Intervento introduttivo del Ministro Di Maio all’evento “EUROPE: MANAGING THE COVID-19 CRISIS”, dell’ISTITUTO UNIVERSITARIO EUROPEO

“In occasione dell’anniversario della Dichiarazione Schuman, di cui ricorrono i 70 anni, ci ritroviamo – sebbene con la distanza impostaci dall’attuale pandemia – per fare il punto sullo Stato dell’Unione Europea. Ringrazio il Presidente dell’istituto Universitario Europeo Dehousse e saluto tutti gli ospiti in collegamento.
L’impatto devastante della pandemia è per certi versi paragonabile a quello di una guerra.
Nel 1950 gli Stati europei si trovavano all’indomani di un conflitto terribile, che aveva dilaniato famiglie e coscienze, e fomentato il risentimento fra i popoli. Gli uomini e le donne di quella generazione, mentre affrontavano la ricostruzione, presero la coraggiosa decisione di ricomporre le fratture e unire quello che era andato distrutto, partendo dalla ricostruzione di un’Europa “organizzata e vitale”.
Grazie alla loro visione politica, il nostro Continente ha posto le basi per settant’anni di pace, stabilità, diritti e benessere. Risultati positivi che tuttavia, dinanzi all’emergenza in corso, devono essere riaffermati.
Il nostro lavoro non è finito. Molto resta ancora da fare per trasformare l’Unione Europea in un’organizzazione pronta a rispondere in maniera efficace e concreta alle esigenze di tutti i suoi cittadini, da Palermo a Rotterdam, da Porto a Cracovia.
La sfida del COVID-19 ci ha messo di fronte alla fragilità delle nostre conquiste, e al loro carattere fondamentale per la nostra vita e per la nostra economia.
– Alcuni Paesi vicini, all’inizio della pandemia, hanno cominciato a chiudere le loro frontiere con l’Italia; si sono registrate richieste di certificazioni ‘COVID FREE’ sui prodotti italiani;
– e l’Italia ha ricevuto aiuti in termini di dispositivi di protezione individuale prima da Paesi extra UE e poi da Paesi UE.
Di fronte a questa situazione, ci siamo resi conto di quanto sarebbe limitata la nostra vita se improvvisamente non esistessero più le quattro libertà fondamentali di cui godiamo [libera circolazione delle persone, dei servizi, delle merci e dei capitali] e Istituzioni forti e credibili che ne garantiscano il rispetto.
Quello che l’Italia ha chiesto è una dimostrazione reale di solidarietà da parte europea.
Come recita un passaggio della Dichiarazione Schuman del maggio 1950: “L’Europa non potrà farsi una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto.”. Proprio tale solidarietà, tra l’altro, è in parte già arrivata attraverso le scuse avanzate all’Italia da parte della presidente von der Leyen.
E potrà compiersi, definitivamente, grazie all’ impegno a cambiare rotta assunto dalla Presidente stessa e dal Presidente del Consiglio europeo Michel.
È stato messo in campo un ventaglio di strumenti con l’obiettivo di superare a Ventisette, in maniera coordinata, la crisi pandemica.
La priorità assoluta che tutti condividiamo è quella di salvare vite. Colgo ancora questa occasione per ringraziare i partner europei e i Paesi dei Balcani occidentali, che ci hanno aiutato con personale medico e infermieristico e materiale sanitario, dimostrando così la loro solidarietà.
È stato importante come UE, in ambito sanitario, concludere accordi di procurement congiunto per far fronte alla carenza di dispositivi di protezione individuale, di respiratori e di medicinali; intervenire sui divieti all’esportazione introdotti unilateralmente da alcuni Stati membri per riportarli ad un coordinamento della Commissione; e attuare la cooperazione transfrontaliera sanitaria di emergenza, che ha consentito, sia pure tra iniziali difficoltà, di prestare assistenza a Stati membri in condizioni interne di forte pressione.
Vanno anche ricordate le attività comuni di ricerca, lanciate nell’ambito del programma Orizzonte 2020, per cofinanziare progetti di ricerca sull’epidemiologia, la diagnostica, la terapeutica e la gestione clinica nel contenimento e nella prevenzione del Coronavirus, nonché le partnership pubblico-private con l’industria farmaceutica per arrivare a formulare un vaccino.
La ricerca del vaccino e la sua accessibilità sono elementi essenziali. Ricordo che l’Italia è stato il primo Paese a promuovere apertamente la costituzione di un’alleanza internazionale per la ricerca, accesso ed equa distribuzione del vaccino. Ho avanzato la prima proposta alla Ministeriale esteri del G7 del 25 marzo scorso, promuovendola poi con i vertici delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Alla nostra voce si è unita quella di tanti altri partner europei, fino al lancio pochi giorni fa (il 4 maggio) della ‘Pledging Conference’ per la Risposta Globale al Coronavirus, sotto la co-Presidenza dei leader di Unione Europea, Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Norvegia e Arabia Saudita.
Il nostro Paese contribuirà con 140 milioni di euro alla piattaforma globale di collaborazione per la ricerca, sviluppo, equa distribuzione del vaccino e degli altri trattamenti terapeutici e diagnostici contro il coronavirus, nonché per il rafforzamento dei sistemi sanitari e dell’immunizzazione globale.
La salute è un bene pubblico, che deve essere garantito a tutti i cittadini e la cui rilevanza va riconosciuta anche al livello delle risorse che auspico l’Unione dedichi al settore d’ora in avanti.
L’esigenza di assicurare sistemi sanitari resilienti, meccanismi di tutela della salute delle categorie più deboli e una ricerca efficace in grado di garantire risultati rapidi e condivisi mette in luce la necessità di una revisione nelle linee strategiche finora elaborate per il futuro dell’UE.
Non possiamo dimenticare che l’emergenza sanitaria ha messo l’Unione Europea di fronte alla più grave crisi economica della sua storia. La risposta che stiamo dando e che daremo definirà inevitabilmente il futuro dell’Unione.
Le prime risposte sono andate nella giusta direzione: la rimozione dei vincoli europei all’azione degli Stati membri, in materia sia di indebitamento, sia di aiuti di Stato alle imprese; il pacchetto d’emergenza, con il nuovo strumento SURE per il finanziamento dei sussidi di disoccupazione e della sanità; il rafforzamento dei prestiti della BEI. Ed è urgente definire ulteriori misure.
È necessario fare un salto di qualità, definendo una risposta strutturale da parte dell’Unione. La risposta non può che essere un grande piano per la ricostruzione, un vero Recovery Plan, che dovrà ridefinire il valore aggiunto dell’Europa nella vita e nei bisogni dei suoi cittadini. Il nuovo fondo dovrà essere in grado di finanziarsi sul mercato, raccogliendo le risorse necessarie per il rilancio dell’economia europea. Bisogna agire adesso.
La risposta economica dell’UE alla crisi, cui ho fatto riferimento poco fa, deve aiutarci a riflettere sul carattere incompleto della nostra Unione Economica e Monetaria. Se ci fossimo dotati per tempo di efficaci strumenti di stabilizzazione macroeconomica, anche finanziati con obbligazioni europee, non ci troveremmo a dover elaborare soluzioni sulla scorta dell’emergenza, bensì saremmo pronti a prevenire in automatico l’acuirsi della recessione.
Il COVID ci ha imposto anche, oltre alla risposta economica e sanitaria, una riflessione su come immaginare il nostro futuro comune. La solidarietà e la capacità di gestire le emergenze hanno bisogno di Istituzioni forti.
Un’occasione per parlarne sarà la prossima Conferenza sul Futuro dell’Europa. L’Italia – da sempre protagonista nel processo di integrazione europea – è pronta a contribuire, con il suo apporto di idee e con la sua esperienza.
Avrebbe dovuto prendere il via in questi giorni un processo pan-europeo di consultazione dal basso dei cittadini sul futuro dell’Unione Europea, uno dei punti cardine del programma della Presidente Von der Leyen.
E anche nell’ambito della Conferenza sul futuro dell’Europa auspichiamo un maggiore coinvolgimento dei cittadini, che hanno risposto con grande responsabilità alle misure di limitazione delle libertà individuali imposte per far fronte al diffondersi della pandemia.
In prospettiva, ci aspettiamo anche una riaffermazione del ruolo globale dell’UE e della nostra capacità di azione comune, in particolare nel nostro vicinato nel Mediterraneo allargato – regione alla quale dedichiamo ogni anno la conferenza internazionale dei MED Dialogues, in dicembre – e nel Continente africano, dove la pandemia rischia di esacerbare i conflitti e crearne di nuovi.
Il nostro obiettivo condiviso, parlando oggi di Stato dell’Unione, è di giungere ad un’Europa forte, determinata, coesa e che abbia sempre ben saldi i valori alla base della sua identità. Questa Unione forte e vicina ai suoi cittadini deve valere anche come bussola rispetto alla situazione geopolitica globale, con particolare riferimento alle relazioni con Stati Uniti e Cina.
Per essere realmente più forte, è necessario realizzare una reale unità di azione dell’UE, affinché parli sempre di più con una voce sola. La forza dell’Unione è data dai 27 Stati membri che la compongono. Così l’UE potrà interloquire con le altre potenze mondiali e rappresentare quel fattore di stabilità e sicurezza a livello geopolitico globale.
Solidarietà e cooperazione sono i due pilastri sui quali deve basarsi non solo la nostra risposta alla pandemia, ma il progetto concreto di un futuro sostenibile ed equo per l’Europa ed i suoi cittadini.
Vi ringrazio e vi auguro buon lavoro.”

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