3020 L'Afghanistan di casa nostra. Sempre più i minori non accompagnati che arrivano a Roma

20070323 17:31:00 webmaster

E vi restano
Approdano dopo viaggi che durano anni e attendono di ripartire per il Nord Europa. Tanti però restano molto più a lungo. Il fenomeno monitorato dal Centro Astalli: il 50% dei 525 ragazzi contattai dalle unità di strada sono afghani

ROMA – Sono sempre più numerosi i minori afgani non accompagnati che arrivano a Roma. Approdano nella Capitale dopo viaggi che durano anni e si fermano in attesa di ripartire per il Nord Europa. Tanti però restano molto più a lungo del previsto vivendo intorno alla stazione Ostiense, nonostante i vari sgomberi degli ultimi mesi. E proprio dei ragazzi afgani si è parlato ieri sera al Centro Astalli, nel corso del primo incontro di formazione sui “Rifugiati a Roma: comunità fragili con bisogni urgenti e un futuro da costruire”.

Azad è un giovane afgano arrivato a Roma nel 2003, dopo un viaggio durato quattro anni. Appartiene al gruppo etnico degli hazarà, da sempre perseguitati anche perché di religione sciita in un Paese a maggioranza sunnita. Azad ha fatto e fa tuttora il mediatore culturale presso la Caritas e presso la Casa dei diritti sociale, e si considera fortunato. Prima di arrivare in Italia è stato in Iran, in Turchia e in Grecia. “In Afghanistan c’è una guerra che dura da trenta anni”, racconta. “I soldati non proteggono nessuno. I ragazzi cominciano a combattere dall’età di 12 anni, e molti sono costretti a lasciare il paese. Quelli che arrivano oggi in Italia in realtà sono partiti da quattro o cinque anni. Passano per i campi profughi del Pakistan e dell’Iran, dove si fermano per anni perché per andare in Turchia bisogna pagare i trafficanti, che chiedono tra i 2.500 e i 3mila euro. Nei primi tempi che stavo a Roma nella zona di Piazzale Ostiense dormivano poco più di una decina di ragazzi, ma oggi il numero è arrivato a circa 150”.

All’inizio del 2007 gli afgani rappresentavano circa il 70% degli ospiti della mensa del Centro Astalli, mentre su 525 ragazzi stranieri contattati in dieci mesi dall’unità di strada integrata, che Save the Children ha organizzato in collaborazione con le istituzioni del territorio ed altre realtà del privato sociale, la metà è rappresentata da ragazzi afgani. “L’esodo di massa dall’Afghanistan è cominciato nel 2001”, spiega Margherita Gandini, che ha appena pubblicato su questo tema (“Dentro un camion: voci dall’Italia e dalla Grecia di minori afgani”, editrice l’Harmattan Italia, 2007). “Le famiglie frammentate si sono trovate nei campi profughi dell’Iran e del Pakistan. Da lì molti ragazzi che si trovavano senza famiglia sono partiti per la Turchia, e da lì alla volta della Grecia, dove gruppi di giovani afgani erano presenti già dagli anni Novanta. La meta finale era però il Nord Europa, in particolare la Norvegia e la Finlandia dove le politiche di accoglienza nei confronti degli afgani presentavano condizioni molto favorevoli”, chiarisce Margherita Gandini. “Così ancora nel 2003 i minori afgani presenti in Italia rappresentavano casi del tutto sporadici: erano i ragazzi che venivano scoperti nei porti italiani, non appena sbarcati da Patrasso nascosti nei camion”. Oggi invece tutta un’altra storia. “La Norvegia e la Finlandia hanno cominciato ad applicare politiche più restrittive nei confronti dei profughi afgani e non rappresentano più una meta desiderabile come un tempo. Inoltre l’applicazione della convenzione di Dublino, che prevede che le persone in fuga dal proprio paese possano chiedere l’asilo solo nel primo paese europeo nel quale mettono piede, fa sì che molti ragazzi vengano respinti in Grecia, dove vivono in grosse comunità nel porto di Patrasso o in piazza Omonia ad Atene”. (Antonella Patete)

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