20061004 23:35:00 webmaster
Interventi di Delfina Licata, Franco Pittau, Enrico Pugliese, Piero Bassetti, Domenico Locatelli e del Vice Ministro Franco Danieli
ROMA – “Far uscire il più possibile questi fratelli dall’anonimato e scongiurare nei loro confronti una imperdonabile e dannosa perdita di memoria” . Affonda le radici nel lungo impegno della Chiesa italiana per l’emigrazione – come sottolineato dal direttore generale della Fondazione Migrantes mons. Piergiorgio Saviola nella premessa al volume – il Rapporto Italiani nel Mondo 2006, presentato ufficialmente il 4 ottobre a Roma dalla Migrantes, che ha realizzato la ricerca in collaborazione con un Comitato promotore – Acli, Inas-Cisl, Mcl e i Missionari Scalabriniani – e che si è avvalsa dei contributi di studiosi in Italia e all’estero coordinati dal Dossier statistico Immigrazione Caritas/Migrantes.
Ventitré gli autori che hanno collaborato. Questo il numero ufficiale. Ma ad essi ne vanno aggiunti molti altri che hanno fornito un loro contributo mettendosi in contatto da tutto il mondo: istituti di studio degli Usa e del Canada, centri di studio dell’America Latina, istituti di ricerca del Madagascar, studiosi e universitari australiani, tedeschi, spagnoli eccetera .
Un Rapporto che rappresenta “un vecchio sogno” della Migrantes – per usare le parole di don Domenico Locatelli, direttore dell’ufficio per la pastorale degli emigrati italiani – e che arriva ad una ventina di anni di distanza dalle indagini del Ministero degli Esteri “Aspetti e problemi del lavoro italiano all’estero” e “Comunità italiane nel mondo”.
Trecentocinquantadue pagine che espongono – con linguaggio semplice e lineare per aiutare nella comprensione anche i lettori che non sono “del ramo” – il significato e le implicazioni di quel grande fenomeno sociale che è stata la nostra emigrazione. Quattro parti sono dedicate a “Flussi e presenze degli italiani nel mondo” (Flussi migratori degli italiani con l’estero; Gli italiani nei paesi esteri; Caratteristiche ‘socio-demografiche degli italiani nel mondo); “Aspetti socio-culturali- religiosi” (L’assistenza degli italiani all’estero: bisogni e tutele; La previdenza degli italiani all’estero; L’associazionismo degli italiani all’estero; Le nuove generazioni in emigrazione; Lingua e cultura italiana all’estero; Le missioni cattoliche italiane nel mondo; Il dibattito sull’assegno di solidarietà; Il futuro delle Missioni Cattoliche in Germania), “Aspetti economico-politico” (Le rimesse degli italiani nel mondo;Le aziende italiane all’estero; L’emigrazione qualificata e al formazione all’estero; La stampa italiana all’estero; Il primo voto politico degli italiani all’estero; Il voto degli italiani nel mondo : appendice statistica; I parlamentari di origine italiana nel mondo); “Approfondimenti” (Quando si emigrava dall’Europa ; Germania: il primo paese degli emigrati all’estero; Venezuela: la collettività italiana in un paese in transizione; Cittadinanza italiana :problematiche e prospettive; La lingua italiana e la legge n.153/1971: prospettive di riforma; Le banche dati sulla presenza degli italiani nel mondo). Infine, vi è una parte formata da “Allegati socio-statistici”, con serie storiche sui flussi migratori e schede regionali e provinciali.
Una ricerca a tutto tondo, dunque, quella appena presentata (dopo le anticipazioni fornite nel corso di un convegno nel luglio scorso, vedi Inform http://www.mclink.it/com/inform/art/06n13636.htm); una indagine che punta a offrire risposte positive al senso di appartenenza degli emigrati, risvegliando nello stesso tempo, e forse soprattutto, un maggiore interesse nella società italiana, della quale gli italiani nel mondo sono ormai davvero cittadini a pieno titolo, dopo l’ingresso dei loro 18 eletti nelle Assise della Camera e del Senato. E un riscontro confortante dell’interesse crescente che le nostre comunità all’estero riscuotono negli italiani in patria, al di là degli “addetti ai lavori”, lo si è avuto proprio alla presentazione del Rapporto, con una sala dell’Associazione Stampa Estera in Italia così affollata da sorprendere, piacevolmente, gli stessi organizzatori dell’incontro. Introdotto da Delfina Licata del Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Che, dopo avere rivolto un commosso pensiero a mons. Luigi Petris, “testimone di grande valore” dell’emigrazione italiana, scomparso nove mesi fa, ha sottolineato l’importanza di un’analisi sull’emigrazione italiana “realizzata insieme da chi è emigrato e da chi è in Italia” poiché “ascoltare le voci dirette dei protagonisti è uno degli obiettivi che ci siamo posti come redazione per accostarci a questo tema nel modo più obiettivo possibile”. Delfina Licata, ringraziato anche il personale della Farnesina e del Ministero dell’Interno per la professionalità e la disponibilità dimostrate nell’elaborare i dati necessari al lavoro di redazione del Rapporto, ha auspicato che “si arrivi sempre di più, dopo tanti mesi di ripulitura e limatura, ad avere un data base che rispecchi fedelmente la realtà quantitativa dei nostri connazionali all’estero”. In quanto “solo una conoscenza fedele e quanto più corrispondente alla realtà, può portare alla costruzione delle migliori interrelazioni tra chi vive in patria e chi ne è, invece, lontano”.
E’ spettato a Franco Pittau, coordinatore scientifico del Rapporto e con sulle spalle una lunga esperienza di emigrato, illustrare i punti salienti e le particolarità della ricerca. nella quale sono messi a disposizione tutti i numeri aggiornati sugli italiani all’estero: i cittadini sono 3.106.251 secondo quanto risulta dall’AIRE ma considerando anche gli Schedari Consolari il loro numero sale a circa 3,5 milioni ( “probabilmente si potrà arrivare a 3 milioni e mezzo quando si accerterà se le centinaia di buste ritornate indietro lo sono state solo a causa di indirizzi sbagliati”). E “anche per perfezionare questo archivio servirebbero tempo e risorse, quelle che scarseggiano sempre più a sostegno degli interventi da attuare in emigrazione” ha detto Pittau .Comunque sia più di tre milioni di cittadini italiani nel mondo non davvero pochi anche se “già l’anno prossimo sarà più elevato il numero dei cittadini stranieri in Italia”.
E poi ci sono gli oriundi italiani: che superano abbondantemente i 60 milioni. Una vera e propria specificità dell’Italia rispetto agli altri grandi paesi industrializzati.
I numeri.
Il continente con il maggior numero di italiani – evidenzia il Rapporto – è l’Europa con 1.864.579 persone e circa il 60% delle presenze totali. A seguire l’America con 1.069.282 residenti (34,4%), di cui il 24,3% nell’America centro-meridionale, e l’Oceania con 110.305 presenze (3,6%); sono invece molto distanziate l’Africa (41.040 presenze, 1,3%) e l’Asia (21.045 presenze, 0,7%). Per quanto riguarda le aree di provenienza il Sud Italia è quello che ha più emigrati con 1.178.230 presenza, seguito dal Nord Italia con 971.074, le Isole con 638.454 e il Centro con 318.493. La prima regione con il maggior numero di emigrati è la Sicilia con 554.491 presenze all’estero seguita dalla Campania (341.044) e dalla Calabria (279.142). La regione con meno emigrati è la Valle d’Aosta con 3.544 presenze.
Il Paese europeo con la maggiore presenza di italiani è la Germania, con 533.237 presenze e la Svizzera, con 459.479 residenti. L’Argentina, con 404.330 presenze, è il paese extraeuropeo che ospita il maggior numero di cittadini italiani e anche quello in cui l’incidenza degli italiani è più alta: si stima che la popolazione locale sia per il 50% di origine italiana. In questo Paese ben 31 deputati e 8 senatori sono di origine italiana mentre nel passato ci sono stati 10 presidenti della Repubblica originari del nostro paese: “quasi un simbolo dell’acquisita convinzione che l’italianità costituisca un elemento caratterizzante il tessuto socio-culturale del paese”. Considerazione in parte analoga anche per il Brasile, secondo tra i paesi latinoamericani quanto al volume della presenza italiana (148.746 residenti), composta in misura rilevante da persone di origine trentina e veneta, tanto che in diversi centri le rispettive varianti dialettali rappresentano la lingua veicolare più diffusa. Il Brasile è preceduto da Francia (325.364) e Belgio (215.580) ed è quasi alla pari con la Gran Bretagna (145.241 presenze, 4,7%). In questi e altri paesi dell’Unione Europea, grazie alla normativa sulla libera circolazione e all’affermarsi del concetto di cittadinanza comunitaria, gli italiani hanno conosciuto nel tempo un inserimento meglio tutelato che ha ridimensionato l’equazione “essere straniero uguale essere estraneo”. La seconda collettività extraeuropea per numero di cittadini italiani, dopo quella argentina, si trova negli Stati Uniti (187.621, 6%). Meno numerosa quella, pur consistente, residente in Canada (125.554, 4%), che presenta la più alta incidenza di ultrasessantacinquenni (36,4%) e, a differenza degli USA, è rafforzata da poche centinaia di ingressi l’anno. In Australia (108.472 persone), la collettività italiana è la più numerosa tra quelle d’origine straniera di lingua non inglese, mentre i nuovi arrivi, ridotti sul piano quantitativo, hanno per giunta uno spiccato carattere temporaneo. Al di sotto delle 100 mila presenze troviamo quindi il Venezuela (73.128), la Spagna (56.137) e l’Uruguay (49.612), seguiti nell’ordine da Cile (27.602), Paesi Bassi (26.102), Sudafrica (primo tra i paesi africani, con 23.497 presenze), Lussemburgo (20.401) e Austria (13.004). A partire dal Perù è poi possibile individuare un ulteriore gruppo nella graduatoria dei principali paesi di insediamento che raccoglie tutti quegli Stati in cui risiede un numero di cittadini italiani inferiore alle 10 mila unità, tra i quali Grecia, Colombia, Ecuador, Messico, Israele, Croazia, Svezia, Monaco, Irlanda, Danimarca, Paraguay e Repubblica Dominicana (una sintesi del Rapporto è consultabile su http://www.rapportoitalianinelmondo.it/20061004-schedastampa.pdf ).
Insomma, quello degli italiani all’estero – tra cui gente di “di successo” ma anche, e non va mai dimenticato, persone che, soprattutto in certe aree, vivono in condizioni difficili, disagiate – è un immenso bacino con cui intrattenere relazioni. Ed è un rapporto, ha rimarcato Pittau che “non riguarda solo gli italiani e i loro discendenti ma una cerchia più ampia di persone interessate al nostro paese, alla sua lingua, ai suoi prodotti”. Gli italiani all’estero sono una “grande risorsa non ancora utilizzata pienamente”, ha ricordato Pittau. Ed ecco allora che la conoscenza di questa ricchezza che l’Italia ha fuori dai suoi confini va analizzata, approfondita. Un esercizio utile è la lettura del Rapporto, che – fornendo dati e informazioni sui “pionieri” dell’emigrazione , sulle seconde, terze e quarte generazioni , nonché sui “nuovi migranti” italiani – “riporta l’emigrazione nella vita vissuta” della gente e offre spunti notevoli anche a chi siede nelle istituzioni, nel parlamento, nel governo.
Alla presentazione del Rapporto il prof. Enrico Pugliese, direttore dell’Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), che ha dato un rilevante contributo in un capitolo (curato insieme a Frank Heins, sempre del Cnr) dedicato alla emigrazione in Germania, il paese che accoglie il maggior numero di cittadini italiani residenti all’estero: oggi sono circa 600 mila. Una porzione comunque modesta rispetto al numero di coloro che sono emigrati per la Germania dal 1955. Sommando, infatti, il numero totale degli arrivi a partire da quell’anno , si può arrivare a una cifra vicina ai 4 milioni. I rientri in Italia sono stati invece circa 3 milioni e 600 mila. Quello della Germania può dirsi un caso particolare, con forte avvicendamento di emigrati, fin dal dopoguerra, quando le autorità tedesche , per sottolineare l’aspetto temporaneo della migrazione, imposero il “modello rotatorio” o del “gastarbeiter” (lavoratore ospite). Per quanto riguarda l’attuale situazione degli italiani nel mercato del lavoro in Germania esistono, ha ricordato Pugliese, tre categorie di lavoratori: emigrati tradizionali residenti da parecchio tempo in terra tedesca; emigrati di seconda e , in misura più ridotta, di terza generazione; nuova immigrazione “molto complessa” e costituita da giovani scolarizzati e non scolarizzati , spinti dalle difficoltà del mercato del lavoro italiano. Non poche le difficoltà degli italiani, in Germania. I dati sulla disoccupazione degli stranieri in quel Paese mostrano, ha spiegato Pugliese, “il loro livello di svantaggio nei confronti della popolazione locale” e “la situazione degli italiani non è certo migliore di quella media” : “si registra ancora l’intreccio tra politica migratoria, politiche di welfare – in particolare scolastiche e formative – e mercato del lavoro”. E anche il grave problema dell’insuccesso scolastico dei giovani italiani “ha a che fare sicuramente” con quelle politiche.
Da Piero Bassetti, presidente dell’associazione Globus et Locus di Milano che ha promosso il “Progetto Italici”, una riflessione sul ruolo dell’Italia e degli italiani all’estero nell’economia globalizzata. Per Bassetti “la nascente comunità degli italici (tutti coloro cioè – ha precisato – che si identificano con la cultura, l’economia, i divertimenti, la moda, la cucina di origine italica, presente in tutto il mondo e legata da vincoli forti e comuni), si sta configurando anche e soprattutto attorno alle relazioni di business, fortissimo collante che crea una rete di interessi quotidiani e condivisi”.
Che già esistono. Bassetti ha citato i dati del Rapporto Migrantes: 14.475 le imprese fondate all’estero da imprenditori di origine italiana e che impegnano 3.300.000 addetti per un fatturato di circa 200 milioni di curo a impresa (dati forniti dal CGIE del novembre 2005). E il ruolo dell’imprenditoria della comunità italiana all’estero “non si esaurisce nell’indotto annuo prodotto (cioè il valore delle commesse affidate ad aziende e industrie italiane), che un’indagine dell’istituto Italiano Cambi del 2003 stima in circa 191 mila miliardi di lire”. “Gli imprenditori di origine italiana all’estero hanno, infatti, anche contribuito – ha sottolineato – a diffondere nei paesi di emigrazione, tramite l’attività delle loro aziende e la loro immagine di uomini di successo, la conoscenza dei prodotti italiani e del gusto italiano, favorendo il successo non solo commerciale del made in Italy, ma culturale della stessa Italian way of life. E spesso sostengono le iniziative culturali di matrice italiana, dalle biblioteche alle scuole, e contribuiscono alla diffusione della lingua italiana”.
Don Domenico Locatelli, direttore dell’ufficio della Migrantes per la pastorale degli emigrati italiani, ha rilevato come oggi “sappiamo molto di più dell’emigrazione, ma forse sappiamo ancora poco degli italiani nel mondo”. “Abbiamo – ha proseguito – una memoria molto ricca di testimonianze, quella che non sta rinchiusa nei musei o nell’asfittica sfera celebrativa. Abbiamo un vissuto di migranti ampio un secolo e mezzo e lo possiamo raccontare, comunicare, far conoscere”. Per Locatelli “non si tratta solo di rivolgerci al passato: questa lunga esperienza ci serve per guardare avanti, per gestire bene il presente, per trovare forza e non lasciarci prendere dalla sindrome dell’invasione. Pur con altre dimensioni – ha soggiunto continuiamo ad essere un popolo di migranti, accanto ad altri popoli europei come noi”. Il Rapporto, ha detto don Locatelli “aiuta a crescere la consapevolezza del valore esperienziale ed umano che abbiamo maturato all’estero”. E’ in tal modo, ha suggerito, che “possiamo imparare a non essere autoreferenziali, a litigare meno tra addetti ai lavori, senza per niente essere seguiti dall’opinione pubblica, a non perdere troppo tempo nel cercare “riconoscimenti” e “posti” quanto a lavorare per essere riconoscibili quali testimoni di una vita vissuta bene”. E “a dare “buoni esempi” che servano alle nuove generazioni e che anche l’Italia consideri preziosi e irrinunciabili”. E’ questa in fondo la filosofia che ha ispirato il lavoro del Rapporto. Strumento di lavoro che si propone di” incoraggiare contributi e nuove indagini, correggendo all’occorrenza quanto non è perfetto e portando gli approfondimenti soprattutto su aspetti non ancora esplorati, ad esempio sulle nuove generazioni e le nuove mobilità, come anche sull’interconnessione tra la realtà italiana all’estero e il sistema Italia”
A concludere l’incontro è stato il Vice Ministro Franco Danieli, intervenuto precedentemente all’apertura dei lavori assembleari del CGIE. Il sen. Danieli ha plaudito alla iniziativa della Migrantes, che, ha rilevato, ha avuto la capacità di dare una visione di insieme ad un fenomeno complesso come quello dell’emigrazione e che fornisce una analisi anche della nuova mobilità e non solo di quella del passato. Un pungolo anche per la classe politica italiana dalla quale “la grande risorsa strategica” rappresentata dalle comunità degli italiani nel mondo “non è pienamente apprezzata e valutata”. Anche se è stata realizzata “trasversalmente” , ha detto Danieli, la battaglia per l’introduzione della Circoscrizione estero. Una ricchezza quella degli italiani nel mondo che pare non essere apprezzata pienamente nemmeno dalla stampa nazionale . Danieli ha fatto osservare come, dopo un evento di portata storica come quello del voto che ha portato in Parlamento gli eletti all’estero la stampa abbia avuto nei loro confronti un approccio di tipo “vouieristico”, da “gossip”, come se i parlamentari fossero un elemento “folkloristico” . Non si è capita l’importanza del loro ingresso nelle aule di Montecitorio e di Palazzo Madama. In Italia dunque il percorso si apprezzamento delle comunità, a tutti i livelli, è ancora “lontano dal compiersi”. Danieli ha messo il dito sulla piaga della “carenza di informazione dall’Italia verso il mondo e dal mondo verso l’Italia” (di qui anche la necessità di “riqualificare” anche Rai International) sottolineando che “bisogna rompere questa cesura e incomunicabilità fra Italia e comunità di italiani nel mondo” . Ricordato che nella Finanziaria sono stati stanziati 14 milioni di euro che saranno destinati, anche alla luce delle indicazioni dei parlamentari eletti all’estero, ai capitoli di spesa ritenuti prioritari per le comunità all’estero e per la promozione del sistema Italia nel mondo, il Vice Ministro ha annunciato che dall’inizio del 2007 sarà avviato il progetto per la realizzazione a Roma (quartiere Eur) di un Museo dell’Italia nel mondo. Una struttura che guarderà al passato della emigrazione italiana – con recupero di documenti e testimonianze, oggi dispersi – ma che darà anche “ampio spazio alle nuove realtà di mobilità degli italiani nel mondo”. (Simonetta Pitari-InformEMINOTIZIE)
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