
01 – La Senatrice La Marca incontra il Premier dell’Ontario sul riconoscimento reciproco delle patenti di guida Italia-Ontario
02 – Sen. Francesca La Marca*: Domenica 20 ottobre, la Senatrice Francesca La Marca (PD) ha partecipato al Congresso del Circolo del PD Paese Canada che si è tenuto presso il “Columbus Center” a Toronto, nel cuore della comunità italiana.
03 – Anna Fabi*: Contributi svizzeri per la pensione italiana – Esempio, del conteggio INPS per il calcolo della pensione ha preso in considerazione i contributi svizzeri (10 mesi) solo per il diritto: prima o poi verrà conteggiato anche tale periodo?
04 – Sen. Francesca La Marca*: Fine settimana di impegni istituzionali a Washington per la Senatrice La Marca
05 – Luca Baccelli*: Israele, lo Stato fuorilegge fa la guerra alle Nazioni unite. Fuori dal mondo Le violazioni israeliane del diritto internazionale risalgono a quando il sionismo si è rivelato un progetto di colonialismo insediativo.
06 – Antonio Montefusco*: Il Medioevo di Sapegno pensando al fascismo. Scaffale Torna per le Edizioni Storia e Letteratura «Frate Jacopone». Tesi di laurea dell’intellettuale aostano, fu edito nel 1926 anno della morte di Gobetti
07 – Lorenzo Tecleme*: L’ex assessore di Valencia: «Questa giunta è negazionista e ha minimizzato» Intervista Giuseppe Grezzi è italiano, ma da ormai un quarto di secolo vive, lavora e fa politica a Valencia, la comunità autonoma epicentro della devastante alluvione che ieri ha colpito la Spagna.
08 – Andrea Fabozzi*: Governo di bulli: ho torto, ma ho ragione «PAESI SICURI» È Come per la calcolatrice, impugnata da Meloni in tv con Vespa per fare chiarezza sui numeri della legge di bilancio. Ma i conti non tornano e alla fine la […]
01 – La Senatrice La Marca INCONTRA IL PREMIER DELL’ONTARIO SUL RICONOSCIMENTO RECIPROCO DELLE PATENTI DI GUIDA ITALIA-ONTARIO
Martedì 29, presso il Palazzo del Parlamento dell’Ontario (Queen’s Park), la Senatrice Francesca La Marca ha incontrato il Premier dell’Ontario, Doug Ford, e il Ministro dei Trasporti della Provincia, On. Prabmeet Singh Sarkaria, per affrontare insieme il tema del reciproco riconoscimento delle patenti di guida tra Italia e Ontario. L’incontro, fortemente voluto dalla Senatrice, rappresenta un momento significativo per semplificare la vita dei cittadini italiani e italo-canadesi che vivono, risiedono o lavorano nella Provincia canadese poiché al momento non possono utilizzare la patente di guida del proprio Paese di appartenenza.
Durante la riunione, la Senatrice La Marca ha presentato le difficoltà e le esigenze emerse nelle recenti interlocuzioni con il Ministero dei Trasporti italiano, rappresentando le problematiche operative che al momento ostacolano la conclusione dell’accordo di riconoscimento reciproco delle patenti. Il Premier Ford e il Ministro dei Trasporti Sarkaria hanno espresso la piena disponibilità del governo dell’Ontario a portare avanti la questione, sottolineando i potenziali ostacoli da parte del MIT italiano.
“La disponibilità dimostrata dalle autorità dell’Ontario è stata molto apprezzata e rappresenta un’opportunità concreta per agevolare la mobilità di molti cittadini italiani in Ontario,” ha dichiarato la Senatrice La Marca. Ha inoltre ribadito che, al suo rientro in Italia, nonostante la limitata collaborazione finora ricevuta dal Ministero dei Trasporti, continuerà a sollecitare attivamente le autorità italiane per portare a termine questo accordo e raggiungere un risultato atteso da anni.
*(Sen. Francesca La Marca – 3ª Commissione – Affari Esteri e Difesa – Electoral College – North and Central America)
02 – Sen. Francesca La Marca*: DOMENICA 20 OTTOBRE, LA SENATRICE FRANCESCA LA MARCA (PD) HA PARTECIPATO AL CONGRESSO DEL CIRCOLO DEL PD PAESE CANADA CHE SI È TENUTO PRESSO IL “COLUMBUS CENTER” A TORONTO, NEL CUORE DELLA COMUNITÀ ITALIANA.
Il Congresso, molto partecipato, è stato dedicato al rinnovo delle cariche interne. I due candidati alla carica di Segretario Paese hanno presentato le rispettive mozioni, offrendo spunti di riflessione sulle future linee politiche del PD nel territorio canadese seguito da un dibattito, animato da numerosi interventi dei partecipanti, seguito dalle votazioni finali per l’elezione del nuovo Segretario.
Il Congresso di Toronto ha rappresentato solo una tappa del percorso di rinnovamento. Gli appuntamenti successivi si terranno a Montréal e Vancouver, con le elezioni dei rispettivi circoli, previste nel mese di novembre.
*(Sen. Francesca La Marca – 3ª Commissione – Affari Esteri e Difesa – Electoral College – North and Central America)
03 – Anna Fabi*: CONTRIBUTI SVIZZERI PER LA PENSIONE ITALIANA – ESEMPIO, DEL CONTEGGIO INPS PER IL CALCOLO DELLA PENSIONE HA PRESO IN CONSIDERAZIONE I CONTRIBUTI SVIZZERI (10 MESI) SOLO PER IL DIRITTO: PRIMA O POI VERRÀ CONTEGGIATO ANCHE TALE PERIODO?
I contributi versati in Svizzera sono stati correttamente considerati solo ai fini del diritto alla pensione, cioè soltanto per raggiungere i requisiti minimi richiesti per accedere al trattamento pensionistico italiano, secondo le normative vigenti e gli accordi internazionali.
Ricongiunzione contributi versati in Svizzera.
L’Italia e la Svizzera sono legate da un accordo di sicurezza sociale che permette la totalizzazione dei periodi contributivi ma soltanto per versamenti superiori a 12 mesi (un anno). Questo significa che i contributi versati in Svizzera sono presi in considerazione per il diritto alla pensione italiana, come previsto dal Regolamento (CE) n. 883/2004 e dagli accordi bilaterali, ma il calcolo economico è separato tra i due Paesi.
L‘INPS ha quindi contabilizzato correttamente i contributi esteri per il diritto, mentre per l’importo della pensione i contributi esteri non sono conteggiati direttamente, ma è prevista una prestazione separata laddove si configuri un diritto autonomo maturato nel paese estero.
In presenza di contributi esteri non valorizzati nel calcolo italiano, come ad esempio i contributi svizzeri, è quindi possibile ottenere una prestazione separata direttamente dalla Svizzera, presentando apposita richiesta alle autorità elvetiche.
Di norma, si procede richiedendo la pensione presso l’istituto previdenziale svizzero, che eroga una quota in base ai contributi accreditati in Svizzera, con un importo integrativo della pensione italiana.
In alternativa, potrebbe essere possibile effettuare un cumulo contributivo in Paesi con i quali l’Italia ha stipulato convenzioni internazionali, ma la Svizzera – pur non rientra nei Paesi dell’Unione Europea, ma avendo sottoscritto uno specifico accordo – richiede almeno un anno di lavoro all’estero ai fini della pensione in cumulo, quindi nel suo caso non è possibile effettuare un “cumulo diretto” ai fini del calcolo economico
La richiesta di pensione svizzera può essere fatta anche attraverso INPS, che funge da intermediario, oppure direttamente agli enti svizzeri. La norma di riferimento è l’Accordo Bilaterale Italia-Svizzera che regola il riconoscimento e la totalizzazione dei periodi contributivi.
*( Fonte: PMI.it – Anna Fabi, Esperta di Economia, Fisco e Information Technology, scrive da anni di attualità legata al mondo delle piccole e medie imprese.)
04 – Sen. Francesca La Marca*: FINE SETTIMANA DI IMPEGNI ISTITUZIONALI A WASHINGTON PER LA SENATRICE LA MARCA
La Senatrice Francesca La Marca ha partecipato a un fine settimana ricco di appuntamenti istituzionali a Washington in occasione delle celebrazioni per la chiusura del mese del patrimonio italiano negli Stati Uniti e del weekend culminante della “National Italian American Foundation” (NIAF). Il calendario ha previsto appuntamenti di rilievo per la collettività italiana negli Stati Uniti e per le sue rappresentanze.
Nella serata di venerdì, 25 ottobre, la Senatrice è stata ospite presso “Villa Firenze”, residenza ufficiale dell’Ambasciatrice d’Italia a Washington, Mariangela Zappia, dove si è tenuto un ricevimento con oltre 300 invitati per celebrare la conclusione del mese del patrimonio italiano. Durante la serata, è stato conferito a Robert Allegrini, Presidente della NIAF, l’onorificenza “Ordine al merito” in riconoscimento del suo impegno nella promozione della cultura e delle eccellenze italiane negli Stati Uniti. Alla serata erano presenti anche il Governatore del Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, e il Governatore del Lazio, Francesco Rocca, accompagnati da delegazioni delle rispettive regioni, oltre a una rappresentanza di imprenditori italiani e americani e a numerosi esponenti della comunità italo-americana. La Senatrice ha voluto sottolineare come eventi di questo tipo rappresentino un’occasione preziosa per rafforzare i legami tra Italia e Stati Uniti, valorizzando il contributo culturale e imprenditoriale che la comunità italiana offre oltreoceano.
Il giorno seguente, sabato 27 ottobre, la Senatrice La Marca ha partecipato alla riunione plenaria di Coordinamento consolare annuale presso l’Ambasciata d’Italia, organizzata dall’Ambasciatrice Zappia, e alla quali hanno partecipato tutti i Consoli Generali, Presidenti dei Comites, Consiglieri CGIE e Direttori degli IIC negli Stati Uniti. Nel suo intervento, la Senatrice ha fornito un aggiornamento sulle proprie attività parlamentari recenti, trattando temi cruciali per il “Sistema Paese Italia” negli Stati Uniti, come il miglioramento dei servizi consolari, l’efficienza dei Comites e la promozione della lingua e della cultura italiana in quel Paese. La discussione ha offerto uno spazio di confronto costruttivo sulle sfide e le priorità delle tante comunità italiane in America, un aspetto su cui la Senatrice ha posto particolare enfasi, richiamando il ruolo centrale delle istituzioni italiane nella salvaguardia dei diritti.
In serata, la Senatrice ha preso parte alla 49ª edizione del Gala annuale della NIAF, evento che ha visto la partecipazione di oltre 1.200 invitati tra cui membri del Congresso americano di origine italiana, esponenti di Camera e Senato italiani e personalità di rilievo della scena politica e imprenditoriale statunitense. Durante la serata, è stato assegnato il titolo di Regione d’onore al Friuli-Venezia Giulia, con la previsione di passare il testimone alla Regione Lazio per il 2025. Tra i premiati di quest’anno spiccano figure come l’ex governatrice del Rhode Island, Gina Raimondo, la Capo della Marina Americana, Lisa Franchetti, l’Ex Speaker della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, Kevin McCarthy, insieme a tanti imprenditori importanti, che hanno testimoniato l’influenza e il contributo degli italo-americani alla società statunitense. Alla serata ha partecipato anche l’ex governatore di New York, Andrew Cuomo.
La Senatrice La Marca ha espresso il suo apprezzamento per il lavoro della NIAF, in particolare per il sostegno concreto a giovani studenti italo-americani tramite borse di studio – la NIAF ha assegnato oltre $ 10.000.000 in borse di studio sin dalla sua fondazione – e ha sottolineato l’importanza di mantenere viva la tradizione italiana negli Stati Uniti. Ha elogiato l’eccellente contributo della comunità italo-americana alla costruzione di forti relazioni bilaterali, rimarcando il valore della cultura e delle eccellenze italiane in un contesto internazionale. Secondo la Senatrice, l’impegno della NIAF rappresenta una garanzia per il futuro dei rapporti tra Italia e Stati Uniti e per la preservazione delle comuni radici culturali.
*(Sen. Francesca La Marca – 3ª Commissione – Affari Esteri e Difesa – Electoral College – North and Central America)
05 – Luca Baccelli*: ISRAELE, LO STATO FUORILEGGE FA LA GUERRA ALLE NAZIONI UNITE. FUORI DAL MONDO LE VIOLAZIONI ISRAELIANE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE RISALGONO A QUANDO IL SIONISMO SI È RIVELATO UN PROGETTO DI COLONIALISMO INSEDIATIVO.
Israele deve la sua legittimità giuridica alla risoluzione 181 dell’Assemblea generale ma da lì in poi ha ignorato o apertamente violato le risoluzioni successive. Gli «stati fuorilegge» sono quelli che si pongono fuori dal «diritto dei popoli»: Israele sembra un caso di scuola
«Sarebbe giustificato e morale far morire di fame due milioni di civili» ha dichiarato il ministro israeliano delle finanze, Bezalel Smotrich, lamentando che però il mondo non lo permetterebbe. Ma ci stanno provando. Anche con le due leggi, approvate dalla Knesset, che bandiscono dai territori occupati palestinesi l’Unrwa.
Si tratta, come è noto, dall’agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati palestinesi (6 milioni), che attualmente rappresenta lo strumento necessario per far arrivare i pochi aiuti internazionali lasciati filtrare da Israele, indispensabili per la mera sopravvivenza della gente di Gaza. O meglio, della sua parte centro-meridionale, perché nel Nord da settimane non arriva niente e la popolazione che sopravvive ai bombardamenti e agli attacchi è deportata.
L’UNRWA rappresenta una spina nel fianco di Israele fin dalla sua costituzione, dopo la pulizia etnica del 1947-48 e la riduzione a profughi della maggior parte dei palestinesi. Ha subito un attacco inedito all’indomani del 7 ottobre quando è bastata l’accusa a 19 suoi operatori di essere coinvolti perché una serie di paesi occidentali, fra cui l’Italia, bloccasse i finanziamenti. Ora è chiaro che l’attacco all’Unrwa si inserisce in una strategia di intenzionale riduzione alla fame della popolazione palestinese che continua da più di un anno: il crimine di starvation, richiamato nel ricorso del Sudafrica alla Corte internazionale di Giustizia (Icg) e dal procuratore della Corte Penale Internazionale (Icc).
Ed è altrettanto chiaro che il bando si inserisce in una guerra di Israele alle Nazioni unite. Una guerra mediatica, quando sono state accusati di antisemitismo la Icj per la sua decisione che dichiara «plausibile» l’accusa di genocidio e per il parere che dichiara illegale l’occupazione di Gerusalemme Est, Gaza e Cisgiordania, seguito dalle risoluzione approvata dell’Assemblea generale del 18 settembre che intima a Israele di «porre fine senza indugio alla sua presenza illegale».
Così come antisemita sarebbe il procuratore della Icc che ha chiesto l’arresto del premier Netanyahu e del ministro della difesa Gallant, considerandoli uguali ai leader di Hamas di fronte alla legge. Una guerra politica, al suo apice quando Netanyahu in Assemblea generale ha definito le Nazioni unite «palude antisemita». E soprattutto una guerra guerreggiata, con i ripetuti attacchi alla missione Unifil in Libano.
Tutto questo in un continuum di violazioni del diritto internazionale che risalgono almeno a quando il sionismo si è rivelato un progetto di colonialismo insediativo. Israele deve la sua legittimità giuridica alla risoluzione 181 dell’Assemblea generale, approvata da 33 Stati sui 56 allora membri delle Nazioni unite.
Da lì in poi ha ignorato o apertamente violato le successive risoluzioni dell’Assemblea e quelle, ben più cogenti, del Consiglio di sicurezza: dalla 242/1967 che imponeva il ritiro dai terrori occupati alla 2728/2024 che ordinava il cessate il fuoco a Gaza durante il Ramadan, mentre gli atti di aggressione contro altri paesi si sono susseguiti nei decenni. Le violazioni del diritto internazionale umanitario sono state la regola, dalle violenze sui civili e dalle deportazioni durante la Nakba all’imposizione del regime di apartheid, all’assassino di leader ostili fino a Haniyeh, Nasrallah e Sinwar; all’orrore di Gaza con l’attacco intenzionale al personale umanitario, medico, dell’informazione, l’uso di civili come scudi umani, la mattanza dei bambini, la distruzione di interi edifici con centinaia di morti civili per colpire presunti «terroristi».
MA IL MOVIMENTO sionista ha fatto ricorso al terrorismo almeno dal 1937 (solo un esempio fra i meno cruenti: le bombe all’ambasciata britannica di Roma nel 1946). E persino un intellettuale incrollabilmente fedele a Israele come Michael Walzer non ha potuto non qualificare come terrorismo gli attentati in Libano attraverso il sabotaggio di cercapersone e walkie-talkie venduti a Hezbollah.A proposito di filosofi politici, John Rawls usava l’espressione «stati fuorilegge» (appena un po’ più delicata di «stati canaglia» in voga in quegli anni) per connotare i paesi che si pongono fuori dal «diritto dei popoli» e violano i diritti umani. Israele sembra un caso di scuola, eppure il suo governo e le sue forze armate, appoggiati dal fior fiore dei giuristi accademici, sostengono che le sue azioni militari sono legittimate dal diritto di autodifesa e rispettano il principio di proporzionalità.
Forse hanno nostalgia dei bei tempi in cui il diritto internazionale esprimeva «la coscienza giuridica del mondo civile» lasciando il resto del mondo vittima del «libero e spietato uso della violenza». O più probabilmente confidano che la regola dei doppi standard continui ad essere applicata. Ma i tempi stanno cambiando.
*(Fonte: Il Manifesto – Luca Baccelli insegna Filosofia del diritto all’Università di Camerino. È stato visiting scholar presso varie università straniere)
06 – Anna Fabi *: Pensioni INPS, oltre 300mila pagate all’estero: i nuovi trend. Le pensioni INPS pagate all’estero raggiungo italiani trasferitisi in oltre 160 Paesi, con nuovi trend: dopo Europa e America, emergono Asia e Africa.
Sintesi. Pubblicato il nuovo Rapporto INPS sulle pensioni pagate all’estero. Il documento offre una panoramica aggiornata agli ultimi dati disponibili, evidenziando le dinamiche di migrazione dei pensionati italiani e la crescente distribuzione geografica dei pagamenti pensionistici.
L’analisi dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale non solo fotografa i principali trend dei trasferimenti, ma mette in risalto il ruolo crescente della migrazione come fenomeno sociale e identitario.
La mobilità internazionale, in linea con le disposizioni del Regolamento Europeo 883/2004 sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, assicura il diritto alle prestazioni previdenziali indipendentemente dal Paese di residenza.
Ebbene, secondo il Rapporto, le pensioni versate all’estero dall’INPS a fine dello scorso anno ammontavano a oltre 310.000 unità, con un valore complessivo di circa 1,6 miliardi di euro. Questa cifra rappresenta circa il 2,3% delle pensioni totali erogate dall’Istituto, distribuite in circa 160 Paesi.
La componente delle pensioni in regime internazionale rappresenta una quota significativa: sono circa 680.000, delle quali il 36% viene pagato all’estero per un importo annuo di poco meno di 562 milioni di euro.
Dove si trasferiscono i pensionati italiani
Pensionati: i Paesi in cui trasferirsi per pagare meno tasse
La maggior parte dei pagamenti delle pensioni erogate dall’INPS a cittadini che risiedono all’estero si concentra in Europa (48%), seguita da America (38%) e Australia (11%). Il rapporto evidenzia una tendenza all’incremento del numero di pensioni erogate in aree specifiche: i dati mostrano infatti un aumento dei pagamenti in Europa (+4,3%), ma anche in America centrale, Asia e Africa, con incrementi rispettivi di +38,9%, +34,9% e +30,3%.
Al contrario, si registra un calo dei pagamenti in America settentrionale e meridionale e in Oceania, aree tradizionalmente scelte dai pensionati italiani del secolo scorso, ora in riduzione per l’avanzare dell’età media.
Questo fenomeno sottolinea il progressivo adattamento dei flussi pensionistici alle nuove realtà migratorie, con una minore concentrazione nelle tradizionali mete dell’emigrazione italiana e un aumento in Paesi emergenti.
L’analisi dell’Istituto fornisce una base per orientare le politiche sociali in un contesto di crescente mobilità, garantendo una tutela continua e adattata ai pensionati italiani, ovunque risiedano.
*( Fonte: PMI.it – Anna Fabi, Esperta di Economia, Fisco e Information Technology, scrive da anni di attualità legata al mondo delle piccole e medie imprese.)
06 – Antonio Montefusco*: IL MEDIOEVO DI SAPEGNO PENSANDO AL FASCISMO.
SCAFFALE TORNA PER LE EDIZIONI STORIA E LETTERATURA «FRATE JACOPONE». TESI DI LAUREA DELL’INTELLETTUALE AOSTANO, FU EDITO NEL 1926 ANNO DELLA MORTE DI GOBETTI
NEL 1926, PIERO GOBETTI RIPARAVA GIÀ A PARIGI, MALMESSO, MA CONTINUAVA A SEGUIRE, ANCHE GRAZIE ALLA MOGLIE ADA, I SUOI PROGETTI EDITORIALI IN ITALIA.
Il giovane Natalino Sapegno, conosciuto a Torino prima della laurea, collaborava attivamente da tempo a questi progetti, e con il celebre Resoconto di una sconfitta (1924) aveva dato il suo contributo decisivo richiamando alle sue responsabilità il mondo intellettuale italiano, preda di un vuoto di azione dopo la fine della guerra e incapace di riconoscere in Croce la guida più coerente e sistematica.
QUESTO SAGGIO DOLOROSO mette sul tappeto, con toni che ricordano il Tronti degli anni ’80 e ’90, i temi che agitavano la nuova generazione nel periodo terribile tra la marcia su Roma e il 1926, quando l’inquieto giovane Gobetti moriva dopo che le leggi fascistissime avevano ridisegnato le istituzioni senza quasi trovare resistenze.
Proprio nel 1922 il giovane aostano Natalino aveva discusso a Torino una tesi di laurea sulla poesia del frate francescano radicale Iacopone da Todi con il professor Vittorio Cian, esponente di lungo corso della gloriosa scuola storica nonché sfidante a duello dell’antifascista Gobetti dopo che quest’ultimo aveva chiarito sul suo giornale che il regime non si sconfiggeva coi giochi parlamentari.
A chiusura di questo cerchio intensamente politico e personale, Sapegno pubblicò per le edizioni del Baretti, appena dopo la morte dell’editore, una versione rivista della tesi di laurea di quattro anni prima.
L’anastatica di questa edizione è oggi pubblicata nel quadro delle edizioni gobettiane (Natalino Sapegno, Frate Jacopone, Edizioni Storia e Letteratura, pp. 252, euro 26) arricchita da un prezioso paratesto informativo. Lo studio di Sapegno si sviluppa su due movimenti, che sono anche le due parti del libro: una sezione biografica, che ricostruisce la vita di Iacopone, un personaggio in vista della Todi del Duecento che si converte tardivamente alla vita francescana per poi entrare in conflitto con la dirigenza dell’Ordine e con il papa, finendo addirittura in prigione; una sezione più letteraria, che propone una lettura dell’opera poetica di Iacopone, le Laudi (ballate di argomento religioso).
LE DUE PARTI fanno emergere due anime dello studioso, che rimontano a due approcci diversi: da una parte, quella erudita della scuola storica, fortemente radicata nell’Università di Torino; dall’altra, quella crociana, che rendono operativa sull’opera del frate-poeta la distinzione fra poesia e non poesia.
Possono sembrare divaricate, ma in realtà Sapegno riesce a superare il pregiudizio storico che manteneva Iacopone completamente «fuori» dal canone letterario, o perché «popolare» o perché troppo teorico (e quindi colto, secondo Novati).
Riesaminando le fonti che confermano la partecipazione attiva del frate alla frangia più tormentata dei francescani, lo Iacopone di Sapegno è segnato da questo conflitto religioso, ma anche da un percorso di continua conversione.
Questo quadro permette allo studioso di far saltare il corto-circuito crociano: invece di cercare spezzoni di vera poesia, Sapegno isola il nucleo lirico di questa scrittura a metà tra i vortici lessicali delle laude che tentano l’impossibile descrizione del rapporto con la divinità, e quelle più violentemente implicate nella lotta religiosa, e quindi predicatorie, retoriche, finanche filosofiche.
Questa mossa è rimasta isolata ed è stata scarsamente messa in atto dalla critica successiva, che con molta difficoltà ha saputo vedere nelle Laudi un’esperienza poetica parallela a quella dello Stil Novo e del giovane Dante (ed è il risultato più rilevante dell’analisi di Sapegno), sottolineandone, al contrario, una voluta ed esibita marginalità.
Eppure questo saggio, pure apparentemente così lontano e accademico, pure così capace di incubare il metodo e gli interessi del Sapegno maturo (la storia letteraria totale, il problema delle origini e della poesia minore) e della sua capacità di fare scuola (coi vari Salinari e Asor Rosa), bruciava di attualità in quel fatidico 1926 ed era capace di unire il percorso tormentato di Natalino e quello di Gobetti.
AVVICINATOSI a quest’ultimo ma poi ritiratosi dalla militanza attiva, Sapegno trovava nella tradizione famigliare cattolica un rifugio che lo portò a curare un’antologia di Tommaso d’Aquino poco dopo la laurea; proprio nello stesso anno, Gobetti inchiodava un’intera generazione alle sue responsabilità non solo politiche ma anche intellettuali invitando a scegliere: «o con il tomismo e con la Chiesa, o con il razionalismo moderno… con l’eresia, insomma». (La Rivoluzione liberale, 1922) Lo Iacopone di Sapegno è il sintomo di un tormento di questa generazione, che si mette davanti a un eretico e scismatico (come Gobetti) che «non pareva avvertire il pericolo della sua posizione estrema».
*( Fonte: Il Manifesto – Antonio Montefusco. Attualmente è Professore Ordinario di Letteratura medievale all’Università della Lorena, in Francia. Ha scritto su Iacopone da Todi e su Dante)
07 – Lorenzo Tecleme*: L’EX ASSESSORE DI VALENCIA: «QUESTA GIUNTA È NEGAZIONISTA E HA MINIMIZZATO» INTERVISTA GIUSEPPE GREZZI È ITALIANO, MA DA ORMAI UN QUARTO DI SECOLO VIVE, LAVORA E FA POLITICA A VALENCIA, LA COMUNITÀ AUTONOMA EPICENTRO DELLA DEVASTANTE ALLUVIONE CHE IERI HA COLPITO LA SPAGNA
MADRID – «In questo momento il cuore è prima di tutto verso chi soffre. Mi arrivano messaggi: c’è gente isolata da ore, famiglie senza luce e senza acqua. E poi i morti, tanti. Bisogna salvare tutti, ed evitare che riaccada».
Giuseppe Grezzi è italiano, ma da ormai un quarto di secolo vive, lavora e fa politica a Valencia, la comunità autonoma epicentro della devastante alluvione che ieri ha colpito la Spagna. Lui si definisce un figlio dell’Erasmus, ma al contrario: da studente a Bologna ha conosciuto una ragazza valenciana, e per lei si è trasferito. Con gli autonomisti di sinistra di Compromís si è impegnato a trasformare in senso ecologico la città e la regione negli anni dei governi di centrosinistra. Assessore alla mobilità e allo spazio urbano, presidente del trasporto pubblico locale: «Abbiamo aumentato le bici, i bus, gli spazi pedonali». Ci racconta. Della sua terra adottiva, però, oggi non si parla per i successi verdi.
Più di 70 morti e un sistema di allarme contestato: qual’è la sua analisi?
C’è evidentemente il ruolo del cambiamento climatico, che intensifica questi fenomeni. Lo si è visto negli ultimi mesi in tutto il Mediterraneo, Italia compresa. Il mare è caldo, c’è molta energia, e questa finisce con lo sfogarsi violentemente, Da noi è piovuta in otto ore la pioggia che normalmente cade in un anno e mezzo. Ma assieme al fenomeno globale c’è l’aggravante locale. Da quattro giorni si sapeva che la tormenta stava per arrivare, ma non si è fatto niente. Il presidente della comunità autonoma, di centrodestra, alle 12:00 di ieri tranquillizzava in conferenza stampa, diceva che per le sei del pomeriggio sarebbe finita. Il primo sms del sistema di allerta ci è arrivato alle 20:15, ma gli allagamenti erano in corso da almeno tre ore! La gente nel frattempo era fuori casa ed è rimasta bloccata a lavoro, nelle fabbriche, nei centri commerciali. La città di Valencia è stata parzialmente risparmiata, ma i paesi attorno – spesso peraltro privi di piani di prevenzione – sono stati travolti.
Perché la giunta non ha preso le dovute contromisure?
La mia sensazione è che ci sia un problema ideologico e psicologico insieme. Questi al governo sono destra negazionista, hanno l’appoggio degli estremisti di Vox. Se passi il tempo a dire che il cambiamento climatico non esiste, che è allarmismo, al momento dei fatti non prenderai decisioni all’altezza del problema. Quando governavamo noi (la coalizione di Psoe, Podemos e Compromís) avevamo lavorato a un piano per l’emergenza climatica: loro oggi parlano di portare nuovi grandi eventi, di come cementificare le coste per costruire nuovi hotel. Un dato su tutti: appena arrivati, hanno eliminato in pompa magna l’Unidad Valenciana de Emergencia, l’unità di crisi che avevamo costituito noi proprio per queste situazioni. Se ne vantavano, dicevano che era una spesa inutile. Oggi si vede che, forse, a qualcosa serviva.
Cosa bisognerebbe fare per preparare il territorio a nuovi eventi di questo tipo?
Innanzitutto il piano per le zone alluvionabili
. I torrenti con questa pioggia diventano autostrade d’acqua, e se trovano una costruzione la spazzano via. Bisogna allontanare gli abitati dalle aree a rischio. Poi serve rafforzare il territorio: bloccare la cementificazione e aumentare gli alberi, che trattengono l’acqua. Un programma ci sarebbe: lo si era fatto nel 2003, e mai applicato. Nel 2019 lo aggiornammo, ma questa nuova giunta ha deciso di bloccare tutto.
*( Lorenzo Tecleme scrive di clima, di politica e delle due cose assieme. Collabora tra le altre con le testate italiane manifesto)
08 – Andrea Fabozzi*: GOVERNO DI BULLI: HO TORTO, MA HO RAGIONE «PAESI SICURI» È COME PER LA CALCOLATRICE, IMPUGNATA DA MELONI IN TV CON VESPA PER FARE CHIAREZZA SUI NUMERI DELLA LEGGE DI BILANCIO. MA I CONTI NON TORNANO E ALLA FINE LA […]
È COME PER LA CALCOLATRICE, IMPUGNATA DA MELONI IN TV CON VESPA PER FARE CHIAREZZA SUI NUMERI DELLA LEGGE DI BILANCIO.
Ma i conti non tornano e alla fine la presidente del Consiglio ammette: «Ho fatto un casino». Anche sui migranti deportati in Albania hanno fatto un casino. Anzi, più di uno: la sfilza di decreti e protocolli ha prodotto un clamoroso fallimento. E moltiplicato le sofferenze di sedici persone, costrette a navigare di cella in cella: avessero accesso a un minimo di stato di diritto adesso potrebbero chiedere i danni.
Eppure ancora non basta, quel decreto “paesi sicuri” che avrebbe dovuto rimettere in riga i giudici, per il quale si era convocato di urgenza il Consiglio dei ministri e sfidato il Quirinale, ora sparisce. Si inabissa per evitare anche il pieno controllo parlamentare. Il governo si deve correggere, si accorge che i suoi proclami non funzionano. Ma ormai senza freni reagisce con un nuovo strappo alle regole. Non chiede scusa anzi attacca chi non si adegua al “casino”.
L’attacco è violentissimo. Colpisce anche la vita privata del giudice che ha applicato la legge che loro stessi hanno scritto. Sì, perché il collegio di Bologna, presieduto da Marco Gattuso, non ha disapplicato il decreto con dentro la lista dei “paesi sicuri” decisa al tavolo di palazzo Chigi. Eppure avrebbe potuto: la Corte costituzionale e la Corte di Giustizia ricordano ai giudici ordinari di interpretare il diritto in modo costituzionalmente orientato, cioè tenendo presente che Costituzione e diritto europeo sono sovraordinati rispetto alle leggi nazionali. Un principio che nessuna “commissione speciale” della maggioranza parlamentare potrà mai sovvertire, per quanto si stia pensando persino a questo. Ma il collegio del tribunale di Bologna ha fatto invece una scelta prudente e intermedia, limitandosi a chiedere ai giudici di Lussemburgo come regolarsi, visto che il governo italiano ha tirato fuori una legge che smentisce il diritto europeo.
In fondo è proprio quello che il governo prevedeva, quando ha fatto il decreto. Ma la logica ormai è perduta, per non dire del dovere di leale collaborazione: il governo dei bulli alza la voce e il tono delle minacce non solo per andare contro chi non si adegua ma anche per coprire i propri errori. Meloni dice che il provvedimento del giudice Gattuso è «un volantino propagandistico» però guarda caso è lei che ritira la sua legge, perché non le basta. Il decreto nel nome del quale la destra muove guerra ai giudici – e i suoi giornali anche al Quirinale -, infatti, semplicemente sarà lasciato morire. Lo ha candidamente annunciato il governo in parlamento: scherzavamo, non sarà convertito. Cambiando per la terza volta ramo parlamentare, dribblando audizioni e pareri degli esperti, un qualche testo funzionale alle deportazioni dei migranti comunque ci sarà, ma diventerà un emendamento a un altro decreto. Non serviva dunque il Consiglio dei ministri, inutile la conferenza stampa di Nordio e Mantovano, poi però la propaganda la farebbero i giudici.
“PAESI SICURI” cambierà forma e non è improbabile che cambi anche sostanza, com’è già accaduto tra il primo annuncio di palazzo Chigi e la pubblicazione del decreto (ora inutile) in Gazzetta ufficiale. La novità potrebbe avere conseguenze sul giudizio che adesso attende la Corte di giustizia europea e non è da escludere che ci sia anche questo pensiero a palazzo Chigi. Del resto sul decreto Cutro hanno fatto lo stesso: pur di non mandarlo davanti ai giudici europei hanno rinunciato al ricorso contro le decisioni del tribunale di Catania (allora la nemica era la giudice Apostolico). Il governo, insomma, produce testi di legge come fossero comunicati stampa, per litigare con chi non gli dà ragione e poi subito dopo per cambiare idea e smentirsi. E intanto gioca con le vite dei migranti e demolisce pezzo dopo pezzo i principi fondamentali, come l’habeas corpus e il diritto d’asilo. Ma guai a chi se ne accorge: lo stato di diritto ormai è un impiccio.
*(Andrea Fabozzi . Cronista parlamentare, al manifesto dal 2001, insegnante di giornalismo a Unisob dal 2010. E’ direttore del manifesto dal 2023.)
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