione (esecutivo) boicotta il funzionamento delle leggi si apre una vera e propria crisi istituzionale.
Inoltre, ed è molto grave, il progetto di legge del governo rischia di avere effetti negativi sul raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione per il 2030, perché si agita un ritorno all’atomo per nascondere l’urgenza di investire nel fotovoltaico, nell’eolico offshore, nel geotermico, nel rafforzamento dell’idroelettrico, nei pompaggi, soluzioni indispensabili ed adeguate per realizzare gli obiettivi di Parigi.
QUANDO SARÀ DISPONIBILE IL NUCLEARE A FUSIONE? NESSUNO LO SA
L’escamotage si configura nella proposta di un nucleare diffuso di cosiddetta nuova generazione. Le etichette di “nuovo nucleare” si sprecano: III e IV generazione, ma, al di là dei vincoli ambientali insuperabili e le conseguenze dei costi in bolletta nessuno sa dire quando saranno disponibili i piccoli reattori SMR e AMR di cui non esistono prototipi funzionanti ed esperienze realizzate, indispensabili per autorizzazioni e verifiche di sicurezza. Del resto nessuno è in grado di dire quando sarà disponibile il nucleare a fusione.
L’accento su quello che non c’è ancora serve a nascondere le manchevolezze attuali e a nascondere i ritardi dell’azione governativa: il risultato sarà la precarietà e l’allarme per la sicurezza delle scorie che ritornano al mittente, oltre alla colpevole dilazione dei tempi per il raggiungimento degli obiettivi di de carbonizzazione.
Il dibattito procede ovunque, tranne che nelle sedi deputate, con un atteggiamento politico sovversivo verso le regole democratiche, facendo forza su una maggioranza parlamentare prevaricatrice e che non rispetta le regole previste dalla Costituzione.
*(di M. Agostinelli e A. Grandi su Strisciarossa.it – 0 RED a Manifesto ad oggi)
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