n°39 –28/09/24 – RASSEGNA DI NEWS NAZIONALI E INTERNAZIONALI. NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL’ESTERO

01 – Andrea Carugati*: Mattarella «Dall’estrema destra ricette ingannevoli»
Visita in Germania “Si illudono gli elettori dicendo che si può tornare a sessant’anni fa: quell’età dell’oro non si ripeterà”
02 – La Senatrice La Marca (PD) partecipa all’annuale riunione Inter-Comites Canada
03 – Luciana Cimino*: Referendum Cittadinanza, superato il quorum – Diritti Record nella raccolta firme on line: 300mila in 36 ore
04 – CI RISIAMO (ndr). Gaetano Azzariti*: Il governo è chiaro: lo stato di diritto è solo un intralcio.
05 – Elena Capilupi*:Kamala Harris, come funziona la campagna social
Dall’estate Brat al post Femininomenon, i numeri che stanno facendo conquistare alla candidata democratica un posto al sole sul social
06 -Numeri alla mano – I dati sono un ottimo modo per analizzare fenomeni, raccontare storie e valutare pratiche politiche.
07 – Laura Carrer*: Le leggi contro i deepfake elettorali negli Usa – La tecnica del deepfake viene usata ormai da quasi dieci anni per combinare immagini e video esistenti con altrettanti originali attraverso l’intelligenza artificiale.
08 – Claudia Fanti*: Tasso di povertà in Argentina, Milei fa peggio del Covid
Sudamerican Psycho: Il 52,9% della popolazione vive sotto la soglia, + 11,2% rispetto al semestre precedente. Ma il presidente sbandiera altri dati. Cresce la protesta

 

 

01 – Andrea Carugati*: MATTARELLA «DALL’ESTREMA DESTRA RICETTE INGANNEVOLI»
VISITA IN GERMANIA «SI ILLUDONO GLI ELETTORI DICENDO CHE SI PUÒ TORNARE A SESSANT’ANNI FA: QUELL’ETÀ DELL’ORO NON SI RIPETERÀ. APRIRE CANALI REGOLARI PER I MIGRANTI CHE VOGLIANO LAVORARE IN EUROPA». ASSE CON IL COLLEGA TEDESCO STEINMEIER, DOMENICA SARANNO INSIEME A MARZABOTTO PER L’80ESIMO ANNIVERSARIO DELL’ECCIDIO NAZIFASCISTA

Premette di «non avere titolo per esprimermi sulle forze politiche», alla domanda sull’avanzata dell’estrema destra. Ma Sergio Mattarella, interpellato da un giornalista tedesco durante la visita di Stato in Germania iniziata ieri, non si sottrae a un tema che evidentemente lo preoccupa. «Il mondo sta cambiando molto, cambiano le forme di lavoro, i modi di comunicazione, l’economia, gli strumenti che consentono di aiutare il pensiero, il modo di interazione tra le varie parti del globo con forti movimenti migratori in ogni parte del mondo», ragiona il Capo dello Stato.
«Tutto questo disorienta alcune parti della pubblica opinione e vi è una risposta molto facile ma ingannevole che viene data da qualcuno: “Vi faremo tornare all’età dell’oro che c’era cinquanta, sessanta anni fa”. Ma questo ignorando che il mondo non torna indietro e che la risposta seria invece è affrontare i problemi in maniera costruttiva e governarli positivamente», dice Mattarella in conferenza stampa con il suo omologo tedesco Frank-Walter Steinmeier.
LA QUESTIONE MIGRANTI è stata al centro dei colloqui tra i due presidenti. Davanti ai giornalisti Mattarella ribadisce un suo antico convincimento: «Riusciremo a risolvere il problema organizzando ingressi per chi vuole lavorare, togliendoli dai trafficanti di esseri umani». E fa anche una proposta: «Segnalo che alcune associazioni industriali organizzano corsi di formazione per i paesi africani. Una volta addestrati vengono nelle industrie italiane, fanno un periodo e poi decidono se restare lì o andare ad investire quanto hanno appreso in professionalità nel loro Paese. È un metodo positivo».

«Ingressi regolari e autorizzati, disciplinati in forma ordinata», insiste. «Si tratta di un fenomeno epocale: è nelle Americhe, è in Asia e tra l’Africa e l’Europa, considerato lo squilibrio demografico che vi è tra Africa ed Europa, squilibrio crescente nelle previsioni che fanno per il futuro i demografi. Quindi tutti i governi sono alla ricerca degli strumenti per poter governare in maniera ordinata, senza che questo crei sconvolgimenti nell’ambito interno».
SONO CAMBIATI i rapporti tra Roma e Berlino?, gli domanda una giornalista tedesca. «No», dice Mattarella. «Non sono mutati. Per noi la Germania è un partner imprescindibile. Stiamo attraversando una fase di grande collaborazione bilaterale, a livello governativo e istituzionale. Le nostre economie sono intensamente connesse. La nostra collaborazione attraversa molti settori. Anche settori tecnologici proiettati nel futuro, come nel caso della transizione energetica, fondamentale per l’economia della nostra società e dell’Europa: una sfida di questo genere non può essere affrontata e vinta soltanto dai singoli Paesi».
Sulla fusione Unicredit- Commerzbank, osteggiata dal governo tedesco, Mattarella ha detto che «è indispensabile che crescano campioni europei in vari settori ed in grado di competere a livello internazionale. Un percorso suggerito anche dal rapporto Draghi».
DOMENICA I DUE presidenti saranno insieme a Marzabotto per l’80esimo anniversario del più grave eccidio nazifascista della seconda guerra mondiale, con 770 vittime civili tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944. «Ringrazio il presidente Steimeier di venire con me: è un gesto di amicizia, sottolinea come Germania e Italia insieme costruiscono il futuro di pace e collaborazione, e siano dei cardini per l’integrazione europea». «Provo profonda umiltà e gratitudine», gli ha fatto eco Steinmeier. «Quello di Marzabotto è uno dei molti crimini delle SS e della Wehrmacht commessi in Italia. Crimini che hanno lasciato ferite profonde».
Nel pomeriggio il presidente della Repubblica ha incontrato il cancelliere Scholz. In agenda il comune sostegno all’Ucraina, una forte spinta all’integrazione Ue anche sul fronte finanziario e la guerra in Medio Oriente. «Siamo alla ricerca di una conclusione a questa sconsiderata avventura russa contro l’Ucraina, ma la pace non vuol dire sottomissione e abbandono dei principi di dignità e del diritto internazionale», le parole di Mattarella.
*(Andrea Carugati. Giornalista, laureato in Comunicazione politica, dopo alcuni anni all’Unità dal 2014 scrive di politica per il Manifesto)

 

02 – La Senatrice La Marca (PD) PARTECIPA ALL’ANNUALE RIUNIONE INTER-COMITES CANADA

VENERDÌ, 20 SETTEMBRE, LA SENATRICE LA MARCA HA PARTECIPATO ALL’ANNUALE RIUNIONE “INTER-COMITES CANADA” SVOLTASI AD OTTAWA ALLA PRESENZA DELL’AMBASCIATORE ITALIANO IN CANADA, DEI TRE CONSOLI GENERALI (TORONTO, MONTREAL E VANCOUVER), DEI PRESIDENTI COM.IT.ES E CONSIGLIERE CGIE CANADA.
All’ordine del giorno, l’aggiornamento della situazione dei Com.it.Es in Canada e le iniziative realizzate e in corso di realizzazione, la promozione della lingua e cultura italiana, la situazione della rete dei servizi consolari e dei servizi alla Comunità italiana in Nord e Centro America.
“Colgo l’occasione di questa riunione per porre l’attenzione sulle difficile situazione che stanno vivendo molti dei nostri Enti promotori in Canada, in seguito all’approvazione della circolare 4 del 2022, circolare che modifica i criteri di finanziamento di quest’ultimi creando notevoli disagi. Ho comunicato più volte – continua la Senatrice – direttamente al Ministro Tajani, la necessità di modificare la circolare soprattutto la parte che riguarda i progetti e i criteri per attingere ai finanziamenti, ma fin qui non vi è stato alcun intervento da parte del Ministero degli Esteri in merito.”
“Riguardo il reciproco riconoscimento delle patenti di guida con le province canadesi dell’Ontario e la British Columbia, ho presentato un’ulteriore interrogazione (potete leggerla qui: https://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=Sindisp&leg=19&id=1423205) alla quale pero i Ministri Salvini e Tajani non hanno ancora risposto. Per quanto riguarda invece il Quebec, sto lavorando assiduamente insieme al Console Generale a Montreal, la presidente del Comites Montreal e la delegata del Quebec a Roma per arrivare ad una soluzione “politica”.”
“Sempre al Ministro Tajani, in più occasioni, ho riportato anche la necessità di semplificare il sito Prenot@mi, piattaforma che risulta ancora troppo complicata per i nostri connazionali che andrà necessariamente rivista nell’interfaccia e nelle modalità di utilizzo.”
“In chiusura, non si ferma il mio impegno sul riacquisto della cittadinanza italiana. Sto sollecitando la Prima Commissione del Senato ad avviare l’iter di discussione sui miei ddl incardinati e auspico un prossimo sviluppo. Il riacquisto della cittadinanza italiana e la diminuzione delle spese per le istanze collegate alla procedura sono una necessità da troppo tempo trascurata. Questo Governo continua ad osteggiare l’approvazione di queste misure ma il mio impegno non si ferma! (Qui trovate il testo del ddl: https://www.senato.it/loc/link.asp?tipodoc=sddliter&leg=19&id=58450
“Ringrazio l’Ambasciatore Ferrari per aver organizzato questo momento di confronto cosi importante con le rappresentanze delle nostre collettività per fare il punto sui temi di maggiore rilievo per noi italiani in Canada e cercare di arrivare insieme a delle soluzioni alle criticità”.
*(Sen. Francesca La Marca – 3ª Commissione – Affari Esteri e Difesa – Electoral College – North America)

 

03 – Luciana Cimino*: REFERENDUM CITTADINANZA, SUPERATO IL QUORUM – DIRITTI RECORD NELLA RACCOLTA FIRME ON LINE: 300MILA IN 36 ORE

Il primo obiettivo è stato raggiunto in tempi record: sono quasi 550 mila le firme per il referendum sulla cittadinanza, che riduce da 10 a 5 anni il tempo di residenza nel nostro paese necessario ad avviare la pratica ed estende il diritto ai figli minori. Nelle ultime 36 ore c’è stato un boom di adesioni sul sito che ha causato numerosi problemi alla piattaforma governativa, andata in tilt più volte.

Adesso comincia la parte più difficile della campagna: convincere le persone a recarsi ai seggi tra maggio e giugno 2025, dopo il controllo di legittimità costituzionale sul quesito. «Il protagonismo giovanile è stato fondamentale per questo risultato – ha commentato Walter Massa, presidente di Arci -. È un segnale forte a chi diceva che la cittadinanza non era un tema urgente, a chi usa l’immigrazione strumentalmente e a chi è stato timido nel portare avanti questa questione mentre è evidente che riguarda la pelle viva delle persone. Come il lavoro e l’autonomia, altro oggetto di referendum». Per Massa c’è un dato politico da raccogliere: «Nonostante leggi pessime, le nostre comunità sono inclusive. Ora va coltivato questo risultato e va portata avanti con coraggio una campagna partecipata in vista della stagione referendaria del prossimo anno. I referendum hanno il merito di portare un tema al centro del dibattito pubblico, se diventano battaglie di tutti il paese ha solo da guadagnarci».

Intanto la destra tenta di correre ai ripari annunciando l’arrivo di una proposta di legge da parte di Forza Italia. Domani si terrà una prima riunione congiunta degli azzurri per mettere a punto il testo che sarà poi oggetto di confronto nella maggioranza e che si annuncia ulteriormente restrittivo: 10 anni di frequenza scolastica per ottenere la cittadinanza e via gran parte degli automatismi nell’acquisizione dei diritti.

«Quella della cittadinanza è una questione seria e non può essere oggetto di giochini parlamentari», ha detto il vice premier Antonio Tajani. «500 mila firme non sono un giochino, sono la mobilitazione straordinaria guidata innanzitutto da associazioni e movimenti che da anni si battono per una riforma della legge 91 del 1992», ha risposto la deputata democratica Ouidad Bakkali, prima firmataria della mozione Pd sulla cittadinanza che sarà discussa oggi in Aula.
*(Luciana Cimino, Giornalista professionista. Il Manifesto. Ho scritto la graphic novel sull’inventrice del giornalismo sotto copertura Nellie Bly)

 

04 – CI RISIAMO (ndr). Gaetano Azzariti*: IL GOVERNO È CHIARO: LO STATO DI DIRITTO È SOLO UN INTRALCIO. LEGGE BANDIERA L’ESAME PUNTO PER PUNTO DEL DISEGNO DI LEGGE SICUREZZA RESTITUISCE UNA VOLONTÀ CHIARA: ALLONTANARSI DA OGNI IDEA DI SOLIDARIETÀ, GARANTISMO E RISPETTO DEI VINCOLI
Il disegno di legge «sicurezza» è solo l’ultimo atto di un più ampio progetto che punta ad abbandonare i principi del nostro sistema costituzionale per abbracciarne altri che appartengono alla storia della destra attualmente al governo.

Detto in sintesi: allontanarsi da ogni idea di solidarietà, garantismo e tutela dei diritti, per favorire il primato dell’egoismo individuale, del populismo penale e dell’ordine pubblico ideale attorno a cui si struttura la mentalità autoritaria.

Così, da un lato, abbiamo la Costituzione, che vieta la violenza, ma legittima il conflitto e la libertà del dissenso, dall’altro, un governo che reprime lo scontro sociale e individua nuove fattispecie di reato. Ciò che non viene più tollerato sono le manifestazioni di critica all’autorità.

Passo dopo passo – dal decreto Cutro al ddl sicurezza – si vuole riaffermare il principio della superiorità dello Stato cui i cittadini devono limitarsi a credere e obbedire.

È IL POTERE che tutela il popolo. Ad esso spetta garantire i diritti, stabilire chi sono gli «amici», quali i «nemici». È il governo a farsi garante della «difesa dei confini» (come se si fosse in guerra), a lui appartiene il potere di escludere «gli altri».

In questo contesto lo stato di diritto e i vincoli internazionali rappresentano perlopiù un intralcio e, dunque, possono essere messi in discussione. Se poi qualche giudice pretende di farli valere si può sempre urlare al complotto. Il potere non può essere portato a processo, esso è legibus solutus. Il principio di autorità prevale su quello di legalità.

Basta elencare alcune delle misure contenute nel ddl sicurezza per avere chiara la direzione di marcia.

La legalità ordinaria è un ostacolo e il potere dei giudici un intralcio? Si facciano decidere alle autorità di pubblica sicurezza le misure preventive limitative della libertà individuale.

Dopo il decreto Caivano, che estendeva ai minori l’applicazione del «Daspo urbano», ora le misure di allontanamento deciso dai questori possono colpire chiunque sia stato anche solo denunciato per reati contro la persona o il patrimonio senza bisogno di una valutazione in concreto di «pericolosità sociale». Come si possa conciliare questo con quanto stabilisce la Costituzione agli articoli 13 e 25 è un mistero.

Le misure definite per contrastare il diritto di manifestare sono ancor più esemplari, giungendo a punire qualsiasi blocco stradale posto in essere «con il proprio corpo» e prevedendo una specifica aggravante qualora le azioni di protesta siano rivolte ad impedire la realizzazione di una grande opera pubblica (eco-attivisti e No Ponte sono avvisati). C’è da chiedersi cosa rimanga della libertà di riunione e di manifestazione del pensiero.

Anche le misure previste in materia di terrorismo appaiono allontanarsi dai principi propri del diritto penale liberale. Non basta più, infatti, la norma che già punisce «comportamenti univocamente finalizzati alla commissione di condotte con finalità di terrorismo» (art. 270 quinquies codice penale), ora si punisce anche chi si procura o detiene materiale potenzialmente idoneo a compiere atti di terrorismo. Un diritto penale di prevenzione di assai dubbia efficacia, ma di sicuro impatto simbolico.

SULLE OCCUPAZIONI abusive si esprime il massimo della forzatura ideologica. Si prescinde infatti del tutto dal considerare le condizioni reali di disagio che possono portare a occupare immobili.

Si riduce un dramma – quello della carenza abitativa e dell’ineffettività del diritto alla casa – a una nube di fumo che tutto equipara. Lo dimostra non solo l’assenza di misure di contrasto alla carenza abitativa, ma anche l’estensione delle pene previste (sino a sette anni!) a chiunque cooperi nell’occupazione. Introducendo così il «reato di solidarietà».

Nessuno potrà più sostenere chi è in situazione di disagio estremo: chi vive in alloggi occupati deve essere lasciato al suo destino e guai a chi si vuol far carico dei bisogni primari dei diseredati.

Verrebbe da chiedersi se anche il Papa sarà incriminato, visto che ha espresso in più occasioni solidarietà e il suo elemosiniere si è spinto persino a riattaccare la corrente ad un palazzo occupato.

La prigione è stata in passato considerata un’istituzione totale, disumana e finalizzata ad umiliare la dignità delle persone recluse. La nostra Costituzione dispone, invece, che chi deve scontare una pena sia trattato con senso di umanità e che il fine della reclusione sia quello della rieducazione del condannato.

Le nuove misure introdotte dal ddl sicurezza ci fanno tornare al carcere come luogo di alienazione disumanizzante. Lo dimostrano due misure selvagge.

La prima cancella il differimento obbligatorio del carcere per le donne incinte o le madri con figli sino ad un anno. Si esige che il carcere travolga tutto. «L’interesse superiore del minore» che è principio che informa la normativa di tutti i paesi che si ritengono civili cede il passo a una visione che non rispetta nessuno, neppure i diritti di chi non solo non ha colpe ma è pure in culla. Vittime innocenti, «danni collaterali» si dirà, utilizzando l’osceno linguaggio bellico.

L’ALTRA MISURA punisce chiunque all’interno delle strutture carcerarie si oppone a un ordine di un agente di polizia, opponendo una resistenza passiva. Anche in questo caso mettendo sullo stesso piano il comportamento di chi rifiuta di sottostare ad un comando – magari illegittimo – e chi partecipa ad una rivolta mediante atti di violenza o minaccia (ipotesi quest’ultime già sanzionate). È stata definita la norma «anti Gandhi»: in effetti oggi c’è da temere che Gandhi sarebbe in carcere a scontare la sua pena.
Che poi analogo trattamento sia previsto nei confronti delle persone migranti trattenute nei Cpr o nei Cas non può certo stupire.
La paura nei confronti dello straniero – «nemico» in via di principio – non prevede il rispetto dei diritti di persone che non hanno commesso reati, ma sono ugualmente costrette in centri assai spesso peggiori delle carceri.
Ddl Sicurezza, contro i migranti l’apartheid della comunicazione
A dimostrazione della “minorità” dei migranti v’è pure l’ultima misura introdotta nel ddl che vieta di vendere le Sim a chi non possiede il permesso di soggiorno.
Prima ancora che incostituzionale è una previsione surreale. Chi può pensare possa funzionare? Impedire di comunicare al tempo di internet è come voler tornare nella preistoria. In fondo, forse, è proprio questa la direzione di marcia.
*(Gaetano Azzariti, professore ordinario di “Diritto costituzionale)

 

05 – Elena Capilupi*:Kamala Harris, COME FUNZIONA LA CAMPAGNA SOCIAL
DALL’ESTATE BRAT AL POST FEMININOMENON, I NUMERI CHE STANNO FACENDO CONQUISTARE ALLA CANDIDATA DEMOCRATICA UN POSTO AL SOLE SUL SOCIAL
Kamala Harris è già un fenomeno social. In poco più di un mese, la vicepresidente e candidata dei democratici per le elezioni presidenziali degli Stati Uniti del prossimo 5 novembre, è riuscita a far parlare di sé grazie a un’ironia e a una freschezza inedite sfoggiate sui social network. Proprio per questo motivo, per molti rappresenta una svolta, soprattutto rispetto al presidente Joe Biden, che a fine luglio si è ritirato dalla corsa.

A renderla la candidata più chiacchierata dalla Generazione Z sono state una serie di mosse strategiche parte di un piano più grande. Un esempio è il rebranding del profilo ufficiale su X/Twitter della sua campagna elettorale, ora chiamato Kamala HQ, con una copertina che richiama l’estetica color lime del nuovo album di Charli XCX, Brat, così come le viralissime emoticon della palma e della noce di cocco diventate simbolo della candidata dem. E ancora, il nome scelto dai suoi sostenitori online, KHive, evidente gioco di parole che fa riferimento a Beyhive, ovvero la fanbase di Beyoncé, ma anche il post Femininomenon, pubblicato dall’account ufficiale della Harris con l’audio della canzone omonima della popstar Chappell Roan.

DATI ALLA MANO
La campagna di Kamala Harris sta registrando un indiscusso successo digitale. Secondo uno studio realizzato per Wired dalla società di comunicazione e marketing digitale DeRev, la candidata dem sta riuscendo a distinguersi per coinvolgimento della community. Il social più utilizzato dal suo team di comunicazione è TikTok, dove dal 21 luglio 2024, data della sua candidatura, ad oggi, ha registrato il 30,6% di interazioni con i suoi post, praticamente il doppio rispetto allo sfidante, il candidato repubblicano Donald Trump, che si è fermato invece al 16,41%. Sempre su TikTok, nello stesso periodo la candidata del Partito democratico ha totalizzato 44 milioni e 750mila interazioni totali (tra like, commenti e condivisioni) contro i 22milioni e 800mila di Trump.
Analizzando la classifica dei 25 post più popolari sui social di DeRev, emerge chiaramente che la community più attiva dei due candidati si trova proprio su TikTok. Il video di Donald Trump che balla ha conquistato il primo posto, con quasi 5,5 milioni di interazioni, seguito a stretto giro da quello in cui Kamala Harris annuncia il suo sbarco sul TikTok, con oltre 5,3 milioni di interazioni.
Harris risulta la più prolifica anche sulle altre piattaforme social. Dal 21 luglio ha infatti pubblicato 844 post tra tutte le piattaforme, contro i 397 di Trump, e ha un engagement medio del 9,25% contro il 2,25% del suo avversario repubblicano. Nel periodo, però, ha guadagnato meno follower: 1 milione e 226 mila, contro i 5 milioni e 550mila di Trump.

CHI C’È DIETRO LA STRATEGIA SOCIAL
La mente dei numerosi meme diventati virali negli ultimi mesi è frutto del lavoro di un team composto da ragazzi appartenenti alla Generazione Z che sta sfruttando i momenti più chiacchierati della campagna elettorale in corso per trasformarli in tendenze di TikTok. A capo del team che si occupa di Tiktok, composto da 5 persone, c’è la 25enne Lauren Kapp, già consulente per il partito democratici. A questo si aggiunge una comunicazione estremamente sfacciata volta spesso a ridicolizzare l’avversario e a rendere lampante il confronto tra i due pretendenti alla Casa Bianca.
In un’intervista alla Cnn, Rob Flaherty, vice direttore della campagna dem e responsabile dei programmi digitali e di raccolta fondi, ha dichiarato che uno dei principali obbiettivi del team è far sì che più utenti possibili pubblichino post su Kamala Harris e, in particolare, quelli appartenenti alla Gen Z, un blocco di elettori non facilmente conquistabile che negli ultimi quattro anni non ha mostrato grande entusiasmo nei confronti del presidente uscente Joe Biden.
*( Elena Capilupi, giornalista Wired)

 

06 -Numeri alla mano – I DATI SONO UN OTTIMO MODO PER ANALIZZARE FENOMENI, RACCONTARE STORIE E VALUTARE PRATICHE POLITICHE. (*)

Con Numeri alla mano facciamo proprio questo. Una rubrica settimanale di brevi notizie, con link per approfondire. Il giovedì alle 7 in onda anche su Radio Radicale. In questa puntata, si approfondiscono delle elaborazioni openpolis in collaborazione con l’associazione italiana coltivatori (Aic).
6,6% LA CRESCITA del valore dell’export agroalimentare italiano nel 2023 rispetto al 2022, secondo Crea. Un aumento che ha portato a raggiungere i 63,1 miliardi di euro. Crescono anche le importazioni, pari a 64,7 miliardi di euro (+4,1%). Si assiste quindi a un miglioramento della bilancia agroalimentare. Le elaborazioni Crea rilevano andamenti diversificati a seconda dei prodotti. I 27 paesi dell’Unione sono il principale territorio in cui si concentrano sia le esportazioni (59,4% dell’export totale) che le importazioni (70,5%).
11% LE AZIENDE AGRICOLE che hanno effettuato almeno un investimento di tipo innovativo tra il 2018 e il 2020. Principalmente, gli investimenti di questo tipo si concentrano nell’ambito della meccanizzazione (55,6%) e dell’impianto e della semina (23,2%). Sono poco diffusi invece gli interventi sulla struttura organizzativa (7,6%) e commerciale (5,5%) che prevedono una revisione aziendale interna pure sul lato del personale. Residuali gli investimenti nella gestione dei rifiuti (1,8%).
904 LE AZIENDE che svolgevano attività di agricoltura sociale nel 2020. Il dato (elaborato da Istat) comprende tutte le imprese che svolgono attività differenti con finalità sociali messe in atto dagli imprenditori agricoli. Alcuni esempi sono l’inclusione lavorativa di manodopera in condizione svantaggiata, progetti di educazione ambientale e alimentare, servizi socio-sanitari, culturali o ricreativi. Queste aziende compongono l’1,4% delle realtà che hanno almeno un’altra attività connessa all’agricoltura e sono pari allo 0,1% di tutte quelle presenti sul territorio nazionale. Si tratta quindi di un contesto ancora embrionale, sul quale risulta molto complesso avere un quadro ben definito.
2.123 I LAVORATORI nel settore agricolo vittime di violazioni accertate per caporalato e sfruttamento nel 2023. La fattispecie considerata è quella dell’articolo 603bis del codice penale. Parliamo di un aumento del 180% rispetto all’anno precedente. Si tratta del segmento produttivo in cui ci sono più lavoratori coinvolti. Questi dati, elaborati dall’ispettorato nazionale del lavoro, tengono conto degli esiti delle ispezioni e delle verifiche effettuate sulle aziende del settore. Non è quindi una stima completa del fenomeno che vede anche una parte di sommerso.
OLTRE 330 il numero di giorni asciutti, ossia senza precipitazioni, registrati in numerose aree di Sicilia e Sardegna nel 2023 su elaborazione Snpa. Si tratta delle aree che riportano i valori più alti a livello nazionale. Nella penisola, le altre aree che registrano un quantitativo di giorni elevato si trovano in Piemonte, Liguria di Ponente, Emilia-Romagna, Puglia e gran parte delle aree costiere. In Sicilia e in Sardegna si segnalano valori molto elevati anche per quel che riguarda i giorni asciutti consecutivi, rispettivamente fino a 165 e fino a 100. Altre aree in cui si riportano dati simili sono alcune zone della costa Jonica e gran parte della Puglia.
*(Fonte: Openpolis, )

 

07 – Laura Carrer*: LE LEGGI CONTRO I DEEPFAKE ELETTORALI NEGLI USA – LA TECNICA DEL DEEPFAKE VIENE USATA ORMAI DA QUASI DIECI ANNI PER COMBINARE IMMAGINI E VIDEO ESISTENTI CON ALTRETTANTI ORIGINALI ATTRAVERSO L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE.

È particolarmente utilizzata per creare contenuti pornografici o sessualmente espliciti, ma anche in ambito politico. Le ragioni sono molte in questo caso: una su tutte è quella di orientare il dibattito pubblico durante le elezioni attraverso immagini, audio e video che ritraggono un politico che in realtà non ha mai fatto determinate dichiarazioni o che non le ha mai fatte in quel contesto.

Alcuni giorni fa il New York Times ha raccontato le tre nuove leggi sull’argomento presentate dal governatore californiano Gavin Newsom, democratico, sottolineandone gli aspetti innovativi. Sebbene infatti non siano certamente le prime leggi che si discutono sul tema negli Stati Uniti così come nel resto del mondo, una tra quelle proposte è abbastanza unica poiché riguarda l’introduzione di un requisito obbligatorio alle piattaforme di social media per contrastare la disinformazione politica. Due delle leggi firmate la scorsa settimana poi, pongono dei limiti alla circolazione dei deepfake che prendono di mira candidati politici o mettono in dubbio l’esito di un’elezione.

TRA LE TRE, una entra in vigore immediatamente e vieta di fatto a persone o gruppi di condividere consapevolmente contenuti simili: applicabile nei 120 giorni prima di un’elezione, come similmente è già realtà in altri stati americani, si contraddistingue però perché rimane applicabile anche per i 60 giorni successivi. Il senso è quello di limitare la disinformazione anche durante lo spoglio dei voti.

Quest’anno, giusto per citarne uno famoso, il proprietario di X Elon Musk ha pubblicato sul social media un deepfake che è stato visualizzato milioni di volte: l’audio, falso, riportava la voce della vicepresidente e candidata democratica alle presidenziali Kamala Harris, raccontarsi come paladina per la diversità. Gli esperti che hanno commentato l’accadimento ora, a seguito delle proposte di legge presentate contro i deepfake, hanno dichiarato che in questo caso specifico almeno una di queste sarebbe stata violata.
Nonostante le buone intenzioni però, i risultati si vedranno col tempo. Solo una delle leggi presentate entrerà in vigore in tempo per influenzare le elezioni presidenziali americane del prossimo novembre 2024, ma in generale sembra che il pacchetto di proposte possa offrire uno spunto anche oltre i confini nazionali statunitensi, arrivando ai regolatori internazionali.
LA TERZA LEGGE, nota come Defending democracy from deepfake deception Act, in vigore da gennaio prossimo, richiederà alle piattaforme social e ad altri siti web con più di 1 milione di utenti in California di etichettare o rimuovere i contenuti deepfake entro 72 ore dalla ricezione di un reclamo. In caso di inadempienza, la palla potrebbe passare a un tribunale.

Sebbene leggi simili siano auspicabili, su questa materia e in generale sul mondo di Internet è noto quanto la giurisprudenza abbia impatti limitati. In più, è necessario ricordare che negli Stati Uniti è in vigore una legge federale chiamata Section 230 che protegge le società tecnologiche dalla responsabilità sui contenuti pubblicati dagli utenti; e poi IL PRIMO EMENDAMENTO, che protegge queste ultime ma anche gli utenti, limitando il modo in cui il governo può regolamentare quanto è possibile dire online. La direttrice di Electronic Frontier Foundation, Hayley Tsukayama, ha infatti commentato la notizia sottolineando che “dire che (i social network e altri siti web, ndr) saranno in grado di identificare cosa è davvero un discorso ingannevole, cosa è satira e cosa è un discorso protetto dal Primo emendamento sarà davvero difficile”.
*(a cura di: Laura Carrer, giornalista freelance e ricercatrice. Scrive di sorveglianza di stato, tecnologia all’intersezione con i diritti umani, piattaforme tecnologiche e spazio urbano su IrpiMedia, Wired, Il Post, Il Manifesto e altri.)

 

08- Claudia Fanti*: TASSO DI POVERTÀ IN ARGENTINA, MILEI FA PEGGIO DEL COVID – PSYCHO IL 52,9% DELLA POPOLAZIONE VIVE SOTTO LA SOGLIA, + 11,2% RISPETTO AL SEMESTRE PRECEDENTE. MA IL PRESIDENTE SBANDIERA ALTRI DATI. CRESCE LA PROTESTA

Nessuna impresa è riuscita meglio al governo Milei che quella di aumentare il numero di poveri nel paese: secondo l’ultimo rilevamento dell’Indec, l’Istituto nazionale di statistica, relativo al primo semestre dell’anno in corso, è ora il 52,9% della popolazione a vivere sotto la soglia della povertà, addirittura l’11,2% in più rispetto al semestre precedente, più del doppio dell’aumento registrato durante la pandemia.

NEPPURE IL COVID, INSOMMA, ERA RIUSCITO A FARE PEGGIO.

SI TRATTA DI 29,6 MILIONI di persone per le quali sono diventati inaccessibili i prodotti che compongono il paniere minimo di consumo necessario per condurre una vita dignitosa, di cui 5,4 milioni (dall’11,9% al 18,1%) non hanno neppure le risorse per alimentarsi correttamente.
E ancora più drammatica è la condizione dei minori di 14 anni, il 66,1% dei quali appartiene a famiglie al di sotto della linea della povertà (e uno su quattro a famiglie indigenti).
Talmente drammatica che anche il Comitato Onu sui diritti dell’infanzia ha lanciato l’allarme sulla «continua e drastica diminuzione» dei fondi destinati ai bambini, compreso il taglio degli investimenti per la salute e l’educazione.
Di fronte ai 29mila poveri al giorno prodotti dal suo governo, il governo Milei non ha però fatto una piega, attribuendo l’intera responsabilità della situazione alle amministrazioni precedenti: se il presidente e la sua équipe, ha anzi assicurato il portavoce Manuel Adorni, non avessero «scongiurato l’iperinflazione», la povertà sarebbe salita «fino al 95%».

SE È VERO che, se ci sono poveri, «è perché qualcuno ha fatto delle cose sbagliate», l’errore non va ricondotto insomma, secondo Adorni, al brutale programma di aggiustamento portato avanti dal governo, con la svalutazione del peso del 50% sul dollaro dello scorso dicembre, l’aumento del prezzo degli alimenti e del costo dei servizi pubblici, la riduzione del salario reale dei lavoratori (del 29,5% rispetto allo scorso anno), il conseguente crollo del potere d’acquisto (del 48,6% rispetto al primo semestre del 2023), le ripetute ondate di licenziamenti.
Colpevole di tutto è solo il peronismo: «Un edificio si distrugge in un secondo, ricostruirlo prende molto più tempo», ha dichiarato il portavoce presidenziale, ponendo l’accento sull’«eredita disastrosa, tra le peggiori della storia», ricevuta dal governo.
BEN ALTRI SONO I NUMERI che a Milei piace sbandierare: come per esempio che se, all’inizio del suo mandato, l’inflazione era del 17mila% ora è scesa al 211,9% oppure che l’incremento dell’8,1% delle pensioni, scongiurato dal veto presidenziale poi approvato dal Congresso, sarebbe costato al fisco 370 miliardi di dollari, cioè come otto volte il prestito concesso in precedenza dal Fondo monetario internazionale al governo di Mauricio Macri: una cifra peraltro contraddetta dallo stesso decreto da lui firmato.
Per i pensionati, in ogni caso, i numeri vantati da Milei sono irrilevanti. E così continuano a manifestare ogni mercoledì di fronte al Congresso, incuranti del dispiegamento di poliziotti, gendarmi e militari disposto ogni volta dalla ministra Patricia Bullrich.
PROTESTANO ANCHE I DOCENTI e i lavoratori delle università nazionali, in difesa dei loro salari e della Legge di finanziamento universitario su cui Milei ha già annunciato un veto totale. Così come sul piede di guerra è l’Associazione dei lavoratori dello Stato (Ate), che, di fronte a una nuova scadenza di contratti trimestrali, teme una quarta rovinosa ondata di licenziamenti a fine mese, dopo quella dello scorso giugno. «Il conflitto sociale è in crescita – assicura comunque il segretario generale dell’Ate Rodolfo Aguiar -, insieme al livello di unità dei lavoratori in tutto il paese».
*( Claudia Fanti: Giornalista, scrive da più di 20 anni sul settimanale Adista, collabora con “il manifesto” e con altre testate.)

 

 

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