
Il rapporto della Cgia di Mestre su dati Istat si riferisce al periodo 2014-2024 Sergio Fontana, Confindustria Puglia: «Danno incredibile»
I giovani meridionali fuggono dalla propria terra e vanno al Nord o all’estero. Un esodo cominciato da tempo, ma che ha una qualità diversa rispetto alle migrazioni di settant’anni fa. La maggior parte dei ragazzi che lasciano le regioni del Mezzogiorno, Puglia compresa, sono adesso dotati di un titolo di studio.
Secondo un rapporto Cgia su dati Istat, nel periodo 2014-2024, la popolazione italiana nella fascia di età tra i 15 e i 34 anni è diminuita di 747.672 unità, pari al -5,8 per cento. Il Mezzogiorno ha perso il 14.7 per cento, cioè ben 730.756 ragazzi e altri 119.157 si riferiscono al Centro (-4.9). Il Nord, invece, ha registrato un andamento opposto, in parte dovuto alla presenza degli stranieri e alla migrazione dei giovani dal Sud.
Sempre tra il 2014 e il 2024, infatti, la popolazione giovanile è aumentata di 46.821 unità nel Nord-est e di 55.420 nel Nord-ovest. La Puglia ha visto andar via il 14.1 per cento dei suoi giovani, ben 134.701, passando da 957.113 a 822.412. Un tesoro di risorse svanito. Come dato generale nel 2014 l’Italia aveva poco più di 12,8 milioni di giovani che, nel 2024, si sono ridotti a meno di 12,1 milioni.
In Puglia il record di abbandono della propria provincia in termini di percentuale l’ha Brindisi, con meno 17.6 per cento pari a 16.572 ragazzi andati via (93.936-77.364), poi Taranto (-15.9%) con 21.484 giovani (da 135.153-113.669), Lecce con (-15.2%) con 27.667 (da 182.100 a 154.433), Foggia (-132.3 %) con 20.388 (da 153.860 a 133.472), Bari (-12.6) con 35.181 giovani (da 294.971 a 259.790), Bat (-11.8 %) con 11,409 (da 97.093 a 85.684). Il rapporto Cgia va più in profondità e segnala, in aggiunta alla diminuzione della platea giovanile, altri indicatori negativi sempre rispetto al resto dell’Unione europea: il tasso di occupazione e il livello di istruzione sono tra i più bassi d’Europa mentre l’abbandono scolastico rimane un problema soprattutto nelle regioni meridionali.
«Il depauperamento demografico che abbiamo nel Sud è un danno incredibile – commenta Sergio Fontana, presidente di Confindustria Puglia, – prima andavano in Germania e in Belgio, ed erano persone con grande difficoltà a parlare l’italiano, senza livello di istruzione elevato. Ora sono i nostri figli laureati qui o che hanno studiato al Nord e decidono di non tornare. Come trattenerli? Offrire lavori ben remunerati e welfare aziendale, così abbiamo maggiori possibilità che i migliori cervelli, cioè il nostro capitale umano resti nella propria terra. Le imprese devono essere attrattive non solo con gli stipendi, ma anche con il progetto e la missione d’impresa. In ogni caso i giovani restano al sud se tutto il sistema funziona. Non solo l’industria, anche la scuola e la sanità, l’ambiente cittadino e i servizi, le immagini positive delle città, occorre creare le condizioni perché i ragazzi restino qui».
Nei prossimi decenni, aggiunge il report Cgia, l’insieme delle criticità potrebbe avere ripercussioni gravi sul mondo imprenditoriale. «I dati forniti da Cgia sono interessanti e da analizzare – dice l’assessore regionale alla Formazione e Lavoro Sebastiano Leo – occorre dare soluzioni ulteriori anche se la Puglia, per gli universitari compresi in questa fascia d’età, ha messo in campo azioni a loro a cominciare dal diritto allo studio e tutti gli aventi diritto hanno ottenuto i benefici previsti. C’è da dire che la domanda dei giovani è complessa e servono risposte complesse così come serve una sinergia importante tra tutte la diverse componenti del territorio. I ragazzi che vanno fuori probabilmente trovano un contesto territoriale con situazioni a loro più favorevole, ma confermo che anche in Puglia le occasioni di lavoro esistono, si sono moltiplicate, varie aziende scelgono la nostra regione per insediarsi e aprire i loro uffici».
Alcuni suggerimenti arrivano da Antonio Castellucci, segretario generale Cisl Puglia. «Oggi più che mai occorrono risposte concrete per i giovani. Il vulnus pugliese, al di là delle dinamiche economiche del territorio, è la mancanza di opportunità occupazionali e di vita con percorsi di studio più attraenti per il futuro dei giovani. È un fenomeno, quello demografico, ovviamente legato sia alla denatalità che alla forte emigrazione, senza un vero cambio di rotta, il rischio è quello di un Mezzogiorno del Paese incapace di trattenere e ancor meno di attrarre nuove generazioni e nuove competenze». Castellucci aggiunge: «Occorre potenziare il sistema educativo e universitario, è necessario fare sistema attraverso un patto di corresponsabilità con le imprese locali, le istituzioni. Il tutto deve avvenire attraverso un sostegno all’occupazione giovanile e all’imprenditorialità, con incentivi fiscali per chi assume giovani, agevolazioni per start-up e imprese innovative, nonché investimenti pubblici e privati in settori strategici. Per chiudere il cerchio, diventa fondamentale spendere bene le risorse a disposizione per la Puglia».
FONTE: https://bari.corriere.it/notizie/cronaca/25_febbraio_02/emigrazione-dati-choc-al-sud-in-10-anni-persi-quasi-750-mila-giovani-tra-i-15-e-i-34-anni-chi-parte-sceglie-di-non-tornare-bd272d17-b848-43ff-ae0c-531515f35xlk.shtml?refresh_ce
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