
01 – Micaela Bongi *: UNITI SU TUTTO. Non parlando di niente governo. Più che un governo, quella tra Giorgia Meloni e i suoi alleati sembra una relazione stile Wanda Nara-Mauro Icardi o Hillary-Totti prima del precipizio
02 – Luca Martinelli*: L’allarme di Guterres: «L’oceano straripa» – «L’oceano sta straripando». Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha lanciato un nuovo allarme sulla crisi climatica, riferito in particolare al pericolo rappresentato dall’innalzamento del livello dei mari […]
03 – Alessandro Patella°: Petrolio, perché la Libia fa impennare il prezzo – Alla base dell’aumento del costo del greggio ci sono le tensioni tra il governo dell’est della Libia e quello di Tripoli, l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale.
04 – Claudia Fanti*: VENEZUELA, la destra richiama la piazza ma non funziona più – America latina. Urrutia non si presenta in procura. Anche il pc contro Maduro, ma per via istituzionale. «la sentenza del TSJ non basta, ma niente sanzioni”: Brasile e Colombia ancora al lavoro
05 – A volte ritornano. Rapporto sulla competitività UE, Draghi anticipa il suo lavoro ai parlamentari europei.
06 – Christian Luca Di Benedetto*: Allarme Legionella: oltre 50 contagi e 4 vittime in poco tempo
Un focolaio di legionella mette in allerta il milanese
07 – Marina Catucci*: NEW YORK- Harris cambia idea solo sul fracking, in peggio – Elettorale americana. Alla Cnn in coppia con Walz: «Con Hamas serve un accordo che consenta di portare gli ostaggi a casa
08 – Andrea Cegna*: Nell’Argentina di Milei repressione e manganellate colpiscono anche i pensionati – Argentina. Dopo i primi mesi di continue sconfitte parlamentari, l’attuale presidente è riuscito con fatica e mediazioni a imporre la motosega tagliando diversi ministeri e programmi sociali, alzando il costo di luce, gas e trasporti
09 – Antonio Mazzeo*: Dall’Italia a Israele passando per gli USA: le armi di Leonardo consegnate a Tel Aviv. Pagine Esteri, 26 agosto 2024. Quanto ha fatturato Leonardo S.p.A. con i cannoni utilizzati dalle unità della Marina militare israeliana? Quattrocentoquaranta milioni di dollari, uno dei maggiori affari mai realizzati dalla holding regina del complesso militare-industriale italiano nello scacchiere di guerra mediorientale.
***
01 – UNITI SU TUTTO. NON PARLANDO DI NIENTEGOVERNO. PIÙ CHE UN GOVERNO, QUELLA TRA GIORGIA MELONI E I SUOI ALLEATI SEMBRA UNA RELAZIONE STILE WANDA NARA-MAURO ICARDI O HILLARY-TOTTI PRIMA DEL PRECIPIZIO
Il ghosting, la ricomparsa sui social, «eccomi qua», e poi l’incontro e il comunicato congiunto della serie “unità”, “serietà”, “mettiamocela tutta”. Più che un governo, quella tra Giorgia Meloni e i suoi alleati sembra una relazione stile Wanda Nara-Mauro Icardi o Hillary-Totti prima del precipizio. Probabilmente tra la premier e i suoi vice Salvini e Tajani non finirà malamente con una guerra a colpi di Rolex o carte di credito solo perché di soldi in cassaforte ce ne sono molto pochi. O forse finirà proprio per quello. Ma ora è il momento della promessa, “siamo sempre stati uniti, lo saremo ancora”.
Il rientro dalle vacanze è sempre faticoso, la ripartenza stressante. E invece no. Gli alleati del centrodestra o destra centro che sia hanno convocato un attesissimo vertice solo per far sapere al mondo o almeno all’Italia che tutto fila in grande armonia nonostante le scaramucce estive. Il comunicato emesso nel primo pomeriggio di ieri al termine del summit non ammette smentite. «I leader hanno rinnovato il patto di coalizione, garanzia di efficacia e concretezza dell’azione di governo». Efficacia e concretezza non sono esattamente le prime parole che verrebbero in mente pensando soltanto alle ultime incerte mosse di Giorgia Meloni sul fonte europeo, alle scorribande di Salvini e Vannacci contro tutti, alle purtroppo evanescenti promesse di Tajani sulla cittadinanza, alla guerra lampo di Fdi a toghe-giornali-sinistra perfidamente uniti nella tessitura di un inesistente complotto contro le Melonies e all’altrettanto rapida e imbarazzata ritirata.
Ma ieri, nonostante tre ore di vertice che di per sé dovrebbero essere sinonimo di discussione serrata, in un comunicato che non nomina praticamente nessuna delle vere questioni sul tappeto viene «ribadita l’unità della coalizione», si scrive nero su bianco che sarà attuato «il programma votato dai cittadini» e che, se non si fosse ancora capito dalle insistenti righe precedenti, c’è «totale sintonia su tutti i dossier».
MA I LEADER VOGLIONO ESSERE ANCORA PIÙ CONVINCENTI.
Dunque ricordano che «da trent’anni il centrodestra conferma la propria solidità e compattezza, con la capacità di trovare sempre la sintesi». Troppa grazia. Anzi, l’ammissione che non tutto va bene, ma che, come nelle migliori famiglie, la polvere finirà sotto il tappeto.
È significativo il riferimento a trent’anni fa, la rievocazione del centrodestra originario. Un voto, quasi, alla buonanima di Berlusconi. Ma anche, a proposito di famiglie e ripercorrendo lo scontro estivo nella maggioranza, una contesa sulla sua eredità politica che Meloni non intende regalare alla sola Forza Italia. La destra del “siamo sempre stati uniti” riparte da qui. Ma senza soldi in cassaforte.
*(Da Il Manifesto, Micaela Bongi e Chiara Cruciati come nuove vicedirettrici del giornale)
02 – Luca Martinelli*: L’ALLARME DI GUTERRES: «L’OCEANO STRARIPA» – «L’OCEANO STA STRARIPANDO». IL SEGRETARIO GENERALE DELLE NAZIONI UNITE, ANTONIO GUTERRES, HA LANCIATO UN NUOVO ALLARME SULLA CRISI CLIMATICA, RIFERITO IN PARTICOLARE AL PERICOLO RAPPRESENTATO DALL’INNALZAMENTO DEL LIVELLO DEI MARI […]
«L’oceano sta straripando». Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha lanciato un nuovo allarme sulla crisi climatica, riferito in particolare al pericolo rappresentato dall’innalzamento del livello dei mari per le isole del Pacifico. «Si tratta di una situazione folle», ha detto, aggiungendo che «l’innalzamento dei mari è una crisi creata interamente dall’umanità, una crisi che presto raggiungerà una scala quasi inimmaginabile, senza una scialuppa di salvataggio che ci riporti in salvo».
Guterres ha preso parola a Nuku’alofa, la capitale di Tonga, nel corso del Pacific Islands Forum, organizzato dai Paesi più colpiti dal fenomeno dell’aumento del livello dei mari, in vista di una sessione speciale dell’Onu che si terrà il mese prossimo. Nel suo intervento il segretario generale ha commentato i dati di alcuni report realizzati dall’Onu con l’Organizzazione meteorologica mondiale, da cui emerge che riscaldamento globale e scioglimento delle calotte polari e dei ghiacciai stanno provocando un peggioramento nell’innalzamento del livello dei mari. In particolare il livello del mare che lambisce Nuku’alofa tra il 1990 e il 2020 risulta aumentato di 21 centimetri, il doppio della media globale di 10 centimetri. Apia, capitale di Samoa, ha visto un aumento di ben 31 centimetri, mentre Suva, capitale delle Figi, ne ha registrati 29. Dati che secondo il segretario generale «mettono le isole del Pacifico in grave pericolo». Guterres ha sottolineato infatti che «circa il 90% della popolazione della regione vive entro 5 chilometri dalle coste».
Come cambiare lo stato delle cose? «Il piano di sopravvivenza per il nostro pianeta è semplice: stabilire una giusta transizione per l’abbandono dei combustibili fossili, responsabili dell’85% delle emissioni di gas serra».
° (Luca Martinelli – è giornalista, autore e attento osservatore del territorio italiano.)
03 – Alessandro Patella°: PETROLIO, PERCHÉ LA LIBIA FA IMPENNARE IL PREZZO – ALLA BASE DELL’AUMENTO DEL COSTO DEL GREGGIO CI SONO LE TENSIONI TRA IL GOVERNO DELL’EST DELLA LIBIA E QUELLO DI TRIPOLI, L’UNICO RICONOSCIUTO DALLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE.
Una piattaforma petrolifera e di gas al largo della costa della Libia nel Mediterraneo centrale
Una piattaforma petrolifera e di gas al largo della costa della Libia nel Mediterraneo centrale Europa
Ci sono le ennesime tensioni tra il governo dell’est della Libia e quello di Tripoli, l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale, dietro l’impennata del prezzo del petrolio dello scorso 26 agosto. Come sottolinea Il Foglio, il primo ministro dell’esecutivo della parte orientale del paese Osama Hamad ha infatti annunciato il blocco della produzione e dell’esportazione di greggio su e da tutto il territorio nazionale, reagendo così alla rimozione di Siddiq Kabir dal ruolo di governatore della Banca centrale libica da parte del premier tripolino Abdelhamid Dabaiba.
Quest’ultimo aveva in precedenza accusato proprio Kabir di corruzione. Nel corso dell’ultimo anno, il governatore era infatti stato molto propenso a elargire denaro a scapito dello stesso Dadaiba al generale della Cirenaica Khalifa Haftar, il leader a cui direttamente rispondono Hamad e il suo governo. Senza una nuova apertura in questo senso, Haftar è pronto a “non permettere a nessuno di prendere il controllo della Banca centrale”.
I RIFLESSI SULLE MATERIE PRIME
Se da un lato i servizi essenziali dell’istituto sono dunque sospesi e stanno mettendo in difficoltà il popolo libico, dall’altro il blocco della produzione di petrolio potrebbe mettere in crisi diverse potenze mondiali. Il 26 agosto il prezzo del Brent (la tipologia di petrolio più commercializzata al mondo) ha subito un aumento del 3%, assestandosi intorno agli 81 dollari al barile. Eventuali nuovi rialzi peserebbero direttamente sulle casse del nostro paese, il primo importatore globale del greggio libico, ma anche di Spagna, Grecia e Francia che, insieme all’Italia, fanno proprio annualmente più della metà del petrolio esportato dalla Libia.
Se la National oil corporation (Noc), la compagnia petrolifera nazionale della Libia, non si è ancora espressa ufficialmente sul blocco, alcuni impianti estrattivi (come per esempio quelli di Sirte e Waha) hanno invece confermato la riduzione della produzione. L’amministratore delegato della Noc Farhat Bengdara è d’altronde considerato molto vicino a Haftar. Non è un caso che sia stato infatti proprio il governo dell’est ad annunciare il blocco petrolifero per “cause di forza maggiore”, che presupporrebbero problemi tecnici in realtà non evidenziatisi.
*(Fonte: Wired – Alessandro Patella Scrive per Wired di economia, energia, big tech e startup. Si occupa anche di cronaca, politica e attualità, collaborando con l’agenzia stampa Italpress)
04 – Claudia Fanti*: VENEZUELA, LA DESTRA RICHIAMA LA PIAZZA MA NON FUNZIONA PIÙ – AMERICA LATINA. URRUTIA NON SI PRESENTA IN PROCURA. ANCHE IL PC CONTRO MADURO, MA PER VIA ISTITUZIONALE. «LA SENTENZA DEL TSJ NON BASTA, MA NIENTE SANZIONI”: BRASILE E COLOMBIA ANCORA AL LAVORO
Dopo il primo mandato di comparizione emesso dalla Procura del Venezuela per Edmundo González Urrutia, a cui il candidato presidenziale della Piattaforma unitaria non ha evidentemente risposto (nessuna comunicazione è arrivata al riguardo), la Procura lo ha nuovamente convocato ieri a testimoniare in relazione ai fatti per cui è indagato: usurpazione di funzioni, istigazione alla disobbedienza delle leggi, reati informatici, associazione a delinquere e falsificazione dei documenti, cioè dei verbali pubblicati sulla pagina web resultadosconvzla.com.
A poche ore dalla prima convocazione, González aveva in effetti espresso la sua diffidenza per la «mancanza di garanzie» rispetto alla sua sicurezza, tornando a insistere sulla necessità di una «verifica internazionale, indipendente e affidabile dei dati elettorali, che non può essere sostituita da una sentenza dettata al margine della Costituzione». E aveva annunciato la presentazione in tribunale degli esemplari dei verbali dello scrutinio in possesso dell’opposizione, chiedendo nuovamente a Maduro di fare altrettanto.
Edmundo G. Urrutia
Chiedo una verifica internazionale affidabile dei dati elettorali, che non può essere sostituita da una sentenza dettata al margine della Costituzione
IL CANDIDATO della destra capeggiata da MaríaCorina Machado non si è presentato neanche a questa seconda convocazione. E quali passi abbia ora intenzione di muovere la Piattaforma unitaria non è chiaro. Se il governo di coalizione è da escludere e altrettanto improponibile è la ripetizione del processo elettorale – ipotesi respinta da entrambe le parti in gioco – la fallimentare e farsesca esperienza del governo parallelo di Juan Guaidó scoraggia vivamente un nuovo tentativo. Non a caso, González, pur considerandosi il presidente eletto, ha evitato accuratamente qualsiasi autoproclamazione in piazza. Inefficaci e anzi controproducenti si sono rivelate pure le sanzioni internazionali, che oltre a colpire indiscriminatamente la popolazione hanno fornito al governo l’alibi per portare avanti politiche, a cominciare da quelle salariali, contrarie agli interessi dei lavoratori.
RESTA LA MOBILITAZIONE di piazza (la Piattaforma ha convocato cortei anche per oggi) ma, dopo le massicce e spontanee proteste all’indomani delle elezioni del 28 luglio, le manifestazioni promosse dalla Piattaforma unitaria non sono state tali da mettere seriamente in difficoltà il governo, che sia stato per la paura della repressione o per la scarsa fiducia che ripone nell’estrema destra quella parte della popolazione che in passato aveva sostenuto Chávez.
E MENTRE NAUFRAGA il sogno, proprio della rivoluzione bolivariana, di una democrazia socialista – il cosiddetto socialismo del XXI secolo – in grado di andare oltre le regole della democrazia rappresentativa senza tuttavia calpestarle, quei settori che a quell’eredità si richiamano faticano a conquistarsi un proprio spazio tra la repressione del dissenso operata dal governo Maduro e la visibilità internazionale di cui gode la destra di Machado.
TANT’È CHE ALCUNI – come il Partito comunista – hanno deciso di raccogliersi attorno al candidato del partito Centrados Enrique Márquez, il quale appare determinato a contestare la vittoria di Maduro seguendo le vie istituzionali: prima chiedendo la ricusazione della presidente del Tribunale superiore di giustizia Caryslia Rodríguez per i suoi vincoli con il partito di Maduro – subito respinta dal Tsj – e poi presentando un ricorso alla Sala costituzionale della più alta corte venezuelana contro la sentenza di convalida dei risultati elettorali emessa dalla Sala elettorale della stessa corte. Ma, allo stesso tempo, Márquez ha anche annunciando il proprio impegno a favore della creazione di un movimento civico in difesa dell’articolo 5 della Costituzione, relativo alla sovranità popolare espressa mediante il suffragio.
SUL FRONTE internazionale, intanto, i governi di Brasile e Colombia hanno emesso un nuovo comunicato in cui «prendono atto» della sentenza del Tsj, ma insistendo sulla necessità di una «pubblicazione trasparente di dati disaggregati e verificabili» per garantire la «credibilità del processo elettorale», oltre a esprimere «totale opposizione» all’adozione di «sanzioni unilaterali come strumento di pressione» e a ribadire la propria «disponibilità a facilitare la comprensione» tra le parti.
° (Claudia Fanti, giornalista, scrive da più di 20 anni sul settimanale Adista e collabora con il Manifesto e con altre testate.)
05 – A VOLTE RITORNANO. RAPPORTO SULLA COMPETITIVITÀ UE, DRAGHI ANTICIPA IL SUO LAVORO AI PARLAMENTARI EUROPEI
Mario Draghi aveva avuto mandato l’anno scorso da Von der Leyen di stilare un rapporto sul rilancio dell’industria europea. Il 4 settembre l’ex premier italiano illustrerà il suo lavoro ai gruppi politici del Parlamento, prima della presentazione ufficiale
Mario Draghi, ex premier italiano ed ex capo della Banca Centrale Europea, il 4 settembre presenterà in anticipo ai capigruppo politici del Parlamento Ue, il suo rapporto sulla competitività dell’Unione.
A dirlo è il quotidiano Politico, che ne ha avuto conferma dal portavoce della presidente Roberta Metsola. L’incontro sarà un briefing «tecnico» prima della presentazione ufficiale del rapporto, prevista per settembre e sarà l’unico punto all’ordine del giorno della riunione.
L’INCARICO DA URSULA VON DER LEYEN
Draghi aveva avuto l’anno scorso l’incarico dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, di preparare un ampio studio su come l’industria europea possa riguadagnare vantaggi sulla scena globale in un panorama geopolitico estremamente complicato com’è quello attuale. Il risultato è un rapporto di circa 400 pagine, frutto del lavoro di Draghi e di un gruppo di sette funzionari della Commissione.
DRAGHI: «PROPORRÒ UN CAMBIAMENTO RADICALE»
Come l’ex premier italiano ha suggerito in diversi suoi interventi, il lavoro sarà incentrato sui modi per colmare il divario di produttività registrato negli ultimi 30 anni rispetto agli Stati Uniti, divario che è stato principalmente causato dalla mancanza di investimenti nell’innovazione. Il rapporto, a quanto si apprende, tocca settori cruciali come l’energia, la difesa e il commercio e avanza proposte su come rafforzare le infrastrutture europee, l’industria e la governance delle politiche economiche e fiscali dei Paesi dell’Ue. Nell’aprile scorso, Draghi aveva dichiarato di voler proporre «un cambiamento radicale» per l’economia del blocco.
06 – Christian Luca Di Benedetto*: ALLARME LEGIONELLA: OLTRE 50 CONTAGI E 4 VITTIME IN POCO TEMPO – UN FOCOLAIO DI LEGIONELLA METTE IN ALLERTA IL MILANESE. MISURE STRAORDINARIE PER CONTROLLARE L’INFEZIONE
Un focolaio di Legionella ha causato contagi e morti. Le autorità sanitarie sono impegnate nella ricerca della fonte d’infezione.
Un preoccupante focolaio di Legionella è stato registrato nella provincia di Milano tra aprile e agosto 2024, con un totale di 53 casi di legionellosi notificati fino al 26 agosto. Di questi, ben 47 si sono verificati nel Comune di Corsico, mentre i restanti 6 a Buccinasco. I pazienti colpiti dal batterio, che causa una forma grave di polmonite, hanno un’età media di 71,7 anni. Di questi, il 91% presentava già condizioni di salute preesistenti, come malattie croniche o un sistema immunitario indebolito.
UN FOCOLAIO DI LEGIONELLA METTE IN ALLERTA IL MILANESE
Purtroppo, quattro persone sono decedute, tutte con un’età superiore ai 70 anni e affette da comorbidità. L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha comunicato che i sintomi si sono manifestati tra il 10 giugno e il 9 agosto 2024, con l’ultimo caso segnalato proprio a inizio agosto. Le autorità sanitarie locali, coordinate dall’ATS della città metropolitana di Milano, stanno intensificando le indagini per identificare la fonte dell’infezione e prevenire ulteriori contagi.
MISURE STRAORDINARIE PER CONTROLLARE L’INFEZIONE
L’ATS Milano, in collaborazione con i comuni interessati e la Direzione Generale Welfare della Regione Lombardia, ha avviato un’ampia serie di misure di sanità pubblica. Campionamenti sono stati effettuati in abitazioni private e in oltre 80 siti a rischio, inclusi impianti di raffreddamento di edifici pubblici e industriali. L’obiettivo è quello di tracciare la diffusione del batterio e risalire alla sua origine attraverso l’analisi molecolare dei ceppi di Legionella.
Per prevenire nuovi casi, sono stati eseguiti interventi di disinfezione della rete idrica, in particolare mediante la clorazione dell’acqua, e interventi di manutenzione straordinaria nelle reti idriche interne degli edifici colpiti. Inoltre, sono state avviate campagne informative per la popolazione. Attraverso i canali istituzionali dei comuni e dell’ATS, per fornire indicazioni su come ridurre il rischio di infezione.
L’ISS ha raccomandato di raccogliere campioni di secrezioni respiratorie dai pazienti per eseguire colture e analisi PCR in tempo reale. Queste misure diagnostiche sono essenziali per migliorare il controllo del focolaio e contenere la diffusione del batterio. Nei casi in cui i laboratori locali non siano attrezzati per tali analisi, i campioni verranno inviati al Laboratorio Nazionale di riferimento per le legionelle dell’ISS.
Le autorità sanitarie restano in allerta, monitorando attentamente l’evoluzione del focolaio e continuando a mettere in atto tutte le misure necessarie per proteggere la salute pubblica.
*(Christian Luca Di Benedetto. Giornalista)
07 – Marina Catucci*: NEW YORK- HARRIS CAMBIA IDEA SOLO SUL FRACKING, IN PEGGIO – ELETTORALE AMERICANA. ALLA CNN IN COPPIA CON WALZ: «CON HAMAS SERVE UN ACCORDO CHE CONSENTA DI PORTARE GLI OSTAGGI A CASA. MA IL SOSTEGNO DEGLI USA A ISRAELE E AL SUO DIRITTO DI DIFENDERSI NON CAMBIERÀ»
A 40 giorni dall’annuncio della sua candidatura, e dopo una convention in cui è stata presentata come deus ex machina di un’elezione data per persa, Kamala Harris, accompagnata dal suo compagno di ticket Tim Walz, ha dato la sua prima, attesissima intervista.
Quella che era stata annunciata come la prima occasione di sentire parlare in modo più approfondito la candidata democratica, è stata in realtà un incontro che, al netto delle interruzioni pubblicitarie, non è durato più di una ventina scarsa di minuti.
Nei primi 13 Harris ha ripetuto per 5 volte «i miei valori non sono cambiati», rispetto alle posizioni più progressiste del passato su fracking e Green New Deal, espresse nel 2019, rispondendo così alle accuse di essere troppo ondivaga, avanzate sia dai suoi detrattori che da alcuni colleghi di partito.
I VALORI NON SONO CAMBIATI, ma nel 2019, quando era candidata alle primarie democratiche, si era detta contraria al fracking, la fratturazione idraulica per l’estrazione di idrocarburi dal sottosuolo, mentre ora non lo è, Di certo un ruolo è giocato dal fatto che il fracking è una questione centrale per la Pennsylvania, stato in cui deve vincere per essere eletta.
A farle mutare la posizione, pur mantenendo i valori di tutela dell’ambiente intatti, sono stati questi anni alla Casa bianca, ha detto, ma senza spiegare come possa essere possibile coniugare fracking e tutela dell’ambiente.
Stessa cosa riguardo la risposta alla prima domanda, su «cosa farà il primo giorno di presidenza», che è il modo giornalistico per individuare le priorità dei candidati. La risposta è stata un generico «mettere al primo posto la classe lavoratrice», ma non si sa ancora come, se con un decreto sulla tutela dei lavoratori, o con che altro mezzo presidenziale a sua disposizione.
Come prova che nemmeno i valori sull’immigrazione siano cambiati, ha citato il suo lavoro da procuratrice generale della California contro i trafficanti che operano al confine col Messico.
L’UNICA DOMANDA di politica estera è stata su Israele, e Harris ha abbracciato la stessa posizione di Biden parlando di un cessate il fuoco e del rilascio degli ostaggi: «Serve un accordo che consenta di portarli a casa», ha detto. Ma soprattutto ha ribadito il suo sostegno «incrollabile» a Israele e al suo diritto di «difendersi». Affermando che l’embargo sulle armi statunitensi per Israele chiesto dagli attivisti pro Palestina non ci sarà, ha garantito che questo sostegno «non cambierà». La soluzione, ha detto, è quella di avere due Stati separati, che è anche la posizione del partito democratico da 30 anni.
L’INTERVISTA era organizzata dalla Cnn, l’emittente televisiva più che amica dei Dem, e le domande non erano esattamente mirate a metterla in difficoltà, ma l’impressione è che sia la sua stessa posizione ad essere difficile. Harris è de facto parte di due ticket, quello condotto da Biden e quello che conduce lei con Walz, e non può distaccarsi troppo dal primo per spingere le novità del secondo.
*(Marina Catucci – Corrispondente dagli Stati Uniti per Il Manifesto. Elettorale Americana è il nostro podcast su la politica Usa che esce tutti i venerdì.)
08 – Andrea Cegna*: NELL’ARGENTINA DI MILEI REPRESSIONE E MANGANELLATE COLPISCONO ANCHE I PENSIONATI – ARGENTINA. DOPO I PRIMI MESI DI CONTINUE SCONFITTE PARLAMENTARI, L’ATTUALE PRESIDENTE È RIUSCITO CON FATICA E MEDIAZIONI A IMPORRE LA MOTOSEGA TAGLIANDO DIVERSI MINISTERI E PROGRAMMI SOCIALI, ALZANDO IL COSTO DI LUCE, GAS E TRASPORTI.
Poche centinaia di persone che sotto il palazzo del congresso difendevano l’aumento delle pensioni hanno trovato i manganelli della polizia Argentina. Una fotografia che sintetizza il clima che Milei, la vice-presidentessa Villaruel e la ministra della difesa Bullrich, stanno creando. Solo pochi giorni fa il parlamento ha votato un rialzo delle pensioni, un voto che ha visto opposizione e maggioranza unite andare contro il volere del presidente.
L’economista Mariano Féliz sottolinea come l’innalzamento delle pensioni che Milei vuole bloccare non firmando la legge e rimandandola sui banchi del parlamento “mette in discussione la strategia presidenziale fatta di tagli nella spesa pubblica. È molto più simbolica la questione che fattiva nell’impatto fiscale che il dispositivo potrà avere. Anche perché oltre a mettere in discussione la strategia di Milei, il Congresso ha ribadito la sua autonomia dal governo nazionale”.
Le manganellate contro pensionate e pensionati ben disegnano il piano repressivo che Patrizia Bullrich sta pennellando, con leggi e proclami, da quando è tornata ministra, e mostrano il nervosismo che vive il presidente a causa delle tensioni con alleate e alleati. Milei e la sua vice sono ai ferri corti e pare che si parlino solo in appuntamenti pubblici. Poi ci sono le differenze, crescenti, con Macrì e i radicali. L’ex presidente di Argentina e Boca Juniors pretenderebbe ben più spazi e attenzioni da parte di Milei così il voto della coalizione Insieme per il Cambiamento a supporto dell’innalzamento delle pensioni viene visto come una prova di forza di Macrì, che numericamente parlando ha più parlamentari e senatori di Milei.
Dopo i primi mesi di continue sconfitte parlamentari, l’attuale presidente è riuscito con fatica e mediazioni a imporre la motosega tagliando diversi ministeri e programmi sociali, alzando il costo di luce, gas e trasporti, e non senza doverla rivedere in maniera sostanziale, è riuscito anche a varare la Legge di Base e così l’attacco alle università, ai diritti di lavoratori e lavoratrici e i licenziamenti di chi opera nel campo dei diritti umani.
Il piano di Milei sembrava andare avanti anche perché le opposizioni sindacali e partitiche, dopo alcuni mesi di vitalità, stavano mostrando fatiche e difficoltà organizzative lasciando ai soli movimenti sociali lo scontro di piazza, comunicativo e politico, ma con il voto sulle pensioni il presidente è sprofondato nel limbo dei primi mesi di governo.
Per Luci Cavallero, di Non Una di Meno, “il programma economico di Milei si basa sul taglio delle pensioni. Pensionate e pensionati sono il settore più colpito con un taglio di quasi il 30% in pochi mesi”. Cavallero ricorda che già il precedente governo aveva pesantemente attaccato le pensioni. Per l’attivista femminista quindi “la reazione (di Milei) nasce da tutto ciò. Il governo sta applicando una politica di liberalizzazione e svalutazione dell’intera filiera del mercato del lavoro”.
La motosega mileiniana, in pieno stile neo-liberale, taglia la spesa pubblica e allo stesso tempo agevola e abbassa la pressione fiscale per chi ricche e ricchi.
Dopo l’approvazione della Legge di Base “la mobilitazione di piazza è molto più contenuta” aggiunge Luci Cavallero “ciò ha a che fare con una certa paura e con la crescente demoralizzazione. Ma la responsabilità è anche della passività della principale forza sindacale del paese, la CGT, che nonostante abbia visto votare la peggiore legge sul lavoro degli ultimi 100 anni, non ha ancora indetto un nuovo sciopero generale”.
° (Andrea Cegna. Giornalista e promoter di eventi culturali)
09 – Antonio Mazzeo*: DALL’ITALIA A ISRAELE PASSANDO PER GLI USA: LE ARMI DI LEONARDO CONSEGNATE A TEL AVIV -. QUANTO HA FATTURATO LEONARDO S.P.A. CON I CANNONI UTILIZZATI DALLE UNITÀ DELLA MARINA MILITARE ISRAELIANA? QUATTROCENTOQUARANTA MILIONI DI DOLLARI, UNO DEI MAGGIORI AFFARI MAI REALIZZATI DALLA HOLDING REGINA DEL COMPLESSO MILITARE-INDUSTRIALE ITALIANO NELLO SCACCHIERE DI GUERRA MEDIORIENTALE.
Gli strumenti di morte in questione sono i cannoni navali 76/62 Super Rapido MF, in grado di sparare fino a 120 colpi al minuto, prodotti negli stabilimenti della controllata OTO Melara di La Spezia, andati ad armare le nuove corvette della classe “Sa’ar 6” realizzate dalla società tedesca ThyssenKrupp Marine Systems e impiegate, secondo alcune dichiarazioni rilasciate dai militari israeliani, in questi mesi da Israele per attaccare via mare la Striscia di Gaza.
Sul ruolo chiave dei Super Rapido di Leonardo nelle devastanti operazioni di cannoneggiamento contro le milizie di Hamas e la popolazione palestinese, Pagine Esteri aveva dedicato un’inchiesta il 13 febbraio scorso (Contro i palestinesi di Gaza ci sono anche i cannoni Made in Italy) (1), partendo da un articolo pubblicato il 2 agosto 2024 dalla rivista specializzata “Israel Defense”. Si tratta di una lunga intervista al tenente colonnello Steven, in forza alla 3^ flotta della Marina Militare israeliana, che comprende diverse navi. Il militare si è soffermato sulla tipologia e l’armamento delle unità navali impegnate nelle operazioni di guerra contro Gaza, affermando, tra le altre cose, che “La maggior parte dei sistemi d’arma sono realizzati da industrie israeliane, ad eccezione del cannone da 76 mm, che è prodotto dalla società italiana Oto Melara”. Nonostante le dichiarazioni non siano mai state smentite o messe in discussione, Leonardo ne ha negato l’impiego in questo o in altri teatri di guerra. Sono diverse, tuttavia, le testimonianze ufficiali, video e fotografiche che documenterebbero l’uso massiccio dei sistemi bellici prodotti in Italia durante la campagna israeliana.
Tra le autorizzazioni concesse all’esportazione di armi ad Israele non c’è traccia della commessa dei Super Rapido 76/62 e, comunque, nel quinquennio 2018-2022, quello in cui sarebbe avvenuto il trasferimento, il valore complessivo dell’export italiano alle forze armate di Tel Aviv non ha superato gli 80 milioni di euro. Ma allora, come è stato possibile fare arrivare i cannoni navali alla Marina militare israeliana? I documenti rinvenuti da Pagine Esteri negli archivi open del Pentagono ci consentono di compiere una possibile ricostruzione delle transazioni di un affare di poco meno di mezzo miliardo di dollari: Israele ha chiesto di acquistare i sistemi da guerra dal governo degli Stati Uniti d’America; Washington li ha comprati dal gruppo italiano e li ha dirottati a Tel Aviv che poi li impiegherà sulle proprie navi.
L’arma migliore per dominare i mari
La stampa internazionale specializzata nel settore difesa e sicurezza inizia a focalizzare l’interesse israeliano verso i cannoni made in Italy il 4 agosto 2016. In particolare fu l’accreditato sito statunitense Defensenews.com a rivelare che “dopo una decade di discussioni”, la Marina militare di Israele aveva avviato un negoziato con US Navy per “ricevere cannoni da 76mm a fuoco rapido dall’industria italiana contractor OTO Melara, una sussidiaria di Leonardo-Finmeccanica”. Per l’operazione era stata prevista una spesa di 100 milioni di dollari grazie alla copertura finanziaria delle autorità USA èla consegna via US Navy dallo stabilimento della società italiana di Largo, Florida”.
Nel reportage venivano riportate le dichiarazioni favorevoli ai Super Rapido da parte di alcuni ufficiali della Marina israeliana. “I nuovi cannoni equipaggeranno la flotta di superficie composta dalle unità Sa’ar-4.5, Sa’ar-5 di produzione USA e quattro nuove corvette Sa’ar-6 sotto contratto con i cantieri tedeschi”, rivelavano i militari di Tel Aviv. “Stiamo aspettando questo cannone da anni, da tanti anni. Il sistema di OTO Melara è già stato prodotto negli Stati Uniti per la Marina egiziana. Adesso è il nostro turno!”.
A sponsorizzare la commessa dei cannoni navali a Israele i manager USA di Leonardo. “Il 76/62 Super Rapido è l’unico cannone navale multi missione di medio calibro al mondo, con una capacità di fuoco sostenuto, una richiesta fondamentale in ogni scenario che prevede l’ingaggio simultaneo contro bersagli di manovra multipli”, dichiarava con malcelata enfasi a Defensenwes.com, Stephen Bryen, già presidente di Finmeccanica-Leonardo North America, nonché ex vice sottosegretario alla Difesa e capo del Jewish Institute for National Security Affairs di Washington. “Un sistema così accurato consentirà ad Israele di rispondere contro un ampio spettro di minacce, incluso il missile C-802 che ha colpito l’unità da guerra INS Hanit della Marina israeliana durante la Guerra in Libano del 2006”. Sempre secondo mr. Bryen, il cannone di OTO Melara sarebbe stato il “sistema ideale” per “ogni futuro confronto contro l’Iran”. (2)
Il 28 aprile 2017 la transazione dei sistemi da guerra veniva confermata da una nota della Defense Security Cooperation Agency (DSCA), l’agenzia alla cooperazione alla sicurezza del Dipartimento della difesa degli Stati Uniti d’America. “Il Dipartimento di Stato ha fatto una determina approvando una possibile Foreign Military Sale (3) ad Israele per il cannone navale da 76mm più relativo supporto tecnico, con un costo stimato di 440 milioni di dollari”, spiegavano gli ufficiali della DSCA. “Il Governo di Israele ha richiesto la possibile vendita di tredici cannoni navali da 76mm. La commessa include pure i ricambi di bordo per supportarne l’operatività e la manutenzione preventiva; la strumentazione speciale necessaria per la manutenzione; le attrezzature per lo stoccaggio, il trasporto e i test; i manuali tecnici, altre pubblicazioni e documentazioni; gli ingegneri, i tecnici del Governo USA e della società contractor ed i servizi di supporto logistici; l’installazione, la messa in funzione e i test dei sistemi a bordo delle unità navali; le attività di addestramento del personale predisposto alla manutenzione; altri servizi di supporto correlati”.
Onde ottenere le previste autorizzazioni al trasferimento dei cannoni da parte del Congresso, l’agenzia alla cooperazione alla difesa e alla sicurezza del Pentagono forniva alcune giustificazioni di ordine politico-strategico. “Gli Stati Uniti d’America sono impegnati a favore della sicurezza di Israele, ed è vitale per gli interessi nazionali USA assistere Israele nello sviluppo e nel mantenimento di una forte e pronta capacità di auto-difesa”, spiegava la DSCA. “Questa proposta di vendita di armi è coerente con questi obiettivi e contribuirà alla politica estera e alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, aiutando a rafforzare la sicurezza di un partner regionale strategico come esso è stato e continua ad essere, una forza importante per la stabilità politica e il progresso economico in Medio Oriente”.
A conclusione della nota, la Defense Security Cooperation Agency confermava che i cannoni navali erano destinati ad armare le unità Sa’ar 4.5 e Sa’ar 6 “per accrescere le capacità di Israele di andare incontro alle odierne e future minacce, a difesa dei propri confini e delle acque territoriali”, mentre un sistema Super Rapido sarebbe stato assegnato al “Naval Training Center” di Haifa, il principale centro di addestramento e formazione della Marina militare israeliana, nonché sede dell’Accademia e delle scuole per le operazioni sottomarine e missilistiche navali. “Il potenziale principale contractor sarà DRS North America (una compagnia del gruppo Leonardo)”, concludeva l’agenzia del Pentagono. “Non sono noti accordi di compensazione proposti in connessione con questa possibile vendita. La sua realizzazione non richiederà l’assegnazione a Israele di eventuali ulteriori rappresentanti del governo USA o del contractor”. (4)
Ulteriori particolari sul trasferimento e sulle specificità tecniche-operative delle armi italiane venivano fornite in una nota inviata sempre in data 26 luglio 2017 dal viceammiraglio di US Navy, Joseph W. Rixey, direttore della Defense Security Cooperation Agency, all’allora speaker della Camera dei Rappresentanti, il repubblicano Paul D. Rayan. In particolare si specificava che relativamente ai costi, 400 milioni di dollari sarebbero andati a coprire il valore dei cannoni, mentre i restanti 40 erano destinati ai servizi di supporto, test e manutenzione. “Il sistema navale proposto risponde alla richiesta di una variante moderna al cannone MK-75”, specificava il viceammiraglio Rixey. “Il nuovo sistema di fuoco è montato a bordo delle unità navali e supporta multiple missioni sia che esse si trovino in mare aperto o in rada: difesa navale superficie-aria e superficie-superficie o modalità di attacco. Esso può essere impiegato anche per bombardamenti mare-superficie o per il fuoco d’artiglieria offshore a supporto delle truppe terrestri (…) Alcune delle tipologie di munizioni che potranno essere impiegate con il cannone sono a guida laser e GPS, ma non sono comprese in questo accordo. Il sistema navale è dotato di un Digital Control Console che può essere utilizzato congiuntamente ai sistemi di controllo di fuoco (Fire Control System) e di gestione combattimento (Combat Management System), anch’essi non previsti in questa vendita. Una determina è stata fatta affinché il paese ricevente garantisca lo stesso grado di protezione alla tecnologia sensibile che sarà rilasciata dal Governo USA”. (5)
E I CANNONI ITALIANI VANNO ALLA GUERRA DI GAZA
Nel settembre 2022, con un proprio comunicato, il gruppo Leonardo ha reso nota la consegna dei primi cannoni 76/62 Super Rapido e il loro allestimento a bordo della corvetta INS Oz della classe Magen/Sa’ar 6. L’“accettazione” veniva celebrata giorno 13 con una cerimonia ufficiale presso la base navale di Haifa. All’evento RID – Rivista Italiana Difesa dedicava un servizio annotando in particolare come la Marina militare israeliana fosse stata tra i primi “clienti” al mondo ad utilizzare i cannoni OTO Melara da 76/62, modello Compatto, la versione precedente al Super Rapido. “Sei cannoni di questo primo tipo sono ancora in condizioni operative e in uso dal 1973 a bordo di navi missilistiche NIRIT (Tipo Sa’ar 4.5)”, sottolineava RID. (6)
La consegna dei Super Rapido era anche la ghiotta occasione per proporre all’acquirente dei cannoni pure le munizioni di produzione Leonardo. “In comparazione con i sistemi di difesa navale attualmente disponibili, il 76/62 Super Rapido garantisce la massima flessibilità operativa grazie alla sua capacità di integrare e sparare tutti i tipi di munizioni convenzionali che possono essere acquisiti nel mercato”, dichiaravano i manager del gruppo. “Esso è in grado di sparare i Sapomer di Leonardo, l’unica munizione convenzionale che può coprire un raggio di 20 Km, ed anche le nuove munizioni guidate Vulcano che permettono l’ingaggio di un bersaglio fino a 35 Km. Le Vulcano possono essere anche equipaggiate con l’ultima generazione di seekers (a raggi IR infrarossi e laser SAL semi-attivi), che accrescono ulteriormente la precisione eliminando il margine di errore e riducendo i rischi anche negli ambienti più complessi. Il 76/62 Super Rapido è il solo sistema in grado di sparare con questi due tipi di munizioni”. (7) Ad oggi, in verità, non è noto se gli israeliani abbiano deciso di affidarsi ancora al gruppo italiano per munizionare i cannoni navali. Va detto però che una delle aziende leader del comparto militare-industriale israeliano, Elbit Sistems Ltd (partner di Leonardo in alcuni programmi di ricerca, sviluppo e produzione di armi), promuove dal suo sito internet il 76mm High-Explosive, “progettato per fornire effetti di esplosione e frammentazione contro bersagli di superficie, navi ed aerei” e che “può essere sparato da tutti i tipi di cannoni navali OTO Melara da 76/62mm”. (8)
Il primo a documentare l’impiego delle Sa’ar 6 nella guerra di Gaza è stato Defence Industry Europe, sito web specializzato registrato a Varsavia, Polonia. Il 15 ottobre, sette giorni dopo l’inizio dell’attacco, veniva pubblicato l’articolo “Israeli Navy’s new Sa’ar 6 corvettes enter combat against Hamas” (Le nuove corvette Sa’ar 6 della Marina di Israele entrano in combattimento contro Hamas) in cui venivano riportate le parole del portavoce delle forze armate israeliane, l’ammiraglio Daniel Hagari, che confermava il battesimo di fuoco, nei giorni precedenti, delle nuove unità navali. “Le Israel Defense Forces (IDF) non hanno specificato i tipi di armi utilizzati per colpire obiettivi a Gaza, ma fonti hanno affermato che le corvette possono essere equipaggiate con diversi sistemi missilistici che sono lanciati da un container speciale e anche con sistemi d’arma autoesplodenti (presumibilmente il riferimento è ai famigerati droni kamikaze, nda)”. (9)
Il 16 ottobre 2023 anche The Jerusalem Post dedicava un lungo articolo all’impiego delle nuove corvette nei bombardamenti contro Gaza. Il quotidiano specificava che gli attacchi erano stati sferrati dalle unità Sa’ar 6 “Oz” èMagan” e che secondo le forze armate israeliane erano state colpite alcune infrastrutture di Hamas utilizzate per assemblare armi nonché postazioni e posti di vedetta dei commando navali della stessa organizzazione politico-militare. “Tra fine marzo ed aprile, la nostra Marina militare ha completato un’esercitazione internazionale in cui le corvette Sa’ar hanno giocato un ruolo preminente”, dichiarava a The Jerusalem Post, il comandante del 32° Squadrone navale israeliano, Steven Gordon. “Per tre settimane noi abbiamo guidato l’esercitazione a cui hanno partecipato unità di superficie, sottomarini ed aerei di Grecia, Cipro, Italia, Stati Uniti d’America e Francia, in tutto il Mediterraneo e in prossimità delle coste di Israele”, affermava Gordon. (10)
Meno di due mesi dopo (6 dicembre 2023) la rilevanza strategica delle operazioni navali israeliane contro Gaza veniva approfondita da un’inchiesta di una delle riviste più lette negli Stati Uniti d’America e paesi terzi, Forbes. Il periodico si soffermava in particolare su un video fornito il giorno precedente dalle forze armate israeliane in cui faceva bella mostra di sé un’unità della classe Sa’ar 6 che colpiva a ripetizione alcuni edifici localizzati nella parte settentrionale della Striscia di Gaza. “Il video include fotogrammi di proiettili che volano lontano e che colpiscono obiettivi, il tutto visto dal display del posto di controllo di fuoco. I proiettili esplodono quando impattano sugli edifici che sembrano essere situati immediatamente lungo la costa anche se sembrano essere stati colpiti anche alcuni bersagli oltre la spiaggia”, riportava Forbes.
Lo screengrab di un’immagine del video rilasciato dalle forze armate israeliane che mostra un edificio puntato dal sistema di controllo del fuoco di una corvetta Sa’ar a largo della Striscia di Gaza. (fonte: Forbes)
“Secondo quanto dichiarato dallo Stato Maggiore IDF, le forze navali israeliane sono intervenute a supporto delle truppe terrestri con strike su dozzine di target operativi appartenenti ad organizzazioni terroristiche nella Striscia di Gaza”, aggiungeva il periodico statunitense. “In altre immagini del video si vede un’unità da guerra, certamente appartenente alla classe missilistica Sa’ar 4.5 che procede attraverso la costa mediterranea, ripresa in prospettiva da un’altra imbarcazione. Il vessillo, possibilmente l‘INS Sufa, sembrerebbe sparare a salve da un cannone ospitato a bordo, un 76mm OTO Melara, progettato e realizzato da un’unità del gruppo del settore difesa Leonardo. Più di 50 nazioni utilizzano il cannone da 76mm su navi da guerra, compresi pattugliatori, fregate e cacciatorpediniere”. (11)
Attacco alla Striscia di Gaza di una corvetta classe Sa’ar 6 della Marina israeliana con cannoni OTO Melara (screenshot di un video dell’IDF del 14 ottobre 2023, Fonte: The Weapon Watch)
L’8 febbraio 2024 il sito web specializzato in campo militare, Israel Defense ha pubblicato la già citata intervista al tenente colonnello Steven in forza alla 3^ flotta della Marina Militare israeliana che nel soffermarsi sugli armamenti delle unità navali impegnate nelle operazioni di guerra contro Gaza, ha particolarmente enfatizzato l’efficacia e l’efficienza dei cannoni OTO Melara – Leonardo. (12)
“Nella 3^ flotta ci sono attualmente 15 corvette missilistiche della classe Sa’ar – modelli 4.5, 5, e 6, le ultime arrivate”, ha dichiarato l’ufficiale israeliano. “Le corvette di classe 4.5 sono equipaggiate con gli stessi mezzi della classe 6, eccetto per un elicottero sul ponte. Ogni unità è armata con un cannone da 76mm, un cannone Typhoon da 25 mm, con capacità offensive e difensive. Sistemi elettronici EL/M e per la guerra anti-sottomarini (…) La maggior parte dei sistemi d’arma è stata prodotta da industrie israeliane, eccetto i cannoni da 76mm, che sono stati prodotti invece dall’azienda italiana OTO Melara”.
Nel corso della sua intervista a Israel Defense, il tenente colonnello Steven ha rivelato altri inquietanti particolari sulle operazioni di guerra condotte dalle unità israeliane. “Nei primi giorni di guerra le navi sotto il mio comando sono state impegnate in missioni difensive usando il fuoco, principalmente per impedire ai terroristi di avvicinarsi alle forze armate di Israele”, ha dichiarato l’ufficiale. “Tuttavia, molto rapidamente, la forza navale si è spostata dalla difesa all’offesa. Noi siamo in guerra da quattro mesi adesso e già tre settimane dopo l’inizio dei combattimenti noi partecipavamo alla battaglia con una duplice missione: sorveglianza e fuoco”. (12)
Per la cronaca, Israel Defense è pubblicato dal media group Arrowmedia Israel Ltd., specializzato nella creazione e gestione di siti internet e nell’organizzazione di eventi e fiere. Fondatore ed editorialista della testata militare è l’imprenditore Amir Rapaport, originario della città di Be’er Sheva (deserto del Negev), contestualmente amministratore delegato di CyberTech Global, società che promuove in tutto il mondo esposizioni in tema di cyber war e cyber security. In collaborazione con Leonardo S.p.A. CyberTech Global ha organizzato al centro congressi “La Nuvola” di Roma CyberTech Europe 2023 a cui hanno partecipato oltre 90 aziende e start-up attive nel plurimiliardario cyber-business, provenienti in buona parte da Israele. L’evento si è tenuto il 3 e 4 ottobre 2023, un paio di giorni prima cioè dell’attacco di Hamas e della controffensiva delle forze armate di Israele contro la popolazione palestinese di Gaza. (13)
Note
• https://pagineesteri.it/2024/02/13/primo-piano/contro-i-palestinesi-di-gaza-ci-sono-anche-cannoni-made-in-italy/
• https://www.defensenews.com/land/2016/08/04/israeli-navy-to-equip-surface-fleet-with-rapid-fire-guns/
• Si tratta del programma di assistenza alla sicurezza del governo degli Stati Uniti per facilitare l’acquisto di armi, attrezzature di difesa, servizi di progettazione e costruzione e addestramento militare statunitensi a governi stranieri.
• https://www.dsca.mil/press-media/major-arms-sales/israel-76mm-naval-gun-and-technical-supportdsca.mil/press.media/majior-arms-sales/israel-76mm-naval-gun-and-technical-support
• https://public-inspection.federalregister.gov/2017-09233.pdf?1493988347
• https://www.rid.it/shownews/5165/il-cannone-leonardo-76-62-sr-mf-e-stato-accettato-a-bordo-della-corvetta-israeliana-oz-sa-rsquo-ar-
• https://www.navalnews.com/naval-news/2022/09/israeli-navy-accepts-leonardo-main-gun-for-saar-6-corvettes/
• https://elbitsystems.com/product/76mm-naval-ammunition/
• https://defence-industry.eu/israeli-navys-new-saar-6-corvettes-enter-combat-against-hamas/
• https://www.jpost.com/israel-news/defense-news/article-768665
• https://www.forbes.com/sites/erictegler/2023/12/06/israel-is-bringing-its-saar-class-missile-boats-to-the-gaza-fight/
• https://www.israeldefense.co.il/en/node/61170
• https://www.africa-express.info/2024/02/20/la-guerra-e-il-web-alla-fiera-della-cyber-security-due-mattatori-leonardo-e-israele/
*(Fonte: Il Manifesto. Antonio Mazzeo giornalista)
Views: 53
Lascia un commento